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13/11/2019 - 10:03

Vela oceanica ed evoluzione tecnologica

Gaetano Mura: riflessioni volanti

Sugli scafi volanti, le riflessioni del navigatore sardo, tra il tecnico e il personale: "Le barche con i foil sono di un'altra categoria, bisogna trovargli un nome e farle correre in una classe separata. Non possono regatare insieme foil e non foil." Ecco la sua proposta. Siete d'accordo?

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione del navigatore Gaetano Mura sull'evoluzione delle barche a vela oceaniche e della tecnologia foiling.

 

di Gaetano Mura

Che strano effetto osservare le differenze di velocità tra gli Imoca 60 impegnati nella Transat Jacques Vabre. Seduto davanti al Pc con un po' di sana invidia  rifletto sui sentimenti opposti che scaturiscono: esaltazione e nostalgia, insieme.

Le nuove macchine volanti vanno 2 nodi più veloci delle sorelle con i foil di prima generazione che a loro volta vanno 2 nodi più veloci delle "lontane "parenti " a derive  tradizionali. Quindi 4 nodi di differenza tra le prime e le ultime. Una simile differenza nella stessa categoria credo che non si veda in nessuno sport. A parte i tristi e troppi casi in cui a "volare" è l'uomo stesso, alimentato da iniezioni dopanti. Situazioni non considerabili: siamo nel campo dell'anti sport.

Esaltante vedere volare, sfiorando la superficie dell'acqua, questi bellissimi aliscafi o idroplani, come si preferisce chiamarli, a propulsione eolica. Qual è il marinaio che non aspira a navigarci sopra, almeno una volta, su questi oggetti che fanno sognare solo a vederli all'ormeggio e con le ali a riposo.

Alcuni giorni fa, a Cagliari, sono stato ospite dell'amico Max Sirena presso il quartier generale di Luna Rossa. Che effetto, quando si apre la porta dell'hangar, e ti ritrovi davanti l'imponenza sovrastante di un "gerride" in carbonio da 75 piedi! Anche qui tra il fascino e lo stupore si insinua Il sentimento di nostalgia. Non per la visione della barca di Coppa America che per essere "distante" non aveva bisogno di mettere le ali, ma per come influenzerà  l'approfondirsi della distanza tra "l'impossibile sognabile " e  "l'impossibile punto e basta".

Se è vero che, anche per i top Skipper, trovare gli sponsor nelle categorie oceaniche è sempre più difficile, trovarlo per la categoria Imoca 60 è un vero colpo di fortuna. Anche per "quelli veri" e lo conferma il fatto che sono svariati i nomi altisonanti attualmente appiedati. Ma per gli avventurieri e i semiprofessionisti ahimè, le cose si complicano seriamente e i loro sogni prendono il volo e si allontanano alla stessa velocità delle nuove macchine volanti.

Queste ultime categorie di navigatori hanno dato un grande contributo alla storia della navigazione oceanica e all'esportazione del fascino di questa disciplina al di fuori dei confini settoriali. Per questo meritano, perloméno, delle riflessioni.

Sono fermamente convinto che si debba trovare un nome specifico per questi nuovi scafi ibridi. Non soltanto per questioni di nomenclatura ma per trovare loro una giusta collocazione a livello di categoria e di classifica. La discriminante può essere, per esempio, la percentuale di superficie bagnata in grado di staccarsi dall'acqua. Perché se estremizziamo ciò che già questi oggetti sono in grado di fare li potremmo immaginare ad un soffio dal volo reale e quindi si chiamerebbero aerei. Non considerarle più barche andrebbe a favore della spettacolarità di una categoria nascente, con meno limiti, più simile alla Formula 1 dai grandi budget e allo stesso tempo ridurrebbe il frustrante divario economico tra i team.

Adeguare la nostra vita alla rapidità di avanzamento della tecnologia con tutti i pro e contro è un dazio che paghiamo ad essa ogni giorno, ed anche il nostro idioma di conseguenza si deve necessariamente adeguare. Dare un nuovo nome a questi "aliscafi" e distinguerli per categoria nella classifica delle regate  accrescerebbe la credibilità sportiva di questa disciplina già abbastanza elitaria e riaprirebbe le porte a più ampie fasce e tipologie di navigatori.

Sezione ANSA: 
Saily - News

Commenti

Il sasso lanciato da Gaetano nello stagno merita attenzione: se da una parte è innegabile che le evoluzioni tecnologiche sono sempre esistite nella vela e in quella oceanica in particolare, dall'altra i recenti sviluppi portano a differenze di prestazioni difficili da accettare nella stessa categoria. Senza fermare il progresso e la ricerca, dividere in due classifiche separate le barche foil e quelle non-foil può essere una soluzione semplice e alla portata. Un po' quello che accade già, con successo, alla Mini Transat, tra Proto e Serie. Altrimenti ci sarà sempre qualcuno a cui "piace vincere facile"...

Walter Zugna (non verificato)

Esempio perfetto, problema già risolto nella classe Mini 650 da adottare

Walter Zugna (non verificato)

Esempio perfetto, problema già risolto nella classe Mini 650 da adottare

Stefano Galassi (non verificato)

Perfettamente d'accordo con Gaetano e con Fabio. Non vedo perchè l'evoluzione tecnologica si debba arrestare dinnanzi a questioni linguistiche e di principio. E prima lo si fà, meglio è...per tutti, professionisti e semplici appassionati.

Federico Cuciuc (non verificato)

Classemini ha una classifica separata le barche di SERIE, mentre chi corre con una barca vecchia compete nella stessa classifica di chi è equipaggiato con foil o carene più moderne e veloci. Questo per precisare. Per competere in equipaggio ridotto e in solitario su barche di serie c'è il Figaro e Classemini. Class 40 e Imoca è giusto che privilegino l'innovazione. In modo diverso ovviamente. È comunque possibile per un appassionato, o un professionista, prendere parte a queste regate con una barca vecchia di 8-10 anni (o più). Ciò non toglie nulla all'impesa sportiva. Anzi! Paul Meilhat non ha forse vinto la RdR su un imoca senza foil lo scorso anno? E Armel Le Cleach, con Clarisse Cremer cosa sono riusciti a fare con il vecchio Banque Populaire? Insomma la classifica "vintage", a mio avviso, non è necessaria per compiere grandi o belle imprese sportive secondo le proprie possibilità. Ce n'è per tutti.

mezzomarinaio (non verificato)

Per la cronaca: Clarisse e Armel non erano in quest'ultima TJV su un "vecchio Banque Populaire" ma su un "vecchio Macif"... Vecchio Macif con il quale Gabart vinse La Vendée Globe 2012/13 proprio davanti Ad Armel sul suo "vecchio Banque Populaire" ora Initiatives-Cœur ma allora già "vecchio Foncia".

Renato Ciamarra (non verificato)

L'evoluzione deve essere consentita. Nel contempo l'osservazione di Mura è corretta. Non mi sembra possibile inserire nella medesima categoria barche con foil e barche senza. Fatta questa premessa aggiungo che ho letto che vi sono anche grandi differenze fra Imoca foil di prima generazione e Imoca foil di seconda generazione , come sottolineato da Mura. E quindi la questione è seria e va affrontata da chi governa la classe. Sono a mio avviso centrali le ricadute economiche per i professionisti e per gli sponsor . Giustissima la presa di posizione di Mura. La lente attraverso cui vedere il problema non può essere quella della impresa sportiva, come osservato da Federico Cuciuc. Le differenze fra le barche sono tali da rendere pressoché improbabili, anche nel breve periodo, gli exploit di barche vintage, è solo questione di tempo. Buon lavoro a chi governa il sistema.

Adriatico Jack (non verificato)

Sacrosanta osservazione di Mura...i foil creano di fatto un'altra categoria...Giusto fare come in classe Mini 6,50

paul bellnsky (non verificato)

da giorni leggo questo intervento. non sapevo che pensarne, ora una mezza opinione me la sono fatta. mezza eh. quando ero piccolo mi dicevano che i catamarani non erano barche. ora sono accettati. mura ha ragioni da regalare. a me sembra di aver capito, in corso di esistenza, che cose apparantemente estranee poi nel corso degli anni vengono metabolizzate. tipo internet, prima elitario e ora no. mura, dal mio punto di vista di velista con barca in acciaio, ha toccato un punto delicato: dov'è barca e dove no? e ancora: dov'è barca alla portata di tutti e dove no?. i foils non sono alla mia portata. neanche il sottomarino elettrico a idrogeno. ma chrishto quanto li vorrei, perché in fin dei conti a noi piace navigare con ogni cosa ci capito, dalla canoa monossile in poi. non è che potremmo restare a vedere? tanto le élites si autoannullano, e le cose per tutti trovano sempre la loro strada come l'acqua. magari non ci sarò -facile- ma se per caso i nostri successori andranno a mare sull'aliscafo a vela o il sottomarino ad acqua di mare io non potrei che esserne contento. e in molta misura invidiarli, perché poi alla fine si tratta di fare traversate corte o lunghe e poi toccare terra senza aver patito danni o dolore.