Storia | Regata > Vela Oceanica

25/11/2020 - 10:07

Vendée Globe, terza settimana di regata, nuovi protagonisti (attesi)

Charlie e Thomas, attacco al potere

LE LORO STORIE, RACCONTATE DALL'OCEANO - Chi sono e da dove vengono i due leader in fuga per la vittoria del Vendée Globe. Charlie Dalin e Thomas Ruyant, trentenni, biondi, francesi del nord, al vento della Manica. Inizi tra derive e sportboat, scoperta "casuale" dell'oceano e della vela in solitario. Il passaggio per la Mini Transat e il Solitaire du Figaro. Il giro di amicizie e collaborazioni giuste nella nuvola di supermarinai di Francia. E oggi, con due barche giuste, l'assalto al sogno. Storie per riflettere - VIDEO

 

di Christophe Julliand

Intenso. Magico. Epico. Imprevedibile. Le quattro parole scelte per il teaser della nostra WebSerie dedicata al Vendée Globe: SOLO (a proposito questa settimana non perdetevi il terzo episodio). Già, imprevedibile. Come dice Jean Le Cam in un video, una delle tante frasi che lo skipper di Yes We Cam non finisce, ma che dicono tanto: ’Prima della partenza si parla tanto, si scrivono articoli, si fanno pronostici e poi…”    

E poi, c’è la realtà. La realtà dopo 16 giorni di regata è che i primi sono ancora nel Sud Atlantico. A fatica, cercano di uscire dai venti leggeri dell’alta pressione di Sant’Elena, raggiungere i Quaranta Ruggenti e mettere prua verso Est per doppiare Buona Speranza, dista ancora 1.700 miglia. 

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REGATA LENTA? - Il tempo di riferimento sul tratto Les Sables-Buona Speranza? Non verrà battuto, i primi dovrebbero passare la longitudine del capo dopo 21 giorni di regata, quattro giorni in più di quanto aveva messo Thomson quattro anni fa. Le probabilità di migliorare il record sull’insieme del percorso, cioè passare sotto i fantastici e fantasticati 70 giorni? Difficile.  

Sappiamo che fine hanno fatto i due skipper indicati come grandi favoriti prima della partenza, ovvero Jérémie Beyou con Charal e l’inglese Alex Thomson con Hugo Boss. Dopo il suo ritorno forzato a Les Sables e la sua ripartenza Beyou è al largo delle coste africane, ultimo in classifica a 3.000 miglia dei primi. Per quanto riguarda Alex Thomson, lo skipper inglese ha dovuto lasciare andare i due primi per effettuare le riparazioni alla paratia longitudinale di prua. Si ritrova all’ottavo posto con 500 miglia da recuperare. Favoriti apparentemente fuori gioco, eppure in gioco, e questo è un dettaglio che non va sottovalutato, è un valore della gara, di questa gara e di ciò che racconta.

Chi abbiamo in testa quindi? Charlie Dalin in vantaggio di una cinquantina di miglia su Thomas Ruyant. Due concorrenti indicati in partenza come outsider, a bordo di barche nuove, due quasi sistership entrambe progettate da Guillaume Verdier. Apivia di Charlie Dalin è stato costruito presso il cantiere CDK di Port La Forêt, LinkedOut di Thomson Ruyant invece da Persico Marine (ne avevamo parlato in questo articolo (LINK). Ma da dove vengono questi due, chi sono questi concorrenti che rischiamo di vedere in cima alla classifica ancora per un po’. 

JE SUIS THOMAS RUYANT - Ruyant è originario del nord della Francia, di Dunkerque per la precisione dove nasce nel 1981. E’ in questa città che scopre la vela, come tanti altri ragazzi della sua generazione facendo con la sua classe delle elementari una settimana di scoperta velica in qualche club locale. L’interesse per la competizione arriva dopo. In equipaggio, intorno alle boe, come prodiere a bordo dei piccoli monotipi First Class 8. Il giovane Ruyant si lega anche di amicizia con una figura della vela offshore, del giro di Francia in particolare, evento al quale parteciperà diverse volte vincendo anche qualche edizione. Il solitario arriva dopo, quasi per caso quando scopre, sempre a Dunkerque, un vecchio prototipo di Mini 650 abbandonato. Prende contatto con l’armatore e si mettono d’accordo: Ruyant sistemerà la barca e potrà partecipare alle regate del circuito.

Partecipa alla sua prima Mini Transat nel 2007, la conclude nei venti in classifica. Un risultato che non passa inosservato visto i pochi mezzi e la barca a disposizione. E’ proprio all’arrivo della Mini 2007 che parte il progetto per una seconda campagna, questa volta con una buona barca. A Salvador de Bahia ha l’accordo di principio per l’acquisto di quello che sarà il suo prossimo prototipo: il ben noto 667 Eva Luna di Isabelle Joschke, un progetto Finot costruito a regola d’arte. Uno dei suoi primo sponsor, Faber produttore di bandiere, accetta il salto di qualità. Ruyant passa altri due anni sul Mini e conclude la sua campagna con la vittoria nella Mini Transat 2009.  

Si supera un’ulteriore step per la stagione 2010: con gli stessi partner tutti originari del Nord della Francia e lo stesso main sponsor, passa alla categoria dei Class 40 per partecipare alla Route du Rhum. La sua barca sarà un progetto Verdier, il Rhum è un trionfo. Ruyant arriva primo di una flotta di oltre quaranta barche. Una conferma.

Dopo il Rhum 2010 inizia a lavorare al progetto Vendée Globe, crea la sua società che chiama sul modello Alex Thomson, Thomas Ruyant Racing. Riesce ad allargare la base dei suoi sponsor. Federa intorno al suo progetto oltre 200 aziende tutte basate nella sua regione che partecipano al finanziamento della sua prima partecipazione. Tutte accettano anche di dare i nome al progetto Imagine che opera nel campo medico: il suo primo Imoca si chiamerà Le Souffle du Nord pour Imagine, la barca è l’ex 60’ di Kito de Pavant che Ruyant recupera accidentata dopo la collisione con un peschereccio. Insieme con il team, effettuano tutti i lavori, ottimizzano la barca, la trasformano radicalmente si presentano all’edizione 2016 del VG da principianti ma senza complessi.

Il primo Vendée Globe di Ruyant fila liscio fino all’entrata nei Quaranta Ruggenti dove è riuscito ad arrivare senza perdere troppo sui leader. Nel Sud, a parole sue, paga a caro prezzo qualche errore che da quelle parti non perdonano. A metà strada, mentre era all’ottavo posto, sotto la Nuova Zelanda, con una burrasca in arrivo la barca ha una violenta collisione con un oggetto semi sommerso, probabilmente un container. La barca si ferma di netto. L’urto è talmente violento che la barca si apre letteralmente in due e rischia di affondare. Quando altri sarebbero andati in panico, Ruyant mantiene la calma e innesca la procedura per salvare la barca senza disturbare nessuno, men che meno i soccorsi. A vele ridotte, continua la sua rotta verso la Nuova Zelanda. Evita il peggio della depressione e finisce per arrivare a buon porto. 

Quello che poteva essere il finale amaro del sogno è invece l’inizio di una nuova storia: quella della sua seconda partecipazione, un po’ più ambiziosa, con una barca nuova. Tornato in Francia, rilancia la macchina organizzativa. Stesso modello economico: un pool di aziende del Nord della Francia finanzia il progetto, il nome della barca verrà dato a un progetto di reinserimento sociale, LinkedOut appunto, che come indica il nome prende in contropiede il famoso social media dei professionisti, per trovare lavoro a disoccupati.

Mentre la barca viene concepita nei computer dello studio di Guillaume Verdier, Ruyant rimette la cerata e torna in acqua per non perdere la mano, questa volta nella classe Figaro, quella dei monotipi oceanici. Con Adrien Hardy, vince la Transat Ag2R in doppio nel 2018. Partecipa anche alla Solitaire con risultati meno brillanti: alle regate di semi fondo come le tappe della Solitaire preferisce le Transat, le maratone come il Vendée Globe. Come in questi giorni: Thomas adesso è nel suo.

IN TESTA D'ALBERO, DA SOLO (Video di pochi giorni fa, Ruyant deve salire per una piccola riparazione)

JE SUIS CHARLIE DALIN - Più ‘’accademico’’ rispetto a quello di Ruyant, il profilo di Charlie Dalin ma con similitudini interessante da sottolineare. Dalin è del 1984, nasce a Le Havre in Normandia. Tira i primi bordi su Optimist, fa le prime regate in 420 a livello nazionale. Inizia le regate offshore con il Mini 650 nel 2007 mentre è ancora studente a Southampton dove prenderà la laurea in yacht design. Per la sua prima e unica campagna Mini Transat, quella del 2009, sceglie un Mini di serie, il Pogo 2 referenza assoluta in quegli anni. Come tutta la flotta compresa gran parte dei prototipi si inclina davanti allo strapotere del portoghese Francisco Lobato che stravince la prima tappa dopo aver attraversato tutta la flotta in un colpo di vento al largo delle coste portoghesi. La seconda tappa invece sarà di Dalin: arriva a Salvador de Bahia con un ampio margine sui primi inseguitori (tra i quali un certo Giancarlo Pedote che concluderà ottimo quarto). 

Dopo la Mini Transat del 2009 conclusa con un secondo overall e un primo posto nella seconda tappa, Dalin si cimenta nella classe Figaro. Integra il Pole Finistère Course au Large dove diventa un pilastro grazie alle sue competenze da ingegnere nautico. Nel 2012, anche lui vince la Transat Ag2R in doppio con Gildas Morvan. Partecipa poi al programma di reclutamento dei giovani talenti per la compagnia assicurativa Macif, una delle operazioni di talent scout che esistono da decine di anni nella classe Figaro. Come un certo François Gabart qualche anno prima di lui, vince il concorso e con questo il diritto di correre tre anni consecutivi sotto i colori giallo blu dell’assicuratore. I risultati in Figaro sono immediati, lui e l’altro skipper Macif di questi anni, il compagno di squadra Yoann Richomme (ora skipper del team portoghese per la prossima The Ocean Race in VO 65) monopolizzano i primi posti per tre stagioni, regolari e performanti come orologi svizzeri. Da questi tre anni in Figaro, Dalin porta a casa due titoli di classe e un secondo posto. Non ha mai vinto la Solitaire ma l’ha terminata sempre sul podio: due volte secondo, una volta terzo. 

E’ proprio questa regolarità che convince Apivia, filiale della società Macif, a lanciare la costruzione del nuovo 60 IMOCA Fra 79, un progetto firmato da Guillaume Verdier e da Mer Concept, la scuderia diretta - guarda un po' - da François Gabart, nel frattempo vincitore del Vendée Globe 2012/13. Progettista di formazione, lo stesso Dalin si è impegnato in prima persona nella concezione della barca. Per la parte navigazione ha potuto contare anche sulla perizia di gente come Pascal BIdegorry o Yann Elies. Viene fuori una barca nata bene come si dice: varata nell’agosto 2019, Dalin e Elies vincono la prima regata in doppio. Tornato in cantiere per l’inverno, quando altri team riparano danni, i lavori su Apivia riguardano solo l’ottimizzazione del mezzo. La prua viene cambiata in basso con entrate d’acqua a spatola. 

IL NORMANNO A VELA (Video della tv di Le Havre su Charlie Dalin)

IL RESTO DELLA STORIA - Il resto della storia di Thomas e Charlie tocca a loro scriverla. Fin qui hanno seguito traiettorie simili. La stessa strategia per evitare il peggio della depressione Theta con una leggera variante: Dalin è stato quello che ha allungato di più la rotta verso Ovest, l’idea era di trovarsi in condizione poi di recuperare il terreno perso con un angolo migliore. Con il senno di poi possiamo dire che il calcolo non era sbagliato. Hanno seguito rotte abbastanza simili perché seguono la medesima strategia globale: non importa in che posizione di classifica, l’importante è arrivare nei Quaranta Ruggenti nel gruppo di testa. Fino all’altro ieri quel gruppo era un trio. Poi con le disavventure di Thomson è diventato un duo, nella terza settimana la regata in testa vive un duello di strambate tra i due gemelli diversi dell'oceano. E di duelli il romanzo del Vende Globe è pieno, anzi è proprio il suo format più classico: Desjoyeaux vs Mac Arthur nel 2000/2001, Riou vs Le Cam nel 2004, Le Cleac’h vs Gabart nel 2012 fino al Le Cleac’h di nuovo contro Thomson nella scorsa edizione. A volte però, si presenta qualche terzo incomodo. Per questo ruolo, ci sarà qualcuno nel primo gruppo inseguitore che riuscirà a recuperare i due fuggiaschi? Il meglio di questo VG 20-21 deve ancora venire.

SOLO #3, IN ARRIVO QUESTA SETTIMANA SU SAILY TV

Sezione ANSA: 
Saily - Altomare

Commenti

franco (non verificato)

barche sempre più tirate, delicate e fragili costrette a regatare in un mare che fa sempre più pensare ad un immondezzaio più che ad un romantico specchio d'acqua blu. regate che sembrano più una gara ad eliminazione e nella quale ogni notte si spera di arrivare all'alba tutti interi..... la vela è sempre magica ma questa situazione mette un po' tristezza!!
gentile Franco, grazie del messaggio e della riflessione, nonchè del tono equilibrato (di questi tempi è un grande pregio!). E' vero, la nostra vela resta bellissima e magica, grandi regate come Veldée globe ci fanno sognare ma ci lasciano anche attoniti, perchè la corsa della tecnologia che porta all'estremizzazione delle barche è inquietante, specie se rapportata alla tradizione della navigazione "normale", che deve prima di tutto essere sicura e marina, affidabile. E' pur vero che gran parte delle barche da giro del mondo sono abbastanza robuste da durare nel tempo, vediamo barche al terzo o quarto giro, sia in solitario che in equipaggio. E' difficile mediare, impossibile fermare lo sviluppo, e oggi i ritmi del mondo imprimono accelerazioni anche a uno sport e disciplina come la vela, che ha nella "lentezza" e nel rapporto con la natura il suo fondamento.

Nuvola (non verificato)

Caro Colivicchi, Il VG è una regata: di solito in questo tipo di sport vince il più veloce, non chi ha “nella lentezza il suo fondamento” Riguardo “l’estremizzazione inquietante”, vorrei non aver letto questa frase, o almeno non averla trovata su un sito che dovrebbe parlare di vela e di regate, così come il riferimento ad una “tradizione” della navigazione “normale”. Come se ci fosse una vela “normale” e una “inquietante”: la vela è vela! Che coinvolge tutte le persone che sono in acqua e che sfruttano il vento: dai Kiters sino agli Ultime, passando per gli Hallberg Rassy, i Neel, le classi olimpiche, le barche autocostruite, e chi più ne ha più ne metta, alla faccia di una inesistente “tradizione” e “normalità”. La vela è anche una passione individuale: ci sarà chi gode ad andare lento e a regolare in continuo la balumina del suo Dinghy 12 così che possa guadagnare 1/4 di nodo quando ne vede forse 4 sul log e chi ulula di gioia appeso alle cinghie di un F101 a oltre 20 kts: non c’è un modo “normale” e uno “inquietante”, c’è la gioia di praticarla, di viverla, ognuno a modo suo, in equipaggio o da solo. E poi “estremizzazione” di cosa? Stiamo parlando di barche a vela da regata, ovvero da corsa, non di rubinetti del bagno. Anche lei, come me, è un’estremizzazione di un processo evolutivo, e quindi? Torniamo ad essere Neanderthal e a vivere nelle caverne vestendoci di pellicce, a campare fino a 30 anni in nome della “tradizione” vecchia di migliaia di anni? Anche la vela è – nonostante l’opinione di alcuni – una cosa viva, che si evolve, cambia, si modifica con i nuovi materiali, con la capacità di utilizzarli e con le conoscenze tecnologiche, come tutto ciò che ci circonda, dalle automobili alle abitazioni a noi stessi. E per fortuna che è così!

Nuvola (non verificato)

Caro Franco, mi piacerebbe sapere quanti anni hai, su quali timoni hai posato le mani, o anche solo se ti piace guidare un SUV o se tieni un hobie sulla spiaggia, ma non importa: restiamo sul concreto. Barche sempre più fragili e gara ad eliminazione: considerate la tipologia di regata, non direi che ci sia stato un peggioramento negli anni. Anzi, ci vedo un’evoluzione della specie (2008 a parte). Edizione 1989: partiti 13, ritirati 6 (46%) Durata: 109/163 gg Edizione 1992: partiti 15, ritirati 8 (53%) di cui 2 dispersi in mare. Durata: 110/153 gg. Quello con Malingri Edizione 1996: partiti 16, ritirati 10 (62%) di cui 4 per ribaltamento e 1 disperso in mare. Durata: 105/140 gg Edizione 2000: partiti 23, ritirati 9 (36%), nuova rule box. Durata 93/135 gg (vabbè, c’era anche De Gregorio a 158 gg) Edizione 2004, partiti 20, ritirati 7 (35%) di cui 3 chiglie. Durata 87/126 gg Edizione 2008, partiti 30, ritirati 19 (63%). Durata 84/126 gg. Il 2° VG di Mich Des, costretto prima a rientrare a Les Sable per poi andarli a riprendere tutti Edizione 2012, partiti 20, ritirati 9 (45%). Durata 78/104 gg. F. Gabart scende sotto gli 80 gg Edizione 2016, partiti 29, ritirati 11 (38%). Durata 74/124. Grandissimo finale Quindi barche immensamente più veloci (-32% sulla durata!), ma con maggiori probabilità di finire il VG: fantastici IMOCA La storia dei cedimenti segue quella dell’evoluzione degli scafi e della box rule, oltre che della sfortuna, ma sarebbe come fare un’analisi delle rotture alla 24 Ore di Le Mans. Non conosco statistiche su danni causati da collisione con “immondezzai”, ce ne sono sui tempi di affondamento dei container e su quanti ne vengano persi ogni anno, ma non ho trovato evidenze significative nel VG di collisioni di questo tipo (tranne una boa oceanica alla deriva) e anche in generale gli affondamenti per collisione con container in mare aperto per barche da diporto, non sono percentualmente significativi Però mi rifarei a quanto dice V. Riou (1° nel 2004) riguardo cosa si rischia di incrociare durante il VG: Dans l’Atlantique nord et sud : « Des palettes de bois, des troncs d’arbres et des mammifères marins. » Dans les mers du sud : « Principalement des mammifères marins et de la glace. Il faut le dire, ce sont des eaux moins polluées. » O ricordare che Kito de Pavant nel 2016 ha naufragato per essersi scontrato con un capodoglio. Dare della monnezza a rami di albero portati dai fiumi o a poveri e inconsapevoli mammiferi e pesci … non so, forse ogni tanto tutto sembra più brutto rispetto a quando si era giovani.

Renaro (non verificato)

Grazie davvero A Saily ed a ate Colivicchi, i vostri articoli sono bellissimi, e consentono a noi appassionati di andare oltre il tenore direi piatto della maggioranza degli articoli che si leggono su questa lincredibile storia che è la VG. Credo che sia essenziale parlare dei protagonisti in persona, delle loro storie, delle loro competenze professionali e dei metodi che hanno utilizzato per uscire dalla mera passione e per entrare nel mondo del professionismo. Per quanto riguarda la regata ed il commento di Franco, che, oggettivamente ineccepibile, ritengo corretta la risposta di Colivicchi. Vi sono elementi quali la logica attuale, le esigenze degli sponsor e dei media , che non consentono di mediare. E poi, sono convinto che lo sviluppo tecnologico di questi mostri, seppur lontano dalla vela di tutti i giorni e dalle nostre barche, porterà vantaggi ed innovazioni utili per tutti. Grazie ancora e... Continuate