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05/11/2018 - 14:28

Sarasota Day after: cosa cambia (davvero) nello sport della vela

Antitrust, rivoluzione italiana

Addio al Finn, cambio della classe Windsurf, avvento di Kiteboard e Keelboat offshore (da scegliere...), Laser ancora sulla graticola dei trials, 470 misto. Ma soprattutto l'agenda Antitrust che dal 2020 prevede la fine di ogni situazione di monopolio sul mercato. Devoti potrà costruire i Laser? Zaoli potrà fare le vele 49er? Prodotti di qualità a costi inferiori? Ritorno alla libertà? Quanto è sincero chi ha il potere in World Sailing? Storia e prossimi sviluppi dell'azione che è italiana al 100%. Con nomi e cognomi

 

di Fabio Colivicchi

Luca Devoti va in barca da ragazzino, ha sempre avuto un carattere imprendibile: genio, sregolatezza e tantissime altre cose. Fisico, intelligenza, visioni. Ha iniziato a capire il Finn (e un po' di se stesso) fino a vincere l'argento olimpico a Sydney 2000, ha fatto l'America's Cup (+39 Challenge), s'è messo a disegnare e costruire i Finn talmente migliori degli altri da aver surclassato ogni concorrente. Mente febbrile, parla 6 lingue, lancia aziende, prodotti e anatemi come fossero virate e strambate, vive a Valencia dove ha anche una Accademia velica specializzata sui singoli.

E' lui che ha acceso il cerino della miccia, di quello che oggi sintetizziamo in "Antitrust". Il primo artificiere. Luca Devoti nella primavera 2016, sente odore di fronda anti-Finn, vuole reagire. Il Finn e il 470, uniche barche non costruite da cantieri monopolisti sul mercato, stanno per essere giustiziate... Ne parla all'amico Giuseppe La Scala, finnista, dinghysta, e titolare di uno dei primi 30 studi legali in Italia, altro personaggio vulcanico e multitasking (è famoso nel calcio in quanto presidente dei piccoli azonisti del Milan). Il quale coinvolge il massimo esperto europeo della materia, il professor Giacomo Di Federico dell'Università di Bologna, che conferma (in un parere pro-veritate di 40 pagine): "Si, in effetti ci sono comportamenti inopportuni e illegittimi, che violano norme antimonopolistiche". C'è ampia materia per investire della cosa le apposite autorità. "Nella vela le regole sono una componente essenziale: e allora facciamole rispettare!", chiosa il dinghysta La Scala.

A Devoti e La Scala si unisce da subito anche Andrea Mannini, brillante contitolare della veleria Zaoli, nonchè super coach di classi olimpiche (ha vinto medaglie ovunque, dalla Croazia alla Turchia, dall'Argentina alla Gran Bretagna, e oggi è responsabile tecnico del programma vele, e allenatore 470 della squadra olimpica inglese: il primo coach non anglosassone degli inglesi!), con Beppe Zaoli (velista, velaio, organizzatore, presidente dello Yacht Club Sanremo). Inviano il parere pro-veritate in inglese a World Sailing. La prima reazione è di rassicurazione: "Tranquilli, mettiamo tutto a posto". Ma nella realtà WS non ritiene che il caso-antitrust sia una minaccia reale, va avanti per la sua strada: classi monopoliste come Nacra 17, 49er, FX, RSX, Laser, e abbandona per strada le uniche "in regola", 470 e Finn.

Ma il gruppo degli italiani non si ferma. L'autorità antitrust italiana apre una prima indagine, e l'avanzamento arriva a WS. Ci sono due incontri a Milano, allo studio La Scala, con Andy Hunt (CEO di World Sailing, il manager la cui visione tutta votata ai profitti sta di fatto cambiando il modo di essere della federvela internazionale) e John Napier, responsabile degli affari legali di WS. Altre rassicurazioni e promesse, prive di conseguenze pratiche. Così, quando l'antitrust italiano comunica l'archiviazione del caso, a Londra (dove nel frattempo si è trasferita WS in una sede lussuosa e costosissima) si brinda. Senza capire che in realtà l'archiviazione è il passaggio del caso all'autorità superiore, quella europea competente per territorio. Il caso non si è sgonfiato, tutt'altro. Sta preparandosi a esplodere.

Come in un clima da tardo impero, WS va avanti senza curarsi della crescente minaccia. Promettono documenti che non arrivano. Gli italiani si muovono coinvolgendo anche mezzo mondo, ci sono altri incontri con WS, ad Aarhus nel 2017 al test event del futuro supermondiale, Kim Andersen mette ancora sul piatto promesse e una prima Antitrust Compliant Policy (ACP), linee politiche per tenere a bada i reclami. Ma nessun fatto concreto. Piuttosto altri progetti sul futuro della vela olimpica centrati su barche e prodotti in monopolio. I rapporti precipitano.

L'autorità europea, in contatto con gli attori italiani che hanno iniziato tutto, conferma l'intenzione di procedere, annuncia azioni imminenti, si attende che la bomba possa esplodere proprio in concomitanza con l'Annual Conference di Sarasota. E così accade, è storia di questi giorni: una lettera dell'autorità europea a World Sailing preannuncia l'apertura di una indagine. L'antitrust ha gli stessi poteri di una Procura, può fare indagini di ogni tipo, acquisire atti e interrogare, inviare corpi di polizia, e alla fine comminare una sanzione ove ravvisi violazioni. Il tutto in ambito continentale, al quale (fino al compimento della Brexit) appartiene la Gran Bretagna (e comunque non è affatto escluso che entrino in gioco anche autorità antitrust di altri continenti). Si parla di sanzioni economiche pesanti, e ancor più di obblighi a mettersi in regola a scadenze precise. La bomba sta per esplodere.

A Sarasota avvengono cose indicative. L'argentino Pablo Masseroni fa circolare un altro parere legale dal quale risulta che le responsabilità, una volta accertate, ricadrebbero anche sui componenti di Council e Committee, ovvero i rappresentanti politici. Riccardo Simoneschi dichiara pubblicamente il suo voto contrario alle decisioni dell'Events: non cambia l'esito, ma potrebbe metterlo al riparo da conseguenze future. Kim Andersen riunisce Board e Council a porte chiuse e annuncia un salto di qualità nelle politiche antitrust. Il Council dei giorni successivi approva un'agenda che impegna l'ente a far cessare ogni pratica commerciale monopolistica nella vela a partire dal 2020. L'indagine non è ancora iniziata, eppure WS con queste mosse dimostra di temerla, e fa persino una indiretta ammissione di colpa.

E adesso? Le decisioni sugli "eventi" olimpici della vela per Parigi 2024 sono state prese e devono essere ratificate dal CIO entro dicembre. Le conoscete: Catamarano Misto (che significa Nacra 17, a patto che si metta in regola secondo le ACP), Skiff maschile e femminile (49er e FX, stessa situazione), Singolo maschile e femminile (Laser, situazione più complessa, oltre al monopolio si è aggiunta la convocazione di trials per valutare anche altri classi: Melges 14, Devoti D-Zero e RS Aero), Windsurf maschile e femminile (RSX si è reso disponibile per le licenze, ma a Sarasota sono cresciute le azioni del Funboard, anche per una questione di formati e di foiling), Doppio misto (resterà in questa versione uomo-donna il 470), Classe e chiglia doppio misto offshore (da decidere anche se si sospetta che sia già stata scelta a tavolino con i soliti sistemi WS), Kiteboard misto (da decidere, con forti sospetti preventivi del replicarsi di situazioni monopolistiche su tavole e vele, che evidentemente devono essere evitate secondo i principi e le scadenze ACP).

Salvato a Londra al Mid Year con un equilibrismo che si è rivelato troppo debole (la medaglia mista con due classi singolo maschile e femminile), il Finn non sopravvive a Sarasota. Tokyo 2020 sarà l'ultima Olimpiade della gloriosa deriva singola il cui disegno di Richard Sarby fu regalato alla federazione internazionale, e che è stata ai Giochi ininterrottamente da Helsinki 1952, sedici edizioni con quella giapponese, nessuna classe come lei, che ha visto schienare decine e decine di grandissimi nomi immortali dello sport velico. E' insieme uno shock, come accadde per l'addio alla Star, e un segno dei tempi. Un progetto di 70 anni fa, praticamente una barca d'epoca, pur stupefacente nella sua attualità, deve lasciare il campo al nuovo che avanza. Quale nuovo?

C'è il Kite, astro nascente con forte base giovanile, contro il quale si scagliano schiere di tradizionalisti a oltranza che sconfinano nel nostalgico, fino a dire "Non è vela" e a chiedere per esso una federazione separata, sembra di rivedere la storia del Windsurf 35 anni fa, altrettanto bistrattato eppure oggi un caposaldo della filiera sportiva della vela dai livelli giovanili fino a quello olimpico.

E c'è la famigerata Keelboat doppia mista per portare alle Olimpiadi la vela offshore. Un esperimento che ha origini chiare: 1) i francesi, caposcuola della vela offshore, hanno l'occasione di una medaglia sicura a Marsiglia nel 2024; 2) World Sailing ha accordi pronti con la regata intorno al mondo in equipaggio o direttamente con Volvo (è una voce senza conferma) per sponsorizzare questa classe, e vede comunque una generica occasione di business introducendo questo tipo di regate solitamente ricche di sponsor.

L'idea di avere la vela d'altura alle Olimpiadi può affascinare e avere un senso, ma certamente la keelboat porrà una serie immensa di problemi. Da quelli economici specie per i paesi meno ricchi, a quelli logistici. Una scelta coraggiosa e ragionevole sarebbe indicare una classe che sarà fornita dall'organizzazione olimpica 2024, e vietarne la vendita, utilizzando per le regate di selezione e qualifica qualcuno tra i tanti scafi one-design a chiglia che navigano nel mondo. Ma non succederà mai. Piuttosto ci sarà la corsa all'acquisto. Certamente, a dispetto delle voci di scelte già fatte (su tutte si parla come abbiamo già scritto del monotipo L30 di Rodion-Justin), anche le Keelboat dovrà adeguarsi subito all'imposto rispetto delle regole antitrust. La pacchia è finita, in ogni caso.

Quali che siano le ragioni delle parti, i cambiamenti nella vela olimpica sono un fatto fisiologico nel nostro sport, perchè il progresso non cambia le porte di calcio o le palline da tennis, ma cambia le barche, gli alberi, le vele... Ci abitueremo anche alle nuove classi olimpiche. Nel farlo però, saremo tutti partecipi, parti attive o passive, fino all'ultimo singolo velista, dell'altro cambiamento storico e culturale del mercato della vela: la fine dei monopoli, se ben gestita (e comunque sottoposta alla parallela indagine), potrà far tornare la vela alle origini, a barche belle con regole di stazza, offerte sul mercato da più costruttori, così come alberi, vele, derive, timoni, col risultato di avere prodotti di qualità a prezzi concorrenziali.

La strada per arrivarci nel 2020 comincia già nel 2019: un anno per richiedere agli attuali detentori dei diritti (ad esempio Bethwite per il 49er o LaserPerformance per il Laser, Neil Pride per RSX) di mettere a disposizione le licenze, stabilendo giuste royalty di mercato (tra il 5 e il 7%) laddove siano titolari di un brevetto, stilare regolamento di stazza e di costruzione. Il processo non sarà breve nè indolore. Non tutti vi aderiranno, chi si opporrà di auto-escluderà dalle classi riconosciute World Sailing e resterà sul mercato e nelle attività in modo autonomo. Ma possiamo immaginare uno scenario del genere con duecentomila Laser attivi in circolazione...?

Il cambiamento si estenderà a tutte le barche riconosciute e che fanno attività della federazione mondiale, comprese quelle giovanili. Ogni cantiere potrà valutare se chiedere la licenza per ciascun modello di barca, e ogni velaio potrà fare lo stesso per il piano velico di tutte le classi. Ci sarà una nuova selezione naturale operata dal mercato: i migliori vinceranno, per qualità e prezzo, per assistenza (punto nevralgico cui nessuno pensa), rete di vendita, capacità commerciali. Il vento, insomma, è girato.

Altro che classi olimpiche. La vera rivoluzione, quella dell'antitrust, è appena iniziata. Ed è 100% italiana. Piaccia o no, l'Italia sta cambiando la vela mondiale.

Sezione ANSA: 
Saily - Vela Olimpica

Commenti

Ettore Thermes (non verificato)

La ragione di queste scelte è legata all'idiozia, incapacità per non dire altro di coloro che decidono. Fare dietrologia su queste scelte insensate non serve a nulla e giustificare in qualsiasi misura la scelta di rimuovere il finn che è insieme al Laser la barca più diffusa non merita altro che insulti. DISSOLVE WORLD SAILING - Please sign and share https://www.change.org/p/international-olympic-committee-dissolve-world-sailing-1ee85af6-57dd-40b2-885f-c340d0285ff3?recruiter=17282359&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink&utm_campaign=share_petition&utm_term=share_petition

Macrino (non verificato)

Fabio, bell'articolo che dice finalmente tante verità. Concordo con la tua visione di barche fornite per le olimpiadi dall'organizzazione e non usabili prima. Anzi vorrei tornare alle barche a formula... e che vinca il migliore. Ma non volevamo una Vela per i velisti ? ora mi sembra di capire che vogliamo una vela per i cantieri ed i velai ... o no ? Insomma si può togliere una barca multi-cantiere e metterne un'altra che non lo è, e parlare di antitrust ? Sconosciuta o quasi oltretutto ... ma forse mi sbaglio. Questo per le olimpiadi. Una manifestazione fallimentare da decenni che non credo valida per il nostro sport con l'attuale formula. L'innovazione l'abbiamo tentata in molti modi per poi trovarci di fronte agli stop ed alle lobbies interne a WS dei vari guru... e questo nelle precedenti gestioni... oggi forse ancora più aggressivi Credo in una vela libera ed autogestita dai velisti, fuori dai camiciotti di forza imposti dalle federazioni nazionaliste (nessun riferimento a FIV, garantisco) sottoposte alle aree d'influenza di questo o quello. Credo in una organizzazione delle regate serena e felice con un grande livello di competizione individuale e rispetto anche per gli ultimi, non solo per i primi. Forse per questo il Laser deve fare i trials ... come se ci fosse ancora qualcosa da scoprire. Ho visto e vissuto questo per 40 anni e dopo gli ultimi avvenimenti ritengo che il gioco non sia più giocabile. E' business. Se così è, allora non accetto di svilire lo sport a business: un ideale a cui mi illudo di credere ancora. Forse Ettore Thermes ha ragione...... Grazie Ciao