Fare il giornalista di vela, in Italia, fa un po’ strano anche a dirsi. Tra le tante difficoltà però ci sono quei momenti unici che ripagano di tutto. Su tutti, le Olimpiadi. Ne ho fatte tante da accreditato, vissute dal vivo, storie ed emozioni miste al lavoro di raccontarle. I Giochi che sono cambiati come uno specchio delle nostre vite. Qui un brevissimo (si fa per dire) salto nello scrigno dei ricordi…
BARCELLONA 1992 – Con Paolone Venanzangeli partimmo di notte da Roma con la mia Opel Kadett, 22 ore di viaggio. Dovevamo fare i turni alla guida, ma il suo, nelle curve tra Firenze e Bologna fatte a tavoletta con una mano sul volante e il braccio destro sullo schienale del sedile del passeggero, mi convinse a scegliere subito di guidare solo io… Lui provvedeva ai vettovagliamenti. Avevamo affittato una casa vicino alle Ramblas, il gazpacho era fantastico, si parcheggiava vicino al porto, che poi era il villaggio olimpico stesso, dove si mischiavano Carl Lewis e i velisti. Le lingue ufficiali dei Giochi sono tre: Inglese, Francese e Catalano. Franco Pivoli portava una delle barche dei media, in sala stampa trasmettevano le immagini di tutti i campi di regata. C’era un piccolo sottomarino che ogni tre ore controllava il marina olimpico, perché in gara c’era il principe Felipe (oggi re) col Soling. Finali match race davanti alla tribuna allestita sul molo. Vinsero quattro ori gli spagnoli. Gli italiani erano fortissimi alla vigilia ma si sono squagliati nel brodo catalano, una storia già vista e che si ripeterà. Alla base della squadra italiana si vide per la prima volta Valentin Mankin, il nuovo supertecnico scelto dal presidente Gaibisso. Paolone pazzo per i distributori di Coca Cola gratis ai giornalisti. Andammo alla finale di Pallanuoto in cui battemmo gli spagnoli. Al ritorno altre 22 ore di Kadett, ma in testa l’indimenticabile inno di Montserrat Caballe cantato con Freddie Mercury. L’Olimpiade ha fatto subito breccia.
ATLANTA 1996 (SAVANNAH) – All’arrivo ci accoglie la notizia del Boeing 747 della TWA esploso e precipitato in mare poco dopo il decollo da New York. Non si saprà mai se fu incidente o terrorismo. Addio innocenza dei Giochi e addio alla vela al centro del villaggio. Si va a Savannah, più famosa per Forrest Gump che per le tradizioni marinare (inesistenti). Non c’è porto, solo un canale, e i militari allestiscono la base olimpica galleggiante alla foce di una grande palude piena (tra l’altro) di alligatori, per raggiungerla ci vuole un’ora e mezza tra traghettino e overcraft, fermati spesso per mare dai controlli di polizia. Cui va aggiunta un’altra ora di strada dall’hotel in città, dove la FIV ha allestito una piccola Casa Italia della Vela. Caldo e brezza oceanica, ma alle 13 arriva – tutti i santi giorni – un mega temporale tropicale con 30 nodi e pioggia orizzontale. Ecco spiegato il motivo per cui in mare si spogliano tutti e mettono i vestiti nelle borse, per rivestirsi dopo il temporale, muniti di asciugamano. Acquisita la tecnica, va meglio anche nel gelo dell’aria condizionata dentro la sala stampa. Olimpiade turbata da questa meteo impensabile e dalla logistica da missione militare. Poi il finale a sorpresa: nell’ultima regata del windsurf la prima in classifica è OCS (all’epoca si chiamava PMS) e… una certa Alessandra Sensini è medaglia di bronzo! Ricordo un brivido lunghissimo quando abbiamo capito. Da due Olimpiadi l’Italia non prendeva medaglie nella vela. Si scomoda nientemeno che Bruno Pizzul che da Atlanta si fa i 400 km fino a Savannah per intervistarla. La premiazione delle medaglie in un prato sul quale sono allestite tribune per 5000 persone. Si vola da New York a Roma con un fluire di sensazioni dall’Olimpiade americana vissuta in provincia.
SYDNEY 2000 – La vela torna l’ombelico dell’Olimpiade, nella meraviglia della città più cool del mondo: natura pazzesca e skyline mozzafiato. La base è nel fiordo di Ruschutter’s Bay, dove c’è la villa di Nicole Kidman, e dove c’è la base del Cruising YC of Australia, il circolo della Sydney-Hobart. Qui si respira super vela da tutte le parti e gli occhi e il cuore si nutrono di immagini e sensazioni, dai fuochi artificiali dell’Harbour Bridge all’Opera House (sotto alla quale si corrono i match race del Soling e altre regate). E’ tutto talmente eccitante, peraltro a pochi mesi dall’America’s Cup con l’esordio di Luna Rossa nella vicina Nuova Zelanda) che alla fine l’Italia della vela fa la sua Olimpiade più vincente di sempre. Prima arriva l’oro storico di Alessandra Sensini, che mancava dai tempi di Straulino e Rode (1952), e due giorni dopo, inatteso ai più ma non a lui, l’argento di Luca Devoti. Pazzi di gioia, premiazioni sulle scale dell’Opera House. Viviamo in una casa dove ospitiamo Beppe Barnao della Gazzetta, che si prende una febbre e viene da noi coccolato e accudito. E da quella casa “rubiamo” uno champagne antico, perché il giorno della Sensini è domenica e non c’è nulla aperto, non si puo’ vincere una medaglia e non stappare le bollicine, lottiamo per convincere gli ufficiali dell’ISAF (il nome della federvela mondiale all’epoca) a far entrare questo alcool dentro l’area olimpica. Ci sono 41 giornalisti italiani in due motoscafi che abbiamo organizzato per l’occasione. E poi il tricolore consegnato ad Alessandra: quella immagine ancora gira nei video di quel giorno indimenticabile. Come Sydney.
ATENE 2004 – L’Olimpiade greca, vissuta in città, migliaia di tifosi colorati con le rispettive bandiere, la gioiosa confusione mediterranea degli ateniesi, i taxi che mentre ti portano a destinazione si fermano a caricare altri clienti che vanno nella tua direzione, le taverne del centro affollatissime, Casa Italia, il Partenone che domina sui campi di regata. E poi Agios Kosmas, un marina immenso costruito per l’occasione, nel quale la vela si perde, come in un vestito di tre taglie superiore, distanze enormi da percorrere sotto il sole che pare arrivare davvero dagli dei di Olimpia… La base del vertice federale è una villa a due passi dal porto, affittata insieme a San Marino, ogni mattina sul tetto il meteorologo Carlo Buontempo annusa l’aria (che tende a nascondersi). Sono i Giochi dell’orgoglio e delle icone olimpiche: i medagliati sul podio ricevono le corona di alloro, c’è Torben Grael, quasi italiano come tattico di Luna Rossa, che vince l’oro Star dei record e alla cerimonia vengono a osannarlo Patrizio Bertelli e Francesco De Angelis. Ma c’è soprattutto ancora lei, Alessandra. Che arriva tesissima per le pressioni che sente tutte su di lei salvatrice della patria, ma regata da campionessa e con un giorno di anticipo è matematicamente sul podio, prima con un certo margine. Margine che evaporerà nella prova finale, tradita da un bordo sbagliato, il possibile secondo oro si tramuta in un bronzo. In quella regata sono sul gommone con Concita Di Gregorio, firma di Repubblica, e con Ugo Russo radiocronista Rai. Una mezzora di saliscendi emotivi in mare. Ugo Russo finisce la radiocronaca e mi piange sulla spalla: “ma perché?” Nella mixed zone si affollano una trentina di giornalisti italiani, lei è sempre la stella, passata la rabbia capisce l’impresa: terza medaglia di fila in tre Olimpiadi, pochissime come lei. Il giorno dopo andiamo tra le colonne del Partenone a fare le foto di lei che morde il bronzo.
PECHINO 2008 (QINGDAO) – C’eravamo quasi, poteva essere, era giusto che fosse, stava diventando la prima Olimpiade con la vela che vince 3 medaglie! La prima, in ordine di calendario, ce la scippano nella famosa Medal dei 49er con i Sibello che partono da secondi, i danesi primi che rompono l’albero, la tempesta in cui tutti scuffiano chi prima chi dopo, e alla fine la beffa dei danesi che rientrano last-minute con una barca in prestito, e l’amara festa di Pietro e Gianfranco che si abbracciano e poco dopo sapranno… quarti a pari punti col terzo. Medaglia di legno. La coda di proteste che arriva al TAS non fa che aumentare rabbia e amarezza. Per fortuna che i due fratelli alassini sono forti dentro e poco tempo dopo trovano strade per ripartire. Qingdao 2008 forse insegna proprio questo: mai mollare anche quando tutto precipita. Il mare olimpico la settimana prima delle regate si copre, letteralmente, di alghe. Foto di 470 che “navigano” su un prato verde fanno il giro del mondo. Regate seriamente a rischio. Ma siamo in Cina, l’unico posto al mondo dove puo’ succedere questo: centinaia e centinaia di pescherecci e barche di ogni tipo escono in mare a ciclo continuo e raccolgono le alghe. In tre giorni il mare è pulito. Abbastanza per assistere alla quarta medaglia di sua maestà Alessandra Sensini, che perde l’oro per un soffio ma è super felice perché conquista l’argento (metallo che le mancava) e soprattutto diventa l’atleta che nella storia olimpica ha vinto più medaglie nella vela. Siamo tutti Sensini, le sue imprese nobilitano un intero movimento. Neanche il tempo di festeggiare, che a sorpresa, il giorno dopo, nella Medal dei Laser e nel giorno dei 70 anni di Mankin, Diego Romero nell’arietta fa il colpaccio: da 5° risale posizioni, finisce secondo la Medal e agguanta il terzo gradino del podio, medaglia di bronzo! Quelle inattese sono le più gustose! In qualche modo ci rifacciamo della rabbia per il caso Sibello.
LONDRA 2012 – Piove sempre, anche il vento è umido, sui tavolini dei pub i boccali di birra si appiccicano allo strato di mancata pulizia, è quel clima del cuore della vela british a Weymouth, ex base militare e oggi centro di preparazione olimpica della squadra inglese, la migliore del mondo. Per arrivare fin lassù, scelgo la strada più lunga ma flessibile: in auto. Una bella vasca Roma Genova Parigi e Calais, poi la Manica. E’ la prima Olimpiade targata Saily: abbiamo affittato una casetta su due piani, sopra si dorme, sotto sala montaggio e studio per girare le puntate. Si sparge la voce che cuciniamo bene e gli atleti vengono volentieri a Casa Saily. Si lavora tanto, si dorme poco, ma nella squadra c’è un clima rilassato. Forse troppo. In breve le regate iniziano e finiscono, neanche il tempo di ragionare (a parte le due puntate al giorno di Azzurro Weymouth: Morning Briefing e Night Show) e si realizza che l’Italia torna a casa a secco di medaglie. Non riesce il pokerissimo all’immensa Sensini (all’addio olimpico a 42 anni). Non riesce il blitz in Medal a Gabrio Zandonà e Pietro Zucchetti, saranno quarti. Non si smentisce Giulia Conti con un altro quinto posto. Franano un po’ tutti gli altri. Il presidente federale Carlo Croce comincia male.
RIO 2016 – Si chiama “Le Vele di Rio”, il magazine video quotidiano prodotto da Saily TV nelle notti brasiliane. C’è tensione, stavolta, c’è attesa. Parto all’ultimo, dopo che alcuni sponsor si uniscono al progetto. E’ una Olimpiade lontana, dura. La vigilia funestata dall’epidemia del virus Zyka. La realtà di una megalopoli come Rio capace di ingoiare i Giochi senza quasi accorgersene. I casi di violenza e di rapine. C’è poco da stare tranquilli. Solo regate e trasmissione, giorno e notte che si susseguono. Nel mio ottimo hotel mangio in camera tutte le sere. Con gli atleti, certo, l’unica vera bellezza: alla Mixed Zone li registro e poi li trasmetto sulle loro immagini in mare o al rientro. Giornate strane, col vento che fa i capricci, le famose acque sporche dell’area (nei mesi precedenti molti velisti hanno preso virus o accusato disturbi vari, il tema ha creato imbarazzi al CIO), le mancate coperture tv delle regate più belle e che più raccontano la vela, quelle fuori dalla baia, con le onde e il vento dell’oceano, e i Finn o i 470 che le gestiscono. Invece solo regate interne. Come le Medal, capitolo amaro, amarissimo, tra i ricordi che più si vorrebbe cancellare ma che restano come macigni. Flavia che entra da prima nella finale, pettorina gialla, e non riesce a trovare la sua fase giusta, come risucchiata in un vortice e alla fine, in una sola regata, scivola da prima a quinta… E la fotocopia dei Nacra 17, Vittorio e Silvia che partono da secondi, con ottime sensazioni e prospettive, c’è tutto per farcela, compresi due avversari diretti che rigirano la partenza… Invece sappiamo come e’ andata. Risucchiati anche loro. L’Italia fa i conti e raccoglie zero anche stavolta, due Olimpiadi senza rimpinguare il medagliere. Il presidente Carlo Croce, che nel frattempo è anche presidente della federvela mondiale, non lascia buoni ricordi.
TOKYO 2020 – Ci siamo dentro, è l’Olimpiade più strana, difficile, voluta contro tutto e tutti, rinviata ma non annullata, necessaria. Ci vuole pazienza da mesi prima della partenza, con le app, i tamponi, le regole, i tamponi, le prenotazioni di hotel e voli. Alla fine però si atterra e si trova... Tokyo! Che spettacolo, con i grattacieli e le strade che sembrano sovrapporsi, moltiplicarsi, inchinarsi, come la sua popolazione. Una Olimpiade che sembra sempre sul punto di cadere ma si rialza sempre, e cambia, muta, sorprende, come scartare un regalo inaspettato. Dove ci porterà, cosa racconterà? Lo scopriremo insieme, nei prossimi giorni, anche su Saily.
Macrino (non verificato)