
Le piccole sigle pubblicitarie che la RAI sta usando per promuovere la prossima produzione televisiva sulle Olimpiadi di Rio 2016, contengono molti sport ma ignorano clamorosamente la vela. Forse (ma non proprio) una spiegazione c'è. Ma è un altro caso di come la Vela sia ormai fuori dalla comunicazione che conta - GUARDA VIDEO
Equitazione (grugio), Judo (giallo), Nuoto sincronizzato (celeste), Tiro con l'aro (grigio), Tuffi (azzurro), Badminton (verde), Ginnastica ritmica (blu), Ginnastica, parallele maschili (rosso), Sollevamento pesi (grigio), Scherma (crema), Atletica (marrone), Pallavolo (smeraldo), Taekwondo (giallo), Canoa, Tiro al volo, Tiro a segno. Musichetta, montaggino, grafica, e claim finale: "Lo Sport è di tutti", com il logo di Rio 2016 e quello della Rai, che avendo riacquistato a suo tempo i diritti da Sky, sarà la tv olimpica per l'Italia.
La Rai fa il suo: promuove, fa girare l'idea che sulla sua rete olimpica, a partire dal 5-8.2016, la data della cerimonia inaugurale, altro elemento che campeggia sui "bumper" (questo è il nome tecnico della clip promozionale di un programma tv), si potrà seguire l'evento sportivo dell'anno, anzi del quadriennio. Un modo anche per promuovere lo sport nel suo complesso, oltre all'appuntamento con i Cinque Cerchi. Ben venga. Ma non avete notato che manca qualcosa?
La Vela non è nella lista di sport con i quali i bumper promuovono le Olimpiadi della Rai. Dimenticata? Abbiamo provato a ricostruire, e forse trovato una possibile spiegazione: gli sport elencati sono quelli nei quali l'Italia ha vinto una o più medaglie a Londra 2012, l'ultima edizione dei Giochi. Ah beh, allora. Se è così ci arrendiamo: la Vela come è noto a Londra (Weymouth) 2012 è rimasta a secco di medaglie, alla faccia delle selezioni aritmetiche e del nuovo corso di Carlo Croce (era il suo primo quadriennio e non c'era neanche la "distrazione" della federazione mondiale, arrivata dopo).
Ma andando a rivedere bene, non è proprio così: nella lista ci sono sport che non ci hanno portato medaglie a Londra (Equitazione, Badminton (ripeto: Bamdinton..., per carità, massimo rispetto)), e ne mancano altri che invece medaglie hanno portato (Pallanuoto, Ciclismo). Allora come la mettiamo? In Rai hanno fatto una veloce ricerca, hanno messo insieme un po' di immagini, e scelto gli Sport su cui puntare. In gran parte col criterio delle medaglie (alcuni bumper hanno anche gli azzurri sul podio), ma non sempre. Non era un obbligo. L'assenza della Vela è dunque il risultato di due fattori: nessuna medaglia 2012, e nessuna attrattiva 2016, o qualcosa di simile.
Che la Vela sia uno sport "poco popolare", è una realtà acquisita. In oltre un secolo di storia, i Duchi degli Abruzzi, gli Yacht Club esclusivi, l'immagine di sport costoso ed elitario, col pedigree, ha attecchito assai più che quella di una disciplina alla portata di tutti, con valori unici per la formazione giovanile e una completezza agonistica forse senza eguali. Non abbiamo avuto personaggi in grado di scalfire questa deriva culturale. Le medaglie dell'8 Metri SI Italia e di Straulino appartenevano a una storia militare, un cursus honorum estraneo alla massa, che ha in gran parte coperto, oscurato - purtroppo - l'eccezionalità umana dei personaggi, le storie di mare che esprimevano.
Non sono servite neanche le imprese di Giorgio Gorla e Alfio Peraboni (due bronzi divisi da quattro anni, figurarsi se l'Italia se ne accorgeva), e a malapena qualcosa è arrivato nell'epopea di 24 anni, 6 Olimpiadi e 4 medaglie di Alessandra Sensini, che però andava su una "tavola" a vela. Praticamente inosservati - salvo il breve periodo delle feste olimpiche - l'argento di Luca Devoti e il bronzo di Diego Romero, marinai e timonieri solitari sui loro singoli, sconosciuti alla nazione.
L'Italia e la cultura del mare inesistente. Ecco un altro ritornello che però corrisponde al vero. Ma è causa o effetto, del risultato che stiamo analizzando (l'assenza della Vela nell'attesa olimpica della Rai)? C'è più cultura dell'Equitazione o del Badminton che della vela, in Italia? Stiamo messi male, ma non fino a questo punto. Ci aggiungiamo dell'altro, ci facciamo male da soli.
La Vela è antipatica. E' una follia che lo pensi chi da 35 anni fa il giornalista di Vela, quindi quello sport e disciplina la racconta in tutte le sue (tante) dimensioni e prospettive. Ma è una follia lucida, necessaria. Noi rendiamo la Vela antipatica con una serie di atteggiamenti, mancanze, superiorità, errori, falsi risparmi, autoreferenzialità, incapacità, liturgie. Non sono le scarpe da vela, i giubottini o le terminologie da iniziati il problema. Il problema è che nel tessuto del nostro movimento, dai circoli, dalle scuole di vela che pure avrebbero l'interesse opposto, per non parlare delle istituzioni, manca la cultura della comunicazione, che parte dalla voglia di condividere il piacere e la bellezza della Vela, e si consolida con preparazione, studi, conoscenze degli strumenti, analisi di mercato.
Il web? I Social? La Federazione? Ci parliamo addosso, tra noi, siamo sempre quei quattro gatti e discutiamo pure tra noi. Non si fanno investimenti in un percorso per portare l'immagine giusta alla gente, riposizionare la Vela, renderla simpatica, facile da incontrare. Anche le iniziative promozionali, di marketing sportivo, rivolte alle giovani generazioni, come l'ottimo Velascuola della FIV (inventato da Sergio Gaibisso), pur facendo numeri significativi, hanno il respiro breve per mancanza di supporto comunicativo. Gli studenti, i giovani, che hanno conosciuto da vicino la vela (e inevitabilmente gli è piaciuta) non trovano riscontri sui media per alimentare una passione nascente. E in breve sono fagocitati da altro. Quelli che restano, e che continuano, nessuno che pensi a farli diventare testimonial, attori generazionali di una passione.
La storica carenza di una cultura del mare e della nautica si salda quindi con le nostre manchevolezze, portando al risultato che da qualche tempo stiamo vedendo: la Vela va sempre peggio, sparisce dai radar, non solo dai media, ma anche dalla pubblicità (dove un tempo era usatissima per i suoi valori di pulizia, passione, integrità), dagli scaffali. E' allarme rosso: rischiamo l'estinzione, l'ho già scritto e non è una provocazione, è un timore concreto. Un lavoro nella Vela è una prospettiva ambita da un adolescente italiano? Non solo fare lo skipper (quello resiste nell'immaginario collettivo, salvo non avere un iter formativo e una rappresentazione giuridica adeguati, altra prova di arretratezza culturale marina del Paese), ma fare il segretario di un circolo velico, il fotografo di regate, il giornalista o scrittore di vela, l'istruttore di vela per tutta la vita e non per un'estate, lavorare a qualunque titolo con le barche, anche rimessaggio, cantieristica? Poco, pochissimo, niente. Il mare e la vela da questo punto di vista non sono considerati una prospettiva allettante per il futuro. Non vi basta per temere l'estinzione?
Dico questo sapendo che ci sono splendide eccezioni che ridanno ossigeno alla speranza, e anche perchè a quelle eccezioni e a quella speranza bisogna votarsi. Si può ancora invertire il flusso della corrente. Si può restituire alla Vela il ruolo perfetto per questi anni: uno sport e un modo di vivere sano, moderno, naturale e sostenibile (ce n'è qualcuno che lo è di più?), vero (perchè sul mare non si può mentire), solidale (uno dei valori più profondi ed educativi del mare, la solidarietà, è misconosciuta, non valorizzata, e per fortuna che almeno ci sono le nostre navi e i nostri marinai che salvano vite in Mediterraneo a tenerla alta), atleticamente e psicofisicamente completo, formidabile metafora, rappresentazione e mezzo per il viaggio e il navigare, lo scoprire, se stessi e il mondo, strumento di promozione turistica, elementi chiave dell'economia del mare che dovrebbe essere un traino della rinascita italiana, banchina nel mare più bello del mondo. Altro che estinzione, la Vela può guidare la ripresa.
Ci sono linguaggi, leggi scientifiche della comunicazione, squadre da mettere al lavoro, ma servirebbe un progetto preciso (come già scritto tempo fa) che parta da una qualche istituzione: Ministero del mare, Associazioni di categoria, Leghe, Federazioni. Certo la FIV sarebbe la più indicata e la più giusta. Ma anche al suo interno è cresciuta la incoltura della comunicazione, il fai-da-te, gli sforzi singoli. Nessun singolo da solo potrà invertire la corrente che ci sta portando all'estinzione. Dobbiamo farlo tutti insieme.
Detto ciò, speriamo naturalmente che prossimamente compaia per incanto anche un bumper Rai su Rio dedicato alla Vela: un beneficio immediato lo avrebbe l'estetica, stante la bellezza di una vela che scivola sull'acqua. E anche qualche medaglia può aiutare a far accadere tutto il resto.
DUE VIDEO CON LA RACCOLTA DEI BUMPER RAI SU RIO
Equitazione (grugio), Judo (giallo), Nuoto sincronizzato (celeste), Tiro con l'aro (grigio), Tuffi (azzurro), Badminton (verde), Ginnastica ritmica (blu), Ginnastica, parallele maschili (rosso), Sollevamento pesi (grigio), Scherma (crema), Atletica (marrone), Pallavolo (smeraldo), Taekwondo (giallo), Canoa, Tiro al volo, Tiro a segno. Musichetta, montaggino, grafica, e claim finale: "Lo Sport è di tutti", com il logo di Rio 2016 e quello della Rai, che avendo riacquistato a suo tempo i diritti da Sky, sarà la tv olimpica per l'Italia.
La Rai fa il suo: promuove, fa girare l'idea che sulla sua rete olimpica, a partire dal 5-8.2016, la data della cerimonia inaugurale, altro elemento che campeggia sui "bumper" (questo è il nome tecnico della clip promozionale di un programma tv), si potrà seguire l'evento sportivo dell'anno, anzi del quadriennio. Un modo anche per promuovere lo sport nel suo complesso, oltre all'appuntamento con i Cinque Cerchi. Ben venga. Ma non avete notato che manca qualcosa?
La Vela non è nella lista di sport con i quali i bumper promuovono le Olimpiadi della Rai. Dimenticata? Abbiamo provato a ricostruire, e forse trovato una possibile spiegazione: gli sport elencati sono quelli nei quali l'Italia ha vinto una o più medaglie a Londra 2012, l'ultima edizione dei Giochi. Ah beh, allora. Se è così ci arrendiamo: la Vela come è noto a Londra (Weymouth) 2012 è rimasta a secco di medaglie, alla faccia delle selezioni aritmetiche e del nuovo corso di Carlo Croce (era il suo primo quadriennio e non c'era neanche la "distrazione" della federazione mondiale, arrivata dopo).
Ma andando a rivedere bene, non è proprio così: nella lista ci sono sport che non ci hanno portato medaglie a Londra (Equitazione, Badminton (ripeto: Bamdinton..., per carità, massimo rispetto)), e ne mancano altri che invece medaglie hanno portato (Pallanuoto, Ciclismo). Allora come la mettiamo? In Rai hanno fatto una veloce ricerca, hanno messo insieme un po' di immagini, e scelto gli Sport su cui puntare. In gran parte col criterio delle medaglie (alcuni bumper hanno anche gli azzurri sul podio), ma non sempre. Non era un obbligo. L'assenza della Vela è dunque il risultato di due fattori: nessuna medaglia 2012, e nessuna attrattiva 2016, o qualcosa di simile.
Che la Vela sia uno sport "poco popolare", è una realtà acquisita. In oltre un secolo di storia, i Duchi degli Abruzzi, gli Yacht Club esclusivi, l'immagine di sport costoso ed elitario, col pedigree, ha attecchito assai più che quella di una disciplina alla portata di tutti, con valori unici per la formazione giovanile e una completezza agonistica forse senza eguali. Non abbiamo avuto personaggi in grado di scalfire questa deriva culturale. Le medaglie dell'8 Metri SI Italia e di Straulino appartenevano a una storia militare, un cursus honorum estraneo alla massa, che ha in gran parte coperto, oscurato - purtroppo - l'eccezionalità umana dei personaggi, le storie di mare che esprimevano.
Non sono servite neanche le imprese di Giorgio Gorla e Alfio Peraboni (due bronzi divisi da quattro anni, figurarsi se l'Italia se ne accorgeva), e a malapena qualcosa è arrivato nell'epopea di 24 anni, 6 Olimpiadi e 4 medaglie di Alessandra Sensini, che però andava su una "tavola" a vela. Praticamente inosservati - salvo il breve periodo delle feste olimpiche - l'argento di Luca Devoti e il bronzo di Diego Romero, marinai e timonieri solitari sui loro singoli, sconosciuti alla nazione.
L'Italia e la cultura del mare inesistente. Ecco un altro ritornello che però corrisponde al vero. Ma è causa o effetto, del risultato che stiamo analizzando (l'assenza della Vela nell'attesa olimpica della Rai)? C'è più cultura dell'Equitazione o del Badminton che della vela, in Italia? Stiamo messi male, ma non fino a questo punto. Ci aggiungiamo dell'altro, ci facciamo male da soli.
La Vela è antipatica. E' una follia che lo pensi chi da 35 anni fa il giornalista di Vela, quindi quello sport e disciplina la racconta in tutte le sue (tante) dimensioni e prospettive. Ma è una follia lucida, necessaria. Noi rendiamo la Vela antipatica con una serie di atteggiamenti, mancanze, superiorità, errori, falsi risparmi, autoreferenzialità, incapacità, liturgie. Non sono le scarpe da vela, i giubottini o le terminologie da iniziati il problema. Il problema è che nel tessuto del nostro movimento, dai circoli, dalle scuole di vela che pure avrebbero l'interesse opposto, per non parlare delle istituzioni, manca la cultura della comunicazione, che parte dalla voglia di condividere il piacere e la bellezza della Vela, e si consolida con preparazione, studi, conoscenze degli strumenti, analisi di mercato.
Il web? I Social? La Federazione? Ci parliamo addosso, tra noi, siamo sempre quei quattro gatti e discutiamo pure tra noi. Non si fanno investimenti in un percorso per portare l'immagine giusta alla gente, riposizionare la Vela, renderla simpatica, facile da incontrare. Anche le iniziative promozionali, di marketing sportivo, rivolte alle giovani generazioni, come l'ottimo Velascuola della FIV (inventato da Sergio Gaibisso), pur facendo numeri significativi, hanno il respiro breve per mancanza di supporto comunicativo. Gli studenti, i giovani, che hanno conosciuto da vicino la vela (e inevitabilmente gli è piaciuta) non trovano riscontri sui media per alimentare una passione nascente. E in breve sono fagocitati da altro. Quelli che restano, e che continuano, nessuno che pensi a farli diventare testimonial, attori generazionali di una passione.
La storica carenza di una cultura del mare e della nautica si salda quindi con le nostre manchevolezze, portando al risultato che da qualche tempo stiamo vedendo: la Vela va sempre peggio, sparisce dai radar, non solo dai media, ma anche dalla pubblicità (dove un tempo era usatissima per i suoi valori di pulizia, passione, integrità), dagli scaffali. E' allarme rosso: rischiamo l'estinzione, l'ho già scritto e non è una provocazione, è un timore concreto. Un lavoro nella Vela è una prospettiva ambita da un adolescente italiano? Non solo fare lo skipper (quello resiste nell'immaginario collettivo, salvo non avere un iter formativo e una rappresentazione giuridica adeguati, altra prova di arretratezza culturale marina del Paese), ma fare il segretario di un circolo velico, il fotografo di regate, il giornalista o scrittore di vela, l'istruttore di vela per tutta la vita e non per un'estate, lavorare a qualunque titolo con le barche, anche rimessaggio, cantieristica? Poco, pochissimo, niente. Il mare e la vela da questo punto di vista non sono considerati una prospettiva allettante per il futuro. Non vi basta per temere l'estinzione?
Dico questo sapendo che ci sono splendide eccezioni che ridanno ossigeno alla speranza, e anche perchè a quelle eccezioni e a quella speranza bisogna votarsi. Si può ancora invertire il flusso della corrente. Si può restituire alla Vela il ruolo perfetto per questi anni: uno sport e un modo di vivere sano, moderno, naturale e sostenibile (ce n'è qualcuno che lo è di più?), vero (perchè sul mare non si può mentire), solidale (uno dei valori più profondi ed educativi del mare, la solidarietà, è misconosciuta, non valorizzata, e per fortuna che almeno ci sono le nostre navi e i nostri marinai che salvano vite in Mediterraneo a tenerla alta), atleticamente e psicofisicamente completo, formidabile metafora, rappresentazione e mezzo per il viaggio e il navigare, lo scoprire, se stessi e il mondo, strumento di promozione turistica, elementi chiave dell'economia del mare che dovrebbe essere un traino della rinascita italiana, banchina nel mare più bello del mondo. Altro che estinzione, la Vela può guidare la ripresa.
Ci sono linguaggi, leggi scientifiche della comunicazione, squadre da mettere al lavoro, ma servirebbe un progetto preciso (come già scritto tempo fa) che parta da una qualche istituzione: Ministero del mare, Associazioni di categoria, Leghe, Federazioni. Certo la FIV sarebbe la più indicata e la più giusta. Ma anche al suo interno è cresciuta la incoltura della comunicazione, il fai-da-te, gli sforzi singoli. Nessun singolo da solo potrà invertire la corrente che ci sta portando all'estinzione. Dobbiamo farlo tutti insieme.
Detto ciò, speriamo naturalmente che prossimamente compaia per incanto anche un bumper Rai su Rio dedicato alla Vela: un beneficio immediato lo avrebbe l'estetica, stante la bellezza di una vela che scivola sull'acqua. E anche qualche medaglia può aiutare a far accadere tutto il resto.
DUE VIDEO CON LA RACCOLTA DEI BUMPER RAI SU RIO
DOMENICO DE TORO (non verificato)
Francesco Antonio (non verificato)
fcolivicchi
Giuseppe La Scala (non verificato)
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Luca Frascari (non verificato)
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Paolo Rastrelli (non verificato)
Romano Less (non verificato)