PROFILO

07/06/2011 - 20:13

La vela è all'angolo, ma ce la stiamo portando noi. Qualche spunto su come uscirne

Meco Lillia nel servizio su Rai Tre (Hotel Patria) di cui si parla alla fine di questo blog

Dopo Volvo, Coppa e Giro, la prossima disfatta toccherà alla vela olimpica?

Siamo ancora scossi dalla cancellazione del Giro d'Italia a vela 2011 da parte di Cino Ricci, prima volta dopo 22 edizioni ininterrotte. E' stata la notizia della settimana, ed è stato inevitabile accostarla alle altre due clamorose "rinunce" della nostra vela in questo annus horribilis: Giovanni Soldini che non riesce a fare la Volvo Ocean Race (nonostante la barca già acquistata), e Vincenzo Onorato costretto a passare la mano in Coppa America (pur partendo dal ruolo privilegiato di Challenger of Record).
 
La vela in Italia è davvero sotto attacco, a rischio-default, in una crisi profonda? C'è qualcosa di possibile e urgente da fare per risollevarla? Oppure il filo rosso che lega queste rinunce è solo la mancanza di soldi per la crisi economica? Per capirlo, faremo presto il nostro lavoro di giornalisti. Andremo in giro a chiedere a chi comanda nella vela, a chi occupa posizioni di responsabilità, di guida, di riferimento, a capire le sensazioni, elaborare i dati, e proporre soluzioni.
 
Intanto però siamo nel bel mezzo di una stagione comunque super del nostro sport, con le solite migliaia (si proprio migliaia, e solo in Italia) di regate di ogni classe, con i corsi di vela pronte al via (appena chiuderanno le scuole), con il circuito delle lunghe in crescita (e che non a caso assegnerà il primo titolo italiano offshore), i monotipi sempre attivi, la vela olimpica stretta tra emozionanti selezioni e incombenti qualifiche per nazione, per non parlare dei mesi delle crociere estive e del mondo del charter. Tutte cose che un un media trasversale come Saily.it deve seguire. Come dire: c'è il tempo dell'approfondimento e delle spiegazioni a certi fenomeni, ma c'è anche il tempo dell'attualità.
 
Con una domanda e una riflessione.
 
La domanda: dopo il tris di cattive notizie appena ricordato (Volvo-Coppa-Giro), il poker potrebbe vedere il turno della vela olimpica? Il flop della vela agonisticamente più pura è annunciato da tempo, le difficoltà sono tante, il CIO fa pressioni sull'ISAF e l'ISAF fa casino, il risultato è un bel po' di confusione sulle classi olimpiche del futuro prossimo (Rio 2016), e tanti dubbi sul fatto stesso che la vela resti olimpica dal 2020 in poi. Nel nostro piccolo su questo portale verifichiamo quanto il mondo della vela a cinque cerchi stenti a farsi strada nei cuori e nell'attenzione del pubblico, che pure nel caso di Saily è fatto di appassionati senza se e senza ma. Le proporzioni si vanno definendo: nella nautica italiana, il motore ha l'80% e la vela il 20%. Nella vela italiana, la crociera ha il 70% e la regata il 30% (ad essere buoni verso il segmento sportivo). Nella vela da regata, quella olimpica interessa a una fetta minima di pubblico. Di fatto è una disciplina auto-referenziale, come si usa dire con un termine bruttino, ma che rende l'idea: la vela olimpica interessa strettamente gli addetti ai lavori (atleti, tecnici, ufficiali, organizzatori, produttori), e a malapena i loro famigliari. Farla uscire da questo guscio chiuso sembra difficile. E questo nonostante la tecnologia dei media moderni, i video su internet, il tracking, gli aggiornamenti in tempo reale, e personaggi di statura sportiva notevole come i Ben Ainslie, i Torben Grael, i Robert Scheidt, le Alessandra Sensini. La comunicazione (a livello internazionale) ci prova, ma i risultati restano molto scarsi. In Italia, due mesi di selezioni secche e un thriller crudele con momenti di grande emozione: vecchie glorie insidiate da giovani rampanti, il posto in squadra ai Giochi deciso in volate sorprendenti, insomma un copione che aveva tutto per creare un po' di pathos, è andato sprecato nella comunicazione "burocratica" della Federazione (tutta nomi, numeri, circoli e gruppi militari), e per fortuna che almeno ci sono state le interviste in presa diretta di Luca Bontempelli a dare un tocco umano a una storia di grande sport. Personaggi zero. I giornali, anche sportivi, hanno dato minimo risalto. Meglio è andata con Rai Sport per la presenza di Giulio Guazzini e con Mediaset grazie a Stefano Vegliani che ha fatto un bel servizio su Studio Sport. Che dire? Che, visti i tempi, non ci si può accontentare. Serve uno scatto, serve fare di più e farlo con passione.
 
Ed eccoci alla riflessione. Due esempi di servizi tv sulla vela. Due estremi opposti. Da vedere, per capire cosa si può e cosa non si deve fare, per il bene della nostra vela. O meglio per evitare il naufragio.
 
Il primo è andato in onda addirittura sul TG1, l'ammiraglia della RAI, il giornale più televisto d'Italia, e in prima serata, all'edizione delle 20 del 28 maggio. A questo link trovate tutto quel TG1, e dal minuto 23 circa trovate il servizio sulle regate della Rolex Capri Week, dell'inviata Felicita Pistilli: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f4144359-9404-41b4-bf6a-963939ab9cab-tg1.html
 
Il conduttore lo introduce con "Mondanità e barche di fama", la giornalista lo inizia con "barche che sembrano palazzi, alberi che scompaiono...ma parliamo sempre di centinaia di migliaia di euro, troppo per noi comuni mortali, anche per questo la vela resta un sogno..." E via così, anzi via peggiorando. Il potente ufficio stampa di Rolex ha colpito giusto, avere un servizio in prima serata sul TG1 è il massimo. E i contenuti? E la vela? E i messaggi che arrivano al pubblico? Domande che nessuno si è posto.
 
Il secondo servizio, ma lo si potrebbe meglio definire cortometraggio, è andato in onda lunedi 7 giugno su Rai Tre, nel programma Hotel Patria di Pietro Calabresi (direttore de La Stampa). Un programma che parla dell'Italia virtuosa, e racconta storie di persone che hanno superato difficoltà e vinto le loro sfide. E chi ti infila in questo concept il Calabresi? La storia (per noi nota come uno di famiglia) del Meco Lillia da Musso, sul lago di Como, che dalla macelleria decide di continuare la passione del fratello Gianni per la vela e le Star, continuando e sviluppando il cantiere che diventerà famoso nel mondo e conquisterà l'intero podio olimpico ad Atene 2004: bronzo, argento e oro! Come li elenca Calabresi. Un cortometraggio con Meco che racconta mentre taglia un prosciutto, immagini di Star sul lago, di Torben e Marcelo in festa con la bandiera brasiliana e il Partenone sullo sfondo, immagini dentro al cantiere. E il conduttore in studio che scandisce, spiega, rende tutto chiaro e anzi costruisce l'interesse, l'ammirazione per la storia e i suoi protagonisti, rende partecipi del bello anche i non appassionati della vela.
 
Capito? Un programma di storie e inchieste (tra gli ospiti c'erano Aldo, Giovanni e Giacomo e Dino Meneghin) riesce a parlare di vela con più positività, profondità ed emozionalità del TG1 e (ahimè) di molti programmi sportivi e persino velici, troppo spesso ripetitivi, ovvi, tristi, insomma pallosi. La lezione? Ci stiamo facendo male da soli. Per uscire dall'angolo dobbiamo tornare a entusiasmare e entusiasmarci, creare, andare fuori dagli schemi, ridare voce ai veri protagonisti. Insomma, crederci.

Commenti

betta (non verificato)

colivicchi ma dal Tg di Minzolini che pretende??? L'AGICOM (credo si sciva così) gli rifila multe a gò gò...

Stefano (non verificato)

In effetti prendere ad esempio un servizio televisivo del Tg1 è un po' come martellarsi sui denti e stupirsi che fa male... Inoltre per quanto riguarda un discorso un po' più ampio circa la "comunicazione" degli eventi velici secondo me si deve partire dal alcuni punti fermi (alcuni evidenziati in quest'articolo): 1- la televisione oramai è un mezzo di comunicazione moribondo, inadatto a raccontare il presente e quindi una buona strategia comunicativa non può prescindere da Internet, Social Network, comunicazione mobile etc; 2- utilizzare questi mezzi di comunicazione coinvolge necessariamente figure professionali preparate in tal senso; 3- qualità ai massimi livelli: evitare cioè commenti tecnici come quelli sentiti durante la Coppa America di Valencia del tipo "fermi tutti, guardate quest'immagine delle barche sull'acqua, ah quant'è bella la vela!" roba da far spegnere la televisione a chiunque ascolti!
Notevole, Stefano. Grazie del tuo commento, che è facile condividere. La TV non è più al centro della comunicazione, e ne sappiamo ben qualcosa noi di Saily che abbiamo scelto la via del web in tutte le sue declinazioni. Sulle professionalità e la conseguente qualità (così come sulle cadute di stile della penultima Coppa (Velancia 2007): come non essere altrettanto daccordo? Il problema a mio avviso resta l'urgenza: dobbiamo creare al pià presto un panel, un gruppo di teste pensanti e di riferimenti anche istituzionali, che sia in grado di indicare o suscitare le professionalità e le nuove strade alla comunicazione della vela del futuro (cioè del presente). Che deve partire rompendo col passato...