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24/10/2013 - 15:11
Rolex Middle Sea Race
Rolex Middle Sea Race
La nostra Middle
da marinai
da marinai
Intervista-diario di bordo a Giorgio Benussi su B2. Come navigare (e vincere) con la strumentazione elettronica fuori uso. E perchè una regata d'altomare come questa si vince soprattutto grazie all'esperienza e alla marineria. In barca, gli uomini contano (ancora) più delle macchine
“Vincere in overall una regata come la Rolex Middle Sea Race, contro così tanti equipaggi competitivi e barche preparatissime, non è semplice, e siamo tutti molto contenti. La Middle resta una regata affascinantissima, con infinite variabili, dove conta sempre anche una buona dose di …fortuna. Una vittoria come questa è figlia di una ottima congiunzione astrale”.
Giorgio Benussi, lunga carriera di velista globetrotter, general manager e commodoro dello Yacht Club Marina di Loano, racconta la Middle Sea Race di B2, il TP52 modificato e ottimizzato per l’IRC dell’armatore milanese (ma che vive e lavora in Russia) Michele Galli. “Una vittoria ottenuta con un equipaggio non giovanissimo, ma con tanta esperienza. La barca giusta, le vele giustissime, il team esperto: avevamo tutto alla vigilia, ma poi in acqua vedi davanti a te Morning Glory, RAN (Robertissima III), Alegre… E dietro barche con rating ottimi, come il Baltic 65 con Tommaso Chieffi. Per questo vincere resta difficile ed è il risultato di un insieme di fattori. Basta pensare a quello che è successo a noi, con il black-out elettronico completo per tutta la seconda metà della regata!”
Raccontaci bene cosa è successo: nell’ambiente si è commentato parecchio. Ma è vero che avete usato un telefonino come bussola?
“E’ stata una Middle generalmente di vento leggero. Tranne che per una notte, quando abbiamo avuto 20-23 nodi di vento e soprattutto onde molto alte e ripide, mare forte. Abbiamo dovuto prendere una mano di terzaroli per rallentare la barca ed evitare danni. E’ stato in questa situazione che si è verificato il problema con il sistema elettrico. All’alba, improvvisamente, a bordo si è spento tutto, completamente. Abbiamo provato a riaccendere, ma si è capito che il problema era piuttosto serio. Per un po’, mentre smontavamo tutto per cercare di riparare, abbiamo fatto riferimento al computer di bordo, che ha funzionato a batteria. Grazie al software di navigazione, ha continuato a fornirci tutte le informazioni e i dati: rotta, angoli, e così via. Il problema era la trasmissione e la condivisione di questi dati: mancando gli strumenti sotto all’albero, un membro dell’equipaggio si è incaricato di raccontare cosa diceva il pc. Abbiamo navigato con il suggeritore, come a teatro, o il “gobbo” in tv… Ma non poteva durare: le batterie del pc sono morte e a quel punto siamo rimasti davvero al buio!”
E cosa è successo a quel punto?
“Le dotazioni obbligatorie di bordo prevedono una bussola. Essendo solo uno strumento inserito per l’obbligo, ma non destinato all’uso reale, oltre che minuscola è anche posizionata in un luogo dove è inservibile: sotto alla barra del timone, vicino all’asse, dove è impossibile vederla! Qui ha iniziato a muoversi l’immensa esperienza di bordo. Paolo Bassani ha smontato la bussolina dal suo alloggiamento improbabile, e l’ha spostata vicino alla torretta di un grinder, dove le è stato creato un “supporto” usando il barattolo di una bevanda isotonica… Più visibile, ma sempre molto piccola.”
Da dove viene la storia della bussola con lo smartphone?
“Eccola. Il nostro navigatore, per ogni evenienza, aveva caricato sul suo smartphone una applicazione con gps e bussola. Questo strumento è stata una vera manna, nella nostra situazione! Non voglio dire la marca del telefono, ma ha continuato a funzionare a batteria per 10 ore filate, con la luce al massimo per la funzione bussola… L’unica accortezza era confrontare il dato con quello della bussolina e alla fine ce la siamo cavata più che bene, pur essendo lontanissimi da qualsiasi costa, tra Favignana e Pantelleria o tra Pantelleria e Lampedusa… Siamo arrivati a Malta in queste condizioni, 200 miglia in un giorno e mezzo, nelle foto si vede che a bordo è tutto smontato, cercavamo di capire dove fosse l’avaria. Abbiamo finito la regata portando B2 come una deriva…”
Immaginiamo le ultime miglia, sapendo che eravate in corsa per la vittoria…
“La parte più difficile è stato proprio il passaggio del canale tra Gozo e Malta, un canale stretto dove si bordeggia e dove gli strumenti sono spesso essenziali per le scelte tattiche, il calcolo della corrente, dei fondali… In questa situazione i tanti “derivisti” di bordo, e la quantità di esperienza, hanno fatto la differenza. Ci siamo messi in assetto “inshore”, tutti svegli e in coperta. Francesco De Angelis sul boma a cercare le raffiche di vento, vele regolate a naso. Ce la siamo giocata così”.
Quali insegnamenti e indicazioni hai tratto da questa esperienza?
“Che una regata lunga che va in altomare, a dispetto di tutta la tecnologia e la modernità, resta un fatto di marineria pura. Una regata di navigazione si vince con un equipaggio che ha una conoscenza approfondita della materia nella sua complessità. Voglio rivedere il tracking e analizzare la nostra prestazione, ma sono sicuro che le performance nel periodo in cui siamo rimasti “al buio” senza strumenti, non siano molto distanti del periodo di navigazione con l’ausilio strumentale. L’esperienza, gli uomini giusti, un gruppo di marinai, e spesso i derivisti sono grandi marinai, può sopperire a un’avaria del genere. Un altro insegnamento riguarda le dotazioni obbligatorie, dove forse c’è qualcosina da mettere a punto”.
Aggiungiamo noi che forse sarebbe il caso che le regole sulle dotazioni di sicurezza fossero pensate e decise proprio da un gruppo di marinai come quelli descritti da Giorgio Benussi. Di sicuro la bussola obbligatoria sarebbe della dimensione appropriata.
Complimenti e hurrà all’equipaggio di B2: dall’armatore Michele Galli, a Francesco De Angelis (che non ha bisogno di presentazioni, e che ultimamente pare rigenerato e voglioso di mostrare i vecchi valori e talenti da velista puro), Lorenzo Bodini (ex olimpico del Tornado), Giorgio Benussi, Nacho Postigo (il navigatore spagnolo), Lorenzo Mazza (l’italiano con più coppa America di chiunque, anche vinta), Romolo Ranieri (ex Luna Rossa), Flavio Grassi (ex olimpico su FD e Soling), Marco Cuglianich, Jaime Arbones (il secondo spagnolo, unici due non italiani a bordo, prodiere con esperienza di Coppa su Desafio e di Volvo su Telefonica) e last but not least il giovane Michele Cannoni. Il quale è di fatto un talismano Middle: ne ha vinte quattro su cinque partecipazioni. Che sia lui la vera arma segreta del gruppo di marinai?
LA CLASSIFICA COMPLETA AGGIORNATA QUI
“Vincere in overall una regata come la Rolex Middle Sea Race, contro così tanti equipaggi competitivi e barche preparatissime, non è semplice, e siamo tutti molto contenti. La Middle resta una regata affascinantissima, con infinite variabili, dove conta sempre anche una buona dose di …fortuna. Una vittoria come questa è figlia di una ottima congiunzione astrale”.
Giorgio Benussi, lunga carriera di velista globetrotter, general manager e commodoro dello Yacht Club Marina di Loano, racconta la Middle Sea Race di B2, il TP52 modificato e ottimizzato per l’IRC dell’armatore milanese (ma che vive e lavora in Russia) Michele Galli. “Una vittoria ottenuta con un equipaggio non giovanissimo, ma con tanta esperienza. La barca giusta, le vele giustissime, il team esperto: avevamo tutto alla vigilia, ma poi in acqua vedi davanti a te Morning Glory, RAN (Robertissima III), Alegre… E dietro barche con rating ottimi, come il Baltic 65 con Tommaso Chieffi. Per questo vincere resta difficile ed è il risultato di un insieme di fattori. Basta pensare a quello che è successo a noi, con il black-out elettronico completo per tutta la seconda metà della regata!”
Raccontaci bene cosa è successo: nell’ambiente si è commentato parecchio. Ma è vero che avete usato un telefonino come bussola?
“E’ stata una Middle generalmente di vento leggero. Tranne che per una notte, quando abbiamo avuto 20-23 nodi di vento e soprattutto onde molto alte e ripide, mare forte. Abbiamo dovuto prendere una mano di terzaroli per rallentare la barca ed evitare danni. E’ stato in questa situazione che si è verificato il problema con il sistema elettrico. All’alba, improvvisamente, a bordo si è spento tutto, completamente. Abbiamo provato a riaccendere, ma si è capito che il problema era piuttosto serio. Per un po’, mentre smontavamo tutto per cercare di riparare, abbiamo fatto riferimento al computer di bordo, che ha funzionato a batteria. Grazie al software di navigazione, ha continuato a fornirci tutte le informazioni e i dati: rotta, angoli, e così via. Il problema era la trasmissione e la condivisione di questi dati: mancando gli strumenti sotto all’albero, un membro dell’equipaggio si è incaricato di raccontare cosa diceva il pc. Abbiamo navigato con il suggeritore, come a teatro, o il “gobbo” in tv… Ma non poteva durare: le batterie del pc sono morte e a quel punto siamo rimasti davvero al buio!”
E cosa è successo a quel punto?
“Le dotazioni obbligatorie di bordo prevedono una bussola. Essendo solo uno strumento inserito per l’obbligo, ma non destinato all’uso reale, oltre che minuscola è anche posizionata in un luogo dove è inservibile: sotto alla barra del timone, vicino all’asse, dove è impossibile vederla! Qui ha iniziato a muoversi l’immensa esperienza di bordo. Paolo Bassani ha smontato la bussolina dal suo alloggiamento improbabile, e l’ha spostata vicino alla torretta di un grinder, dove le è stato creato un “supporto” usando il barattolo di una bevanda isotonica… Più visibile, ma sempre molto piccola.”
Da dove viene la storia della bussola con lo smartphone?
“Eccola. Il nostro navigatore, per ogni evenienza, aveva caricato sul suo smartphone una applicazione con gps e bussola. Questo strumento è stata una vera manna, nella nostra situazione! Non voglio dire la marca del telefono, ma ha continuato a funzionare a batteria per 10 ore filate, con la luce al massimo per la funzione bussola… L’unica accortezza era confrontare il dato con quello della bussolina e alla fine ce la siamo cavata più che bene, pur essendo lontanissimi da qualsiasi costa, tra Favignana e Pantelleria o tra Pantelleria e Lampedusa… Siamo arrivati a Malta in queste condizioni, 200 miglia in un giorno e mezzo, nelle foto si vede che a bordo è tutto smontato, cercavamo di capire dove fosse l’avaria. Abbiamo finito la regata portando B2 come una deriva…”
Immaginiamo le ultime miglia, sapendo che eravate in corsa per la vittoria…
“La parte più difficile è stato proprio il passaggio del canale tra Gozo e Malta, un canale stretto dove si bordeggia e dove gli strumenti sono spesso essenziali per le scelte tattiche, il calcolo della corrente, dei fondali… In questa situazione i tanti “derivisti” di bordo, e la quantità di esperienza, hanno fatto la differenza. Ci siamo messi in assetto “inshore”, tutti svegli e in coperta. Francesco De Angelis sul boma a cercare le raffiche di vento, vele regolate a naso. Ce la siamo giocata così”.
Quali insegnamenti e indicazioni hai tratto da questa esperienza?
“Che una regata lunga che va in altomare, a dispetto di tutta la tecnologia e la modernità, resta un fatto di marineria pura. Una regata di navigazione si vince con un equipaggio che ha una conoscenza approfondita della materia nella sua complessità. Voglio rivedere il tracking e analizzare la nostra prestazione, ma sono sicuro che le performance nel periodo in cui siamo rimasti “al buio” senza strumenti, non siano molto distanti del periodo di navigazione con l’ausilio strumentale. L’esperienza, gli uomini giusti, un gruppo di marinai, e spesso i derivisti sono grandi marinai, può sopperire a un’avaria del genere. Un altro insegnamento riguarda le dotazioni obbligatorie, dove forse c’è qualcosina da mettere a punto”.
Aggiungiamo noi che forse sarebbe il caso che le regole sulle dotazioni di sicurezza fossero pensate e decise proprio da un gruppo di marinai come quelli descritti da Giorgio Benussi. Di sicuro la bussola obbligatoria sarebbe della dimensione appropriata.
Complimenti e hurrà all’equipaggio di B2: dall’armatore Michele Galli, a Francesco De Angelis (che non ha bisogno di presentazioni, e che ultimamente pare rigenerato e voglioso di mostrare i vecchi valori e talenti da velista puro), Lorenzo Bodini (ex olimpico del Tornado), Giorgio Benussi, Nacho Postigo (il navigatore spagnolo), Lorenzo Mazza (l’italiano con più coppa America di chiunque, anche vinta), Romolo Ranieri (ex Luna Rossa), Flavio Grassi (ex olimpico su FD e Soling), Marco Cuglianich, Jaime Arbones (il secondo spagnolo, unici due non italiani a bordo, prodiere con esperienza di Coppa su Desafio e di Volvo su Telefonica) e last but not least il giovane Michele Cannoni. Il quale è di fatto un talismano Middle: ne ha vinte quattro su cinque partecipazioni. Che sia lui la vera arma segreta del gruppo di marinai?
LA CLASSIFICA COMPLETA AGGIORNATA QUI
Romano Less (non verificato)
Anonimo (non verificato)