Storia | Crociera > Viaggi

15/04/2020 - 15:06

Think-thank per il dopo virus: facciamo girare le idee

Giro a Vela, la storia e il futuro

DUE VIDEO: UN EVENTO CHE RACCONTA LA VELA (E NON SOLO) - Christophe Julliand ha aperto il libro dei ricordi del Giro d'Italia a Vela di Cino Ricci: 22 edizioni, tante storie, un'onda altalenante di visibilità e protagonisti del mondo velico, delle coste italiane e del nostro territorio. Una regata dai contenuti tecnici unici. Un rito di passaggio. Eppure, dopo Cino il Girovela si è fermato: perchè? La sua analisi e i vari tentativi a vuoto. E un'idea di Saily: per ripartire dopo questa crisi ci vorrebbe proprio un...

 

di Christophe Julliand

Nel video qua sotto, il nostro grande Cino Ricci, intervistato da Saily sul Giro d'Italia, chiude profetizzando: ''I valori sono quelli di una manifestazione unica (...) che dovrebbe essere rivolta ai giovani (...) Il giorno in cui il Giro d'Italia morirà perché non ci sarà più nessuno a spingerlo o a trovare i soldi necessari per farlo, ecco che rimpiangeranno questa manifestazione che, secondo me, non si farà più proprio perché ha tante sfaccettature (...) per cui è difficile rimettere in piedi un carrozzone come quello.''

E ancora pochi giorni fa, sempre parlando con Saily, stavolta da casa sua nei giorni di clausura per il coronavirus, Cino aveva precisato: "Il segreto del Giro? Ero io... In quegli anni avevo una popolarità provocata dalla Coppa America, prima mediatica con Azzurra 1983, poi televisiva, col Moro di Venezia 1992, con Luna Rossa 2000 e 2003. E con la popolarità anche la credibilità. Quando andavo a Roma frequentavo il mondo dell'alta finanza. Erano tempi nei quali era relativamente facile trovare sponsorizzazioni. E poi andavo a cena con i sindaci, stavo due giorni nelle città che volevano essere sedi di tappa. Oggi chi puo' fare tutto questo? Aggiungiamo anche la collaborazione con Marina Militare, Guardia Costiera, Guardia di Finanza, avevamo una nave della Marina di scorta al giro! Oggi sarebbe impossibile. E comunque la forza del giro erano le regate lunghe, di vera altura, una o due notti di mare. Tutto sotto la mia responsabilità. In vent'anni ho portato in mare diecimila persone..."

CINO RICCI PARLA DELLA 22ma EDIZIONE DEL GIRO (PROFETICO...)

Rispondiamo all'invito del direttore Fabio Colivicchi che ci ha chiesto, per celebrare i primi dieci anni di Saily.it di ripercorrere il decennio passato, raccontarlo, analizzarlo per proporre piste da seguire per la ricostruzione. Perché, ahinoi, oltre ai danni già subiti, se dovessimo attraversare una stagione estiva con ''mare vuotum'' come sembra, anche la vela italiana dovrà essere ricostruita.

Il primo tema che ci è venuto in mente non è per niente positivo. Anzi è tutto il contrario trattandosi di un'assenza, di una mancanza secondo noi abbastanza grave nel panorama della vela italiana, e cioè la scomparsa del Giro d'Italia a Vela.

La prima domanda è questa: Come è possibile che un Paese come l'Italia, con oltre 7.000 km di coste, tre mari, tutti baciati da un clima mite, praticabili se non dodici almeno dieci mesi all'anno,  due isole maggiori, decine di isole minori come boe naturali e alcuni tra i migliori campi di regata del mondo, com'è possibile, quindi, che l'Italia possa rimanere senza il suo Giro a Vela? E questo da ben dieci anni? Perché, nella ricostruzione post crisi sanitaria si potrebbe, si dovrebbe ripartire da qui, proprio da un risorgimento della Vela d'Italia attraverso un Giro. E' quello che proveremo a spiegare in questo articolo come avevamo promesso nella lunga intervista a Cino Ricci uscita la settimana scorsa (QUI).

BREVE STORIA DEL GIROVELA - Iniziamo col ripercorrere il più velocemente possibile la storia del Girovela, perciò possiamo prendere spunto dalla pagina dedicata all'evento su Wikipedia (QUI). Nel punto elenco della pagina wiki che ripercorre le varie edizioni del Giro leggiamo alcuni tra i più grandi nomi della vela italiana. Durante tutti gli anni 90' e i primi anni 2000 cambiano le barche usate, i percorsi, gli sponsor, alcuni ancora attivi nella vela italiana. Rimangono invariati invece il concetto e il format stesso dell'evento: una serie di regate d'altura da un porto all'altro della penisola su una flotta composta da dodici fino a quindici barche identiche, sempre sui 10 metri di lunghezza.

Si trovano altre informazioni sulla storia del Giro nel libro ''Odiavo i velisti'' scritto da Cino Ricci con Fabio Pozzo ed edito da Longanesi nel 2014 dove il Giro viene citato sin dalle prime pagine. Dopo aver ricordato di aver conosciuto il velista romagnolo prima come skipper di Azzurra della prima sfida italiana nella Coppa America del 1983, quella che ha portato la vela a casa degli italiani, poi come commentatore televisivo, a raccontare le sfide successive sempre della Coppa, infine come imprenditore in qualità di patron del Giro d'Italia. Ecco, Fabio Pozzo ha usato la parola: imprenditore. E questo libro ci permette di capire anche qual'è stata il ruolo e la visione imprenditoriale di Ricci, cioè il modello economico dell'impresa chiamata Giro d'Italia.     

LA GENESI - Sulla genesi del Giro, dalla pagina 159 del libro, Cino Ricci racconta: ''Più o meno nello stesso periodo (dopo la seconda sfida di Azzurra, quella del 87, Ndr) avvio anche un'altra attività. Mi chiama Alberto Franchella che si occupa di pubbliche relazioni e comunicazione e mi propone di lanciare insieme il Giro d'Italia a vela... Lui ci mette lo sponsor, una nota marca di tabacco, io mi devo occuparmi della gestione sportiva e del parco barche. Si tratta di fare il periplo della Penisola si scafi uguali e con equipaggi legati alle città e che si devono confrontare su percorsi a bastone e in prove d'altura. L'idea non è male, anche se non nuova. E' stata mutuata dal Tour de France à la voile dal giornalista Mario Oriani. Questi ne parlano con Palumbo, il direttore della Gazzetta dello Sport, che garantisce l'appoggio del suo giornale. Oriani e Palumbo ne parlano con Franchella. Il debutto è nell’estate del 1988 con un numero zero, non competitivo. Partecipano soltanto tre barche, affidate a Daniele Tosato, riminese, un amico che perderò nel naufragio del Parsifal assieme ad altri cinque del suo equipaggio.

IL GIRO DI CINO - Il mitico marinaio romagnolo continua: ''L’anno dopo partiamo con la prima edizione, con tutti i crismi. L’organizzazione fa capo ad Alberto e a suo cognato, io sono consulente. Vado avanti così per un po’, dividendomi tra le due sponde dell’Adriatico. Continuo con la scuola, i Mondiali di match race e i porticcioli di Veljko in Jugoslavia e con il Giro a Vela in Italia. In Italia, invece, divento imprenditore della vela. Per la prima volta, insomma, guardo al mio sport non più come hobby, ma come lavoro. Perché ci metto dei soldi miei, investo il mio denaro e, dunque, devo ottenere un guadagno. Alberto si ritira e io col cognato acquisto in Francia una nuova flotta di barche per il Giro, gli Jeanneau One Design. Un paio di anni dopo, liquido anche l’ultimo socio e tengo a battesimo la mia società, Velaitalia."

Le barche del Giro hanno scritto la storia anch'esse. Prima il Comet 333, poi il Jeanneau One Design 35, quindi il progetto dedicato, chiesto a Finot, per la flotta dei Giro 34, tuttora circolante. Il Comet è una barca da crociera con linee che rispecchiano senza eccessi le tendenze del sistema di stazza IOR usato ai suoi tempi. E' stretta e con slanci generosi. Il JOD 35 è un bel salto in avanti con una barca larga nelle sezioni poppiere, invelata, planante. Un monotipo antesignano di filosofie che arriveranno dieci anni dopo. Per il Giro di Cino vanno alla grande. 

 

Infine i Giro 34, che coraggio! Portare in giro intorno alla penisola barche dal DNA chiaramente oceanico. Baglio massimo notevole, assenza di vang e boma che punta sulla base dell'albero, randa con forte allunamento, albero alare senza crocette, prua dritta. Una via di mezzo tra open e racer oceanici. Nonostante qualche difetto di gioventù, la flotta farà egregiamente il suo lavoro.

Ancora Cino: "Il Giro è un lavoro duro. Il circuito lungo la Penisola comincia a giugno e dura una trentina di giorni: una regata corta nella città di permanenza e una lunga di trasferimento. E avanti così senza sosta. E poi in autunno parto io: centomila chilometri in auto per mettere insieme le tappe, gli sponsor, il percorso dell’edizione successiva; le serate di promozione. Una striscia d’asfalto lunga trenta volte il Giro stesso. E a luglio di nuovo in macchina con il gommone a traino. Fortunatamente guido volentieri...

"E' una flotta unica in Italia. Diciassette barche, tutte uguali. Dopo gli Jeanneau vengono i G34, disegnati appositamente per me da Finot su mia idea e che mi costruisce il cantiere Maxi Dolphin di Vittorio Moretti, quello dello spumante Bellavista. Scafi unici, anche perché non si rompono mai. Eppure, fanno almeno tremila miglia l’anno, con 10-12 equipaggi diversi di sei persone che si succedono a bordo. Senza contare che non faccio soltanto il Giro d’Italia. Prima o dopo l’evento organizzo anche il Giro di Sardegna, con team legati sempre alle citta`, anche sarde, che si sfidano. E, inoltre, ci sono le gare nazionali e le uscite di team building per i dirigenti di banche e aziende.

"Le mie barche girano tutto l’anno, Velaitalia diventa un’impresa che muove persone, finanziamenti, giudici, giornalisti. E campioni: passano tutti dal Giro... Una faticaccia, ma anche un grande divertimento. E' come quando un ballerino professionista smette di danzare e fa il coreografo. Ecco, io sono il coreografo del Giro d’Italia.

"Mi piace disegnare il percorso, andare a parlare con gli amministratori dei Comuni, guardare le mie barche che si danno battaglia. Mi diverto a uscire col gommone, a seguire i team, a capire se conducono bene gli scafi che hanno a disposizione. Mi piace e mi diverte guardare la vela. E' un insieme di tanti piccoli trucchi, malizie, colpi di genio che chi non è velista non scorge, non capisce. La vela è un’arte e come tale, per essere capita, richiede passione e competenza. Chi non la ama non può comprenderla.''

VIDEO: CON CINO DENTRO AL 22° GIRO

IL DECLINO - Il libro prosegue raccontando altre regate organizzate da Cino Ricci oltre ai mille, appassionanti e spesso illuminanti ricordi. Soltanto alla fine, il giornalista Pozzo torna sul tema Girovela e del suo declino. A pagina 213, nella postfazione, leggiamo: ''C’era il tifo vero, tra le diverse città, i campanili. E' stato questo il motore, l’energia che lo ha animato. Almeno fino a un certo punto. Siamo andati avanti bene fino al 2006, finché hanno resistito i grandi sponsor. Poi, la tempesta. I finanziatori sono diventati sempre più piccoli, le amministrazioni comunali con le casse sempre più vuote, gli armatori delle classi monotipo che hanno cominciato a ingaggiare i velisti più bravi portandomeli via... Anche le navi della Marina Militare si sono chiamate fuori a un certo punto, perché sono scarseggiati i fondi disponibili per il carburante... E il finale lo conosco. L’ultima edizione c’è stata nel 2010.

E l’anno successivo, per la prima volta dopo ventidue anni, il Giro è rimasto agli ormeggi. C’è chi ha detto che la formula era ormai frusta, che doveva essere rivista... Può darsi, ma in Francia il Tour à la Voile va avanti da sempre. Da loro, evidentemente, c’è un’altra cultura della vela. Viene presa sul serio, a differenza che in Italia... Avrei voluto che il Giro non si fermasse, certo. E' stata una mia creatura, in cui ho investito molto di me stesso, oltre che del mio denaro. Per salvarlo, ho cercato anche di trasformarlo nel primo Campionato d’altura italiano. Ne ho parlato con Carlo Croce (all'epoca presidente FIV, ndr)... Avremmo iniziato con i più giovani... Il progetto prevedeva la costituzione di una nuova società, che avrebbe gestito il nuovo Giro con il sostegno della Federvela. Ma sono venuti a mancare sempre gli sponsor..."

Se è vero come è vero, come scritto sul famoso murales del Porto Mediceo di Livorno, che ''Il mare unisce ciò che la terra divide'', ebbene l'edizione del Girovela del 2011 che doveva celebrare i primi 150 dell'Unità d'Italia non c'è mai stata. Dopo 22 edizioni, l'Italia perdeva il suo giro a vela. Grave mancanza che, nonostante diversi tentativi, non è mai stata colmata. Grave e sintomatica, perché, oltre alla sana competizione  sportiva tra campanili, la popolarità del Giro affondava le proprie radici in una simbolica forte.

ANTROPOLOGIA DEL VELISTA IN GIRO - Che ci volete fare? E' così. E' antropologico. Deve essere scritto da qualche parte nel patrimonio genetico, nel cuore, nel cervello o dove vi pare della gente di mare. Così come davanti a una montagna, il montanaro ha voglia di salire in cima, di fronte a un'isola, un globo o una penisola il  marinaio sente il bisogno di farne il giro. A confermare questo ci sono le innumerevoli circumnavigazioni italiche effettuate negli ultimi anni. Ricordiamo quella del Commendator Mauro Pelaschier a sostegno della One Ocean Fondation per sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della plastica, la circumnavigazione in solitario del velista paraplegico Marco Rossato, quella dei fratelli Galimberti in campeggio nautico a bordo di un buon vecchio Hobie Cat 16, senza dimenticare il percorso di qualifica di almeno 1000 miglia richiesto i solitari della classe Mini 650 per poter partecipare alla Mini Transat, vero e proprio rito di passaggio nell'apprendistato dei velisti oceanici.

FOLLOW THE MONEY. LA BOLLA DEL 2006-2007 - Prima di esaminare per quanto possibile i tentativi che ci sono stati, torniamo a quegli anni che segnano l'inizio del declino secondo Cino. Cioè l'anno 2006, prima quindi della crisi finanziaria vera e propria. Beh, la prima cosa che ci viene in mente è che se gli sponsor sono venuti a mancare per il Giro, non è stato il caso per altri eventi, altri team. Oltre all'ottima salute delle classi one design evocate da Cino stesso, cioè le classi owner driver tipo Melges 24, oggi J/70, sono anche gli anni d'oro della classe TP52, anch'essa molto frequentata da team italiani. Ricordiamo anche la bellezza di ben tre team italiani in giro per il mondo in preparazione per il grand finale che fu la Coppa America di Valencia 2007, con tanto di buffet ''All You Can Eat'' aperto a tutti gli Happy Few, a cominciare dai giornalisti.

Fatto sta che, eccezione fatta delle imprese di Giovanni Soldini, l'unico evento velico capace di suscitare qualche interesse per il grande pubblico, cioè quello extra velico, quindi in grado di attirare sponsor, è e rimane la Coppa. Ricordiamo anche che, appena due anni fa, nei giorni di Salone di Genova, sventolavano altre due potenziali sfide per la Coppa kiwi che verrà. Pochi mesi dopo, con i nodi arrivati al pettine, in lizza rimaneva soltanto Luna Rossa. L'America's Cup... Bellissima locomotiva d'argento, a capo di un treno le cui vetture però sono rimaste ferme in stazione. Torniamo al giro e vediamo ora i vari tentativi che sono stati fatti per farlo risorgere.

I TENTATIVI FALLITI - Dal 2011, sono stati diversi i tentativi (quelli noti e anche quelli sottotraccia) per riproporre un evento più o meno simile al Giro di Cino. Almeno un paio hanno provato a collaborare con la FIV, ci sono state riunioni con grosse agenzie di marketing sportivo a Genova con l'allora presidente Croce.

Il progetto che è andato più vicino a un rifacimento del Girovela fu targato Claudio Demartis, velista e uomo marketing della vela triestina, della Barcolana e non solo, che era arrivato a presentarlo ufficialmente al salone nautico di Genova... Prevedeva una flotta di J/70 e il coinvolgimento dello Yacht Club Italiano in un circuito, con regate inshore e le barche carrellate via terra. Nonostante l'annuncio, non ha mai spiccato il volo per sopraggiunte difficoltà legate alle barche.

L'ultima in ordine di tempo è stata una iniziativa di Riccardo Simoneschi e della sua società SSI Sports & Events. Il nome, annunciato ufficialmente, era Nastro Rosa, in omaggio alla Gazzetta dello Sport, partner storico del Giro di Cino. Era prevista anche la collaborazione della Federazione Italiana Vela. L'idea era quella di usare i trimarani monotipi Diam 24 OD, gli stessi usati dai cugini francesi per il Tour de France à la Voile a partire del 2015 dopo parecchie turbolenze (fallimenti, cambi di proprietà).

Il tour Nastro Rosa doveva inserirsi nel calendario della classe Diam 24 OD dopo il Tour de France e prima del quarto e ultimo dei quattro eventi previsti per la stagione 2019. Doveva sopratutto lavorare in sinergia con i due grandi eventi italiani che sono Salone Nautico di Genova e Barcolana. Saily era al salone nautico di Parigi alla presentazione: i francesi quasi tutti sembravano entusiasti dall'idea di venire a navigare in Italia e dal punto di vista commerciale l'Italia era un mercato appetibile. Tra gli elementi negativi, le tariffe alte, la tempistica (un altro tour dopo quello francese di quasi un mese è troppo), e la logistica. Sei tappe, altrettante operazioni di montaggio e smontaggio delle barche, e un giro d'Italia sì, ma in furgone con le barche sul carrello. Insieme con uno degli intervistati calcolammo a spanna un bel viaggio di almeno 2000 km, via strada. Un controsenso rispetto all'idea della vela sport pulito.

Lo stesso papà del Girovela, Cino Ricci, nei suoi recenti commenti dice: "Un circuito di regate tra barche piccole, quasi derive, trasportate via terra da una città all'altra, ha poco appeal. Alle gente piaceva il mio Giro con le regate di notte, i trasferimenti, vela offshore. Un evento deve creare pathos, interesse per l'avventura, l'impresa."

Dunque siamo condannati a non avere un Giro d'Italia a Vela? Non vogliamo rassegnarci all'idea. In redazione sono nati spunti, alimentati dallo spirito della quarantena, chiusi in casa e riuniti via Skype o Whatsapp, la fantasia surfa su molte onde virtuali. Ma si sa, dai sogni spesso nasce la realtà, o viceversa. E allora, da un racconto legato ai 10 anni di questa testata, e dal pensiero che due anni fa avremmo potuto festeggiare il 30° Giro d'Italia a vela, ecco nascere l'urgenza di rispondere a questa domanda: Perché l'Italia deve aver il suo Giro a vela?

Perchè per uscire dalla crisi della pandemia, servirà promuovere le bellezze del Paese, a cominciare dai suoi mari, con un evento sportivo che diffonda cultura marinaresca e sia di ispirazione a nuove generazioni di velisti, come il vecchio Giro lo fu per i vari Bolzan o Zambelli, supporti l'industria della nautica italiana, racconti la vela in modi innovativi, e...

Avevamo iniziato con un articolo storico, e terminiamo con tutti e due i piedi nel futuro! Venite con noi?

Sezione ANSA: 
Saily - Altomare

Commenti

carlo colella (non verificato)

Di Giri di Italia a Vela ne abbiamo fatti 7. Ha ragione Cino, il Giro deve rispettare la sua vecchia formula per essere apprezzato e vissuto con lo stesso spirito competitivo e di avventura. Io ho ottantadue anni, Cino qualcuno più di me. Scovate un velista imprenditore e Reggio Calabria sarà della partita. Carlo Colella

Franco Ricci (non verificato)

La flotta è stata ricompatta Risistemata ed è pronta a navigare ha base a Cagliari e stiamo pensando al Giro di Sardegna per ripartire e poi chissà, magari .........

riccardo (non verificato)

Caro Christophe, e salutoni a Fabio, al giro ho regatato con Vasco Vascotto, Michele Paoletti, Stefano Spangaro, Stefano Rizzi, Rufo e chi più ne ha ha più ne metta. Non osavo più ricordarmene. Ho regalato tutte le maglie rosa che avevo. E tutti i vecchi dello IOR che ho conosciuto, come il buon Cino e tutta la banda dei romagnoli... I russi che si eran fatti tutti almeno un'olimpiade (e son rimasti quasi tutti a lavorare in Italia). Ah il boss dei russi si chiamava Kalina! Con Sergei, Konstantin ecc. I francesi che avevo conosciuto alle Eurolymp (son vecchio:-(). Cowboys and indians. Lunghe infinite, qualcuno che rompeva il tangone per remar di notte con la radio a palla (olimpionici e coppamericamecisti!!!!, ma non son arrabbiato!!!). Serate e feste. Raccontare balle al vecchio di turno per star più bassi perché noi ragazzini avevamo deciso così. E vincevamo. A Trieste facevamo barconi fin da piccoli perché, bhu, era normale, ma a quell'età quelle lunghe... Match race notturno con Chieffi per rischiare di schiantarsi su Ischia... Cino mi ha regalato una barca un giro perché avanzava. In una notte abbiamo messo su un equipaggio di olimpionici o quasi. Divertente. Formativo per tanti che son diventati professionisti. Manca, temo non sia ripetibile
Ciao Riccardo! Forse "quel" giro, come quel periodo, non sarà ripetibile, come concludi tu. Ma di sicuro un Giro dell'Italia a Vela, per quanto adattato ai tempi mutati, è, deve e sarà da ripetere, prima o poi!

adriano filippi (non verificato)

Caro Fabio, come non intervenire sul GIRO, io ne ho fatti due 2003 e 2005, forse pochi, ma non per l’equipaggio che avevo, tutti ‘muli’ del Nautico (ISTITUO TECNICO NAUTICO) di Trieste. Una esperienza unica in Italia, una scuola che partecipa con un equipaggio di studenti a una manifestazione dove partecipavano tutti i più grandi velisti italiani. Ma com’è andata per me… progetto ‘UN ANNO DI VELA AL NAUTICO CON LA PARTECIPAZIONE AL GIRO D’ITALIA A VELA’ approvato dal Collegio Docenti in ottobre 2002, si dopo la Barcolana, è stato più facile l’approvazione e chi era scettico avrà pensato che tanto sarà impossibile viste le difficoltà di ogni genere che si dovevano superare. Dopo una telefonata al magico CINO, mi ha dato la benedizione, subito al lavoro e in un anno sono stati trovati gli Sponsor per la partecipazione e superate le difficoltà, in luglio eravamo sulla linea e siamo partiti…. Devo ringraziare quei pochi che a scuola ci ha creduto, ma in barca mi son ritrovato da solo con il mio super equipaggio, vi assicuro dura navigazione in ‘salita’ ma dopo aver regatato in tutte le regate lunghe e inshore (gli studenti cambiavano ma io me le son fatte tutte), siamo anche arrivati tutti sani e salvi e senza incidenti alla fine del GIRO. Tra centinaia di aneddoti non posso dimenticare uno di Cino: mi faceva notare all’ultima tappa del 2003 che avevo cambiato espressione e atteggiamento, mi aveva visto completamente diverso da com’ero durante quel mese di regate, insomma avevo scaricato tutta la tensione dovuta alla responsabilità dell’impresa; l’altro del Commendator Mauro Pelaschier che nei discorsi di banchina mi fa i complimenti per l’iniziativa e siccome ci siamo trovati a match race per diverse miglia in una regata di trasferimento, mi fa: la ‘muleta’ che te gavevi al timon la farà strada…. si trattava di Francesca Clapcich (17 anni). Approfitto nel ringraziare tutti i ragazzi del NAUTICO che ci hanno creduto e hanno partecipato al GIRO, ora sono quasi tutti impegnati nel mondo della vela, chi progettista chi velaio chi skipper ecc. e ci ‘vediamo’ sempre con piacere a ricordare un evento che ha cambiato la nostra vita. Un ringraziamento particolare a CINO che ha creato e portato avanti un GIRO che resterà nel cuore di molti. Condivido con Riccardo, il GIRO manca. Adriano Filippi
Grazie Adriano, un bellissimo messaggio e un ricordo vivido ed emozionante, coi i commenti dei grandi della nostra vela...! E' proprio vero che il GIRO è stata una fabbrica, una fucina di idee, campioni, passioni, lavori. Rifacciamolo!!

riccardo simoneschi (non verificato)

Caro Fabio hai fatto bene a toccare il tema giro ma la tua ultima parte non è esatta. Il Nastro Rosa ha avuto due eventi di Warm Up ed è pronto a partire se la pandemia lo permetterà. Oltre a gazzetta dello Sport e a Barcolana che sono partner del Nastro Rosa ognuna per le proprie competenze lo organizziamo insieme a Difesa Servizi SpA che sarà un partner logistico importante. Ci sono anche altri partner commerciali che siamo pronti a rilevare non appena la situazione COVID19 lo consentirà. idealmente avrebbe dovuto unire il Nautico con Barcolana ma visto lo spostamento delle date del nautico l'idea resta quella di partire comunque da genova per arrivare a trieste. Sarà un misto di barche in navigazione e di barche più performanti che verranno spostate di tappa in tappa. Non sono più i tempi per un giro alla Cino, gli equipaggi voterebbero troppo. comunque quando sarà il momento opportuno ne parleremo in modo più approfondito. Un abbraccio Riccardo
Caro Riccardo grazie del tuo commento, che naturalmente giro all'autore dell'articolo, che ha suscitato grande interesse, segno che l'idea e l'esigenza del giro a vela resta forte. Quindi è una buona notizia sentire che Nastro Rosa è ancora vivo e ai blocchi di partenza. Sicuramente daremo seguito. BV!

riccardo simoneschi (non verificato)

scusate rileggendo ho visto che ci sono un paio di errori di typo ma ero di fretta per via di una call. Ho parlato poi al telefono con fabio e a breve faremo comunque uscire un nuovo commento per dare una corretta informazione. Sulla pagina FB SAILING SERIES comunque trovate già parecchie informazioni. Ovviamente la situazione ci ha rallentato. A presto Riccardo