Aggiungi un commento

In rete si sprecano (spesso nel vero senso del termine) i commenti sull'incidente di Vestas Wind. La vela, che interessa normalmente il solito cerchio ristretto di appassionati e che viene ignorata dai media, diventa appetibile quando c'è la tragedia, il noir, la dinamica misteriosa e in genere negativa. Ci siamo abituati. Poi c'è anche la pancia dello stesso movimento velico. Anche quella non si lascia pregare per buttar lì una polemica, un giudizio, una critica, pontificando spesso su questioni tecniche delle quali nella migliore delle ipotesi si è ignari. Il naufragio di un VO65 sui coralli remoti dell'Indiano è una storia di mare che fa male, probabilmente si concluderà con la perdita di una barca appena nata, il che fa ancora più male per chi crede che ogni barca abbia anche un'anima, e lascerà ricordi da incubo nei navigatori e velisti che l'hanno vissuta. Che, per inciso, sono navigatori e velisti tra i più esperti in questa edizione della regata intorno al mondo. Tuttavia siamo umani e l'errore, ammesso dallo stesso skipper, c'è stato. Ma quale? E quando? L'ostacolo corallino sulla rotta era noto, e tutti i team sono passati da quelle parti. Se non lo eviti e ci plani sopra a 20 nodi, vuol dire proprio che non pensi che sia lì. Possibile? Una ipotesi molto plausibile, nella sua semplicità (tutte le grandi tragedie hanno motivi banali), può riguardare il settaggio degli strumenti di navigazione. Scogli così piccoli, infatti, non sono visualizzati dallo schermo se lo zoom è impostato sulla visione allargata. Un altra riflessione, che nessuno ha fatto preferendo accanirsi sull'errore umano, è il pericolo reale corso dai velisti di Vestas. Le onde che hanno squassato la barca con loro dentro, in precario equilibrio come raccontano, avrebbero potuto sbatterli sugli scogli e sui coralli, se non fossero stati nella protezione della barca stessa, fino a quando è stato possibile. Su questo naufragio si discuterà ancora a lungo, e a breve è prevista una conferenza stampa del team danese. Sarebbe bello se l'ordine delle reazioni, almeno dai velisti, mettesse al primo posto il rispetto e la solidarietà.