La manovra è legge, gli "emendamenti" aggiustano il tiro sulla nautica. Ma il settore ci fa una figuraccia
La manovra è legge, gli "emendamenti" aggiustano il tiro sulla nautica. Ma il settore ci fa una figuraccia
Barca salva Italia
La manovra è legge, gli "emendamenti" aggiustano il tiro sulla nautica. Ma il settore ci fa una figuraccia
In ordine (molto) sparso, la Nautica italiana non ha fatto una gran bella figura nella vicenda, ormai archiviata, della manovra Salva Italia del governo di Mario Monti. Prima gli spaventapasseri, che hanno solo gridato e fatto confusione, per obiettivi di visibilità personale, tutti su facebook a piangersi addosso. Poi le associazioni di categoria, divise e anzi concorrenti, che non hanno offerto un punto di riferimento certo e garantito ai tecnici del governo nel momento di discutere le modifiche al decreto. Infine i media, confusi e senza idee sul tema. Ora che il decreto è legge, e che anche la norma "Barca Salva Italia" è passata, cerchiamo di fare ordine. Ecco le norme, sottolineando che la vela paga la metà e che le barche più datate hanno extra sconti: ognuno potrà calcolare quanto paga. Esenzione per le barche in rimessaggio e con bandiera Prova.
Quanto sei lunga? Ecco quanto paghi (per la vela togliete il 50%)
10-12 metri: 5 euro/giorno
12,01 metri a 14 metri: 8 euro/giorno
14,01 a 17 metri: 10 euro/giorno
17,01 a 24 metri: 30 euro/giorno
24,01 a 34 metri: 90 euro/giorno
34,01 a 44 metri: 207 euro/giorno
44,01 a 54 metri: 372 euro/giorno
54,01 a 64 metri: 521 euro/giorno
Oltre 64 metri: 703 euro/giorno
Riduzione del 50% per le imbarcazioni immatricolate a vela
Riduzione per vetustà
15% oltre i 5 anni dalla prima immatricolazione
30% oltre i 10 anni
45% oltre i 15 anni
Barche non soggette alla tassa
- In rimessaggio o manutenzione
- Con targa Prova, usate ritirate in attesa di nuovo proprietario
Il mondo della nautica in ordine sparso, dunque. Molti hanno sottolineato la partecipazione del presidente di UCINA (la Confindustria nautica) in tv a Porta a Porta, nel quale non è stato di contrastare alcuni dati statistici portati nel salotto, secondo i quali era evidente l'equazione barca=evasore. Dati-patacca, un copia e incolla senza capo né coda, che il presidente dell'industria nautica avrebbe dovuto confutare con forza. C'è poi la posizione dell'associazione che segue il Charter, settore sicuramente penalizzato dalla manovra, che e sua volta crea un gruppo su facebook, prende lo spunto dalla vicenda per rinfocolare vecchie polemiche proprio con UCINA. Quest'ultima, evidentemente alle corde, ha annunciato di voler lanciare le non meglio identificate "Assise Generali della nautica italiana" fino a maggio 2012. Qualcun altro promuove gli "Stati Generali" della nautica da tenersi a febbraio alla Fiera di Roma... Un guazzabuglio di orticelli con una confusione incredibile. A farne le spese sono come sempre gli utenti, e in particolare gli utenti "medi", persone normali che pagano le loro tasse e amano andare per mare. Chi tutela questa fetta di Italia, e ancor di più un modo di vivere e di pensare?
Oltre a pagare la tassa, quello che resta da fare sono alcune considerazioni. Il momento è di emergenza, ciascuno è chiamato a fare la sua parte e nessuno dovrebbe tirarsi indietro per interessi personali o anteporre interessi di categoria. Il governo che sta gestendo questa emergenza, ha dato una disponibilità ad ascoltare e rivedere le norme in caso di errori dovuti alla mancata conoscenza specifica di un settore. La nautica davanti a questa prova ha dimostrato una cosa: il settore non esiste. Non c'è una organizzazione che davvero rappresenti tutte le imprese e gli imprenditori del settore. Le piccole associazioni esistenti sono a malapena in grado di abbozzare qualche tutela per la loro sotto-categoria. I contatti con le istituzioni sono lasciati a qualche faccendiere che ha maturato conoscenze politiche (peraltro inutili in questa fase tecnica). Tutte le fanfare sentite suonare ai saloni, la nautica in cifre, i barchina d'oro, gli spettacoli, servivano solo a nascondere questa disgregazione. Il settore stesso, come singole aziende e comparto, è insieme causa e vittima di questa mancanza di rappresentatività e tutela. Che ricade alla fine sugli utenti.
La cosa più urgente da fare, stati o assise generali che siano, è ridare dignità culturale alla stessa idea della passione per il mare e la navigazione. Un processo lunghissimo visto quanto siamo caduti in basso. Bisognerà scomodare storie, testimonianze, persone. Scardinare i mezzi di comunicazione. Rifondare la comunità di chi è appassionato del mare e della nautica non solo sulle proteste corporative su facebook, ma nell'affermazione pubblica dei valori della vita sul mare, a cominciare da chi sul mare ci lavora tutti i giorni, pescatori compresi. La "gente di mare" è una sola. Chi ha la barca non deve sentirsi isolato, vessato, guardato come il ricco evasore. Ma è una battaglia che non può combattere da solo contro i Bruno Vespa. Deve esserci tutta la comunità del mare insieme a lui. Un vasto arcobaleno sul mare che va dalla pesca al trasporto, alla Marina Militare, dalle scuole veliche ai campioni della vela olimpica, dalle Capitanerie al diportista di ogni dimensione. Ci vogliono uomini e mezzi. Ma soprattutto la volontà di essere uniti. Cosa più del mare unisce? Solo in questo modo, con una profonda rifondazione e reclamando i valori di fondo, il mare e la nautica salveranno davvero se stessi. Poi potranno salvare anche l'Italia.
In ordine (molto) sparso, la Nautica italiana non ha fatto una gran bella figura nella vicenda, ormai archiviata, della manovra Salva Italia del governo di Mario Monti. Prima gli spaventapasseri, che hanno solo gridato e fatto confusione, per obiettivi di visibilità personale, tutti su facebook a piangersi addosso. Poi le associazioni di categoria, divise e anzi concorrenti, che non hanno offerto un punto di riferimento certo e garantito ai tecnici del governo nel momento di discutere le modifiche al decreto. Infine i media, confusi e senza idee sul tema. Ora che il decreto è legge, e che anche la norma "Barca Salva Italia" è passata, cerchiamo di fare ordine. Ecco le norme, sottolineando che la vela paga la metà e che le barche più datate hanno extra sconti: ognuno potrà calcolare quanto paga. Esenzione per le barche in rimessaggio e con bandiera Prova.
Quanto sei lunga? Ecco quanto paghi (per la vela togliete il 50%)
10-12 metri: 5 euro/giorno
12,01 metri a 14 metri: 8 euro/giorno
14,01 a 17 metri: 10 euro/giorno
17,01 a 24 metri: 30 euro/giorno
24,01 a 34 metri: 90 euro/giorno
34,01 a 44 metri: 207 euro/giorno
44,01 a 54 metri: 372 euro/giorno
54,01 a 64 metri: 521 euro/giorno
Oltre 64 metri: 703 euro/giorno
Riduzione del 50% per le imbarcazioni immatricolate a vela
Riduzione per vetustà
15% oltre i 5 anni dalla prima immatricolazione
30% oltre i 10 anni
45% oltre i 15 anni
Barche non soggette alla tassa
- In rimessaggio o manutenzione
- Con targa Prova, usate ritirate in attesa di nuovo proprietario
Il mondo della nautica in ordine sparso, dunque. Molti hanno sottolineato la partecipazione del presidente di UCINA (la Confindustria nautica) in tv a Porta a Porta, nel quale non è stato di contrastare alcuni dati statistici portati nel salotto, secondo i quali era evidente l'equazione barca=evasore. Dati-patacca, un copia e incolla senza capo né coda, che il presidente dell'industria nautica avrebbe dovuto confutare con forza. C'è poi la posizione dell'associazione che segue il Charter, settore sicuramente penalizzato dalla manovra, che e sua volta crea un gruppo su facebook, prende lo spunto dalla vicenda per rinfocolare vecchie polemiche proprio con UCINA. Quest'ultima, evidentemente alle corde, ha annunciato di voler lanciare le non meglio identificate "Assise Generali della nautica italiana" fino a maggio 2012. Qualcun altro promuove gli "Stati Generali" della nautica da tenersi a febbraio alla Fiera di Roma... Un guazzabuglio di orticelli con una confusione incredibile. A farne le spese sono come sempre gli utenti, e in particolare gli utenti "medi", persone normali che pagano le loro tasse e amano andare per mare. Chi tutela questa fetta di Italia, e ancor di più un modo di vivere e di pensare?
Oltre a pagare la tassa, quello che resta da fare sono alcune considerazioni. Il momento è di emergenza, ciascuno è chiamato a fare la sua parte e nessuno dovrebbe tirarsi indietro per interessi personali o anteporre interessi di categoria. Il governo che sta gestendo questa emergenza, ha dato una disponibilità ad ascoltare e rivedere le norme in caso di errori dovuti alla mancata conoscenza specifica di un settore. La nautica davanti a questa prova ha dimostrato una cosa: il settore non esiste. Non c'è una organizzazione che davvero rappresenti tutte le imprese e gli imprenditori del settore. Le piccole associazioni esistenti sono a malapena in grado di abbozzare qualche tutela per la loro sotto-categoria. I contatti con le istituzioni sono lasciati a qualche faccendiere che ha maturato conoscenze politiche (peraltro inutili in questa fase tecnica). Tutte le fanfare sentite suonare ai saloni, la nautica in cifre, i barchina d'oro, gli spettacoli, servivano solo a nascondere questa disgregazione. Il settore stesso, come singole aziende e comparto, è insieme causa e vittima di questa mancanza di rappresentatività e tutela. Che ricade alla fine sugli utenti.
La cosa più urgente da fare, stati o assise generali che siano, è ridare dignità culturale alla stessa idea della passione per il mare e la navigazione. Un processo lunghissimo visto quanto siamo caduti in basso. Bisognerà scomodare storie, testimonianze, persone. Scardinare i mezzi di comunicazione. Rifondare la comunità di chi è appassionato del mare e della nautica non solo sulle proteste corporative su facebook, ma nell'affermazione pubblica dei valori della vita sul mare, a cominciare da chi sul mare ci lavora tutti i giorni, pescatori compresi. La "gente di mare" è una sola. Chi ha la barca non deve sentirsi isolato, vessato, guardato come il ricco evasore. Ma è una battaglia che non può combattere da solo contro i Bruno Vespa. Deve esserci tutta la comunità del mare insieme a lui. Un vasto arcobaleno sul mare che va dalla pesca al trasporto, alla Marina Militare, dalle scuole veliche ai campioni della vela olimpica, dalle Capitanerie al diportista di ogni dimensione. Ci vogliono uomini e mezzi. Ma soprattutto la volontà di essere uniti. Cosa più del mare unisce? Solo in questo modo, con una profonda rifondazione e reclamando i valori di fondo, il mare e la nautica salveranno davvero se stessi. Poi potranno salvare anche l'Italia.
fcolivicchi