Storia | Tecnica

05/03/2014 - 12:07

Tecnica controcorrente da Ernesto Tross

Ancorare?
C'è modo e modo...

di Ernesto Tross

Ernesto Tross, navigatore e scrittore, migliaia di miglia trascorse intorno al mondo, è tra i più creativi e comunicativi velisti italiani. Con questo articolo inizia una serie di riflessioni sulle principali tecniche a bordo in crociera. Scopriamo "un altro modo di ancorare"...
 

Siamo stati da sempre abituati a considerare quale unico e sicuro modo di ancorare quello su catena e buona ancora in acciaio. Questo metodo presenta però una serie di inconvenienti che, a pensarci bene, sono facilmente eliminabili. Cominciamo con la catena. In quanto a resistenza non si discute.
 
Con 10 T come carico di rottura per la catena da 8 mm (che diventano 15 con la catena da 10 mm) per una barca di 10 – 12 m di circa 8 – 10 T ci sarebbe da stare più che tranquilli. Questo per quanto riguarda la normale trazione con un vento di 40 nodi. In questo caso la trazione si aggira sui 350 kg, considerato il brandeggio della barca (guinata). Con un vento di 60 nodi questo valore si raddoppia. Purtroppo le cose cambiano, e in peggio, quando subentra l'azione dell'onda. In questo caso parliamo di strappi che non si esprimono più in centinaia di chili bensì in tonnellate! E con questi strappi la catena può andare in completa estensione senza avere più alcuna risposta elastica.

Risposta in condizioni normali garantita dalla catenaria. Non è detto che per questo la catena debba cedere ma potrebbe causare la spedatura dell'ancora oppure causare danni all'attrezzatura di coperta.  Ricordo una prova eseguita in America dove fu sottoposto a trazione violenta  un ormeggio realizzato con una cima di Nylon ed in alternativa con cavo di acciaio. La trazione sulla cima risultò essere intorno ai 150 kg mentre sulla fune in acciaio lo strappo superò di parecchio la tonnellata! 
 
Alle isole Maldive avevo fatto la conoscenza di un navigatore italiano al quale il mare agitato aveva semplicemente asportato il dritto di prua della sua barca all'ancora, causandone l'affondamento. E questo in quanto ancora e catena avevano tenuto bene. Dall'altra parte c'è la mia esperienza fatta in Oceano Indiano nel lontano 1983. La barca, ancorata in mare aperto davanti alla città di Mumbay, (allora Bombay)  ha resistito per due giorni a una tempesta tropicale con venti superiori ai 60 nodi. L'ancoraggio, composto di sei ancore appennelate, era costituito da quasi 100 m di cima di Nylon da 22 mm oltre ad una cima più sottile come riserva. Con tutte le onde che le passavano sopra alla barca non accadde assolutamente nulla. Del resto era completamente stagna così come lo sono le mie barche più recenti.
 
Altro inconveniente del sistema, oltre al notevole peso imbarcato a prua, è il fatto di necessitare di un meccanismo di sollevamento: il salpaancore.  Macchina questa pesante, relativamente delicata, e alle dipendenze della disponibilità, non sempre garantita, di energia elettrica. E tutti questi pesi all'estrema prua, nel posto meno desiderabile! Aggiungiamo che la catena perde la zincatura in un arco di tempo prevedibile per cui a intervalli, anche se lunghi, va rizincata. Operazione non particolarmente divertente e per giunta costosa.

La depauperazione dello zinco è di un determinato numero di micron all'anno in funzione del tipo di atmosfera. E quella marina è certamente la più agressiva. Nel caso di barche in metallo ho visto spesso danni molto severi nel gavone dell'ancora causati dall'acqua salata che spesso vi ristagna. Allora ci si chiede se non ci siano altri sistemi più semplici e più logici che non presentino questa lunga serie di inconvenienti. Ebbene: questi sistemi esistono e sono anche di facile e non costosa applicazione.
 
Ne è un valido esempio l'Orso Bianco, la mia barca in alluminio di 10 m.
 
Innanzitutto è stata abolita la catena e l'effetto catenaria è stato sostituito dalla elasticità della cima di Nylon. Per questo uso si adopera unicamente la cima a otto capi, detta “square line” oppure “eight plait” in inglese. Del resto va comprata in Inghilterra o Germania in quanto, guarda caso, in Italia non è commercializzata!!! Questa cima, a differenza del normale avvolgimento a tre trefoli, cima dura e propensa a formare nodi, rimane sempre morbida ed è di facilissima manipolazione e stivaggio. 

Il Nylon, nome commerciale che indica i prodotti in poliammide, arriva al 30 – 35 % di allungamento della sua lunghezza prima di rompersi. Allungamento che quasi raddobbia in acqua mentre il carico di rottura si riduce di circa un terzo. Per la scelta della sezione si dovrà tenere conto del fatto che se all'aumento del diametro corrisponde una maggiore resistenza, questa però va a scapito della elasticità dell'ancoraggio.
 
Va anche considerato che dove una catena da 8 mm ha un carico di rottura intorno alle 10 T, il carico di rottura di una cima in Nylon da 19 mm è di 7,7 T e quella da 22 mm è di circa 12 T. Alla cima, lunga circa 70 m, sulla mia barca l'ancora è fissata con un pezzo di catena di circa cinque metri. Questo per evitare il logorio della cima sul fondale. Sarà bene riflettere su soluzioni che propongono una inutilmente lunga catena e la parte in tessile più ridotta. E invito tutti a considerare la pericolosità degli inutili snodi per l'ancora in acciaio inox. La rottura di un simile snodo mi ha causato la perdita di ben tre ancore in Oriente, oltre allo spiaggiamento della barca! Non dimentichiamoci che ai Caraibi in caso di uragano, il primo avviso è di non ancorare le barche su catena ma assolutamente e unicamente su cima. E il motivo è evidente.
 
Rimane il problema di come gestire la cima. Ebbene nel mio caso tutto il sistema è stato riveduto e funziona benissimo. In navigazione tanto l'ancora come la cima sono normalmente stipati nel gavone di prua. Quando prevedo di dovere usare l'ancora tiro fuori dal gavone prima l'ancora e poi la catena e tutta la cima. Naturalmente tutta la linea è già collegata. La gassa terminale della cima la fermo su una bitta di prua per precauzione. (Foto N. 1)
 
Al momento opportuno calo in mare l'ancora, a mano, e faccio correre la barca per un tratto filando la cima. Dò poi di volta a una bitta e la barca ferma la sua corsa facendo mordere l'ancora. A questo punto valuto quanta cima dare e ne regolo la lunghezza in funzione della profondità. Non è certo malsano mandare il sistema in trazione azionando il motore. 
 
Per ripartire, nel caso di vento forte, porto la cima a poppa e la avvolgo sul winch da tonneggio elettrico. Azionando questo recupero la cima fino ad avere l'ancora appennellata a prua.  Tutto questo sempre stando comodamente nel pozzetto. (Foto N. 2)
 
Nel caso di tempo clemente mi salpo l'ancora a mano dalla prua. In navigazione poi, quando il tempo è soleggiato, stendo la cima al sole sulla parte prodiera della coperta e solo quando è completamente asciutta la ripongo nel gavone. Di conseguenza il mio gavone dell'ancora è sempre perfettamente asciutto. Ancora e catena possono rimanere appese al musone se è previsto un uso prossimo dell'ancora. Il coperchio del gavone è fatto in maniera da fare passare la catena pur rimanendo perfettamente chiuso. Veniamo alle ancore.  Io uso normalmente una buona ancora in acciaio da 20 kg. Per una barca di 10 m non consiglio a nessuno un'ancora di peso inferiore. Del resto è un peso che una persona normale può tranquillamente salpare a mano. Io lo ho fatto per più di venti anni con la mia barca di 12 m. Però ho sempre a bordo, a prescindere da una seconda ancora di 20 kg, due ancore Fortress in lega leggera. Una da 6,5 kg ed un altra da 15 kg.
 
Quest'ultima, nonostante il suo modesto peso, è normalmente destinata a barche di dislocamento ben superiore. L'ancora Fortress in tutti i test eseguiti è sempre risultata l'ancora con la maggiore tenuta. E una mia esperienza lo conferma. Su sabbia dura la resistenza a trazione dell'ancora da 6,5 kg è data in 3600 kg. mentre per quella da 15 kg si raggiunge il rispettabile valore di 7200 kg. Ma fu una esperienza fatta con quella piccola a convincermi della enorme capacità di tenuta. Anni addietro ero ormeggiato nel bellissimo porto di Siracusa. Prua alla banchina e un'ancora Delta da 10 kg a poppa. Un pomeriggio si è alzato un vento di 27 nodi che investiva le barche al traverso. Esperienza già descritta in un articoletto di anni addietro. L'onda cominciava a causare paurosi strappi alle cime di ormeggio. Non fidandomi della piccola Delta, col battello disposi una seconda ancora: la Fortress da 6.5 kg.
 
Al motoscafo accanto alla mia barca, ormeggiato stupidamente di poppa, sistema poco intelligente di ormeggiare privilegiato in Italia, fu distrutto un angolo della poppa. A me si strappò una legatura di prua ma resse la legatura di riserva. Un ammortizzatore commerciale in gomma nera scomparve in acqua spezzato dalla violenza del moto. Racconto questi dettagli per fare comprendere la severità della situazione. Due giorni dopo mi decisi per la partenza. Era ancora notte e mi accinsi a salpare a mano le mie piccole ancore.  Per prima salpai a mano l'ancora Delta da 10 kg. Fu una operazione facilissima e l'ancora venne su pulita. Ma non così per la piccola Fortress! A tirarla potevo spaccarmi la schiena: niente da fare. Dopo vari ed inutili tentativi mi decisi di prendere la cima sul winch. Solo così, e non senza sforzo, riuscii a salpare questa piccola ancora appesantita da un enorme blocco di fango. Da allora imparai ad apprezzare questa apparentemente piccola ed innocente ancoretta. Posso solo pensare quale possa essere la tenuta della Fortress da 15 kg!!!
Inoltre vorrei fare notare la facilità di spostare l'ancoraggio dalla prua a poppa, quando il movimento di guinata della barca  diventa insostenibile.
 
Avendo ancorata la barca su catena in pratica questa operazione non risulterà poi così semplice. Operazione invece di facile esecuzione con ancoraggio su cima. Non volendo fare la manovra con tutta la relativamente pesante cima di ancoraggio, manovra che si presenta un poco complessa, sarà sufficiente collegare la cima dell'ancora con un'altra cima fissata a poppa mediante un semplice nodo di bozza. Sciolta la legatura della cima a prua la barca si gira da sola disponendo la poppa al vento. Chiaramente per ottenere una decente stabilizzazione della barca al vento, l'ancora a poppa andrà collegata alla barca con una briglia.
 
Ma vi è anche un'altra situazione nella quale l'ancoraggio su cima risulta essere provvidenziale: l'ormeggio in porto. A chi non è capitato di avere la linea d'ancora del vicino disposta a cavallo della propria catena? Nella mia breve vita ho visto scene incredibili un po' in tutti i mari. Una volta in Grecia ho assistito (non ero coinvolto) al ripescaggio delle ancore da parte di tre imbarcazioni disposte, per l'occasione, a stella. Lavoro che si protrasse per circa mezz'ora! In questa situazione, come avevo già scritto anni addietro, l'uso della cima di ormeggio al posto della catena, risolve il problema all'istante. Più di una volta, quando uno skipper nuovo arrivato aveva disposto la sua catena sopra la mia linea di ancoraggio, ho dovuto pregarlo di gentilmente passare la mia cima (slegata dalla barca per l'occasione) sotto la sua catena e tornare in questo semplice modo di nuovo libero dalla involontaria prigionia. Una volta mi capitò che una barchetta italiana, andando all'ormeggio, gettasse l'ancora in maniera che la sua cima ( anche questo skipper usava la cima per ancorare)  accavallasse la cima mia. Quando gli feci presente l'inconveniente mi rispose semplicemente di non preoccuparmi. Alla mia partenza egli avrebbe liberato la sua cima permettendomi di partire indisturbato. E così fu. Semplicissimo!
 
E anche in casi di emergenza l'uso della cima può essere provvidenziale. Anni addietro, quando un fortunale investì l'isola di Panarea, molte barche non riuscirono a lasciare l'ormeggio a causa della catena. nel caso di ormeggio su cima un colpo di coltello avrebbe risolto il problema all'istante! 

Anche per l'ancora di poppa, ancora che uso sistematicamente in quanto io ormeggio unicamente di prua, vale una linea di ancoraggio simile. In questo caso però io uso unicamente un'ancora in acciaio di 10 kg. Ma la linea di ancoraggio è identica a quella di prua. In navigazione dispongo per benino tutta la cima con la sua catena in coperta, con l'occhio terminale sulla bitta e con l'ancora pronta a essere spinta in acqua.
(Foto N. 3)   
 
Al momento opportuno con una leggera spinta l'ancora scende in acqua tirandosi dietro la catena con la cima. Una volta legata la barca di prua alla banchina metto in tiro la cima dell'ancora di poppa. A operazione ultimata faccio scorrere sulla cima il salmone il quale, oltre ad aggiungere elasticità all'ancoraggio, fa sì che la cima dell'ancora scenda più ripidamente e non sia facilmente agguantabile dall'elica di qualche barca in manovra. E' evidente che una simile manovra di attracco si svolge con rapidità e precisione. Caratteristiche che non sono punto proprie a chi insiste ad ormeggiare di poppa. Manovra a volte pericolosa e resa difficile, se non impossibile, con forte vento al traverso. ... A ciascuno le sue scelte!

Commenti

mauri54 (non verificato)

quest'argomento è effettivamente molto opinabile e con quest'ultima osservazione penso che sia opportuno chiuderlo da parte mia: - che i due sistemi siano equivalenti per quanto concerne l'angolo di tiro è vero solo quando la forza di trazione è costante e supera la forza necessaria a tenere sollevata la catena dal fondo, ma ben sappiamo che in mare le onde e le raffiche fanno variare continuamente la forza di trazione . Questo avviene se abbiamo dato fondo una quantità di catena adeguata al fondale/condizioni meteo. Quindi in condizioni "normali" la sola catena dà una maggior flessibilità al sistema migliorando rispetto al cavo di nylon proprio quell'angolo che tende a spedare l'ancora. In presenza di venti fortissimi torna ad essere favorito il sistema misto nylon-catena perchè con la dilatazione del cavo di nylon non trasmettiamo immediatamente la massima forza subito sull'ancora. Riassumendo, se escludiamo l'eventuale logoramento del cavo,il sistema misto migliora la tenuta in condizioni di mare e di vento "da fortunale", mentre la sola catena è più adatta a condizioni "normali". Per quanto concerne le navi mercantili non pensavo ad un sistema di salpamento a mano, ma sulle navi ci sono verricelli con tamburo che contengono alcune centinaia di metri di cavi d'acciaio o di nylon, quindi arretrando il verricello rispetto alla prua si potrebbe adottare un sistema misto catena-cavo, ma finora nessuno ha ritenuto opportuno farlo e per le navi italiane neanche i regolamenti lo consentono.
Sulla questione che la sola catena sia più adatta a condizioni di ancoraggio normale non mi trovi d'accordo. Ci sono differenze comportamentali tra i due sistemi di ancoraggio. Pensare di ancorare sempre con tempo buono potrebbe rivelarsi un poco ottimistico. Anche quelli che hanno perso le barche a Panarea avevano ormeggiato ed ancorato (dico ancorato in quanto un mio caro amico era presente e sull'ancora) con tempo buono. Poi.... penso tu sia al corrente della squallida storia. Inoltre ti faccio notare che in tanti anni di navigazione ed in diversi mari, le burrasche più severe le ho incontrate proprio in Mediterraneo e nella stagione estiva! Questo escludendo qualche piccolo ciclone in oceano. Per quanto riguarda poi l'idea che la marina mercantile avrebbe potuto risparmiare grandi somme adottando l'ancoraggio su cima, ebbene non mi sentirei così sicuro. Non sono in grado di verificare i costi di una cima in Nylon che abbia la stessa resistenza della catena. Ma ho timore che i costi sarebbero elevati e probabilmente poco concorrenziali. Comunque posso assicurarti che sotto vari punti di vista l'ancoraggio su cima di Nylon presenta una serie notevole di vantaggi. Io lo ho usato per più di cinquanta anni senza avere mai avuto alcun problema e sono ancora in buona salute. Penso anch'io che con questa nota l'argomento sia esaurito. Se ti fa piacere continuare il dialogo, gli argomenti possono essere tanti, puoi tranquillamente contattarmi sul mio indirizzo e-mail. Ciao E.

alessio farinella (non verificato)

Salve, sono un amico di Silvio Dell'Accio, un amico che abbiamo in comune! Ho letto i suoi libri e devo dire che li trovo essere una raccolta estremamente preziosa di informazioni e consigli per chi viaggia per mare. Io sto studiando da più di un anno su che barca usare per quello che medito di fare per i prossimi anni.. e devo dire che lambiccandomi il cervello e leggendo quantità industriali di materiale, nonchè nelle mie chiacchierate con SIlvio, con Giovanni Chiappisi (altro personaggio favoloso che vive su una barca a vela) anche io sono giunto alla conclusione che la barca deve essere stagna, robusta e.. in metallo! I suoi libri arrivano davvero al momento giusto. Anche per me la sicurezza viene prima di tutto e dell'estetica, onestamente, non mi importa un fico secco. Inoltre, cercavo un armo semplice e non pericoloso, tanto è vero che stavo pensando al Junk, ma il suo con sole vele di prua mi piace ancora di più! Mi farebbe piacere avere un suo contatto, o per lo meno la e-mail. Grazie e buon vento! Alessio

Joe (non verificato)

Gentilissimo Sig. Tross, complimenti per il suo bellissimo e utile articolo. Sono d'accordo sugli enormi vantaggi che un ancoraggio con catena+cima piuttosto che sola catena possa avere, ovvero: facilità nel salpare l'ancora anche senza salpa ancora e quindi facilità e velocità nell'abbandonare l'ancoraggio, possibilità di stivare le ancore in un posto più opportuno alleggerendo la prua, minore trazione sull'ancora in caso di vento teso grazie alla elevata elasticità della cima a differenza della catena tesa ecc.. Di fatto però, nel caso di ancoraggio con cima, per garantire circa l'85% della tenuta dell'ancora è necessario raggiungere uno sope di 10/1, questo vuol dire filare circa 100mt di cima in acqua (contro uno scope di 5/1 ovvero circa 30 mt di catena). Non sempre si ha la possibilità di stare alla ruota con un raggio libero di circa 100mt ( libero da altre barche o semplicemente da un fondale meno profondo del pescaggio della barca). Questo per dire che in alcuni casi il sistema di ancoraggio con sola catena risulta essere obbligato proprio dalla tipologia/geografia del punto di ormeggio. Se poi si pensa di ancorare con più ancore, allora di sicuro no sarà possibile stare alla ruota (essendoci magari altre barche ancorate alla ruota con una sola ancora) Cosa ne pensa? Grazie

francesco (non verificato)

Ciao Ernesto, ha ceduto la mia barca in ferro e il nuovo proprietario vorrebbe armarla con soli fiocchi, mi chiede se è possibile che tu ti metta in contatto con noi/lui, per chiederti qualche prezioso consiglio al riguardo. Approfittando della tua gentile e proverbiale disponibilità, ti chiedo se puoi contattarmi. Grazie, Francesco. daphniayachtrestyling@gmail.com

Francesco (non verificato)

Salve signor tross, ho letto articoli e suoi libri, vorrei conoscerla, per poter se e' possibile visitare la sua barca, come posso mettermi in contatto con lei? Le lascio la mia mail francesco1@libero.it

Dapnia alias Fr... (non verificato)

Salve Ernesto, il mio non è un commento ma una richiesta di conforto. Ho letto Contro la randa, La mia barca sicura e altre cosette che hai scritto in vari posti. Sono anch'io un sostenitore dei fiocchi, tanto è vero che sulla mia Alpa 11.50 avevo un genoa immenso con base molto lunga che usavo quasi sempre come unica vela. Devo dire che mi trovavo benissimo usando poco la randa, la barca era comunque ben stabile in rotta, equilibrata, facile sul timone e stringeva onorevolmente. Comodissimo era anche chiudere un po' di vela rollandola, in caso di rinforzo; certo la bolina non era più quella, ma una decina di gradi al vento, francamente non mi hanno mai fatto una grande differenza. Questa era una soluzione che adottavo perché nel ristrutturare la barca avevo voluto cambiare il boma a rullino per avere una randa a base libera e avevo adattato un boma di occasione, ben 70 cm. più lungo; in più il velaio, ottimo esecutore, aveva voluto favorirmi tagliando una randa molto più grande dell'originale per sfruttare tutto il boma. Sempre con lo stesso intento aveva tagliato un genoa per il rollafiocco più grande dell'originale. Per una serie di contingenze, la faccenda delle vele mi era sfuggita di mano e trovandomi in quella situazione, avevo installato un secondo strallo, sul quale armavo un fiocco più piccolo per poter aprire tutta la randa. Morale della favola, il più delle volte navigavo con una mano e il fiocco, e, proprio con una bava di vento, con tutta la tela a riva. Come dicevo, con il genoa tutto aperto e, con poco vento, anche il fiocco sullo stralletto, la barca andava bene senza randa. Ora sono un po' mal messo e spero di riprendermi in fretta, nel frattempo mi sto guardando in giro per esaminare un'altra barca da rimettere in ordine, poco più piccola, sui 10 metri, e vorrei trovare il modo di fare a meno della randa, vela abbastanza faticosa per me ormai vecchietto. La domanda è: se e quando avrò scelto e deciso la barca, ci potremo incontrare perché io possa avere una tua opinione e un consiglio, in modo da non fare grosse fesserie? Certo la tua esperienza mi sarebbe di fondamentale utilità. Ti ringrazio dell'attenzione e cordialmente ti saluto complimentandomi ancora per le esperienze che hai trasmesso a tutti e il coraggio delle idee. Francesco
Ciao Ansaloni. Naturalmente sono a tua disposizione per discutere della eventuale possibilità di armare una barca con due fiocchi. In linea di principio è cosa semplicissima. In pratica potrebbe risultare complesso, se non impossibile, a causa del fatto che nella progettazione i progettisti prevedono grandi pozzetti per soddisfare le esigenze dei velisti della domenica. Questo fa sì che l'albero arretrato può facilmente capitare sulla discesa nella cabina. Elemento di cui sarai obbligato di tenere conto prima di decidere un improvvisato acquisto. Altra cosa che risulta alquanto vantaggiosa è il doppio paterazzo, alquanto fuori moda. Eventualmente contattami x e-mail. E.

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