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24/11/2010 - 20:55

TRA UN MESE L'ANNUNCIO DELLA SEDE 2013. E INTANTO A DUBAI...

La Coppa America
logora chi non la fa

Sfido, non sfido, sfido... La XXXIV America's Cup non lascia indifferenti. C'è chi si ritira per ripicca  e chi proprio non ce la fa. Ma ci sarà sempre qualcuno pronto a tutto per lanciare una sfida. Iain Murray (AUS), è a capo dell'organizzazione. E suona la carica


Sfido, non sfido, sfido... Piace, non piace, fa discutere. Fa nascere fazioni, favorevoli e contrarie, che innalzano vessilli e si confrontano a forza di slogan. Colleziona persino profezie: sulla sua crisi, sulla sua fine, da tanti novelli Nostradamus in penna e cerata. Ma indifferenti no, non lascia proprio nessuno. Ed è inutile chiedersi perché: l'America's Cup resta sempre la Coppa America. Unica, inimitabile, inarrivabile, il trofeo sportivo più antico della storia (trent'anni più vecchia di The Ashes, la mitica sfida Inghilterra-Australia a Cricket; quarant'anni più della leggendaria Stanley Cup di Hockey su ghiaccio in America; e cinquant'anni più dei Giochi Olimpici moderni, partiti nel 1896), la Coppa America di vela è stata nel suo secolo e mezzo di vita il paradigma stesso della sfida senza limiti per conquistare un simbolo di immortalità.
 
L'America's Cup dell'Isola di Wight, l'America's Cup dei 132 anni di difese a Newport, di Lipton, Bich, Turner, l'America's Cup di Dennis Conner e delle alette di Australia II, la nostra America's Cup di Azzurra, Il Moro di Venezia, Luna Rossa, Mascalzone Latino, +39 Challenge, l'America's Cup del popolo neozelandese, l'America's Cup di Alinghi, del Mediterraneo, di Valencia, l'America's Cup di Larry e Ernesto, dei tribunali e dei multiscafi mostruosi. Da che Coppa è Coppa, non c'è limite alla fantasia, agli sforzi e agli investimenti profusi da una lista infinita di grandi uomini, diversissimi eppure legati dallo stesso sogno, al solo scopo di mettere le proprie mani sul trofeo d'argento di Garrard. Incidere il nome della propria barca su quel pezzo d'argento vale una vita. Questa pura essenza di Coppa resisterà, nessun progresso e nessun nuovo millennio potrà cancellarla. Ci sarà sempre, da qualche parte nel pianeta, un uomo, una squadra, una comunità, pronta a cambiare la propria vita per averla.
 
Alan Bond, Dennis Conner, Peter Blake, Ernesto Bertarelli, Larry Ellison sono gli ultimi che ce l'hanno fatta. E la lista di tutti gli altri, dei "secondi che non ci sono", è ancor più impressionante compresi alcuni tra quelli più vicini a noi, Cino Ricci, Raul Gardini, Patrizio Bertelli, Vincenzo Onorato... Per non parlare dei grandi velisti, marinai, ingegneri, progettisti, sognatori, visionari. Anche Bruno Troublé è tra questi personaggi, timoniere del Barone Bich e poi gran cerimoniere di Louis Vuitton. La Coppa non l'ha vinta ma l'ha vissuta più intensamente (e da vicino) di tutti.
 
Chi discute la Coppa America di oggi, o se volete la XXXIV America's Cup, in programma per l'anno 2013? E perché? Gli inglesi che avevano allestito un dream-team di campioni olimpici (la vela dove eccellono) hanno sbandierato la loro rinuncia. Peter Gilmour, che organizza il circuito internazionale del Match Race, sconsiglia eventuali connazionali australiani dal provarci. Gli spagnoli sono arrabbiati perché molto probabilmente Valencia non sarà più la sede della Coppa (ma si consoleranno comunque con Alicante per la Volvo Ocean Race). E tra i molti (troppi) italiani che si erano detti interessati, qualche sdegnato rifiuto è più duro da digerire (come Luna Rossa, soprattutto per quello che ha significato in passato), mentre altri suonano come banali ripicche.
 
Nell'era dell'informazione, la sensazione che a volte siano più alcune correnti mediatiche a creare il gelo intorno alla Coppa. Impresa impossibile. E' vero che potranno venire a noia i circuiti ripetitivi con i catamarani "piccoli" della classe AC45, in potenziale clash con la formula simile degli Extreme 40 (che l'ala rigida dei primi rischierà di far invecchiare di colpo); è vero che i costi per partecipare sono alti, che BMW Oracle ha un vantaggio tecnico sui multiscafi e sulla wingsail (ma quante sorprese ci aspettano); è vero che c'è ancora una diffusa crisi economica mondiale, e che persino nella baia di San Francisco si interrogano se valga la pena ospitare l'evento. E' tutto vero. Ma state certi che ancora una volta, da qualche parte, qualcuno guarderà un video o una foto o vedrà dal vivo l'America's Cup, leggerà quelle incisioni sull'argento e sentirà il bisogno di provarci. Sfidare il defender. Conquistare la storia.
 
In questi giorni a Dubai tanti pezzi di storia della Coppa America (il trofeo stesso, in mostra nella sua teca, le barche della gloriosa ACC5, Troublé, Russell Coutts, Paul Cayard, e compagnia bella) si incontrano e tra un match e l'altro approfondiscono la road-map verso la XXXIV edizione. Iain Murray, l'australiano che viene dalla vela olimpica ed è il capo di AC Race Management (quanta strada dal Michel Bonnefous di Bertarelli) riunisce i suoi e suona la carica. I primi AC45 stanno per essere varati in Nuova Zelanda, e soprattutto entro l'anno si saprà la località della Coppa 2013. Mentre fioccano indiscrezioni e candidature per le sedi delle tappe di avvicinamento, per le quali si parla sempre molto di Italia (Roma, Cagliari, La Maddalena, Trapani). Poi tra un po' spunteranno fuori i primi progetti per i grandi AC72, le varie versioni di wingsail (sempre più vicine alle applicazioni su barche da diporto), i colori, i nomi delle barche. La Coppa non morirà mai. Se lo stampino bene in testa tutti i menagrami di oggi e di domani. La Coppa America logora chi non la fa.
 



Commenti

Lamberto (non verificato)

Ben detto Fabio! Solo il tempo dirà se Russel ha avuto ragione o no con le sue "visioni", ma la sensazione è che veda davvero un po' più avanti dei suoi contemporanei
Dopo Sir Keith Mills (TeamOrigin, GBR), anche Ernesto Bertarelli (Alinghi) ha annunciato che non sfiderà per la prossima Coppa America. Un annuncio non certo inaspettato: era scritto che Alinghi non corresse la Coppa America di Larry Ellison, dopo tutto quello che è successo. In fondo questa decisione va nel senso di quanto scritto nel nostro articolo: la Coppa non morirà perchè ci sarà sempre qualcuno pronto a fare follie per conquistarla. Bertarelli quelle follie le ha fatte e la Coppa l'ha conquistata. Una volta vinta, una volta scritto il famoso nome sull'argento, le motivazioni non possono più essere le stesse. E quindi, adieu Alinghi. O forse au-revoire. Peccato vedere un "Alinghetto" sui cat Extreme 40 a vele tradizionali, mentre per la coppa si sfideranno sui mostri ad ala rigida.

Anonimo (non verificato)

direi che sono daccodo con questo articolo leggo in giro di queste rinunce di alcuni team, e addirittura leggo critiche perchè la coppa america costerebbe troppo? bella scoperta! se non avete i soldi fate altre regate invece della coppa america. E' sempre stato così da duecento anni, nessuno si scandalizza, la vela è piena di regate è impossibile criticare la coppa america perchè costa troppo: entrereste in un negozio di gioielli per dire che un collier è troppo costoso?