La zattera di emergenza è arrivata dopo cena, quando ormai eravamo rassegnati ad aspettare un altro giorno a Trinidad, piantati in cantiere, senza altro da fare che aspettare.. Trinidad ha le sue attrazioni, ma è più famosa per il carnevale (e relativa "turbolenza" popolare) che per altro. Noi avevamo già visitato il "Pitch Lake" non proprio un lago, ma un'area vasta circa un km dove da sempre il petrolio emerge allo stato quasi solido e viene estratto con le ruspe. Tra le zolle di nero che sembra asfalto si raccoglie dell'acqua piovana purissima dove si può anche fare un guazzetto fresco e piacevole, e la distesa viene usata dalle aquile di mare per spolpare le loro prede in santa pace, e dagli avvoltoi che aspettano il turno per divorarne i resti. Un posto decisamente originale. E poi la Riserva di Caroni, una ampia distesa di canali e mangrovie, regno di ogni sorta di granchi, serpenti e anfibi, dove migliaia di uccelli si radunano al tramonto come per raccontarsi la loro giornata di pesca nell'oceano.
A questo punto eravamo più che pronti a partire, ma rassegnati ad aspettare ancora un giorno, e Invece la zattera ė arrivata, inaspettatamente, bella revisionata e impacchettata, con tante scuse per problematiche misteriose comunque superate, con un conto doppio del normale, ultima definizione necessaria e indispensabile per affrontare qualunque navigazione, figuriamoci 80 miglia di oceano aperto fino a Grenada e sei mesi di navigazioni tra miriadi di isole, coralli e pericoli vari.
Comunque sia, paghiamo con un sorriso un pò tirato, considerati i quattro giorni di telefonate e maledizioni varie, carichiamo tutto, facciamo dogana (alle 22!), e andiamo a dormire, si fa per dire, con l'eccitazione e la stanchezza che ci troviamo addosso. Sveglia puntata alle 5:30 per riuscire ad arrivare all'ormeggio a fine traversata con la luce del giorno.
La mattina dopo siamo un pò stonati ma concentrati e determinati. Affrontiamo la 'Boca' più vicina, un breve, stretto tratto di mare tra Trinidad e la più vicina delle isolette che in fila indiana la separano dal Venezuela, e siamo subito fuori, in Atlantico. Un'alba piovigginosa, spettacolare, gorghi incredibili di corrente nera sotto la barca, nuvole, acqua e arcobaleni in cielo. Subito l'aliseo, teso, di traverso stretto, e l'onda lunga al mascone. Una navigazione non proprio comoda, a tratti bagnata, parecchio stancante. Barche incrociate molto poche, tutte pacifiche, di pirati neanche l'ombra. Non è che siano episodi tanto frequenti, ma dal Venezuela erano arrivate notizie non tanto buone e un minimo di apprensione comunque c'era..
Una lunga traversata, fiocco olimpico e due mani di terzaroli, sempre sugli 8 nodi di velocità media. Si timona a turno, e anche il pilota automatico fa la sua parte. Arrivati quasi a destinazione, un groppo di quelli giusti, pioggia e 40 nodi di raffica, tanto per accoglierci al meglio e invitarci in fretta al primo ancoraggio disponibile, a Prickly Bay. Siamo piuttosto distrutti e cotti dal vento e dal sole. Giuseppe (Niki) il marinaio felice al suo primo oceano, Paola, la meno "velica" dell'equipaggio, bruciata dal sole, ha comunque resistito benissimo, Carmelo, un pò appesantito dai kg e dai postumi di un piede rotto, ha fatto egregiamente la sua parte, tranquillo e perfettamente a sua agio. Il vostro capitano stanco ma finalmente felice di essere di nuovo in navigazione..
Doccia e cena, alle 8 siamo tutti a dormire, 10-11 ore di sonno basteranno, forse, a rimetterci in sesto..
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