
Che squadra è, la nazionale della vela alle Olimpiadi di Londra (Weymouth) 2012? E cosa possiamo realisticamente aspettarci dai nostri equipaggi?
La presentazione della squadra azzurra della vela olimpica al marina di Loano è stata una festa e una occasione per fare foto e video. Un po' meno conferenza stampa, dal momento che i giornalisti erano effettivamente pochini. L'attenzione dei media sulla nostra vela olimpica si rivela ancora molto bassa, e ci stiamo quasi rassegnando. Anche la stampa specializzata era presente con il contagocce. Pazienza. Prendiamoci quello che passa il convento. E parliamo invece della squadra in se. Che squadra è, la nazionale della vela alle Olimpiadi di Londra (Weymouth) 2012? E cosa possiamo realisticamente aspettarci dai nostri equipaggi? In questo post cerchiamo di rispondere serenamente a queste domande. Poi, subito dopo, torneremo a fare solo i tifosi, senza se e senza ma. Fino a dopo i Giochi.
Cominciamo col dire che per la prima volta da tante edizioni olimpiche, la vela italiana non si presenta al completo in tutte le classi. Siamo stati di più nel 1936 (14 atleti, e l'oro di Italia timonato da Leone Reggio), nel 1952 (14 anche questa volta, con l'oro di Straulino e Rode), nel 1976 (12, era l'anno di Carlo Croce con il FD e finì senza medaglie), nel 1988 (13), e in tutte le Olimpiadi recenti: nel 1992 14 atleti, nel 1996 ben 16 (e il bronzo della Sensini), nel 2000 addirittura 18 (un oro e un argento, come si sa), nel 2004 ancora 18 (e ancora un bronzo), nel 2008 ancora 18 e sempre in tutte le classi (e ancora un argento e un bronzo). In parte si è trattato di una scelta tecnica (il Match Race femminile è stato abbandonato da subito, si è capito dalla rottura del timone di una delle barche al Campionato Italiano di Formia, quando mancava il pezzo di ricambio e la finale è stata annullata). Rinunciare a una chance di partecipazione olimpica può essere giustificato da certezze tecniche (negative) e dal fatto che la specialità del Match Race sia destinata a una sola presenza ai Giochi. Ma resta una rinuncia, e in quanto tale discutibile.
L'altra classe che non sarà presente è la Star, e stavolta non per scelta ma per mancata qualifica. Il fallimento della campagna olimpica della Star azzurra e del nostro equipaggio più forte, quello del timoniere Diego Negri (sarebbe stata la sua quarta Olimpiade) con Enrico Voltolini, è uno smacco grave. Dal 1932 la Star italiana era sempre stata alle Olimpiadi. E sulla Star Straulino e Rode vinsero l'ultima medaglia d'oro della vela in equipaggio, seguita poi da altre medaglie di Cavallo-Gargano e di Gorla-Peraboni, per non parlare dei vari titoli mondiali. Insomma senza Star italiana è davvero una Olimpiade dimezzata, ed è giusto chiedersi perché si sia arrivati a tanto. L'avvio del quadriennio è stato molto difficile per Diego, tra malanni fisici e ripetuti campi di prodiere, questo è stato più volte sottolineato. Poi c'è stata la vicenda di Nando Colaninno, esperto prodiere delle Fiamme Gialle (come Diego) che sembrava la scelta definitiva e invece è finita per varie ragioni, sostituito dal giovane e bravo Voltolini. Fatti di una certa importanza in una campagna olimpica, ma tutto sommato assorbibili. Le cose gravi sono iniziate dopo la fine dei trials, quando Negri e Voltolini si sono selezionati e hanno mancato la qualifica al Mondiale di Perth. Questo ha lasciato aperta l'unica possibilità al Mondiale di Hyeres di quest'anno. Una sorta di spareggio: dentro o fuori. Un passaggio delicatissimo dal punto di vista dell'approccio psicologico. E infatti quel Mondiale, sfortunatissimo e che ancora oggi portiamo come una ferita, è stato affrontato male ed è finito peggio. La vicenda della Star azzurra è un faro acceso sulla filosofia dei trials definiti "all'americana". Proprio in una classe che presentava al via un buon numero di equipaggi di ottima levatura, la fine delle selezioni aritmetiche a un anno dalle Olimpiadi ha avuto l'effetto doppio di allontanare i timonieri competitivi e di lasciare il selezionato da solo davanti alla qualifica ISAF per nazione. Si poteva forse evitare con una politica un po' meno rigorosa e un po' più flessibile.
Altra osservazione, guardando all'insieme della squadra, è sull'aspetto per così dire "generazionale". Sugli 11 atleti olimpici, 10 appartengono alla "vecchia" generazione di velisti delle classi olimpiche, la loro storia viene da lontano e in molti casi ha alle spalle tante campagne olimpiche o più partecipazioni ai Giochi. Alessandra Sensini è alla sua sesta Olimpiade, e la sua storia è nota: Sergio Gaibisso insistette per farle lasciare la dorata Coppa del Mondo di windsurf per la tavola olimpica, da Barcellona 1992. G&G sono alla terza partecipazione (la seconda per Giovanna). Gabrio Zandonà altrettanto (anche se per Pietro Zucchetti sarà la prima Olimpiade). Anche per Gianfranco Sibello sarà la terza volta ai Giochi, con esordio per Peppe Angilella (questa dell'accoppiata di un esperto e un esordiente dell'Olimpiade può essere una caratteristica interessante: esperienza e freschezza, ragione e sentimento, fusi insieme, possono produrre un mix positivo). Sarà la prima volta per molti altri: Michele Regolo, a dispetto dell'età più matura, della lunghissima militanza Laser e delle campagne olimpiche alle spalle, Francesca Clapcich (che fu già sparring partner, poi avversaria e quindi allieva di Larissa Nevierov), Federico Esposito (che ha soffiato il posto a Fabian Heidegger, olimpico a Pechino 2008 e speranza disciolta). L'unico atleta che si può definire già di "seconda generazione" in questa squadra è il finnista Filippo Baldassari.
Ci sono due toscani (Sensini e Esposito), due marchigiani (Regolo e Baldassari), due triestine (Clapcich e Micol), due romani (Conti e Zandonà), un palermitano (Angilella, per ora), un ligure (Sibello G.), e un bresciano (Zucchetti).
La squadra della vela olimpica italiana a Londra 2012 è ancora un prodotto dell'onda lunga della preparazione olimpica impostata dalla nostra Federazione negli anni passati. Lo conferma molto lo staff tecnico: i due DT Luca De Pedrini e Paolo Ghione sono gli ex allenatori di Alessandra Sensini, e vengono da lustri e lustri di preparazioni olimpiche d'altri tempi. Valentin Mankin fu un pallino di Gaibisso e arrivò già nel 1991. Egon Vigna c'è sul Laser da molti anni, e Luca Devoti dopo essere stato l'argento inatteso che rese Sydney 2000 l'Olimpiade record per la vela italiana, è un personaggio eclettico capace di passare dal management alla coppa America a fare l'allenatore (con atteggiamenti originali come il clichè del suo personaggio).
Una squadra figlia della "vecchia FIV", portata ai Giochi dalla "nuova FIV", la federazione assai rinnovata dalla presidenza di Carlo Croce come sappiamo. Come interpretare questa strana sincronia? Per capirlo si può leggere nelle aspettative e nelle dichiarazioni di dirigenti e tecnici: il DT Luca De Pedrini dopo Perth dichiarò che non bisognava attendersi nulla da Londra, per poi aggiornare più positivamente il parere (Saily lo ha intervistato al proposito per chiarire l'evoluzione), Carlo Croce ripete due ritornelli: "una medaglia ci farebbe felici, con due stapperemmo lo champagne", e "ai giochi può succedere di tutto". C'è una domanda che forse andrebbe fatta e nessuno fa (o si è posto): se avremo successo, sarà il successo della "vecchia" preparazione olimpica dalla quale come visto proviene gran parte della squadra? O le nuove leve si prenderanno il merito (magari anche solo per qualche aspetto di contorno, come la psicologia, aiutata dalle selezioni secche all'americana)? E se invece (speriamo proprio di no!) dovesse andare male male, un flop da zero-medaglie, come reagiremmo: daremo alla grande la colpa alle passate gestioni, riesumando i fantasmi, o avremo il coraggio di guardare bene dentro al quadriennio per scoprire qualche bug nel sistema?
A Pechino c'erano 400 velisti in rappresentanza di 62 nazioni. A Londra i velisti sono 380, e le nazioni 63. Le medaglie in palio 30. Nei prossimi giorni guarderemo meglio nelle flotte di ogni classe, per analizzare bene i valori in campo, i favoriti, gli outsider, e naturalmente gli azzurri.
Da sabato, Casa-Saily è a Weymouth, al 61 di Portland Road: The Turret House. E' da lì che vi racconteremo, con gioia, l'Olimpiade della vela e degli azzurri.
La presentazione della squadra azzurra della vela olimpica al marina di Loano è stata una festa e una occasione per fare foto e video. Un po' meno conferenza stampa, dal momento che i giornalisti erano effettivamente pochini. L'attenzione dei media sulla nostra vela olimpica si rivela ancora molto bassa, e ci stiamo quasi rassegnando. Anche la stampa specializzata era presente con il contagocce. Pazienza. Prendiamoci quello che passa il convento. E parliamo invece della squadra in se. Che squadra è, la nazionale della vela alle Olimpiadi di Londra (Weymouth) 2012? E cosa possiamo realisticamente aspettarci dai nostri equipaggi? In questo post cerchiamo di rispondere serenamente a queste domande. Poi, subito dopo, torneremo a fare solo i tifosi, senza se e senza ma. Fino a dopo i Giochi.
Cominciamo col dire che per la prima volta da tante edizioni olimpiche, la vela italiana non si presenta al completo in tutte le classi. Siamo stati di più nel 1936 (14 atleti, e l'oro di Italia timonato da Leone Reggio), nel 1952 (14 anche questa volta, con l'oro di Straulino e Rode), nel 1976 (12, era l'anno di Carlo Croce con il FD e finì senza medaglie), nel 1988 (13), e in tutte le Olimpiadi recenti: nel 1992 14 atleti, nel 1996 ben 16 (e il bronzo della Sensini), nel 2000 addirittura 18 (un oro e un argento, come si sa), nel 2004 ancora 18 (e ancora un bronzo), nel 2008 ancora 18 e sempre in tutte le classi (e ancora un argento e un bronzo). In parte si è trattato di una scelta tecnica (il Match Race femminile è stato abbandonato da subito, si è capito dalla rottura del timone di una delle barche al Campionato Italiano di Formia, quando mancava il pezzo di ricambio e la finale è stata annullata). Rinunciare a una chance di partecipazione olimpica può essere giustificato da certezze tecniche (negative) e dal fatto che la specialità del Match Race sia destinata a una sola presenza ai Giochi. Ma resta una rinuncia, e in quanto tale discutibile.
L'altra classe che non sarà presente è la Star, e stavolta non per scelta ma per mancata qualifica. Il fallimento della campagna olimpica della Star azzurra e del nostro equipaggio più forte, quello del timoniere Diego Negri (sarebbe stata la sua quarta Olimpiade) con Enrico Voltolini, è uno smacco grave. Dal 1932 la Star italiana era sempre stata alle Olimpiadi. E sulla Star Straulino e Rode vinsero l'ultima medaglia d'oro della vela in equipaggio, seguita poi da altre medaglie di Cavallo-Gargano e di Gorla-Peraboni, per non parlare dei vari titoli mondiali. Insomma senza Star italiana è davvero una Olimpiade dimezzata, ed è giusto chiedersi perché si sia arrivati a tanto. L'avvio del quadriennio è stato molto difficile per Diego, tra malanni fisici e ripetuti campi di prodiere, questo è stato più volte sottolineato. Poi c'è stata la vicenda di Nando Colaninno, esperto prodiere delle Fiamme Gialle (come Diego) che sembrava la scelta definitiva e invece è finita per varie ragioni, sostituito dal giovane e bravo Voltolini. Fatti di una certa importanza in una campagna olimpica, ma tutto sommato assorbibili. Le cose gravi sono iniziate dopo la fine dei trials, quando Negri e Voltolini si sono selezionati e hanno mancato la qualifica al Mondiale di Perth. Questo ha lasciato aperta l'unica possibilità al Mondiale di Hyeres di quest'anno. Una sorta di spareggio: dentro o fuori. Un passaggio delicatissimo dal punto di vista dell'approccio psicologico. E infatti quel Mondiale, sfortunatissimo e che ancora oggi portiamo come una ferita, è stato affrontato male ed è finito peggio. La vicenda della Star azzurra è un faro acceso sulla filosofia dei trials definiti "all'americana". Proprio in una classe che presentava al via un buon numero di equipaggi di ottima levatura, la fine delle selezioni aritmetiche a un anno dalle Olimpiadi ha avuto l'effetto doppio di allontanare i timonieri competitivi e di lasciare il selezionato da solo davanti alla qualifica ISAF per nazione. Si poteva forse evitare con una politica un po' meno rigorosa e un po' più flessibile.
Altra osservazione, guardando all'insieme della squadra, è sull'aspetto per così dire "generazionale". Sugli 11 atleti olimpici, 10 appartengono alla "vecchia" generazione di velisti delle classi olimpiche, la loro storia viene da lontano e in molti casi ha alle spalle tante campagne olimpiche o più partecipazioni ai Giochi. Alessandra Sensini è alla sua sesta Olimpiade, e la sua storia è nota: Sergio Gaibisso insistette per farle lasciare la dorata Coppa del Mondo di windsurf per la tavola olimpica, da Barcellona 1992. G&G sono alla terza partecipazione (la seconda per Giovanna). Gabrio Zandonà altrettanto (anche se per Pietro Zucchetti sarà la prima Olimpiade). Anche per Gianfranco Sibello sarà la terza volta ai Giochi, con esordio per Peppe Angilella (questa dell'accoppiata di un esperto e un esordiente dell'Olimpiade può essere una caratteristica interessante: esperienza e freschezza, ragione e sentimento, fusi insieme, possono produrre un mix positivo). Sarà la prima volta per molti altri: Michele Regolo, a dispetto dell'età più matura, della lunghissima militanza Laser e delle campagne olimpiche alle spalle, Francesca Clapcich (che fu già sparring partner, poi avversaria e quindi allieva di Larissa Nevierov), Federico Esposito (che ha soffiato il posto a Fabian Heidegger, olimpico a Pechino 2008 e speranza disciolta). L'unico atleta che si può definire già di "seconda generazione" in questa squadra è il finnista Filippo Baldassari.
Ci sono due toscani (Sensini e Esposito), due marchigiani (Regolo e Baldassari), due triestine (Clapcich e Micol), due romani (Conti e Zandonà), un palermitano (Angilella, per ora), un ligure (Sibello G.), e un bresciano (Zucchetti).
La squadra della vela olimpica italiana a Londra 2012 è ancora un prodotto dell'onda lunga della preparazione olimpica impostata dalla nostra Federazione negli anni passati. Lo conferma molto lo staff tecnico: i due DT Luca De Pedrini e Paolo Ghione sono gli ex allenatori di Alessandra Sensini, e vengono da lustri e lustri di preparazioni olimpiche d'altri tempi. Valentin Mankin fu un pallino di Gaibisso e arrivò già nel 1991. Egon Vigna c'è sul Laser da molti anni, e Luca Devoti dopo essere stato l'argento inatteso che rese Sydney 2000 l'Olimpiade record per la vela italiana, è un personaggio eclettico capace di passare dal management alla coppa America a fare l'allenatore (con atteggiamenti originali come il clichè del suo personaggio).
Una squadra figlia della "vecchia FIV", portata ai Giochi dalla "nuova FIV", la federazione assai rinnovata dalla presidenza di Carlo Croce come sappiamo. Come interpretare questa strana sincronia? Per capirlo si può leggere nelle aspettative e nelle dichiarazioni di dirigenti e tecnici: il DT Luca De Pedrini dopo Perth dichiarò che non bisognava attendersi nulla da Londra, per poi aggiornare più positivamente il parere (Saily lo ha intervistato al proposito per chiarire l'evoluzione), Carlo Croce ripete due ritornelli: "una medaglia ci farebbe felici, con due stapperemmo lo champagne", e "ai giochi può succedere di tutto". C'è una domanda che forse andrebbe fatta e nessuno fa (o si è posto): se avremo successo, sarà il successo della "vecchia" preparazione olimpica dalla quale come visto proviene gran parte della squadra? O le nuove leve si prenderanno il merito (magari anche solo per qualche aspetto di contorno, come la psicologia, aiutata dalle selezioni secche all'americana)? E se invece (speriamo proprio di no!) dovesse andare male male, un flop da zero-medaglie, come reagiremmo: daremo alla grande la colpa alle passate gestioni, riesumando i fantasmi, o avremo il coraggio di guardare bene dentro al quadriennio per scoprire qualche bug nel sistema?
A Pechino c'erano 400 velisti in rappresentanza di 62 nazioni. A Londra i velisti sono 380, e le nazioni 63. Le medaglie in palio 30. Nei prossimi giorni guarderemo meglio nelle flotte di ogni classe, per analizzare bene i valori in campo, i favoriti, gli outsider, e naturalmente gli azzurri.
Da sabato, Casa-Saily è a Weymouth, al 61 di Portland Road: The Turret House. E' da lì che vi racconteremo, con gioia, l'Olimpiade della vela e degli azzurri.
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