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17/08/2016 - 03:42

RIO 2016, DAY 9: la maledizione di "Quella sporca ultima Medal"

Illusioni azzurre
e feste degli altri

Dopo Flavia Tartaglini, anche Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri perdono nella finale un podio olimpico meritato, e vicinissimo. E con C&C fuori matematicamente, la vela azzurra a Rio 2016 replica Londra (Weymouth) 2012: zero medaglie. Impegno, mezzi e quantità non sono certo mancati. Il "bug" è da cercare altrove. La discussione è avviata. Intanto l'Olimpiade regala storie ed emozioni bellissime - LE VELE DI RIO SU SAILY TV


(Nella foto di copertina: Santiago Lange e Cecilia Carranza festeggiati a bordo del Nacra dai figli di Santiago. L'immagine della gioia dell'oro olimpico argentino, 54 anni, che prima dei Giochi ha sconfitto il cancro)


di Fabio Colivicchi - Inviato a Rio de Janeiro


Ho vissuto la Medal Race di Vittorio e Silvia, i catamaranisti naif "prestati" alle regate e divenuti in 4 anni salvatori della patria velica fino a caricarli di responsabilità più grandi di loro, immerso nella "torcida" dei tifosi. Bandiere argentine, austriache, svizzere, kiwi, canti e balli, lo scenario delle spiagge nel cuore di Rio, la musica e le voci della diretta. Sembrava tutto bello, erano tutti felici di esserci. Certo con un bel po' di tensione. Nervi a fior di pelle, pronti a scattare. Si finisce per gioire per le penalità di Santiago Lange, e la sportività e lo spirito marinaresco vanno a farsi benedire. Ma è giusto, è l'Olimpiade. 

C'è un omone davanti a me, dietro un bandierone USA stelle e strisce. La Medal Finn è vinta da un americano, che a conti fatti strappa il bronzo, che forse sarà l'unica medaglia USA a Rio (dopo essere stati a secco a Londra). L'omone è un ossesso, salta urla, alza le braccia, urla ancora, c'mon, c'mon, si sgola quando il Finn americano passa davanti alla spiaggia. Sembra una danza selvaggia. Alla fine, quando sembra si sia calmato, si gira verso la platea, allarga le braccia e spiega: "That's My Son!", quello lì è mio figlio, ha vinto la medaglia! Non c'è bisogno di dire altro.

E' un pomeriggio di emozioni fluide e continue al Marina da Gloria, sulla spiaggia tra Leblon e Flamengo davanti al campo di regata chiamato Pao de Asucar, intitolato al Pan di Zucchero che è uno dei simboli di Rio. Quattro medal race con il carico di attese, thrilling, sorpassi e salti di vento, vittorie, sconfitte, gioie e dolori. Il solito inimitabile menu dello sport olimpico. Ogni medal che finisce porta con se sbandieramenti, urla e promesse di feste che continuano, oppure arrotolamenti e ripiegamenti mogi di chi ha perso. Si sa dall'inizio, no? Si vince o si perde. Entrambe le cose insieme non si può: dunque per qualcuno che vince (pochi: solo 3 per classe, e per Medal Race), ce ne sono tanti che "perdono". La maggioranza. Ne consegue che nello Sport una delle cose più importanti e urgenti è imparare a perdere. Chi impara a perdere meglio e prima, potrà forse vincere presto.

Vittorio e Silvia hanno perso, male, la Medal Race (settimi), la caccia all'oro, il secondo posto e anche il terzo e il quarto. Finiscono l'Olimpiade al 5° posto. La dinamica della gara, le sue fasi, le scelte decisive, le solite condizioni del vento, fanno e faranno parte di attente analisi, dei tecnici sopraffini o dei chiacchieroni da banchina. L'impressione da osservatori che ne hanno viste tante, è che la finale dei Nacra abbia somiglianze sorprendenti con quella RSX femminile. Addirittura con la "chicca" iniziale della penalità inflitta ai rispettivi avversari principali, che di solito è un evento favorevole, che offre la possibilità di gestire la gara in modo più tranquillo, un grande vantaggio anche psicologico. Sia Tartaglini che Bissaro e Sicouri, come sappiamo, hanno invece dilapidato quel (teorico) vantaggio, superati poi all'arrivo proprio da quegli stessi avversari.

Le somiglianze non finiscono qui. L'idea che le vele con il bianco-rosso-verde in entrambe le finali abbiano preso decisioni un po' estreme, riguardo il bordeggio, che in generale si siano allontanate dal grosso della flotta, facendo gara un po' isolata, a sè. Nel caso del Nacra, c'era anche stata una partenza eccellente, la scelta di andare a destra (il lato che poi ha pagato per i neozelandesi, che erano accanto agli azzurri). 

Ripetiamo a scanso di equivoci che questa non è una analisi tecnica della regata ma solo una prima elementare impressione, peraltro condivisa largamente da molti osservatori, in acqua, in spiaggia, in tv. Se volessimo proseguire su questa strada, ne conseguirebbe che i motivi delle due sconfitte non sono tecnici (vele, scafi, manovre), ma hanno a che fare con il campo di regata (i salti di vento in larga misura imprevedibili, i quali però sono anche da sempre il tema dominante dello sport velico) e con le scelte che abbiamo definito tendenzialmente "estreme" e di allontanamento dalla flotta. 

Non la prendiamo troppo alla larga: in molti già a caldo parlano della questione psicologica, della testa, come il principale imputato colpevole degli errori che hanno portato a perdere due medaglie ben preparate, confezionate e pronte da indossare. Nella finale secca, a punti doppi, c'è qualcosa che a noi italiani proprio non va giù. E' anche un problema sul tavolo di World Sailing: oggi in conferenza stampa è stato chiesto a Lange, Waterhouse e Zajac, i timonieri oro, argento e bronzo del Nacra, se la regata in quel campo e a punteggio doppio fosse ritenuta "fair", regolare, sportiva. Tutti e tre, con sfumature diverse, hanno nicchiato. E Zajak ha ammesso: "chi vince dice che è sport, chi perde dice che la regata troppo imprevedibile falsa il risultato, sono vere entrambe le cose". E sul punteggio doppio, che può rivoluzionare una serie di 10 o 12 prove faticosamente costruita, si iniziano a levare molte voci.

Tornando alle sconfitte italiane, non c'è solo la seconda medal sfumata malamente, nell'ottavo giorno è uscito definitvamente dalla lotta medaglie anche l'equipaggio del FX Giulia Conti e Francesca Clapcich, sul quale si puntava decisamente e giustamente, risultati alla mano. Il che sentenzia a tre giorni dalla fine dei Giochi un pesante "zero medaglie" per la vela azzurra a Rio 2016. Come a Londra 2012. Due Olimpiadi a secco non accadeva da tempo. 

Tuttavia lo sprecarsi di commenti usa e getta sui social o nelle chat (intese come chiacchiere), il tito alla FIV fin troppo facile, non sono la strada giusta. Si fa presto a scrivere, da un pc o da uno smartphone, e postare un commento. Stiamo imitando la parte peggiore di altri sport popolari. Ma quando si tratta di passare alle idee, come la mettiamo? Chi oggi critica la gestione della vela olimpica italiana, ha concretamente da proporre qualcosa di diverso e motivato? Di cose da rivedere e da cambiare ce ne sono tante e i primi a saperlo sono il DT e lo staff tecnico. Ma che questo quadriennio si sia lavorato con il massimo dell'impegno da parte di tutti, con regole trasparenti e condivise, con incredibile intensità, anche con risultati, al punto che siamo arrivati all'Olimpiade a giocarci due finali da un primo e da un secondo posto, penso che non si possa negare.

La questione "testa" torna di attualità (lo è stata spessissimo, anche in un passato lontano, al punto che lo psicologo era entrato nello staff tecnico). Ma forse, almeno se posta superficialmente, rischia di essere a sua volta fuorviante. Che vuol dire che i nostri velisti non hanno "testa"? Campioni del mondo e d'Europa, di World Cup, finalisti olimpici al massimo livello, non possono non avere testa. Perchè non cominciare a ragionare sulla possibilità che si tratti di un fattore culturale, se non educativo, dei nostri giovani? Educare allo sport olimpico e alle sue logiche molto diverse dal resto del quadriennio.

Oggi sul Nacra di Santiago Lange sono saliti i figli, già olimpionici a loro volta. E alle cerimonie di premiazione erano presenti Martina e Marco Grael, con papà Torben e mamma Andrea. Papà olimpici e medagliati, sono esempi ed educatori di sport olimpico. Non si può pretendere di avere in ogni famiglia un papà olimpico o medagliato, ma stimolare nella filiera della formazione dei nostri giovani velisti (che da piccoli sono fortissimi e poi si perdono) una "materia" di studio e di crescita dedicata all'approccio all'Olimpiade. Così, almeno, se uno capisce che non fa per lui, molla per tempo, senza doverci investire risorse, portarlo a più edizioni olimpiche aspettando che faccia esperienza...

Tra le materie di studio di un giovane atleta ci dovrà essere la storia olimpica, mondiale e del nostro paese, con testimonianze dirette. E ci dovrà essere la voce "comunicazione", senza la quale non ci sarebbero nè sport nè Olimpiade. E che il rispetto è la prima regola, verso se stessi e gli altri soggetti del mondo sportivo olimpico, compresi i comunicatori. Riseminando queste piccole piantine educative, forse un giorno avremo anche in Italia velisti che, oltre a essere bravi e completi per arrivare a una finale vicinissimi a una medaglia, poi la affrontano anche con il carattere formato sui valori olimpici.


C'è tanto ancora da dire, e ci sono le storie bellissime di eroi olimpici come Robert Scheidt, Santiago Lange, Caleb Pain, Vasilj Zbogar. Sulle quali torneremo. Anche su LE VELE DI RIO che continua su Saly TV. 

REPORT FIV DAY 9
(federvela.it) Niente da fare: come già avvenuto domenica scorsa nella disciplina della Tavola a vela RS:X femminile, l’Italia della vela si avvicina ad un passo da una medaglia, per poi vedersela svanire nell’ultima prova, la Medal Race a punteggio doppio riservata ai migliori dieci di ogni singola classifica, che in questi Giochi di Rio 2016 non ha certo portato bene agli azzurri.

Protagonisti di questa intensa giornata di vela olimpica sono stati Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri nella disciplina del Catamarano per Equipaggi Misti Nacra 17, che questa mattina, prima della Medal Race, partivano dalla seconda posizione della classifica generale, dietro l’equipaggio argentino Lange-Carranza Saroli, ma con un margine comunque minimo sugli avversari.

Scattati al via con una buona velocità, e con gli argentini costretti subito ad effettuare una penalità per un’infrazione al regolamento, gli azzurri hanno perso strada fin dalla prima bolina, tanto da girare la prima boa al nono posto, seguiti dagli argentini.

Decimi al cancello di poppa, nella seconda bolina Bissaro-Sicouri hanno recuperato due posizioni, per poi chiudere la regata in ottava posizione, risultato che li ha fatti scalare fino al quinto posto della classifica finale, a sei punti dal podio e a sette dall’oro, poi andato a Lange-Carranza Saroli dopo una grande rimonta. L’argento è per gli australiani Waterhouse-Darmanin e il bronzo per gli austriaci Zajac-Franck.

Assegnate oggi anche le medaglie nelle discipline del Singolo maschile Laser Standard (oro a Tom Burton, Australia), del Singolo femminile Laser Radial (oro a Marit Bouwmeester, Olanda) e del Singolo per Equipaggi pesanti Finn (oro a Giles Scott, Gran Bretagna).

Oltre alle quattro Meda Race, si è concluso il programma delle prove di flotta per le ultime discipline ancora in regata: nel 49er FX, Giulia Conti e Francesca Clapcich oggi hanno ottenuto un 6-4-7 che ha consentito alle due azzurre di risalire fino alla sesta posizione della classifica. Giovedì saranno impegnate nella Medal Race, ma visto il distacco dalle prime, purtroppo con nessuna possibilità di medaglia. Nel 49er, infine, Ruggero Tita e Pietro Zucchetti (oggi 7-10-19) chiudono 14mi e nel 470 Femminile Elena Berta e Alice Sinno sono 19me.

Commenti

Nico (non verificato)

Sagge parole, caro Fabio. La conoscenza vince sempre. La solitudine del vuoto culturale (non è e non vuole essere una critica a nessuno, sia ben chiaro) lascia ben poco nella vita. Ad maiora.

Anonimo (non verificato)

Caro Fabio, tutto giusto ma: 1) Rsx femminile. Il campo di regata era lo stesso del maschile ? Se la risposta è positiva grave errore non aver visto quello che era evidente fin dalla prova degli uomini dove il vento permetteva un allungo a sinistra (lato boa) spaventoso ed infatti i primi arrivati hanno bordeggiato su quel lato e Camboni (bordo del carabiniere) a destra. L' allenatore di Flavia lo ha visto o solo mezzo mondo dal divano se ne è accorto? Perchè la nostra non ha marcato la russa e la francese? La regata era di soli dieci concorrento quindi più facile da gestire in partenza rispetto alle lotte di decine di tavole a vela. 2) Nacra. I nostri partiti lanciati a destra sono stati risucchiati sopravvento da NZL ed hanno virato verso sinistra prima di prendere i rifiuti, come ovvio, ma il successivo bordo a sinistra è stato infinito rispetto alla flotta ed alla brevità del percorso. Errore grave ed inconcepibile per atleti di tale livello. Per concludere, escluse carenze tecnico tattiche da regatanti della domenica, i comportamenti dei nostri sono inspiegabili se non con una "sindrome di olimpia" che ha sede nei meandri imperscrutabili della mente umana.

Marco Radman (non verificato)

Ottimo articolo che offre diversi spunti di riflessione. Unica cosa……” catamaranisti naif "prestati" alle regate”. Che significa?
Volevo dire che l'origine della passione velica di Vittorio e Silvia sono i catamarani, non necessariamente in regata, e che il mondo dei cat è una vela da spiaggia, allegra e semplice, senza tutte le sovrastrutture che si trovano addentrandosi nel mondo delle regate. Espressione non felicissima

Marco Radman (non verificato)

Bè….per la verità la passione di Vitto e Silvia per i cat è sempre stata molto legata al mondo delle regate, e questo fin da giovani (basta guardare il loro curriculum prima del quadriennio in Nacra). Il loro è un percorso iniziato diversi anni fa tra l’altro molto simile a quello degli equipaggi più solidi quali ad esempio Besson, Waterhouse e altri. Prima iniziando a regatare con l’Hc16…barca ideale per farsi il manico da giovani…per poi passare al più tecnico Formula 18….barca tecnica molto molto simile al Nacra 17 per dinamiche oltre che dimensioni e piano velico. Qualcosa di molto simile direi al percorso Equipe-420-470. Che i cat vengano visti dagli addetti ai lavori come una vela “semplice ed allegra” e quindi di fatto di serie B…. non mi pare neanche giusto visto che poi non è così. Certi aspetti culturali (velisticamente si intende…) andrebbero ormai lasciati alle spalle. Se a terra regna una certa armonia e fairplay (purtroppo non in tutte le Classi di catamarani)…..in acqua non ci sono amici. Ed è così che dovrebbe essere, ed è così che ci piace. Aldilà di alcune specifiche legate al tipo di imbarcazione, le regate per tutti sono legate alle medesime variabili. Oscillazioni del vento, corrente, tattica e strategia…oltre al setup del mezzo e ovviamente tecnica di conduzione. Vitto e Silvia (purtroppo!) ci hanno evidenziato come una virata o comunque una scelta tattica rivelatasi poi non ottimale possa compromettere il risultato…..pure con una imbarcazione “naif”. Cordiali saluti Marco

Giovanni Iannucci (non verificato)

Sono stato sempre riluttante a dare giudizi su eventi nei quali non ero direttamente coinvolto o almeno spettatore, ma questa volta, anche dai pochi elementi tratti da una copertura televisiva frammentaria e da interviste varie, mi sento di concordare con le considerazioni dell'anonimo (peccato che lo sia!) sopra. Forse, Fabio, ti ricorderai a Cowes nel '97 uno di quei tanti medagliati olimpici e mondiali che erano sulle nostre barche che ripeteva spesso "When in doubt, stay with your competitors!". Credo che non ci sia mai stato un campo di regata olimpico dove i "dubbi" erano tanti quanti quelli di Rio. Purtroppo, non mi pare l'abbiano fatto né la Tartaglini, né Bissaro-Sicouri, che avevano tutte le qualità e le possibilità di arrivare a una medaglia. Lo poteva fare Camboni, come mi pare l'abbia fatto, perché non aveva speranze, ma non loro.