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15/06/2016 - 20:03

Lo Sport è di tutti. Ma la Vela non c'è

Le piccole sigle pubblicitarie che la RAI sta usando per promuovere la prossima produzione televisiva sulle Olimpiadi di Rio 2016, contengono molti sport ma ignorano clamorosamente la vela. Forse (ma non proprio) una spiegazione c'è. Ma è un altro caso di come la Vela sia ormai fuori dalla comunicazione che conta - GUARDA VIDEO


Equitazione (grugio), Judo (giallo), Nuoto sincronizzato (celeste), Tiro con l'aro (grigio), Tuffi (azzurro), Badminton (verde), Ginnastica ritmica (blu), Ginnastica, parallele maschili (rosso), Sollevamento pesi (grigio), Scherma (crema), Atletica (marrone), Pallavolo (smeraldo), Taekwondo (giallo), Canoa, Tiro al volo, Tiro a segno. Musichetta, montaggino, grafica, e claim finale: "Lo Sport è di tutti", com il logo di Rio 2016 e quello della Rai, che avendo riacquistato a suo tempo i diritti da Sky, sarà la tv olimpica per l'Italia.

La Rai fa il suo: promuove, fa girare l'idea che sulla sua rete olimpica, a partire dal 5-8.2016, la data della cerimonia inaugurale, altro elemento che campeggia sui "bumper" (questo è il nome tecnico della clip promozionale di un programma tv), si potrà seguire l'evento sportivo dell'anno, anzi del quadriennio. Un modo anche per promuovere lo sport nel suo complesso, oltre all'appuntamento con i Cinque Cerchi. Ben venga. Ma non avete notato che manca qualcosa?

La Vela non è nella lista di sport con i quali i bumper promuovono le Olimpiadi della Rai. Dimenticata? Abbiamo provato a ricostruire, e forse trovato una possibile spiegazione: gli sport elencati sono quelli nei quali l'Italia ha vinto una o più medaglie a Londra 2012, l'ultima edizione dei Giochi. Ah beh, allora. Se è così ci arrendiamo: la Vela come è noto a Londra (Weymouth) 2012 è rimasta a secco di medaglie, alla faccia delle selezioni aritmetiche e del nuovo corso di Carlo Croce (era il suo primo quadriennio e non c'era neanche la "distrazione" della federazione mondiale, arrivata dopo).

Ma andando a rivedere bene, non è proprio così: nella lista ci sono sport che non ci hanno portato medaglie a Londra (Equitazione, Badminton (ripeto: Bamdinton..., per carità, massimo rispetto)), e ne mancano altri che invece medaglie hanno portato (Pallanuoto, Ciclismo). Allora come la mettiamo? In Rai hanno fatto una veloce ricerca, hanno messo insieme un po' di immagini, e scelto gli Sport su cui puntare. In gran parte col criterio delle medaglie (alcuni bumper hanno anche gli azzurri sul podio), ma non sempre. Non era un obbligo. L'assenza della Vela è dunque il risultato di due fattori: nessuna medaglia 2012, e nessuna attrattiva 2016, o qualcosa di simile.

Che la Vela sia uno sport "poco popolare", è una realtà acquisita. In oltre un secolo di storia, i Duchi degli Abruzzi, gli Yacht Club esclusivi, l'immagine di sport costoso ed elitario, col pedigree, ha attecchito assai più che quella di una disciplina alla portata di tutti, con valori unici per la formazione giovanile e una completezza agonistica forse senza eguali. Non abbiamo avuto personaggi in grado di scalfire questa deriva culturale. Le medaglie dell'8 Metri SI Italia e di Straulino appartenevano a una storia militare, un cursus honorum estraneo alla massa, che ha in gran parte coperto, oscurato - purtroppo - l'eccezionalità umana dei personaggi, le storie di mare che esprimevano.

Non sono servite neanche le imprese di Giorgio Gorla e Alfio Peraboni (due bronzi divisi da quattro anni, figurarsi se l'Italia se ne accorgeva), e a malapena qualcosa è arrivato nell'epopea di 24 anni, 6 Olimpiadi e 4 medaglie di Alessandra Sensini, che però andava su una "tavola" a vela. Praticamente inosservati - salvo il breve periodo delle feste olimpiche - l'argento di Luca Devoti e il bronzo di Diego Romero, marinai e timonieri solitari sui loro singoli, sconosciuti alla nazione.

L'Italia e la cultura del mare inesistente. Ecco un altro ritornello che però corrisponde al vero. Ma è causa o effetto, del risultato che stiamo analizzando (l'assenza della Vela nell'attesa olimpica della Rai)? C'è più cultura dell'Equitazione o del Badminton che della vela, in Italia? Stiamo messi male, ma non fino a questo punto. Ci aggiungiamo dell'altro, ci facciamo male da soli.

La Vela è antipatica. E' una follia che lo pensi chi da 35 anni fa il giornalista di Vela, quindi quello sport e disciplina la racconta in tutte le sue (tante) dimensioni e prospettive. Ma è una follia lucida, necessaria. Noi rendiamo la Vela antipatica con una serie di atteggiamenti, mancanze, superiorità, errori, falsi risparmi, autoreferenzialità, incapacità, liturgie. Non sono le scarpe da vela, i giubottini o le terminologie da iniziati il problema. Il problema è che nel tessuto del nostro movimento, dai circoli, dalle scuole di vela che pure avrebbero l'interesse opposto, per non parlare delle istituzioni, manca la cultura della comunicazione, che parte dalla voglia di condividere il piacere e la bellezza della Vela, e si consolida con preparazione, studi, conoscenze degli strumenti, analisi di mercato.

Il web? I Social? La Federazione? Ci parliamo addosso, tra noi, siamo sempre quei quattro gatti e discutiamo pure tra noi. Non si fanno investimenti in un percorso per portare l'immagine giusta alla gente, riposizionare la Vela, renderla simpatica, facile da incontrare. Anche le iniziative promozionali, di marketing sportivo, rivolte alle giovani generazioni, come l'ottimo Velascuola della FIV (inventato da Sergio Gaibisso), pur facendo numeri significativi, hanno il respiro breve per mancanza di supporto comunicativo. Gli studenti, i giovani, che hanno conosciuto da vicino la vela (e inevitabilmente gli è piaciuta) non trovano riscontri sui media per alimentare una passione nascente. E in breve sono fagocitati da altro. Quelli che restano, e che continuano, nessuno che pensi a farli diventare testimonial, attori generazionali di una passione.

La storica carenza di una cultura del mare e della nautica si salda quindi con le nostre manchevolezze, portando al risultato che da qualche tempo stiamo vedendo: la Vela va sempre peggio, sparisce dai radar, non solo dai media, ma anche dalla pubblicità (dove un tempo era usatissima per i suoi valori di pulizia, passione, integrità), dagli scaffali. E' allarme rosso: rischiamo l'estinzione, l'ho già scritto e non è una provocazione, è un timore concreto. Un lavoro nella Vela è una prospettiva ambita da un adolescente italiano? Non solo fare lo skipper (quello resiste nell'immaginario collettivo, salvo non avere un iter formativo e una rappresentazione giuridica adeguati, altra prova di arretratezza culturale marina del Paese), ma fare il segretario di un circolo velico, il fotografo di regate, il giornalista o scrittore di vela, l'istruttore di vela per tutta la vita e non per un'estate, lavorare a qualunque titolo con le barche, anche rimessaggio, cantieristica? Poco, pochissimo, niente. Il mare e la vela da questo punto di vista non sono considerati una prospettiva allettante per il futuro. Non vi basta per temere l'estinzione?

Dico questo sapendo che ci sono splendide eccezioni che ridanno ossigeno alla speranza, e anche perchè a quelle eccezioni e a quella speranza bisogna votarsi. Si può ancora invertire il flusso della corrente. Si può restituire alla Vela il ruolo perfetto per questi anni: uno sport e un modo di vivere sano, moderno, naturale e sostenibile (ce n'è qualcuno che lo è di più?), vero (perchè sul mare non si può mentire), solidale (uno dei valori più profondi ed educativi del mare, la solidarietà, è misconosciuta, non valorizzata, e per fortuna che almeno ci sono le nostre navi e i nostri marinai che salvano vite in Mediterraneo a tenerla alta), atleticamente e psicofisicamente completo, formidabile metafora, rappresentazione e mezzo per il viaggio e il navigare, lo scoprire, se stessi e il mondo, strumento di promozione turistica, elementi chiave dell'economia del mare che dovrebbe essere un traino della rinascita italiana, banchina nel mare più bello del mondo. Altro che estinzione, la Vela può guidare la ripresa.

Ci sono linguaggi, leggi scientifiche della comunicazione, squadre da mettere al lavoro, ma servirebbe un progetto preciso (come già scritto tempo fa) che parta da una qualche istituzione: Ministero del mare, Associazioni di categoria, Leghe, Federazioni. Certo la FIV sarebbe la più indicata e la più giusta. Ma anche al suo interno è cresciuta la incoltura della comunicazione, il fai-da-te, gli sforzi singoli. Nessun singolo da solo potrà invertire la corrente che ci sta portando all'estinzione. Dobbiamo farlo tutti insieme.

Detto ciò, speriamo naturalmente che prossimamente compaia per incanto anche un bumper Rai su Rio dedicato alla Vela: un beneficio immediato lo avrebbe l'estetica, stante la bellezza di una vela che scivola sull'acqua. E anche qualche medaglia può aiutare a far accadere tutto il resto.

DUE VIDEO CON LA RACCOLTA DEI BUMPER RAI SU RIO





Commenti

Francesco Antonio (non verificato)

Ricostruzione agghiacciante.... prospettiva di estinzione realistica...... speranze, speriamo... gli errori commessi sono tanti e da molte persone che ancora sono in giro a fare danni;come si fa a cacciarli?
Riflettendo penso che tra gli errori vada messa l'endemica malattia italiana dell'individualismo, la cultura dell'orticello. Anche nella nautica ognuno ha badato ai propri interessi personali o aziendali o associativi. C'è solo l'uovetto oggi, chissenefrega della gallina domani. E il risultato è che il mare, da potenziale risorsa del Paese, è sul viale del tramonto. Per questo motivo temo, gentile Francesco Antonio, che non si tratti di "cacciare" qualcuno che ha commesso errori: sono troppi, la maggior parte. L'unica sarebbe cambiare le persone, anche a poco a poco, propagare la cultura del fare sistema e dell'importanza chiave della comunicazione, far studiare queste cose nelle scuole, nei tanti (e spesso inutili) corsi di aggiornamento professionale. Invece di litigarsi le aziende da associare, come fanno ad esempio Confindustria nautica (Ucina) e Nautica Italiana.

Giuseppe La Scala (non verificato)

L' articolo di Colivicchi - intelligente e profondo come al solito - dovrebbe essere oggetto di accurata valutazione in FIV. Ma chissà se qualcuno in Federazione si è accorto di nulla. Tutti impegnati a far entrare il Kite nel 2020, al posto di Finn e 470. Quanta lungimiranza !
Caro Giuseppe grazie, magari la FIV "valutasse accuratamente" certi temi... Capirebbe che tutto è comunicazione, immagine, posizionamento di uno Sport e di un intero settore. Anche la scelta delle classi olimpiche. Come vogliamo che siano gli atleti olimpici della vela nel futuro (ammesso di tenerci stretto lo status)? Come pensiamo che saranno percepiti? Quali sono i fondamenti dello Sport della Vela, e come li stiamo trasformando e distorcendo, all'inseguimento di falsi miti televisivi, "spettacolistici", commerciali? Il futuro del calcio sarà con un pallone elettronico e giocatori bionici tipo Galactic Football, tiri infuocati e porte ghiacciate dai portieri per le parate? O ci sarà sempre la corsa, il sudore, la creatività, la classe, la squadra, a fare la differenza? E i velisti saranno adolescenti acrobati volanti col casco in regate iperveloci senza tattica, oppure vogliamo che conti ancora il passaggio sull'onda, il fiuto del vento buono o scarso, la virata fatta bene, in regate marinaresche? La china che sembra pervadere World Sailing - con la rimessa in discussione persino delle classi già decise per Tokio 2020 - è essa stessa un atto di comunicazione. Ma senza progetto, senza un'idea chiara del punto di arrivo. E perciò, rischia di essere un altro passo verso l'estinzione...

Luca Frascari (non verificato)

Ottimo articolo Fabio, non solo condivido in pieno, ma ti "provoco" proponendoti come capofila di un movimento nuovo e diverso da quelli istituzionali, una sorta di 5 stelle in ambito velico..... Pensaci e casomai valutiamo una proposta condivisa che parta dal basso ( regatanti giovani, appassionati, allenatori ed altri velici). Un caro saluto Luca
Ciao Luca, grazie. La questione non è creare capofila o movimenti 5 Vele... :) Dobbiamo per prima cosa far capire che la comunicazione è una priorità, poi farla inserire in programmi educativi, le istituzioni non si possono ignorare e vanno "obbligate" a occuparsi di questa priorità. Il "basso" come l'hai chiamato tu, è l'"alto" del nostro movimento, sono loro a tenerlo in vita. Non mancano anchè lì tendenze autolesionistiche alla cultura individualistica dell'orticello (vedi casi associazioni di classe e loro gestione...)

Paolo Rastrelli (non verificato)

Ancora più imperdonabile l'atteggiamento generale perchè la comunicazione Vela c'è chi già la fa in casa alla grande con competenza e garbo: grazie SAILY

Romano Less (non verificato)

L'Italia e la cultura del mare inesistente. +1 La vela è antipatica, certo: faticosa, supponente, elitaria... ma davvero davvero? Sentiamo cosa ne pensate! Quanto alle medaglie,,,boh, la legge di Murphy vale anche sui bordi. Finchè gli spazi saranno quelli concessi, in tv come in spiaggia, non abbiamo speranza di ampliare la base giovanile, è qui il problema! Sulla rai non mi esprimo, sui suoi commentatori velici neanche sotto tortura, ma sulla obiettiva difficoltà di riprendere e magari far capire una regata penso siamo tutti concordi. Solo che non ci mancano velisti, mezzi e operatori in grado di farlo, e non faccio nomi in casa Colivicchi;-). Forza Fabio, chissà che a forza di proteste riusciamo a uscire dal ghetto.