Le regate si fanno in mezzo a mare, dove il vento è steso e l'ordine d'arrivo rispecchia mediamente i valori!
Raoul Gardini l'aveva capito e, nell'incommensurabile bellezza del bacino di San Marco - uno dei luoghi che lasciano attonita qualsiasi persona, probabilmente il più sorprendente, ancora meglio dei Fori Imperiali, almeno per un velista - fece solamente il varo del Moro di Venezia.
Ne parlò il mondo intero, fu ripreso su qualsiasi media per una settimana intera, riuscì ad attrarre l'attenzione anche di coloro che sanno parlare solamente di pallone: quando intelligenza, tecnologia, eleganza, arte ed una buona dose di italianità, tra le note di Pavarotti si fondono creando un spettacolo veramente unico, allora la vela resta nel cuore e nella memoria di chi chiunque sia in grado di apprezzare le cose belle.
Anche per i profani fu un "colpo mediatico" - ma che fastidio dover sempre pensare a questi aspetti - praticamente perfetto.
Specialmente perchè il "colpo", nel giro di pochi mesi, fu completato con la vittoria della Louis Vuitton Cup, con la sfida al calor bianco con i poveri neozelandesi, bravissimi ma frastornati dai colpi di genio, sia in mare che a terra, messi a segno dalla barca italiana.
Quello fu spettacolo vero, sportivo e marinaresco, con tangoni, strambate, contrapposizioni tattiche e tecnologiche, soluzioni progettuali e coinvolgimento emozionale portato ai limiti.
Chi iniziò introducendo la "aka" fu svegliato dal nostro "nessun dorma ... all'alba vincerò".
Onore ai neozelandesi, grandi velisti; memoria eterna per Peter Blake, veramente un grande uomo ... purtroppo già da molto tempo in compagnia di Raoul Gardini ... li rimpiangerò per sempre!
Quella volta, per almeno un mese, non si parlò che di bompressi, di strambate e di lay line anche nei più tragici "bar sport" e nelle bocciofile dei più reconditi angoli della penisola.
Altro che le lucette che impongono i punti di virata e le penalità o la mortificazione di catamarani velocissimi in spazi ristretti, resi ridicoli dalla necessaria sequenza di manovre eseguite in maniera impeccabile ma con tutta la goffa lentezza tipica dei pluriscafi, che pure, se impiegati a dovere, rimangono bellissimi (avete mai visto una regata di flotta dei classe A od una edizione del glorioso ed ormai trascorso "TTT Torbole Tornado Trophy").
Quando si dice, e ciò vale anche per la paventata esclusione della vela dalle Olimpiadi per via della sua scarsa attitudine "telegenica", che la vela non è spettacolare: ecco un limpidissimo "caso di studio" che dimostra esattamente il contrario.
Anche se sono "in casa d'altri", sebbene anch'io detesti chi ha reso piuttosto nota la frase "che bella la vela", quando ha coniato questo slogan ha fatto centro!
Ma quale morale si deve trarre e cosa deve farci capire l'esperienza del Moro?
Semplice: la vela può "bucare gli schermi" - e, cosa più interessante, attrarre alla vela coloro che potrebbero essere pronti per rispondere alla chiamata dello sport del mare - se mantiene la sua identità, quel sapore di sale che la rende unica, mentre se si cerca di appiattirla con vele colorate, regate tra le briccole ed altri simili rodei, si finisce per appiattirla sulla falsariga di qualsiasi altra disciplina, quindi cade nell'enorme calderone dove perderà il confronto con snow board, pallacanestro, curling, salto con l'asta, baseball eccetera eccetera per finire immortalata nei bicchieri di carta dei fast food.
E' questo che vogliamo ... non credo!
llora non bisogna mai dare ascolto a coloro, come le squadre televisive che cercano di imporre la loro maniera di fare le riprese e di proporre gli eventi: loro, con poca fantasia sanno fare solo quelle, pertanto trovano comodo e tendono a rendere simili gli sport più disparati ma ... la vela è differente e, con un po' di creatività può far valere le proprie carte!
Intanto che meditate ... Buon Vento a tutti
Alessandro Turchetto
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03/10/2016 16:11