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02/04/2012 - 19:41

Nè tasse, nè charter. Il caos può scoppiare sulla misurazione della lunghezza...

Nautica, ecco la vera emergenza

Tassa si-tassa no, decreto salva Italia e semplificazioni: niente di tutto questo. La vera emergenza può scoppiare nelle prossime settimane. E si chiama: criteri per misurare la lunghezza di uno scafo...

 
Quanto è lungo lo scafo della vostra barca? La domandina è semplicissima, credereste che la risposta è quasi impossibile? Eppure è così. Lo provano le tantissime cause legali pendenti su contenziosi che hanno alla base proprio la determinazione della lunghezza dello scafo. Alla base delle quali c'è una legislazione troppo generica. Determinare con certezza se una barca è più o meno lunga di 10 metri è fondamentale, come noto, ai fini fiscali, di immatricolazione e di patente. E lo stesso vale per il limite dei 24 metri, oltre il quale la barca diventa Nave, con tutto quel che ne consegue in termini di documenti e gestione. Già oggi, come si è detto, questi due limiti sono oggetto di lunghe controversie, che spesso coinvolgono i cantieri, i progettisti, le stesse istituzioni. Provate a immaginare cosa succederà tra poche settimane, quando le misurazioni diventeranno decisive per stabilire le quote della nuova Tassa sulle barche, che prevede fasce che vanno di due metri in due metri...!
 
L'allarme, che arriva da ambienti vicini al RINA, il Registro navale italiano, e toglie il sonno a numerosi operatori del settore, è da prendere seriamente. E le soluzioni vanno trovate con urgenza. Anche perché si tratta di un problema che riguarda, come si è visto, proprio tutti gli attori della nautica, dai clienti ai cantieri, dai progettisti ai rivenditori, ben più di altri temi sbandierati nelle ultime settimane e decisamente corporativi.
 
L'intreccio nasce dal recepimento in Italia di una norma europea, la UNI ISO 8666, che stabilisce appunto i criteri per la misurazione della lunghezza dello scafo. Essa, secondo la norma, sarebbe la lunghezza totale dello scafo escluse le parti removibili. Questa definizione si è dimostrata troppo generica per dare una risposta certa ai molti casi dubbi (che danno origine ai contenziosi), anche a causa delle nuove tecnologie che sempre più spesso prevedono plancette di poppa, piedi poppieri, spara-bompresso, o altre estensioni dello scafo, che è sempre più arduo definire "removibili".
 
La tempesta perfetta in avvicinamento, se possibile, è aumentata dal fatto che sulla nautica sono pronti a intervenire (ne hanno titolarità in base allo stesso Decreto Monti) tutte le forze dell'ordine. Immaginate la domandina iniziale "Quanto è lunga la tua barca?" fatta da Guardia Costiera, Carabinieri, Finanza, Polizia...
 
Cosa fare allora? Per evitare che dal prossimo maggio la nautica blocchi il paese sotto un diluvio di contestazioni e di ricorsi, occorre un immediato e forte intervento di chiarificazione dell'interpretazione normativa. Occorre dare indicazioni, idee e proposte al Ministero dei Trasporti ed è urgente che lo stesso Ministero emetta una circolare.
 
Un esempio c'è già, e vede in prima fila il nostro paese. Una circolare interpretativa, coordinata dall'organismo competente in materia, che risolva i dubbi una volta per tutte. L'iter prevede che questa circolare arrivi poi all'Europa, che deve emettere un parere di congruità ed eventualmente estenderla all'intero continente. Una operazione con vantaggio doppio: oltre a risolvere in anticipo i problemi che minacciano la stagione in arrivo, sarebbe un contributo della nautica italiana a tutta l'Europa. Dal paese degli 8000 chilometri di coste nel Mediterraneo, arriverebbe finalmente un'azione virtuosa, un buon esempio. Ma il tempo stringe.

Commenti

edoardo napodano (non verificato)

bravo. sono in pieno accordo, parliamo di cose serie e con buona creanza, chè dalla tassa Monti in poi, sul web si sono moltiplicati descamisados e masanielli di ogni risma oltre a gente in cerca di pubblicità. Allora un appunto ingenuo: non è che il problema della misurazione coinvolge solo organi tecnici, cantieri, progettisti, capitanerie ecc., a monte della specifica trascrizione ultima su licenza di navigazione? Per marine, forze dell'ordine e compagnia dovrà far fede la licenza. Punto. O no? Non sveglierei il mastino che dorme... si fa per dire.

Riccardo Corradini (non verificato)

"Determinare con certezza se una barca è più o meno lunga di 10 metri è fondamentale, come noto, ai fini fiscali, di immatricolazione e di patente." E' fondamentale per tassa di possesso ed immatricolazione ma non di certo per la "patente" o meglio per l'Abilitazione al Comando di Unità da Diporto che, com'è noto, è richiesta sulla base di altri parametri... o no? La norma ISO in materia mi risulta essere molto chiara: per semplificare immaginate di accostare due piani verticali, perfettamente perpendicolali alla linea di galleggiamento e paralleli tra loro, rispettivamente alla prua ed alla poppa dell'unità da diporto, e tutto quello che non è smontabile senza pregiudicare il normale utilizzo per il quale l'unità è stata progettata, omologata, costruita e venduta (la navigazione da diporto), sarà considerato come "lunghezza di omologazione scafo" (hull lenght). Se poi una moltitudine di armatori di unità omologate entro i 10 mt. non riusciranno a dimostrare che le plancette in vtr di poppa, delfiniere, bompressi a riposo oltre il dritto di prua o quant'altro, spesso installatti in modo permanente direttamente dai produttori, siano "amovibili" avranno due semplici scelte: o immatricolare l'unità, se supera i 10 mt., oppure segare o distaccare tutto quello che va oltre la misura di omologazione dichiarata. Chiaro e semplice. PS: una noto gruppo costruttrore francese, per esempio, omologa i natanti a motore con f.b. tenendo conto della sporgenza del motore f.b. più potente che potrà essere installato... se la norma era chiara per loro poteva esserlo anche per gli altri costruttori spesso "italioti e furbetti de noialtri" con complici gli armatori che erano e sono ben coscienti di avere qualche decimetro o piede "permanentemente inamovibile" da non dichiarare fiscalmente o amministrativamente ma solamente da "vantare" con gli amici in banchina.

Roberto rocchi (non verificato)

Vedo con piacere che sei dei pochi che "conosce i suoi polli"! A mio avviso la lunghezza "effettiva" , discrimine impositivo, deve essere quella che comprende ogni elemento che ingombri lo spazio circostante sia a poppa che a pruavia e che Consenta il godimento ulteriore dello spazio calpestabile, ancorché amovibile. E così i furbetti la smettono! Buona Pasqua.

Augusto Cadini (non verificato)

La misurazione è molto semplice, elementare: dalla verticale di prua alla verticale di poppa (tra due punti passa una sola linea retta), si rileva la lunghezza dello scafo che equivale alla lunchezza fuori tutto di una struttura monolitica senza apendici aggiunte. Non ci vuole Arkimede. Saluti e buona Pasqua

Augusto Cadini (non verificato)

La misurazione è molto semplice, elementare: dalla verticale di prua alla verticale di poppa (tra due punti passa una sola linea retta), si rileva la lunghezza dello scafo che equivale alla lunchezza fuori tutto di una struttura monolitica senza apendici aggiunte. Non ci vuole Arkimede. Saluti e buona Pasqua

Anonimo (non verificato)

Sono un ingegnere, tra l'altro ho anche lavorato parecchio col diporto ma non vi annoierò con metodi di rilievo e di misura semplicemente perchè non bisogna cadere in un tranello così evidente: meglio non entrare in argomento e puntare al nocciolo del problema! Già, la situzione è simile a quando, una ventina d'anni orsono o forse più, il discriminante tra i natanti le imbarcazioni erano le fatidiche tre tonnellate di stazza lorde: anche allora c'erano tante barche che, misurate senza accorgimenti opportuni, pur essendo effettivamente lunghe meno di sette metri e non più costose di un'autovettura di media cilindrata, risultavano di 6 tsl. invece, "facendosi furbi" si riusciva a dimostrare che scafi di quattordici metri rimanevano sotto! No, il problema non è questo, bensì un'altro: i tanti - ben più di quanti si possa pensare - che al bar od al circolo lodano la loro barchetta dichiarando misure ben superiori a quelle reali, sono quasi sempre gli stessi che in questi momenti vogliono dimostrare che, invece, è piccolissima. Si chiamano furbi, furbastri e meriterebbero altri epiteti meno gentili; certamente sono coloro che rovinano la nautica, intendendola esclusivamente come "status simbol" ma poi, le rare volte in cui escono dal porto, ci pensano Eolo e Nettuno a punirli. E hanno perfettamente ragione!