Storia | Regata > Vela Oceanica
10/01/2014 - 14:58
Il testo della intervista sulla nostra tv, al manager che sta cambiando il giro del mondo
Il testo della intervista sulla nostra tv, al manager che sta cambiando il giro del mondo
Knut Frostad
raccontiamo storie
raccontiamo storie
Il testo dell'intervista video trasmessa in due parti sulla webtv di Saily (e su Repubblica.it). Idee e ritratto inedito del manager che sta cambiando la seconda regata più importante della vela: il giro del mondo in equipaggio Volvo Ocean Race. Da leggere e da vedere
di Fabio Colivicchi
Il giro del mondo a vela in equipaggio è una regata mitica, quasi leggendaria, che ha compiuto di recente 40 anni. Qual è secondo il suo attuale direttore, la funzione e il ruolo di guida di questa regata per tutto il mondo della vela?
KNUT FROSTAD - Io penso che noi dobbiamo cercare di essere uno specchio della vela d’altomare. Abbiamo anche il compito, quasi il dovere, di spingere in avanti i limiti, e l’intera strategia della vela oceanica, perché non possiamo restare oggi gli stessi che eravamo 20 anni fa. Dobbiamo evolverci. E ci piace l’idea di essere davanti, e guidare questo cambiamento.
Io penso che tutta la vela, più in generale, stia cambiando. Questi sono tempi interessanti per la vela: i modelli che questo sport ha seguito a livello professionale, non sono più validi… Costi troppo elevati, attenzione eccessiva a questioni tecnologiche che non entusiasmano il grosso del pubblico. Oggi dobbiamo concentrarci sulle persone. Concentrarci su chi sarà in regata intorno al mondo, piuttosto che su quali barche…
Credo che Giovanni, Giovanni Soldini, sia un perfetto esempio di questo. Ricordo che abbiamo lavorato insieme prima dell’ultima edizione, cercando le risorse per una partecipazione italiana. Lui è ancora di gran lunga il velista più famoso in Italia, e questo non ha nulla a che fare con le sue barche, riguarda solo lui, e la sua personalità. E questo è il momento in cui dobbiamo “catturare” pubblico al di fuori dello sport della vela, gente che è interessata a Giovanni, e non al fatto che navighi su un 50 piedi, o un 65 o un 70 piedi, o del materiale con il quale la barca è costruita, se vola, fa foiling, o altri elementi che interessano solo il ristretto mondo velico…
Nella vela d’altomare abbiamo due categorie distinte: da un lato le regate in equipaggio, come la Volvo Ocean Race, e dall’altro le regate in solitario come il Vendée Globe. Il Vendée è stato migliore di noi, nel raccontare storie e persone, anche perché è un po’ più facile, giacchè a bordo c’è una sola persona… è possibile lavorare su una persona più facilmente, piuttosto che avere dieci o otto persone di equipaggio delle quali parlare.
Penso anche che la Volvo Ocean Race sia stata maggiormente influenzata dalla Coppa America, piuttosto che dal Vendée Globe negli ultimi 15 o 20 anni.
Quello che vogliamo fare adesso, e quello che vedremo di differente nella prossima edizione della regata, sarà un’attenzione molto più forte alle persone, perché in definitiva la regata è un confronto tra un gruppo di persone e su come riescono a lavorare insieme sugli oceani.
Adesso, con le barche tutte uguali, non ci sarà più tanto da parlare su quale sia la barca più veloce, e molto di più su quali sono i migliori velisti oceanici del mondo.
Per me una storia di vela oceanica è una grande storia di uomini, perché per eccellere devi essere straordinario in tutto: devi essere un grande velista e marinaio, un bravo leader, un ottimo meteorologo, un attrezzista, un uomo squadra, una specie di maestro in molte cose. E questo, molto spesso, significa: personalità interessanti. Come Giovanni… lui è un personaggio.
Ecco, ciò che io vorrei per la Volvo Ocean Race 2014-2015 è che veramente le storie fossero portate in copertina. Portare storie, di personaggi veramente affascinanti.
Seguendo un trend già in atto, pensi che vedremo più velisti dalle classi olimpiche a bordo di qualche team alla prossima Volvo?
KNUT FROSTAD – Personalmente mi auguro possano esserci velisti con ogni tipo di esperienze. Penso che la ragione nel vedere parecchi velisti olimpici su barche Volvo stia nel fatto che la vela olimpica oggi è diventata molto professionale. Se confronti un velista con carriera olimpica e uno con un background più “normale” di vela d’altura, noti che gli olimpici hanno imparato a lavorare su se stessi in modo professionale.
Abbiamo seguito la selezioni del team femminile SCA. Stanno guardando e confrontando un gran numero di veliste… e le veliste olimpiche sono risultate molto forti, …perché hanno questa mentalità professionale, di sapere quanto devono allenarsi, quanto spingere, sanno dedicarsi totalmente. Questo è il punto. Anch’io ho fatto un po’ di vela olimpica da giovane, e posso dire che la vela olimpica e la vela oceanica sono molto, molto differenti…
Le nuove barche monotipo, i Volvo Ocean 65: come cambia la regata e cosa serve per vincere il giro del mondo su un One Design
KNUT FROSTAD – Penso che il giro del mondo cambierà moltissimo. Finora gran parte del gioco sin dall’inizio è stata la capacità di assicurarsi la barca più veloce… e ogni edizione è stata vinta dal team che aveva la barca più veloce. Non necessariamente il miglior equipaggio di velisti a bordo, ma di sicuro il miglior team in grado di sviluppare la barca più veloce, magari grazie a migliori budget o a programmi più lunghi, o progettisti più bravi… Adesso abbiamo completamente rimosso questa parte, completamente…
Perciò… credo che cambierà il lavoro dei velisti, cambieranno gli aspetti commerciali, e parecchio… perché per gli sponsor adesso il bilanciamento tra costi e rischi è completamente differente. Spenderanno meno soldi, e avranno meno rischi… e quando penso ai rischi non intendo solo che una barca possa rompersi, ma anche che una barca possa risultare lenta. Per uno sponsor questo significa entrare in una competizione sapendo di avere una barca troppo lenta, e quindi senza possibilità. A uno sponsor questo non piace. E’ un po’ quanto è successo a Prada in Coppa America, quando hanno realizzato, dopo un giorno, di essere più lenti di Team New Zealand: gli uomini del marketing in questo caso non possono farci niente.
Spero anche, e questo è molto importante per me, che le barche siano migliori. E ciò che intendo è che siano imbarcazioni adatte a navigare intorno al mondo “meglio” di quelle che abbiamo avuto prima. E penso che le barche che abbiamo visto nell’ultima edizione, o anche nelle ultime tre edizioni, non erano veramente buone barche: penso che fossero veloci, ma troppo fragili.
E’ una tendenza che si vede in altri settori della vela oceanica, dove si sviluppano barche che non sono realmente sicure per navigazioni estreme. E questo non va bene Non credo che questo significhi necessariamente uno sviluppo positivo per il nostro sport. Ci sono delle differenze da considerare. Sento alcuni che dicono: “Oh, è buono che ci sia qualche incidente, che alcune barche si rompano… avviene nelle gare di automobilismo e motociclismo…” Ma se guardiamo alla Formula 1, gli incidenti sono diminuiti drasticamente, perché sono molto più attenti sul fronte della sicurezza, e le conseguenze di un incidente in Formula 1 cominciano a essere meno gravi, forse qualche ferita, e comunque è l’evento di un weekend… Se si rompe una barca al Vendée Globe o alla Volvo Ocean Race, è “game over”, partita finita.
Per questo credo sia utile per lo sport, lo sviluppo di barche veloci ma forti, e sono sicuro che il one design è il modo migliore per un cambiamento immediato, in questa direzione.
Quanto a cosa serve per vincere in One Design… Stanno già studiando. Si sa che si può essere più veloci di un altro team anche su monotipi, è una questione di conoscenza della barca e come portarla. Anche nelle classi olimpiche, Robert Scheidt è più veloce degli avversari in Laser, così i migliori in altre classi, o Ben Aisnlie sul Finn è più veloce, eppure le barche sono uguali. Quindi, bisogna imparare molto sulle barche, e questo lavoro è tutto fatto dalle persone…
Prevedo anche che una delle aree chiave, attualmente sottostimata, sarà la navigazione, perché finora la gente alla Volvo si è sempre concentrata sulle prestazioni delle barche, per tanti anni tutto l’impegno era sulla velocità della barca. Alla fine se riuscivi ad avere la barca più veloce, tutto quello che dovevi fare era stare davanti al resto della flotta, marcarli da davanti, e vincere, perché basta vincere per 1 minuto, non servono 10 giorni.
Adesso, con la barche uguali per tutti, nessuno può avere certezze assolute. Controllare può non essere sufficiente per vincere. Occorre essere più concentrati sulla strategia giusta, e avendo meno gente a bordo questo sarà interessante.
Penso anche che sarà molto impegnativa fisicamente, molto dura, perché 8 persone dovranno gestire barche molto potenti con forze in gioco alte, e secondo i turni saranno 3 o 4 persone sul ponte, qualche volta 5, ma qualcuno deve dormire, qualcun altro deve navigare, alla fine ti trovi con 5 persone a gestire barche molto potenti, sarà una componente importante…
Quello che mi aspetto, alla partenza da Alicante, è vedere uscire le barche alla partenza con velocità identiche. E queste prestazioni simili si avranno per 9 mesi, la squadra è importante: tenere insieme, unito, il team per 9 mesi è molto difficile. E questa per me è una delle storie più affascinanti da scoprire.
Quanti iscritti ti aspetti, e se credi ci sia un numero minimo o massimi “fisiologico” di team partecipanti.
KNUT FROSTAD – Non abbiamo un minimo, ma certo non vogliamo meno barche dell’ultima edizione, quando abbiamo avuto 6 barche, il numero più basso di sempre… Noi vogliamo più barche di quel numero. Quindi per me 7 è il minimo… e… credo che 8 sia vicino al massimo, abbiamo questa piccola “forchetta”. La ragione per cui è il massimo è semplice, perché è impossibile per noi costruire più barche in tempo. Potremmo costruire barca 9 e 10, fisicamente è possibile, ma… le barche sarebbero consegnate troppo tardi, non credo che ci siano buone chanche che uno sponsor decida di appoggiare una barca cha avrà solo un mese prima della partenza, penso ci siano scarse possibilità che ciò accada.
Sapevamo questo, quando abbiamo avviato il progetto One Design, conoscevamo la complessità di avere tante barche in un periodo breve di appena due anni. Normalmente, per costruire uno dei Volvo Open 70 precedenti, erano necessari 9 mesi. E adesso noi stiamo costruendo in quattro cantieri coordinati tutti da Persico in Italia. Attualmente Persico è il “collo di bottiglia” della produzione, non perché siano lenti, ma perché da loro si costruisce la parte più grande di ogni barca, lo scafo, che richiede la maggior parte del tempo, e comunque non potrebbero andare più veloci di quanto stanno facendo, stanno già costruendo alla velocità massima. Questa è una delle nostre sfide più delicate, quindi ripeto, mi aspetto di avere 7 barche al via, sarei felice con 7 barche nell’attuale situazione economica. Nell’ultima edizione solo 5 barche furono costruite, e una era più vecchia. Costruiremmo due barche in più dell’edizione precedente, e con team molto forti… Se arrivassimo a 8 sarebbe fantastico, ma sarò soddisfatto con 7.
La vela italiana sta crescendo ed è ai vertici in molti settori, siamo in Coppa America, abbiamo molti navigatori oceanici emergenti in solitario, i nostri equipaggio sono vincenti nelle classi monotipo, nell’altura, in qualche classe olimpica. Perché allora sembra che non siamo in grado di mettere insieme un team per la Volvo Ocean Race?
KNUT FROSTAD – Credo che la sfida più grande per l’Italia, e non solo per l’Italia, sia la mancanza delle persone che sappiano come mettere insieme un progetto di questo tipo. Non mi riferisco all’aspetto velico, ma a quello commerciale... Questa è la sfida, ed è la stessa per tutta la vela, vale per la Coppa America: ci sono molti paesi e molti team che vorrebbero fare la Coppa America, ma pochissime persone che sappiano davvero come vendere il progetto agli sponsor, gestire il progetto a livello commerciale. Pochissime persone.
Penso ai vecchi tempi, quando avete avuto Guido Maisto e l’equipaggio di Brooksfield, essi erano migliori delle attuali generazioni. Ce l’hanno fatta, in una edizione con Grant Dalton, molto bravo, Dennis Conner molto forte.
Nella Volvo Ocean Race abbiamo un gruppo di persone che hanno accumulato enorme esperienza facendo e rifacendo il giro. I ragazzi che sono oggi dietro al team SCA, erano gli stessi che hanno fatto Ericsson, Assa Abloy, EF Language, molte campagne… Lo stesso Grant Dalton è tornato varie volte, ogni volta con nuovi team e nuovi sponsor; in Spagna Pedro Campos ha fatto lo stesso: lui sapeva gestire la parte economica di un team.
Persino in questa edizione, ho controllato stamattina, abbiamo sul tavolo 6 progetti italiani, quindi ci sono tentativi in atto. Il problema come detto non sono i velisti bravi, il problema è che non c’è chi sappia come convincere una società italiana a sponsorizzare. Questo è un grande lavoro da fare, il più importante! Peter Blake ripeteva che “il lavoro più grande è riuscire ad arrivare sulla linea di partenza, non arrivare al traguardo”.
Ho parlato qualche settimana fa in Oman con Carlo Croce, proprio su questo argomento. Lui è stato coinvolto nel tentativo di Soldini, e oggi egli stesso riconosce l’importanza di questa sfida per lo sport e per l’Italia. E io penso che bisogna trovare nuove persone in Italia, giovani, che abbiano un background commerciale, magari studi economici, e prepararli e lavorare con essi. Perché, come hai detto tu, ci sono molti velisti oceanici italiani in varie classi, Mini, Class 40, barche più piccole, i velisti non mancano certo all’Italia.
Non c’è ragione per cui una società spagnola debba scegliere di partecipare alla regata e una italiana no. Perché la vela è più popolare in Italia che in Spagna.
Quali pensi siano i valori, velici, sportivi e umani, che la Volvo Ocean Race rappresenta nel mondo, quali sono i paesi nei quali questi valori sono più compresi, accettati e diffusi, e perché?
KNUT FROSTAD – Credo che la Volvo Ocean Race porti con se molti differenti valori, e che alcuni paesi promuovano di più certi valori, mentre altri paesi guardano ad altri valori. Penso comunque che la cosa più importante sia l’estrema competizione tra persone che pronte a grandi sacrifici per farcela: sacrificano la famiglia, una vita normale, perché dormono in condizioni terribili, mangiano cibo orrendo, e fanno tutto ciò per vincere. Per questo un valore di sempre è una storia umana che racconta: avventura e superamento dei limiti.
Poi c’è il fatto che si tratta di una “storia globale”, davvero internazionale, perché il giro del mondo visita 10 paesi in tutti i continenti, abbiamo velisti di ogni parte del mondo in regata… E questa è una delle grandi storie di sport, che non ha barriere politiche o religiose. Non importa se siamo in un paese mussulmano come Abu Dhabi, o se siamo in Cina, o nell’India buddista, oppure in pesi cristiani o cattolici. Questo non fa differenza, e alla gente piace sentire questo clima di competizione globale, nella quale ciascuno è uguale e lotta per lo stesso obiettivo finale…
Faccio un esempio: ero ad Amsterdam in Olanda, dove la regata è molto popolare… e per loro si tratta di una sfida al mare fatta da marinai olandesi. Hanno una lunga storia in Olanda, una storia importante nella nostra regata, la seconda e terza edizione fu vinta da un equipaggio olandese, su barche chiamate Flyer, ed essi ancora lo ricordano, ne sono orgogliosi, è una grande storia per l’Olanda.
E lo stesso vale per la Nuova Zelanda, dove hanno una lunga tradizione di sfide agli oceani come nazione; in Francia si tratta più di una questione che riguarda la sfida dell’individuo alla natura, del marinaio impavido, cose così. In Brasile, amano tutto ciò che è “pazzo”, essi adorano la regata, abbiamo un sacco di fans Brasile, che pensano sia fantastico vedere gente fare imprese del genere, non sono molto attratti dalla storia dell’evento, quanto dal fatto che l’evento stesso arrivi in Brasile. E infine in Cina è una cosa nuova, per i cinesi è motivo d’orgoglio che qualche velista cinese partecipi, è la prova che essi possono avvicinarsi a cose che non conoscono, e farle proprie.
I paesi più forti che abbiamo sono: la Svezia e l’Olanda, la Nuova Zelanda e il Brasile. La Francia con qualche eccezione, nel senso che in Francia c’è un’attenzione più grande verso i velisti solitari, ma la vela oceanica in Francia è più forte di qualunque altra vela.
Se potessi scegliere un velista famoso per la prossima Volvo Ocean Race, chi vorresti che fosse?
KNUT FROSTAD - Se potessi individuare qualcuno, nella mia posizione, sarei sfacciatamente egoista e sceglierei qualcuno estremamente bravo a comunicare; e in cima alla mia lista metterei Loick Peyron, credo sia un fantastico comunicatore!
Vedrei assai bene anche Grant Dalton, per la stessa ragione.
Credo anche che Giovanni Soldini, a sua volta, potrebbe essere un’ottima scelta. La gente a volte lo prende per pazzo, ma è un ottimo comunicatore, parla con il cuore, dice ciò che ritiene giusto dire. Ancora dalla Francia mi piace molto Michel Desjoyeaux, bella persona, diverso da Loick, ma altrettanto bravo a comunicare.
Knut, oggi sei un manager della vela, ma hai un passato da ottimo velista, anche al giro del mondo. Vogliamo sapere su quali barche veleggi nel tempo libero.
KNUT FROSTAD – Purtroppo non faccio tanta vela recentemente, è questo è un po’ imbarazzante. Possiedo un piccolo catamarano, un Formula 18, ho fatto due regate in un anno… E poi ho un windsurf. Mi piace la vela sui catamarani, anche se sono un po’ troppo pesante, trovo sia un grandissimo divertimento.
Il sogno di Knut Frostad per il futuro.
KNUT FROSTAD – Il mio sogno attuale, per il futuro, riguarda l’enorme cambiamento in atto nella vela. Un cambiamento che sta rendendo il nostro sport molto più accessibile, alla gente. Penso che purtroppo finora abbiamo seguito una strada sbagliata con la vela, la quale è diventata sempre più costosa, più complessa, più tecnologica, alla fine “impossibile” da praticare per gente normale. Anni fa tanta gente amava praticare la vela con ogni tipo di barca, divertendosi molto, oggi noi con il foiling, o altre cose complesse stiamo allontanando la gente e rendendo la vela uno sport solo per iniziati.
Sogno anche che la vela inizi a costruire personalità più forti, e che noi diveniamo eccellenti nella capacità di raccontare belle storie. Questo è il mio sogno, perché abbiamo storie fantastiche.
Ricordo quanto è accaduto da voi, quando Giovanni Soldini salvò Isabelle Autissier: fu una delle più grandi storie di vela in Italia, da sempre. Era semplicemente una storia umana fantastica. E noi abbiamo ancora storie come quella, ma sono oggi coperte da altre storie e da nuove professionalità che dobbiamo sviluppare. Se faremo questa strada la vela avrà un grande futuro. Questo è il mio sogno, e l’altro è di avere un team italiano alla prossima Volvo Ocean Race!
di Fabio Colivicchi
Il giro del mondo a vela in equipaggio è una regata mitica, quasi leggendaria, che ha compiuto di recente 40 anni. Qual è secondo il suo attuale direttore, la funzione e il ruolo di guida di questa regata per tutto il mondo della vela?
KNUT FROSTAD - Io penso che noi dobbiamo cercare di essere uno specchio della vela d’altomare. Abbiamo anche il compito, quasi il dovere, di spingere in avanti i limiti, e l’intera strategia della vela oceanica, perché non possiamo restare oggi gli stessi che eravamo 20 anni fa. Dobbiamo evolverci. E ci piace l’idea di essere davanti, e guidare questo cambiamento.
Io penso che tutta la vela, più in generale, stia cambiando. Questi sono tempi interessanti per la vela: i modelli che questo sport ha seguito a livello professionale, non sono più validi… Costi troppo elevati, attenzione eccessiva a questioni tecnologiche che non entusiasmano il grosso del pubblico. Oggi dobbiamo concentrarci sulle persone. Concentrarci su chi sarà in regata intorno al mondo, piuttosto che su quali barche…
Credo che Giovanni, Giovanni Soldini, sia un perfetto esempio di questo. Ricordo che abbiamo lavorato insieme prima dell’ultima edizione, cercando le risorse per una partecipazione italiana. Lui è ancora di gran lunga il velista più famoso in Italia, e questo non ha nulla a che fare con le sue barche, riguarda solo lui, e la sua personalità. E questo è il momento in cui dobbiamo “catturare” pubblico al di fuori dello sport della vela, gente che è interessata a Giovanni, e non al fatto che navighi su un 50 piedi, o un 65 o un 70 piedi, o del materiale con il quale la barca è costruita, se vola, fa foiling, o altri elementi che interessano solo il ristretto mondo velico…
Nella vela d’altomare abbiamo due categorie distinte: da un lato le regate in equipaggio, come la Volvo Ocean Race, e dall’altro le regate in solitario come il Vendée Globe. Il Vendée è stato migliore di noi, nel raccontare storie e persone, anche perché è un po’ più facile, giacchè a bordo c’è una sola persona… è possibile lavorare su una persona più facilmente, piuttosto che avere dieci o otto persone di equipaggio delle quali parlare.
Penso anche che la Volvo Ocean Race sia stata maggiormente influenzata dalla Coppa America, piuttosto che dal Vendée Globe negli ultimi 15 o 20 anni.
Quello che vogliamo fare adesso, e quello che vedremo di differente nella prossima edizione della regata, sarà un’attenzione molto più forte alle persone, perché in definitiva la regata è un confronto tra un gruppo di persone e su come riescono a lavorare insieme sugli oceani.
Adesso, con le barche tutte uguali, non ci sarà più tanto da parlare su quale sia la barca più veloce, e molto di più su quali sono i migliori velisti oceanici del mondo.
Per me una storia di vela oceanica è una grande storia di uomini, perché per eccellere devi essere straordinario in tutto: devi essere un grande velista e marinaio, un bravo leader, un ottimo meteorologo, un attrezzista, un uomo squadra, una specie di maestro in molte cose. E questo, molto spesso, significa: personalità interessanti. Come Giovanni… lui è un personaggio.
Ecco, ciò che io vorrei per la Volvo Ocean Race 2014-2015 è che veramente le storie fossero portate in copertina. Portare storie, di personaggi veramente affascinanti.
Seguendo un trend già in atto, pensi che vedremo più velisti dalle classi olimpiche a bordo di qualche team alla prossima Volvo?
KNUT FROSTAD – Personalmente mi auguro possano esserci velisti con ogni tipo di esperienze. Penso che la ragione nel vedere parecchi velisti olimpici su barche Volvo stia nel fatto che la vela olimpica oggi è diventata molto professionale. Se confronti un velista con carriera olimpica e uno con un background più “normale” di vela d’altura, noti che gli olimpici hanno imparato a lavorare su se stessi in modo professionale.
Abbiamo seguito la selezioni del team femminile SCA. Stanno guardando e confrontando un gran numero di veliste… e le veliste olimpiche sono risultate molto forti, …perché hanno questa mentalità professionale, di sapere quanto devono allenarsi, quanto spingere, sanno dedicarsi totalmente. Questo è il punto. Anch’io ho fatto un po’ di vela olimpica da giovane, e posso dire che la vela olimpica e la vela oceanica sono molto, molto differenti…
Le nuove barche monotipo, i Volvo Ocean 65: come cambia la regata e cosa serve per vincere il giro del mondo su un One Design
KNUT FROSTAD – Penso che il giro del mondo cambierà moltissimo. Finora gran parte del gioco sin dall’inizio è stata la capacità di assicurarsi la barca più veloce… e ogni edizione è stata vinta dal team che aveva la barca più veloce. Non necessariamente il miglior equipaggio di velisti a bordo, ma di sicuro il miglior team in grado di sviluppare la barca più veloce, magari grazie a migliori budget o a programmi più lunghi, o progettisti più bravi… Adesso abbiamo completamente rimosso questa parte, completamente…
Perciò… credo che cambierà il lavoro dei velisti, cambieranno gli aspetti commerciali, e parecchio… perché per gli sponsor adesso il bilanciamento tra costi e rischi è completamente differente. Spenderanno meno soldi, e avranno meno rischi… e quando penso ai rischi non intendo solo che una barca possa rompersi, ma anche che una barca possa risultare lenta. Per uno sponsor questo significa entrare in una competizione sapendo di avere una barca troppo lenta, e quindi senza possibilità. A uno sponsor questo non piace. E’ un po’ quanto è successo a Prada in Coppa America, quando hanno realizzato, dopo un giorno, di essere più lenti di Team New Zealand: gli uomini del marketing in questo caso non possono farci niente.
Spero anche, e questo è molto importante per me, che le barche siano migliori. E ciò che intendo è che siano imbarcazioni adatte a navigare intorno al mondo “meglio” di quelle che abbiamo avuto prima. E penso che le barche che abbiamo visto nell’ultima edizione, o anche nelle ultime tre edizioni, non erano veramente buone barche: penso che fossero veloci, ma troppo fragili.
E’ una tendenza che si vede in altri settori della vela oceanica, dove si sviluppano barche che non sono realmente sicure per navigazioni estreme. E questo non va bene Non credo che questo significhi necessariamente uno sviluppo positivo per il nostro sport. Ci sono delle differenze da considerare. Sento alcuni che dicono: “Oh, è buono che ci sia qualche incidente, che alcune barche si rompano… avviene nelle gare di automobilismo e motociclismo…” Ma se guardiamo alla Formula 1, gli incidenti sono diminuiti drasticamente, perché sono molto più attenti sul fronte della sicurezza, e le conseguenze di un incidente in Formula 1 cominciano a essere meno gravi, forse qualche ferita, e comunque è l’evento di un weekend… Se si rompe una barca al Vendée Globe o alla Volvo Ocean Race, è “game over”, partita finita.
Per questo credo sia utile per lo sport, lo sviluppo di barche veloci ma forti, e sono sicuro che il one design è il modo migliore per un cambiamento immediato, in questa direzione.
Quanto a cosa serve per vincere in One Design… Stanno già studiando. Si sa che si può essere più veloci di un altro team anche su monotipi, è una questione di conoscenza della barca e come portarla. Anche nelle classi olimpiche, Robert Scheidt è più veloce degli avversari in Laser, così i migliori in altre classi, o Ben Aisnlie sul Finn è più veloce, eppure le barche sono uguali. Quindi, bisogna imparare molto sulle barche, e questo lavoro è tutto fatto dalle persone…
Prevedo anche che una delle aree chiave, attualmente sottostimata, sarà la navigazione, perché finora la gente alla Volvo si è sempre concentrata sulle prestazioni delle barche, per tanti anni tutto l’impegno era sulla velocità della barca. Alla fine se riuscivi ad avere la barca più veloce, tutto quello che dovevi fare era stare davanti al resto della flotta, marcarli da davanti, e vincere, perché basta vincere per 1 minuto, non servono 10 giorni.
Adesso, con la barche uguali per tutti, nessuno può avere certezze assolute. Controllare può non essere sufficiente per vincere. Occorre essere più concentrati sulla strategia giusta, e avendo meno gente a bordo questo sarà interessante.
Penso anche che sarà molto impegnativa fisicamente, molto dura, perché 8 persone dovranno gestire barche molto potenti con forze in gioco alte, e secondo i turni saranno 3 o 4 persone sul ponte, qualche volta 5, ma qualcuno deve dormire, qualcun altro deve navigare, alla fine ti trovi con 5 persone a gestire barche molto potenti, sarà una componente importante…
Quello che mi aspetto, alla partenza da Alicante, è vedere uscire le barche alla partenza con velocità identiche. E queste prestazioni simili si avranno per 9 mesi, la squadra è importante: tenere insieme, unito, il team per 9 mesi è molto difficile. E questa per me è una delle storie più affascinanti da scoprire.
Quanti iscritti ti aspetti, e se credi ci sia un numero minimo o massimi “fisiologico” di team partecipanti.
KNUT FROSTAD – Non abbiamo un minimo, ma certo non vogliamo meno barche dell’ultima edizione, quando abbiamo avuto 6 barche, il numero più basso di sempre… Noi vogliamo più barche di quel numero. Quindi per me 7 è il minimo… e… credo che 8 sia vicino al massimo, abbiamo questa piccola “forchetta”. La ragione per cui è il massimo è semplice, perché è impossibile per noi costruire più barche in tempo. Potremmo costruire barca 9 e 10, fisicamente è possibile, ma… le barche sarebbero consegnate troppo tardi, non credo che ci siano buone chanche che uno sponsor decida di appoggiare una barca cha avrà solo un mese prima della partenza, penso ci siano scarse possibilità che ciò accada.
Sapevamo questo, quando abbiamo avviato il progetto One Design, conoscevamo la complessità di avere tante barche in un periodo breve di appena due anni. Normalmente, per costruire uno dei Volvo Open 70 precedenti, erano necessari 9 mesi. E adesso noi stiamo costruendo in quattro cantieri coordinati tutti da Persico in Italia. Attualmente Persico è il “collo di bottiglia” della produzione, non perché siano lenti, ma perché da loro si costruisce la parte più grande di ogni barca, lo scafo, che richiede la maggior parte del tempo, e comunque non potrebbero andare più veloci di quanto stanno facendo, stanno già costruendo alla velocità massima. Questa è una delle nostre sfide più delicate, quindi ripeto, mi aspetto di avere 7 barche al via, sarei felice con 7 barche nell’attuale situazione economica. Nell’ultima edizione solo 5 barche furono costruite, e una era più vecchia. Costruiremmo due barche in più dell’edizione precedente, e con team molto forti… Se arrivassimo a 8 sarebbe fantastico, ma sarò soddisfatto con 7.
La vela italiana sta crescendo ed è ai vertici in molti settori, siamo in Coppa America, abbiamo molti navigatori oceanici emergenti in solitario, i nostri equipaggio sono vincenti nelle classi monotipo, nell’altura, in qualche classe olimpica. Perché allora sembra che non siamo in grado di mettere insieme un team per la Volvo Ocean Race?
KNUT FROSTAD – Credo che la sfida più grande per l’Italia, e non solo per l’Italia, sia la mancanza delle persone che sappiano come mettere insieme un progetto di questo tipo. Non mi riferisco all’aspetto velico, ma a quello commerciale... Questa è la sfida, ed è la stessa per tutta la vela, vale per la Coppa America: ci sono molti paesi e molti team che vorrebbero fare la Coppa America, ma pochissime persone che sappiano davvero come vendere il progetto agli sponsor, gestire il progetto a livello commerciale. Pochissime persone.
Penso ai vecchi tempi, quando avete avuto Guido Maisto e l’equipaggio di Brooksfield, essi erano migliori delle attuali generazioni. Ce l’hanno fatta, in una edizione con Grant Dalton, molto bravo, Dennis Conner molto forte.
Nella Volvo Ocean Race abbiamo un gruppo di persone che hanno accumulato enorme esperienza facendo e rifacendo il giro. I ragazzi che sono oggi dietro al team SCA, erano gli stessi che hanno fatto Ericsson, Assa Abloy, EF Language, molte campagne… Lo stesso Grant Dalton è tornato varie volte, ogni volta con nuovi team e nuovi sponsor; in Spagna Pedro Campos ha fatto lo stesso: lui sapeva gestire la parte economica di un team.
Persino in questa edizione, ho controllato stamattina, abbiamo sul tavolo 6 progetti italiani, quindi ci sono tentativi in atto. Il problema come detto non sono i velisti bravi, il problema è che non c’è chi sappia come convincere una società italiana a sponsorizzare. Questo è un grande lavoro da fare, il più importante! Peter Blake ripeteva che “il lavoro più grande è riuscire ad arrivare sulla linea di partenza, non arrivare al traguardo”.
Ho parlato qualche settimana fa in Oman con Carlo Croce, proprio su questo argomento. Lui è stato coinvolto nel tentativo di Soldini, e oggi egli stesso riconosce l’importanza di questa sfida per lo sport e per l’Italia. E io penso che bisogna trovare nuove persone in Italia, giovani, che abbiano un background commerciale, magari studi economici, e prepararli e lavorare con essi. Perché, come hai detto tu, ci sono molti velisti oceanici italiani in varie classi, Mini, Class 40, barche più piccole, i velisti non mancano certo all’Italia.
Non c’è ragione per cui una società spagnola debba scegliere di partecipare alla regata e una italiana no. Perché la vela è più popolare in Italia che in Spagna.
Quali pensi siano i valori, velici, sportivi e umani, che la Volvo Ocean Race rappresenta nel mondo, quali sono i paesi nei quali questi valori sono più compresi, accettati e diffusi, e perché?
KNUT FROSTAD – Credo che la Volvo Ocean Race porti con se molti differenti valori, e che alcuni paesi promuovano di più certi valori, mentre altri paesi guardano ad altri valori. Penso comunque che la cosa più importante sia l’estrema competizione tra persone che pronte a grandi sacrifici per farcela: sacrificano la famiglia, una vita normale, perché dormono in condizioni terribili, mangiano cibo orrendo, e fanno tutto ciò per vincere. Per questo un valore di sempre è una storia umana che racconta: avventura e superamento dei limiti.
Poi c’è il fatto che si tratta di una “storia globale”, davvero internazionale, perché il giro del mondo visita 10 paesi in tutti i continenti, abbiamo velisti di ogni parte del mondo in regata… E questa è una delle grandi storie di sport, che non ha barriere politiche o religiose. Non importa se siamo in un paese mussulmano come Abu Dhabi, o se siamo in Cina, o nell’India buddista, oppure in pesi cristiani o cattolici. Questo non fa differenza, e alla gente piace sentire questo clima di competizione globale, nella quale ciascuno è uguale e lotta per lo stesso obiettivo finale…
Faccio un esempio: ero ad Amsterdam in Olanda, dove la regata è molto popolare… e per loro si tratta di una sfida al mare fatta da marinai olandesi. Hanno una lunga storia in Olanda, una storia importante nella nostra regata, la seconda e terza edizione fu vinta da un equipaggio olandese, su barche chiamate Flyer, ed essi ancora lo ricordano, ne sono orgogliosi, è una grande storia per l’Olanda.
E lo stesso vale per la Nuova Zelanda, dove hanno una lunga tradizione di sfide agli oceani come nazione; in Francia si tratta più di una questione che riguarda la sfida dell’individuo alla natura, del marinaio impavido, cose così. In Brasile, amano tutto ciò che è “pazzo”, essi adorano la regata, abbiamo un sacco di fans Brasile, che pensano sia fantastico vedere gente fare imprese del genere, non sono molto attratti dalla storia dell’evento, quanto dal fatto che l’evento stesso arrivi in Brasile. E infine in Cina è una cosa nuova, per i cinesi è motivo d’orgoglio che qualche velista cinese partecipi, è la prova che essi possono avvicinarsi a cose che non conoscono, e farle proprie.
I paesi più forti che abbiamo sono: la Svezia e l’Olanda, la Nuova Zelanda e il Brasile. La Francia con qualche eccezione, nel senso che in Francia c’è un’attenzione più grande verso i velisti solitari, ma la vela oceanica in Francia è più forte di qualunque altra vela.
Se potessi scegliere un velista famoso per la prossima Volvo Ocean Race, chi vorresti che fosse?
KNUT FROSTAD - Se potessi individuare qualcuno, nella mia posizione, sarei sfacciatamente egoista e sceglierei qualcuno estremamente bravo a comunicare; e in cima alla mia lista metterei Loick Peyron, credo sia un fantastico comunicatore!
Vedrei assai bene anche Grant Dalton, per la stessa ragione.
Credo anche che Giovanni Soldini, a sua volta, potrebbe essere un’ottima scelta. La gente a volte lo prende per pazzo, ma è un ottimo comunicatore, parla con il cuore, dice ciò che ritiene giusto dire. Ancora dalla Francia mi piace molto Michel Desjoyeaux, bella persona, diverso da Loick, ma altrettanto bravo a comunicare.
Knut, oggi sei un manager della vela, ma hai un passato da ottimo velista, anche al giro del mondo. Vogliamo sapere su quali barche veleggi nel tempo libero.
KNUT FROSTAD – Purtroppo non faccio tanta vela recentemente, è questo è un po’ imbarazzante. Possiedo un piccolo catamarano, un Formula 18, ho fatto due regate in un anno… E poi ho un windsurf. Mi piace la vela sui catamarani, anche se sono un po’ troppo pesante, trovo sia un grandissimo divertimento.
Il sogno di Knut Frostad per il futuro.
KNUT FROSTAD – Il mio sogno attuale, per il futuro, riguarda l’enorme cambiamento in atto nella vela. Un cambiamento che sta rendendo il nostro sport molto più accessibile, alla gente. Penso che purtroppo finora abbiamo seguito una strada sbagliata con la vela, la quale è diventata sempre più costosa, più complessa, più tecnologica, alla fine “impossibile” da praticare per gente normale. Anni fa tanta gente amava praticare la vela con ogni tipo di barca, divertendosi molto, oggi noi con il foiling, o altre cose complesse stiamo allontanando la gente e rendendo la vela uno sport solo per iniziati.
Sogno anche che la vela inizi a costruire personalità più forti, e che noi diveniamo eccellenti nella capacità di raccontare belle storie. Questo è il mio sogno, perché abbiamo storie fantastiche.
Ricordo quanto è accaduto da voi, quando Giovanni Soldini salvò Isabelle Autissier: fu una delle più grandi storie di vela in Italia, da sempre. Era semplicemente una storia umana fantastica. E noi abbiamo ancora storie come quella, ma sono oggi coperte da altre storie e da nuove professionalità che dobbiamo sviluppare. Se faremo questa strada la vela avrà un grande futuro. Questo è il mio sogno, e l’altro è di avere un team italiano alla prossima Volvo Ocean Race!
fcolivicchi