UCINa, Perotti si è dimesso: problema o opportunità ?
Dalla prima lettura della rassegna stampa pare che tutti conoscano le “vere cause” delle dimissioni di Perotti, scatenandosi in congetture e dietrologie varie.
Se vogliamo metterla in positivo, possiamo anche aggiungere che Perotti è stato onesto a riconoscere che la sua presidenza fosse un fattore di divisione. Non possiamo però dimenticarci che questi elementi di divisione erano tutti ben presenti e chiari anche a Maggio quando Perotti accettò quella che, già allora, sembrava una croce inevitabile.
Il mio parere, basato su qualche decina d’anni di frequentazione dell’associazione e sulla conoscenza personale dei personaggi e degli ambienti, è che la verità sia molto più semplice: Perotti, in questo momento, ha altro da fare e deve pensare alla sua azienda che sicuramente non ha bisogno di Ucina ….!
E’ chiaro che, con questi presupposti, non ci fosse molto da sperare e quindi hanno ragione quelli che dicono: chi glielo ha fatto fare? Non lo sapeva che guidare Ucina in un momento come questo volesse dire dedicargli anima, cuore e cervello?
Ora, se c’è una cosa che a Perotti non manca è sicuramente il cervello che, soprattutto in mancanza degli altri due attributi, avrebbe dovuto farlo desistere dall’imbarcarsi in questa avventura.
Che questa vicenda fosse nata male lo dice anche la sostanziale mancanza di un programma e di una vera strategia che non fosse un “renziano” proclama di buoni propositi che andavano dall’appello all’unità, al rilancio del Salone e del Made in Italy. Manca solo un ecumenico: “fate i bravi” e poi la fiera delle ovvietà sarebbe stata al completo..
Sicuramente, nello scenario attuale, pretendere di avere le idee chiare sul futuro o avendole, chiedere a tutti i componenti di una famiglia composita e contraddittoria, di condividerle e ricompattarsi per realizzare tali idee, non è ne facile ne privo di rischi ma, altrettanto certamente, partorire ogni giorno una nuova iniziativa, dichiarando una mattina che il mondo è grigio e la mattina dopo che è blù, è garanzia di sicuro fallimento. Ma, quello che è ancor peggio è pretendere di avere l’appoggio di persone che non sono mai state minimamente consultate ne tantomeno coinvolte su quelle stesse vaghe idee e meravigliarsi che emergano contrasti o che i detrattori prendano il sopravvento. Il lavoro di confronto sui programmi e di raccolta del consenso andava fatto prima per pretendere poi unità e fedeltà alla linea … che non è certamente retta.
Queste cose Perotti le sa benissimo e non gli mancano certo visione strategica e capacità manageriale. Quello che è mancato, in questo specifico caso, è solo l’interesse a raggiungere l’obbiettivo. O meglio, la consapevolezza che gli interessi di San Lorenzo non collimano esattamente con quelli di Ucina, se non altro, per l’impiego di tempo e di risorse intellettuali. E’ ovvio che, chiamato a scegliere dallo staff di San Lorenzo, non ha avuto dubbi e ha salutato Ucina, per la quale: “Assicura, fin da oggi, la sua piena disponibilità a collaborare con il Consiglio Direttivo”, riconquistando così, oltre alla libertà da un impegno troppo gravoso, la legittimità a rappresentare i “suoi” interessi senza l’obbligo di curare anche i “nostri”. Come dicevo prima: Viva la chiarezza!
Tutto questo lascia però un enorme interrogativo: Cosa è cambiato da maggio ad oggi all’interno di Ucina che possa far sperare di trovare quella figura istituzionale e operativa al tempo stesso, capace di trascinare (non basterà solo spingere) la nautica fuori dal guado? Esiste qualcuno talmente sopra le parti da poter riaffermare, senza ombre e tentennamenti, la superiorità del comparto nautico italiano in tutto il mondo?. Superiorità che, paradossalmente, ci viene ampiamente riconosciuta a livello individuale ma che nessuno oggi, sembra in grado di incarnare in nome di tutti.
Personalmente credo i produttori di Megayachts non abbiano bisogno di Ucina, intesa come sindacato, semmai serve loro una lobby che ne rappresenti tutta la specificità.
Nello stesso tempo, la nautica minore sta letteralmente sparendo e non è in grado, da sola, di mettere in campo le risorse economiche e professionali capaci di difenderla, rappresentarla e, ancor di più, rilanciarla.
In questo quadro molti si chiedono: Che sia venuto il momento di un Presidente-manager che si guadagni la pagnotta in base ai risultati? Io non ne sono sicurissimo ma la questione va posta e una risposta va data molto in fretta se non vogliamo che Perotti passi alla storia come “Last President” di Ucina.
Nonostante la situazione sopra rappresentata non sia certo rosea per la nautica, emerge però una prospettiva molto interessante per il Salone Nautico genovese che probabilmente è sfuggita alla maggioranza dei commentatori di professione: La società: “I saloni Nautici”, ben gestita da quel Anton Albertoni che, secondo me, è stato uno dei migliori Presidenti di Ucina, in perfetta e involontaria solitudine, essendo di fatto l’unico referente organizzativo della manifestazione, sta trasformando in maniera sempre più decisa, il Salone genovese da “mostra mercato” a kermesse popolare.
Questo processo si integra e interagisce con la logica di trasformazione dell’Italia nautica da: produttore e fornitore di prodotti a luogo di utilizzo e fornitore di servizi relativi a quei prodotti. In sintesi si sta, (io dico: finalmente), assistendo allo spostamento del core-business dall’industria nautica al turismo nautico.
Questo processo va definitivamente reso esplicito e su questo bisognerà puntare per i prossimi anni.
L’Italia è, e resta, il più grande, articolato, vario e affascinante “luogo” in cui usare le barche e tutto quello che ha a che vedere col mare. Se questo incontrovertibile ma non automatico processo, riuscirà a convivere anche con una massiccia dose di capacità ideativa e una, se pur ridotta, attività produttiva, benissimo. Ma, da oggi, sia chiaro a tutti che il “driver” dovrà essere l’uso della barca e dei suoi succedanei: windsurf, aquiloni, subacquea, pesca sportiva, macchine volanti e quant’altro utile a godere il mare e non più la sua produzione.
Se tutto questo è vero e se l’Ucina potrà credibilmente continuare a rappresentare TUTTO questo variegato mondo, forse è anche logico che a guidarla non sia un industriale giustamente ossessionato dai fatturati e dalle logiche produttive e commerciali legati al passato, ma qualcuno che sappia proiettarla nel futuro.
Arch. Massimo Franchini
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03/10/2016 16:11