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15/02/2012 - 16:40

Roma 2020: l'importante non è vincere ma partecipare

Il Sambodromo di Rio de Janeiro, restaurato per ospitare la maratona delle Olimpiadi 2016

La rinuncia olimpica dell'Italia (giusta) non deve essere vista come una sconfitta. E lo Sport può e deve ripartire dai suoi ideali di fondo e dallo spirito olimpico per guidare la riscossa civile di un pianeta in difficoltà

 
E adesso? Adesso che - con ragioni inoppugnabili, con "realismo doloroso e appassionato", ahimè condivisibile - la responsabilità dell'attuale Governo ha lasciato cadere nel vuoto la candidatura olimpica dell'Italia e di Roma per il 2020, cosa dobbiamo fare noi che nello Sport e nello spirito olimpico crediamo, che di Sport viviamo e lo raccontiamo ogni giorno?
 
Ecco cosa: evitare che insieme alla candidatura - tra il trasognato e il folle - di Roma 2020, a cadere nel vuoto sia anche l'Olimpiade con la O maiuscola. Adesso, proprio adesso, abbiamo il dovere di salvaguardare la storia, i valori, l'universalità, lo spirito dei Giochi Olimpici e dello Sport, anch'esso con la S maiuscola.
 
Siamo in mezzo a una tempesta economico-finanziaria le cui origini e responsabilità, sia pure nel fitto delle nubi nere, stanno emergendo con una certa chiarezza. Cerchiamo di salvarci a colpi di sacrifici collettivi e personali. Per non parlare della proverbiale matassa italica: corruzione-burocrazia-interessi lobbistici e politici. Come dare torto quindi a Mario Monti, e ai suoi ministri-professori, dal Ministro dello Sport Piero Gnudi a quello dell'Ambiente Corrado Clini (che pure erano "col cuore" vicini all'idea di ospitare le Olimpiadi), se dicono che "gli italiani sono sportivi ma anche sottoposti in questo momento a sacrifici", e che perciò "non siamo riusciti, con le nostre coscienze, a dare l'appoggio finanziario"?
 
Insomma lo scenario su cui si sono mossi gli appassionati promotori della candidatura di Roma 2020 è troppo, davvero troppo impervio, accidentato, al limite (o forse già oltre) dell'impraticabilità. Per ragioni globali (la crisi economica, lo "spread", l'Europa che non ce la fa a essere Europa) e locali (il debito pubblico immenso, la crisi della politica, la recessione infinita, il black-out della speranza nel futuro dei giovani). E forse non è un caso se, al momento della nascita del Comitato Promotore, alte personalità e insigni italiani avevano cortesemente declinato l'invito a presiederlo. Alla fine è rimasto sul ponte di comando l'indomito Mario Pescante, 74 anni, un navigatore oceanico dello Sport italiano nel mondo (è vice presidente del CIO, e Deputato alla Camera), ma anche l'emblema di riferimenti ormai superati, nei simboli, nei comportamenti, nei legami. Come il povero Gianni Petrucci, rimasto senza voce, senza soldi e con uno scampolo di autonomia dello Sport, a masticare amaro, tra scandali del Calcio e del doping, a dire che avrebbe voluto "più rispetto".
 
Il mondo cambia rapidamente e lo Sport deve cambiare con esso. Meglio anzi se lo Sport cambia per primo, e guida il cambiamento, offre la sua visione di un mondo nuovo. Milioni di "indignati" sbandano sulle piazze e sui social network alla ricerca di identità nuove e di comportamenti per una società nuova.
 
Quale posto vuole avere lo Sport nella nuova società e nei nuovi comportamenti?
 
Ecco dunque perché Monti ha fatto bene (e l'80% della gente, secondo i sondaggi, è con lui). Ed ecco perché noi dello Sport dobbiamo subito passare al contrattacco, rifondarci partendo dai valori più profondi e originari. Adesso, non tra mesi o anni. A livello globale e locale. Perché tra poco c'è Londra 2012, e i colori e le medaglie esploderanno nei cuori. E perché dopo Londra la Finanziaria dovrà stabilire quanti soldi ci sono per lo Sport italiano.
 
Nei giorni scorsi c'è stato l'appello dei 60 atleti azzurri in favore dell'Olimpiade a Roma. Come non comprenderli, e appoggiarli? Poi sono seguiti artisti, intellettuali, persino il Maestro Riccardo Muti, in un crescendo che ha fatto vedere quanta voglia di futuro, di fiducia, ci sia ancora in una fetta consistente del paese. E' da qui che si deve ripartire. Chi ha sognato, inventato, progettato e si è battuto per Roma 2020, non smantelli tutto (allora si, che sarebbe stata solo bassa politica o interesse), e anzi rilanci.
 
ALLA RICERCA DEI VALORI DI OLIMPIA
Il momento è difficile e proprio la Grecia - dove i Giochi hanno avuto origine a Olimpia, nella valle del fiume Alfeo, lungo il Peloponneso, nel 700 avanti Cristo (!) - è una specie di epicentro delle turbolenze finanziarie e sociali. Torniamo a Olimpia, ai Giochi accesi dal fuoco delle sacerdotesse (che ancora oggi danno vita alla fiaccola olimpica moderna), a quella festa sportiva e religiosa, che univa e faceva cessare le guerre, e che il più grande cervello dell'epoca, Eratostene (il primo uomo capace di misurare il meridiano terrestre, la circonferenza della terra), usò come base per la datazione degli eventi storici e letterari. Anche quella bella storia, durata oltre 1000 anni, ebbe fine. I Giochi antichi cessarono, aboliti dall'imperatore romano (!) Teodosio dopo una strage allo stadio di Tessalonica durante le gare, nell'anno 393.
 
Tuttavia l'ideale olimpico non morì. I Giochi Olimpici rinacquero. Seguendo l'evoluzione della società, del mondo uscito dall'oscurantismo del Medioevo, e ben dopo il Rinascimento. E dove? Nella vecchia Europa! Prima intorno al 1600 con un festival sportivo in Inghilterra chiamato Olimpiade. Poi con gli ideali del barone Pierre de Coubertin. Il quale era un tipo strano: sul finire dell'Ottocento stabilì che i francesi avevano perso la sanguinosa guerra con la Prussia per carenza di educazione fisica. E inseguì, propugnò, riuscì a imporre, un nuovo modello di confronto tra le nazioni: confrontarsi in una competizione sportiva anziché in guerra.
 
Negli stessi anni una scoperta di archeologi (tedeschi!) da forza agli ideali decoubertiniani: tra le rovine di Olimpia vengono rinvenuti il Tempio in onore a Zeus (inserito tra le sette meraviglie del mondo), l'enorme Heraion, in onore a Era, regina degli dèi, al cui interno si conservavano le corone di alloro dei vincitori dei Giochi, la celebre statua di Ermes e Dioniso, e tutto un recinto sacro che comprendeva stadio, ippodromo, palestra, ginnasio... Per l'Europa del Novecento, per tutto il mondo, l'Olimpiade diviene un'ispirazione. De Coubertin parla alla Sorbona nel 1894, nasce il CIO e i primi Giochi Olimpici moderni si tengono ad Atene nel 1896: 250 atleti, il più grande evento sportivo di sempre. Poi venne Parigi 1900, e l'esordio del "nostro" sport, la Vela.
 
In quanto parte della storia dell'uomo, le Olimpiadi certo hanno conosciuto alti e bassi. Non hanno impedito o sospeso le guerre (al contrario). Sono state oggetto di propaganda politica, boicottaggi incrociati e attentati terroristici. Ma forse il momento più critico, quello che ha fatto perdere definitivamente l'innocenza dei Giochi, fu la scelta del CIO per il 1996: vinse Atlanta (e tutti dissero con i soldi della Coca Cola), spegnendo il sogno di Atene che avrebbe ospitato l'Olimpiade del centenario. L'Olimpiade era già affetta da gigantismo, budget impazziti, interessi e corruzione, diritti televisivi. La società che corre impone nuovi miti e insegue personaggi che si impongono con ogni mezzo. Il doping inquina lo Sport alla radice, dall'oro olimpico alla palestra sotto casa. Il CIO vacilla, cerca soluzioni, offre il fianco a critiche e stenta a tenere alta l'immagine dello Sport (come può essere altrimenti, quando anche l'ONU appare sovente inadeguato?). Ma resiste.
 
E OGGI?
Oggi abbiamo bisogno di simboli e ideali, vecchi e nuovi, perché lo Sport torni a guidare la riscossa civile di un pianeta in difficoltà. Tra quelli vecchi (altre eredità del barone): 1) i cinque cerchi, gli anelli intrecciati dei continenti a simboleggiare anche nei colori delle bandiere l'universalità dello spirito olimpico (quanto è attuale questo intrecciarsi di colori e bandiere, nei nostri tempi!); 2) il giuramento olimpico simbolo di impegno e legame ("A nome di tutti i concorrenti, prometto che prenderemo parte a questi Giochi Olimpici rispettando e osservando le regole che li governano, impegnandoci nel vero spirito della sportività per uno sport senza doping e senza droghe, per la gloria dello sport e l'onore delle nostre squadre"); 3) il motto ufficiale "Citius, Altius, Fortius" (più veloce, più alto, più forte); 4) quello non ufficiale ma passato alla storia: "l'importante non è vincere ma partecipare" (che oggi, se ci pensate bene, è una vera bomba atomica in possesso dello Sport); 5) infine la fiamma, accesa dal sole a Olimpia, che esprime calore e luce, essenziali allo spirito umano.
 
Ma servono anche simboli e ideali nuovi, adatti al mondo di oggi. Lo Sport che unisce ed esprime universalità e gioventù può essere un formidabile incubatore di speranze e capacità di inventare futuro. La nascita del movimento Paralimpico è un esempio di integrazione e di solidarietà. Solidarietà anche verso i più deboli, o poveri: il CIO (e nella Vela l'ISAF) con "Athletes Participation" sta creando strumenti che estendono la possibilità di partecipare allo Sport ai giovani atleti dei paesi in via di sviluppo. Questa strada è lunga, tortuosa ma decisiva: passa attraverso il ridimensionamento del gigante Olimpico e il riaffermare del valore della partecipazione sulla vittoria. Niente male, se si pensa che la redistribuzione (delle risorse, delle ricchezze, degli spazi) sarà una delle sfide dei prossimi anni. Sport e Olimpiadi all'insegna della sobrietà e del rispetto di tutti sono anche un bel programma per un pianeta che deve cambiare modello di sviluppo per mettere al primo posto l'ambiente (c'è anche un  brano dell'inno olimpico che dice "Pianure, montagne e mari splendono con te_come un grande tempio bianco e rosato"). Anche gli equilibri e le mappe geopolitiche si ridisegnano e si specchiano nello Sport. La rinuncia di Roma (a vantaggio probabile di Istanbul o Tokio) non deve suonare come resa della vecchia Europa, ma come omaggio al nuovo che avanza, e che va fatto avanzare, tutti insieme.
 
Un esempio, un simbolo. A Rio de Janeiro hanno inaugurato proprio in questi giorni la prima installazione delle Olimpiadi 2016 (duemilasedici, fra cinque anni e mezzo). E' il Sambodromo disegnato dall'archistar carioca Oscar Niemeyer, dove si celebra da anni il più famoso carnevale del mondo, ora restaurato per ospitare la partenza e l'arrivo della Maratona delle Olimpiadi di Rio 2016. Quanti simboli e valori: la gioia spensierata e i colori di un carnevale, l'opera architettonica di un genio, che diventano tempio della gara delle gare, i 42 km della maratona. Un esempio di Olimpiade sostenibile, integrata con la grande città, eppure legatissima alle origini, ai valori di base.
 
Non abbiamo molto da inventare, in fondo lo Sport deve solo essere se stesso: dentro di se ha tutto ciò che serve per essere una guida del nuovo rinascimento che serve al mondo. Partecipare e non vincere può e deve diventare un motto da estendere alla politica, all'economia, alla finanza, persino alla vita di tutti i giorni. Diciamo che l'Italia ha partecipato alla corsa per organizzare i Giochi, ha inseguito un sogno. Mario Monti è stato un grande sportivo. E poiché la storia la fanno gli uomini, è di uomini sportivi che abbiamo bisogno, al CIO, al CONI, ai governi di paesi e città. In questo senso, il "sacrificio" dell'Italia per Roma 2020 potrà essere ricordato come un nuovo inizio.

Commenti

Augusto Cadini (non verificato)

E' una scelta dolorosa ma giusta. Sono i sacrifici che fanno la storia di un popolo, di una nazione. Bravo Monti e tutti quelli che pensano montiano. Augusto