PROFILO

11/06/2013 - 23:08

Qui una volta erano tutti monoscafi

Probabilmente ispirati dal clima di una stagione anomala, con i primi caldi che stentano ad arrivare e sanciscono il ritorno della 'mezza stagione', vorremmo oggi riflettere sui luoghi comuni e come molti di essi siano (a proposito o meno) utilizzati anche quando si parla di vela.


Nel blog http://www.saily.it/it/piazzavela/post/la-vela-non-%C3%A8-una-palla-che-... avevamo approfondito alcuni aspetti che riguardavano la complessità della vela sportiva e come tale complessità potesse proteggere la vela aiutando a preservarne i migliori valori.

Oggi ci troviamo a riflettere su un altro aspetto molto attuale, cioè sul contrasto tra volontà di diffondere la vela e la volontà di proteggerla dal consenso di 'massa'.

Come spiega Ivana Vesovic in Arrestare il tempo. Nostalgia, immaturità e analisi del presente: ''Il luogo comune è un’opinione – non necessariamente vera – la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l’ovvietà; un concetto facilmente riconoscibile che vola veloce di bocca in bocca. Una facile scorciatoia, insomma, per trovare il consenso di chi si ha di fronte...Non si comunica nulla e tuttavia si è quasi certi di attirare la simpatia dell’interlocutore anche per dimostrare l’appartenenza, o per lo meno la vicinanza, allo stesso modo di pensare''.

Un’altra componente del luogo comune è la nostalgia, il ricordo di un passato migliore del presente che diventa esperienza collettiva nella quale è comodo identificarsi anche quando questa esperienza non è stata effettivamente vissuta in prima persona.

Anche nei commenti sulla prossima Coppa America troviamo spesso discussioni lontane da un serio approfondimento che procedono per dogmi senza una riflessione critica. Gli stessi Social network diventano il luogo delle 'immediate certezze' dove si cerca di trovare un veloce consenso.

Succede così che spesso ci siamo trovati a difendere delle posizioni contrarie a quelle che rappresentavano il nostro pensiero iniziale, soprattutto perché infastiditi dalla facilità con cui queste posizioni venivano commentate e condivise senza un’opportuno approfondimento.

Con chi stiamo ? Certamente con chi ci convince, chi approfondisce il ragionamento e chi 'prova' a dimostrare il proprio punto di vista. Crediamo veramente in certe affermazioni oppure siamo solo dei nostalgici ? Stiamo semplicemente difendendo le barche a cui siamo affezionati e non vogliamo approfondire né metterci in discussione ?

Dopotutto non succede qualcosa di simile anche in alcune regate ? Possiamo saltare sulla barca più forte prendendoci dei meriti che magari non abbiamo, oppure cercare di imparare a far viaggiare più velocemente la nostra barca, seguendo tutto il nostro percorso di crescita.

Il rischio di difendere a tutti i costi le vecchie imbarcazioni è quello di cadere nel luogo comune della semplificazione, della nostalgia, del facile consenso ed in definitiva di passare dalla parte della 'massa' senza rendersi conto che è proprio quella 'massa' che in realtà nelle intenzioni iniziali staremmo cercando di fuggire.

Quella cultura di massa che identifichiamo con la spettacolarizzazione a tutti i costi, la vela come business, l'audience sui media, che rischiamo in maniera superficiale di identificare con i catamarani, e che senza accorgerci invece stiamo contribuendo a diffondere, nel momento in cui ne parliamo senza il dovuto approfondimento. 

Qual'è la soluzione ? Ne avremmo due, ma la più facile è già pronta: un’altra scorciatoia e altro luogo comune, ci basterà guardare verso il campo di regata e dire ai nostri figli: 'E pensare che qui una volta erano tutti monoscafi'.



Bibliografia
http://www.archiviocaltari.it/2012/12/27/una-volta-era-diverso-immaturit...
http://www.saily.it/it/piazzavela/post/la-vela-non-%C3%A8-una-palla-che-...

Commenti

AnonimoDiAcquaDolce (non verificato)

A mio parere, affronti la cosa in un'ottica errata. Il problema America's Cup non è il fatto che siano dei catamarani, una barca che per la sua stessa natura è l'antitesi del Match Race, disciplina a cui l'America's Cup vorrebbe ispirarsi (ma non è match race, ricordiamolo, che è un'altra cosa), ma bensì il fatto che si è permesso ai team di fare cose che non sono più barche. Raggiungendo il ridicolo. Luna Rossa e Team New Zeeland fanno 5 match di round robin, il Challenger Of Record non ha la "cosa" e non gareggia, tanto essendo in tre accede lo stesso alla semifinale 2 contro 3. Ma che succede se uno dei due rompe la barca? Il CoR arriva alla finale ... E che succede se per caso anche l'altra si rompe? Il CoR vince la Luis Vuitton Cup senza aver corso nemmeno una regata? E che succede se uscendo per la prima regata seria, Oracle che già si è fatta male da sola, rompe? Il CoR vince l'America's Cup senza aver disputato nemmeno una regata? Catastrofismo? Ne riparliamo alla prima rottura in regata.
Ciao AnonimoDiAcquaDolce e grazie per il commento che trovo calzante. Mi trovo d'accordo con quello che dici e sei la prova vivente di quello che volevo dimostrare. Non dobbiamo confondere la 'formula' con le 'barche', sono cambiate troppe cose dalle scorse edizioni della coppa per fare un paragone soltanto sulle barche. La maggior parte delle tue osservazioni infatti riguardano la 'formula' e le modalità. Quello che cerco di dire è che non possiamo ridurre tutto il confronto a monoscafi vs. catamarani perché è una semplificazione non corretta. Pensiamo ad esempio al concetto di barca 'pericolosa', un Hobie-Cat è forse più pericoloso di un 470 ? E' una questione di quelle specifiche barche, di 'formula', di modalità e non di numero di scafi su una singola barca. Il fatto che la maggior parte dei tuoi commenti fossero in quella direzione mi tranquillizza, stiamo approfondendo (lontani dal luogo comune) e di conseguenza stiamo 'proteggendo' la nostra amata comune passione. Marco

Paolo Recalcati (non verificato)

L'ultima parte dell'intervento di MCAMBI è corretta. Per quanto riguarda la Coppa America il problema è la formula : 72, e si è accorto anche chi l'ha voluta, è un mostro e molto al di la del concetto barca. Era meglio fare la Coppa con l'AC45 che si è dimostrato, seppure nella innovazione, una barca e non un mostro. Esistono quindi barche che, a prescidere dalla formula, sono marine e vanno bene per molti range di vento (dalla Star alla Formula 18, un catamarano alla portata di tutti con cui si fanni anche RAID costieri) e barche che invece soffrono alcune condizioni. Anche tra i monoscafi della Coppa America Old Style abbiamo visto barche non marinare (mi ricordo di una barche neozelandese che imbarcava acqua !!). Per tornare su un concetto di vela per tutti occorre andare sia nella direzione di vela più divertente, più veloce sia nella direzione di vela più diffusa, più abbordabile. In questa ottica suggerisco ai neofiti o a chi vuole iniziare, di provare una o due tipologie di barche e poi di fare un poco di esperienza su barche di seconda mano ma funzionanti. Si spende la metà, ci si rimette poco quando la si vuole rivendere. E non è detto che debbano essere macchine volanti; lo stesso divertimento, per uno che inizia, lo si può ottenere con il Laser o con Hobie 16. Poi se uno vuole più adrenalina, può passare a qualche cosa di più impegnativo, sia tra i monoscafi che tra i catamarani. Per fare cultura di massa occorre che uno dei mille canali del digitale terrestre si occupasse solo di vela, trasmettendo non solo l'elite (Coppa America e via dicendo) ma anche regate normali, spiegando cosa succede in acqua, quali sono le regole , pubblicizzando non solo materiali nautici ma anche (gratuitamente in questo caso) i circoli nautici che, una o due volte l'anno, fanno la giornata di iniziazione alla vela. La vela non deve essere uno sport d'elite buono solo per pubblicizzare i record di Soldini o le regate importanti, ma dovrebbe entrare nel mondo comune e questo lo può fare solo con i mass media più diffusi.
Caro Paolo, grazie, e a parte le considerazioni tecniche sulla marinità delle barche e di quelle ottenute con le varie formule per l'America's Cup, trovo quasi emozionante (almeno lo è per me, per quanto credo nell'argomento) il riferimento finale alla vela in tv e al "sogno" (ahimè, per il momento di questo si tratta ed è destinato a restare tale per un po', vista la crisi) di un canale digitale terrestre dedicato solo alla vela, quella vera di tutti i giorni, delle piccole barche, dei club, dell'iniziazione, insomma la vera base, senza la quale a ben vedere non ci sarebbero nè le Giraglia nè le America's Cup. E' semplicemente ciò in cui credo fermamente, non solo per passione per anche da un punto di vista editoriale, cioè per il mio lavoro. Ed è semplicemente ciò a cui abbiamo pensato nel creare la webTV di Saily. La crisi, e la scarsità di mezzi, hanno frenato un po' il processo. Ma il punto di arrivo resta, quale che sia la piattaforma (satellite, digitale terrestre, web, tutte e tre: si tratta di far quadrare i conti tra costi, tecnologia e raggiungibilità dell'utenza): un unico, vero, grande media broadcast che trasmetta un palinsesto con i valori della vela a 360°. Facciamolo tutti insieme!

Lamberto (non verificato)

Grazie Marco per il tuo intervento, sempre brillante e non scontato. Ma queste potrebbe essere solo la necessaria introduzione per cominciare a discutere davvero senza fermarsi contro i luoghi comuni e la pancia della gente: Non esiste innovazione rivoluzionaria che non sia passata da critiche feroci prima di essere compresa e apprezzata: è lo stesso per questa Coppa America? Da tutte le parti la gente sta mettendo foil alle proprie barche, soprattutto catamarani: questo è indice dell'estremo fascino che queste barche hanno su tanti velisti. Nessuno lo tiene in considerazione? Perché non esiste un dibattito razionale con fonti attendibili sulla morte di Simpson? Di chi sono le responsabilità? Di Ellison o di Juan K? Lo stesso Simpson aveva fatto tutti i corsi possibili per imparare come usare le dotazioni di sicurezza o no? e si potrebbe proseguire...