Storia | Regata > Vela Oceanica
18/12/2017 - 10:20
Oceani dell'altro mondo
Pendibene: auguri
in parole e video
Gli "auguri di buone feste" del marinaio toscano, con un bilancio della stagione e della Mini Transat riconquistata. Tra preparazione, gap, bomate, balene sfiorate, mezze scuffie, spirito marinaresco e "rosicate" sportive, grandi gioie e malinconie. Perchè è un grande risultato aver riportato la Marina italiana in oceano. E dove può portare il futuro - VIDEO
Riceviamo e pubblichiamo da Andrea Pendibene, il suo modo di fare gli auguri di buone feste a tutti gli appassionati e ai suoi fans. Che sono numerosi, lo possiamo dire avendo verificato come gli italiani sono stati seguiti nell'ultima Mini Transat. Col suo carattere e il suo spirito, la sua esperienza visto che da lunghi anni naviga e fa navigare, Andrea è un riferimento e un patrimonio per la giovane, acerba e contrastata vela oceanica italiana. Quello che scrive in questo bilancio contiene spunti importanti per tutti. Di certo c'è spazio per una "via Pendibene" all'oceano. Buone feste anche a lui.
di Andrea Pendibene
Sto' a poco a poco tornando sulla terra mentalmente dopo che il mio corpo ha tagliato la linea di arrivo a Le Marin (Caraibi) di questa folle gara partita da La Rochelle (Francia) con uno stopover in Gran Canaria (Canarie-Spagna). Sono contentissimo di aver chiuso questo progetto ambiziosissimo assieme a Marina Militare per riportare lo Sport Velico nelle competizioni oceaniche di alto livello (La Minitransat e' riservata ai migliori 80 skipper al mondo), in solitario e senza assistenza. Anche il 20mo posto in classifica generale, considerati i presupposti di partenza e le risorse finanziarie rese disponibili dalla MMI, da un consorzio di sponsor e dalle nostre famiglia deve essere considerato un grande risultato tecnico, umano, sportivo.
Ricordo con piacere che giorno 7 novembre ero 18mo nella seconda tappa e sono stato superato solo dai concorrenti che potevano disporre di migliori assetti vela per quel particolare tipo di andatura provati e riprovati in mesi di duro allenamento nei centri bretoni rifiniti dalla partecipazione a tutte le regate nordiche incluso le durissime Fastnet e Azzorre. Complimenti a loro da li dobbiamo ricominciare...
Le vele di Pegaso sono state provate solo qualche giorno prima della partenza. erano bellissime con i loghi e il tricolore ma soprattutto affidabili. Il lungo lavoro di ricerca della massima affidabilita' e' terminato a La Rochelle ma iniziato nel 2015 appoggiandosi alle basi veliche della Marina di Cagliari e La Spezia. Proprio a Cagliari, al suo maestrale, ai consigli dei migliori sportivi e tecnici cagliaritani abbiamo iniziato i primi interventi assieme al cantiere Structures intervenuto sul posto e in seguito al disalberamento avvenuto a Finisterre di un nuovo profilo differente unitamente a vele dal disegno planante.
Credo anche che l'aver inserito il gate obbligatorio di Capo verde da parte della organizzazione la sera prima dello start mi ha penalizzato non poco, nel senso che mi ha costretto ad andature per le quali il mio assetto velico non era proprio ottimale Il Mini e' come una Formula 1, ogni minima variazione di un qualunque parametro altera totalmente la prestazione generale e se in gara sbagli la mescola delle gomme o il timing del pit stop...
Nessun rimpianto, io e MMI abbiamo preparato Pegaso, con la collaborazione stretta delle strutture arsenalizie, il consulting dei migliori specialisti della nautica mondiale per strutture, impianti, elettronica, etc, ma siamo stati costretti a rinunciare a qualche regata di test in condizioni similari a quelle della Transat per avere Pegaso al top della affidabilita' per arrivare in fondo e non avevamo affatto dati sulle performance alle varie andature. Peraltro l'organizzazione impone che non si possano modificare assetti dallo start all finish line. Inoltre solo i pezzi di ricambio imbarcati e dichiarati ai giudici alla start sono ammessi. Ogni cambio/sostituzione di pezzo che modifica questa configurazione di assetto originale fa scattare penalita' pesanti che aggiungono ore su tempo di gara...
Per evitare questo e' stato deciso di imbarcare su Pegaso una box spare kit ragionata sulla base della esperienza e delle statistiche di rotture che, se da un lato garantiva la possibilita' di riparare in mare eventuali avarie, dall'altro aveva il suo peso non trascurabile e avere un peso tale su un Mini, ... equivale a correre con un Handicap...! Beh vedere gente partire con barche leggerissime con l'idea poi in caso di fermarsi al porto di Mindello con gia' eventuali shore team pre allertati e con pezzi gia' predisposti in base all'avaria occorsa... mi ha deluso.
Mi spiace dirlo chiaramente ma l'obbligo di passare dal gate, ha, di fatto, consentito a molti di prevedere di entrare in porto in caso di avaria con una perdita stimata di circa 40-50 minuti su allungamento rotta. Senza questo gate chi avesse subito avarie sarebbe stato invece costretto ad allungare la rotta per raggiungere l'approdo di almeno 250/300 miglia quindi 2-3 gg di navigazione e altrettanti per rientrare in gara. Nessuna polemica nè rimpianto, ma se aggiungiamo che e' vietato da regolamento cambiare pezzi ma nessuno della organizzazione era sul posto a controllare... qualcuno direbbe le solite cose alla "volemosi bene" in un campionato del mondo, mah.
Comunque io e Pegaso abbiamo fatto la nostra gara, ragionata, prudente e pulita. Con il senno di poi in alcuni casi forse troppo prudente ma, considerato che l'obiettivo era arrivare in Martinica e senza mai fermarsi, imponeva una condotta da marinai con la testa sulle spalle e con un feeling via via crescente del binomio barca skipper. Dopo Capo Verde qualcosa in termini di velocita' di punta non andava ma ho dato tutto e oltre senza mai esagerare o chiedere troppo a Pegaso perche' l'oceano non perdona come il Mediterraneo, qui l'errore si paga caro e in mezzo alla sua vastita' ci vuole sempre rispetto.
Come detto questo gap di velocita' (stimato in 0,3 nodi e confermato al tracking) sarebbe emerso in uno di quei test sulle varie andature e con vari giochi di vele che avremmo dovuto condurre per valutare le performance e disporre dei dati relativi in regata. Cio' non toglie che le mie belle sgasate le ho date, il mio spi grande dopo il Senegal l'ho chiamato Frankestein per la cicatrice, il mio pilota andato in corto dopo capo verde per una straorza che mi ha steso come fossi un laser mentre facevo il fenomeno con lo spi e randa piena quando non dovevo e ha bagnato la centralina o una balena che dormiva sulla mia rotta sfiorata a meno di 3 metri che mi ha fatto letteralmente piangere di gioia per il disastro potenziale evitato, una bomata di quelle in una strambata involontaria che un frontale a 80kmh era un gioco e alla fine pure un pesce volante che mi entra in cabina praticamente dentro il fornello da liofilizzati che ha rischiato di diventare carpaggio in tempo zero... insomma i video illustreranno delle gag degne di Mr. Bean!
Ora che vedo la classifica mi rendo conto che un 20mo posto in generale mi soddisfa, era il nostro target. Con un pizzico di buona sorte e forse senza il gate di Capo Verde poteva essere un 15 o 16... Con Marina Militare e tutti i partner abbiamo fatto una gara da marinai veri, rispettando le regole e le leggi del mare al 100% quindi mi ritengo soddisfatto umanamente e come militare.
Non nascondo che lo sportivo che ho dentro di me "rosica", sente che con questa barca si puo' fare di piu', ma... ci vuole saggezza, calma e pianificazione per fare bene! Martinica non e' un traguardo ma un punto da cui ripartire per lanciare nuove sfide con l'acquista consapevolezza che il mezzo c'e', lo skipper pure e si puo' quindi ambire al top e imparare con umilta' a lavorare in Squadra, fare sinergia e unire le professionalita' di tutti perche', anche con mezzi inferiori, ma con il cuore, con l'entusiasmo e con la determinazione si possono inseguire e raggiungere traguardi apparentemente impossibili.
In Spagna, Francia, Inghilterra hanno grandi accademie di specializzazione della vela in solitario, ho avuto la fortuna di frequentarle e sono cresciuto tanto. Ora la mia esperienza mi dice che l'Italia è pronta per creare un suo centro, abbiamo un mare cattivissimo d'inverno ma navigabile, abbiamo grandi personaggi di esperienza e grandi capacita' ma soprattutto abbiamo fame di dimostrare che possiamo fare bene.
Inutile negare l'evidenza: ancor prima di coach e specialisti serve tornare indietro alla base di tutti gli sport terrestri o acquatici, serve fare ore in mare fino a che le braccia sono piene di acido lattico e le mani spaccate dalle scotte, serve smontare la barca pezzo pezzo per conoscerla e saperci mettere le mani in gara, serve che il maestrale della Sardegna o il libeccio della Toscana (generosi di onde e vento come l'oceano) "frullino" le nostre barchette e le nostre cerate giorno dopo giorno senza complessi...
Ora si pensa a smontare Pegaso883, un lavoro da non sottovalutare per controllare i pezzi dopo lo stress di 5000 miglia cui sono stati sottoposti ma anche minimizzare i rischi di rottura di un viaggio di ritorno in Europa prima sul cargo e poi su camion. Sono fiducioso, faro' un debriefing degli ultimi 2 anni e poi valuteremo con i miei Capi Sportivi e militari il prosieguo. Nulla e' scontato anche tornare in mare sara' una vittoria ma stavolta con la consapevolezza che preparandosi per bene con tante ore in mare di allenamento possiamo "vendere cara la pellaccia".
Auguri a tutti di buone feste e un 2018 sul mare!
Video di Paolo De Trane
Italo (non verificato)