blog | Di Fabio Colivicchi
03/09/2013 - 15:25
Genova: un Salone da paura...
Una parte del lay-out del Salone 2013, in via di modifica

Paura che sia l’ultimo, che Genova e l’Italia perdano l’ennesimo treno, e non pensate che sia solo un simbolo. Se Genova finisce, finisce anche tutta la nautica italiana, retrocediamo irreversibilmente nelle serie minori...
Arriva il Salone nautico internazionale di Genova, arriva arriva. Anche se di questi tempi, in altre epoche, si parlava di conferenza stampa a Milano, presentazione del salone con tutto il suo lay-out espositivo, gli stand assegnati da giugno, come gli ormeggi in banchina, il calendario degli eventi, gli ospiti, i temi, le dirette tv... Oggi, a un mese dall’apertura del 53° Nautico, si sa con certezza solo che durerà cinque giorni (da mercoledi 2 a domenica 6 ottobre, con un solo weekend coinvolto) e che il biglietto costerà 15 euro (unica misura che non si è ridimensionata). E basta. Tutto il resto (ma proprio tutto) è ancora nebuloso, avvolto da una coltre di dubbi, ritardi, trattative, ridefinizioni dell’area espositiva, paure.
Si può dire, adesso si. Questo 53° sarà un salone da paura. Anzi: il salone della paura. Paura che sia l’ultimo, che Genova e l’Italia perdano l’ennesimo treno, e non pensate che sia solo un simbolo. Se Genova finisce, finisce anche tutta la nautica italiana, retrocediamo irreversibilmente nelle serie minori, dalle quali risalire sarà un lungo e freddo purgatorio. E’ bene che questo sia compreso in giro.
Non si tratta di piaggeria, tutt’altro: se oggi siamo a questo punto di svolta, molte delle responsabilità sono proprio di chi il Salone l’ha gestito e organizzato, tra errori e dimenticanze, non riuscendo a capitalizzare l’epoca d’oro, a riformarsi come settore quando sarebbe stato possibile e facile, a crescere tutti insieme e non solo chi portava fatturati mostruosi. Oggi che servirebbe, la benzina di riserva non c’è. La nautica italiana è svuotata, chi la rappresenta non ha più parole (ne sono state sprecate fin troppe e hanno perso valore di mercato) e chi ci lavora e ci crede, chi ha una vita professionale e imprenditoriale da difendere, si sente nudo all’ultima spiaggia.
Vediamo allora come sarà questo Salone 2013 dal 2 al 6 ottobre. Dopo il dimezzamento delle aree del 2012, l’idea era di ripartire investendo sulla qualità del quartiere, con percorsi e colori, con una mostra che avesse la capacità di fare spettacolo di se stessa. Con tanta vela, persino! C’è il gemellaggio con la Barcolana, ora che la sovrapposizione è superata. C’era il bel progetto del Padiglione S (quello tondo) con piscina, ventilatori, FIV e vela olimpica, derive, accessori. Una idea che 5-6 anni fa avrebbe fatto stropicciare gli occhi, e che invece oggi è naufragata: poche adesioni e in ordine sparso, niente Padiglione S. Per paradosso, pare che il padiglione della vela sia stato affossato dalla subacquea: infatti gli espositori di questo settore, previsti all’S, avrebbero preferito esporre vicino ai Gommoni, considerati più affini. De gustibus... Intanto la vela si accomoda lungo le banchine dove - si spera - ci saranno parecchie barche con l’albero.
Le derive di fatto escono di scena, la stessa FIV (che a tutt’oggi comunque non è propriamente sul pezzo: al 16° piano nessuno sa niente, eppure c’è da festeggiare i tanti successi della nostra vela baby) avrà il suo unico spazio sulla banchina dove allestirà anche le attività in acqua, gli accessori, il charter, gli editori e l’abbigliamento, troveranno posto anch’essi lungo le banchine della vela.
“E’ tutto più carico, dal punto di vista espositivo è anche meglio”, la racconta così Alessandro Campagna, incrollabile responsabile della manifestazione e del marketing nazionale di UCINA, che di certo vive giorni difficili. “La massa critica della vela non cambia, è la stessa di sempre”, aggiunge.
Qui c’è da aprire il solito cassetto dei dolori di pancia, che riguarda la vela. Tra gli errori e le dimenticanze di UCINA nell’epoca d’oro c’è senz’altro anche la vela: come settore, come valori, come individualità. Tavoli e Commissioni non sono servite a unire il settore. E oggi che c’è la crisi più nera di sempre, la vela soffre tremendamente questa mancanza di identità, questa assenza di idee chiare su cosa fare e dove andare, come segmento. Gli imprenditori, in questa situazione, fanno autentici miracoli, e chi sopravvive continua a investire. Lo scorso anno a Genova (dopo tutto l’inutile can-can dei cosiddetti “dissidenti”) la vela ha avuto un ruolo di protagonista. E da più parti si è notato come la vela fosse il segmento della nautica che meglio poteva affrontare la crisi. Poteva.
Nel frattempo sono successe altre cose: Vela & Vela, dopo Porto San Rocco e il tentativo associativo, è in una fase di stallo che prelude forse a una parabola discendente. Sull’altra sponda, nel 2013 a Livorno è nato un evento velico (Il Festival) organizzato da una rivista (anche gli editori a loro volta sono costretti a cambiare strategie per campare...), che sfrondato delle iperboli è stato un mezzo flop, tanto che si parla già di cambio di location per il prossimo anno. Strade che possono anche avere elementi interessanti, ma intraprese in modo estemporaneo, solitario, da singoli elementi. Non da tutta la vela. E per questo destinati (nella migliore delle ipotesi) a vita breve.
Occorrerebbe unire, unificare, saldare, mettere insieme: ma in Italia a quanto pare siamo maestri nel dividere, separare, parcellizzare. Come considerare il fatto che a La Spezia (mezzora da Genova) negli stessi giorni del 53° salone nautico, si svolgerà la Festa della Marineria, con Tall Ship e velieri, incontri e tanta cultura del mare d’altri tempi? E che dire di Lerici Legge Il Mare, rassegna di libri e cultura del mare (ancora), che si svolge sempre nei pressi dal 6 all‘8 settembre? Come può sopravvivere l’unico salone nautico internazionale italiano se la sua stessa Regione non si coordina?
Però chiudiamo con una petizione di principio: noi a Genova ci saremo. Fosse anche per onore di firma. Vogliamo fare quello che sappiamo: raccontare, promuovere, condividere le emozioni e i valori della nautica, del mare, della vela. Per far questo il salone di Genova è stato sempre un luogo ideale. Vorremmo che lo restasse. Ma da soli non bastiamo, e non basterebbe neanche la vela intera. Serve un nuovo patto tra territorio (città e non solo), Fiera (che vive momenti duri e ancor più i tanti dipendenti finiti in cassa integrazione), Settore (in tutte le sigle che lo rappresentano, e meglio se con una UCINA tutta nuova, altrimenti così com’è serve a poco), e Paese (con le massime istituzioni che devono sentirsi in obbligo di salvare una fetta decisiva di economia). See you in Genova.
Arriva il Salone nautico internazionale di Genova, arriva arriva. Anche se di questi tempi, in altre epoche, si parlava di conferenza stampa a Milano, presentazione del salone con tutto il suo lay-out espositivo, gli stand assegnati da giugno, come gli ormeggi in banchina, il calendario degli eventi, gli ospiti, i temi, le dirette tv... Oggi, a un mese dall’apertura del 53° Nautico, si sa con certezza solo che durerà cinque giorni (da mercoledi 2 a domenica 6 ottobre, con un solo weekend coinvolto) e che il biglietto costerà 15 euro (unica misura che non si è ridimensionata). E basta. Tutto il resto (ma proprio tutto) è ancora nebuloso, avvolto da una coltre di dubbi, ritardi, trattative, ridefinizioni dell’area espositiva, paure.
Si può dire, adesso si. Questo 53° sarà un salone da paura. Anzi: il salone della paura. Paura che sia l’ultimo, che Genova e l’Italia perdano l’ennesimo treno, e non pensate che sia solo un simbolo. Se Genova finisce, finisce anche tutta la nautica italiana, retrocediamo irreversibilmente nelle serie minori, dalle quali risalire sarà un lungo e freddo purgatorio. E’ bene che questo sia compreso in giro.
Non si tratta di piaggeria, tutt’altro: se oggi siamo a questo punto di svolta, molte delle responsabilità sono proprio di chi il Salone l’ha gestito e organizzato, tra errori e dimenticanze, non riuscendo a capitalizzare l’epoca d’oro, a riformarsi come settore quando sarebbe stato possibile e facile, a crescere tutti insieme e non solo chi portava fatturati mostruosi. Oggi che servirebbe, la benzina di riserva non c’è. La nautica italiana è svuotata, chi la rappresenta non ha più parole (ne sono state sprecate fin troppe e hanno perso valore di mercato) e chi ci lavora e ci crede, chi ha una vita professionale e imprenditoriale da difendere, si sente nudo all’ultima spiaggia.
Vediamo allora come sarà questo Salone 2013 dal 2 al 6 ottobre. Dopo il dimezzamento delle aree del 2012, l’idea era di ripartire investendo sulla qualità del quartiere, con percorsi e colori, con una mostra che avesse la capacità di fare spettacolo di se stessa. Con tanta vela, persino! C’è il gemellaggio con la Barcolana, ora che la sovrapposizione è superata. C’era il bel progetto del Padiglione S (quello tondo) con piscina, ventilatori, FIV e vela olimpica, derive, accessori. Una idea che 5-6 anni fa avrebbe fatto stropicciare gli occhi, e che invece oggi è naufragata: poche adesioni e in ordine sparso, niente Padiglione S. Per paradosso, pare che il padiglione della vela sia stato affossato dalla subacquea: infatti gli espositori di questo settore, previsti all’S, avrebbero preferito esporre vicino ai Gommoni, considerati più affini. De gustibus... Intanto la vela si accomoda lungo le banchine dove - si spera - ci saranno parecchie barche con l’albero.
Le derive di fatto escono di scena, la stessa FIV (che a tutt’oggi comunque non è propriamente sul pezzo: al 16° piano nessuno sa niente, eppure c’è da festeggiare i tanti successi della nostra vela baby) avrà il suo unico spazio sulla banchina dove allestirà anche le attività in acqua, gli accessori, il charter, gli editori e l’abbigliamento, troveranno posto anch’essi lungo le banchine della vela.
“E’ tutto più carico, dal punto di vista espositivo è anche meglio”, la racconta così Alessandro Campagna, incrollabile responsabile della manifestazione e del marketing nazionale di UCINA, che di certo vive giorni difficili. “La massa critica della vela non cambia, è la stessa di sempre”, aggiunge.
Qui c’è da aprire il solito cassetto dei dolori di pancia, che riguarda la vela. Tra gli errori e le dimenticanze di UCINA nell’epoca d’oro c’è senz’altro anche la vela: come settore, come valori, come individualità. Tavoli e Commissioni non sono servite a unire il settore. E oggi che c’è la crisi più nera di sempre, la vela soffre tremendamente questa mancanza di identità, questa assenza di idee chiare su cosa fare e dove andare, come segmento. Gli imprenditori, in questa situazione, fanno autentici miracoli, e chi sopravvive continua a investire. Lo scorso anno a Genova (dopo tutto l’inutile can-can dei cosiddetti “dissidenti”) la vela ha avuto un ruolo di protagonista. E da più parti si è notato come la vela fosse il segmento della nautica che meglio poteva affrontare la crisi. Poteva.
Nel frattempo sono successe altre cose: Vela & Vela, dopo Porto San Rocco e il tentativo associativo, è in una fase di stallo che prelude forse a una parabola discendente. Sull’altra sponda, nel 2013 a Livorno è nato un evento velico (Il Festival) organizzato da una rivista (anche gli editori a loro volta sono costretti a cambiare strategie per campare...), che sfrondato delle iperboli è stato un mezzo flop, tanto che si parla già di cambio di location per il prossimo anno. Strade che possono anche avere elementi interessanti, ma intraprese in modo estemporaneo, solitario, da singoli elementi. Non da tutta la vela. E per questo destinati (nella migliore delle ipotesi) a vita breve.
Occorrerebbe unire, unificare, saldare, mettere insieme: ma in Italia a quanto pare siamo maestri nel dividere, separare, parcellizzare. Come considerare il fatto che a La Spezia (mezzora da Genova) negli stessi giorni del 53° salone nautico, si svolgerà la Festa della Marineria, con Tall Ship e velieri, incontri e tanta cultura del mare d’altri tempi? E che dire di Lerici Legge Il Mare, rassegna di libri e cultura del mare (ancora), che si svolge sempre nei pressi dal 6 all‘8 settembre? Come può sopravvivere l’unico salone nautico internazionale italiano se la sua stessa Regione non si coordina?
Però chiudiamo con una petizione di principio: noi a Genova ci saremo. Fosse anche per onore di firma. Vogliamo fare quello che sappiamo: raccontare, promuovere, condividere le emozioni e i valori della nautica, del mare, della vela. Per far questo il salone di Genova è stato sempre un luogo ideale. Vorremmo che lo restasse. Ma da soli non bastiamo, e non basterebbe neanche la vela intera. Serve un nuovo patto tra territorio (città e non solo), Fiera (che vive momenti duri e ancor più i tanti dipendenti finiti in cassa integrazione), Settore (in tutte le sigle che lo rappresentano, e meglio se con una UCINA tutta nuova, altrimenti così com’è serve a poco), e Paese (con le massime istituzioni che devono sentirsi in obbligo di salvare una fetta decisiva di economia). See you in Genova.
MARCO ROSSI (non verificato)
roberto pendibene (non verificato)