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17/10/2012 - 13:57

Giornalisti dopo Weymouth

Prima rassegna stampa dopo le Olimpiadi. Cosa scrivono le riviste specializzate? La nostra sintesi


Vi proponiamo una prima rassegna della stampa specializzata sul dopo-Olimpiadi della vela. Aspettavamo l’uscita delle riviste di ottobre per leggere gli articoli e i commenti al risultato della vela ai Giochi. Ed eccoci accontentati, almeno in parte. Manca ancora qualche testata e ci sarebbe da considerare il web. Ma questa prima rassegna di articoli dalle principali testate tecniche è già significativa.

Due cose emergono: 1) i giornali in generale dedicano spazi di ripiego alla vela olimpica, articoli molto in là nella foliazione, quasi nessun editoriale. La vela olimpica non tira e l’assenza di medaglie fa il resto; 2) i commenti non sono particolarmente aspri, non ci sono critiche feroci, richieste di dimissioni o chissà che. Prevale una certa rassegnazione (che è pure peggio, secondo me), e purtroppo si ripetono un gran numero di luoghi comuni, che accomunano passato e presente. C’è persino chi adesso scrive “l’avevamo previsto” (!). In generale, se la vela olimpica azzurra piange, non si può dire che il giornalismo velico italiano possa ridere per qualità e approfondimenti.

Pochi, e ancora molto molto confusi, gli articoli che all’analisi tecnica abbinano almeno un primo timido tentativo di proposte per il futuro. Forse si dovrà aspettare, forse i giornali attendono di vedere come andrà la stagione elettiva FIV e ISAF, o forse (più probabilmente), chi oggi si occupa di scrivere di vela è talmente in difficoltà, con il settore moribondo e i media in sopravvivenza, da non avere la lucidità, la voglia e il tempo, di occuparsi di una tematica così centrale proprio per il futuro, lo sviluppo e la visibilità del movimento, come quello della vela olimpica. E’ un peccato, ed è un altro risultato al quale, secondo me, ha contribuito la totale mancanza di comunicazione e di entusiasmo da parte della nostra Federvela.

Eccovi i ritagli e i brani più significativi dalle seguenti riviste: Il Giornale della Vela, Nautica, Fare Vela, Vela e Motore, Italia Mare Vela. Il nostro “E dopo Weymouth?” tornerà presto.

IL GIORNALE DELLA VELA
“...Siamo arrivati a rimpiangere l’ingegno e la fantasia di Sergio Gabisso”

Nell’editoriale del direttore Luca Oriani si parla di tassa sulle barche. Nessun accenno (zero) alla vela olimpica e a Londra 2012. Un chiaro segnale di quanto al primo mensile del settore interessi l’argomento.
Un commento (di Andrea Falcon) si trova nella rubrica “Prima della boa”, a pagina 58. Si intitola “L’Italia che vince le Olimpiadi”, ed è dedicato ai vari tecnici italiani che hanno seguito a Weymouth equipaggi arrivati molto in alto o a medaglia.

Nel sommario si legge: “La FIV è il slito carrozzone di sempre. Così i “cervelli” italiani fanno vincere le medaglie agli altri e gli azzurri restano all’asciutto

Nel testo: “Il fallimento dell’Italia alle Oimpiadi dimostra che il presidente della Federazione Italiana Vela Carlo Croce non ha portato quel vento di novità che aveva promesso all’inizio del suo insediamento quattro anni fa. Altre nazioni ci insegnano che con l’ingegno, la fantasia, la sperimentazione, con il coraggio di tentare strade nuove, si possono ottenere risultati. La FIV, invece. è il solito ministero di sempre, bloccato da una mentalità che non vuole cambiare. Sergio Gaibisso, il presidente FIV prima di Croce, non lo voleva più nessuno perchè dopo vent’anni era accusato di essere diventato un padre-padrone che faceva tutto come voleva lui, creando figli e figliastri. però, almeno, per Pechino 2008 si inventò Diego Romero, l’oriundo (argentino) che regatò per l’Italia e vinse un bronzo nella classe Laser. A questo siamo arrivati: a rimpiangere la fantasia e l’ingegno di Sergio Gaibisso.

Per trovare l’articolo sulle Olimpiadi (che non è firmato da nessuno dei giornalisti in forza alla testata, ma che si trova nella rubrica curata da Andrea Falcon) si deve arrivare a pagina 161. Sono 5 pagine, molto fotografiche. Titolo e apertura dedicati a Ben Ainslie e al suo nuovo record storico di medaglie nella vela. Non c’è un capitolo specifico dedicato all’analisi dei risultati azzurri. Solo alcune frasi estrapolate qua e la. Eccole.

(Nel sommario) “Per la prima volta dal 1992 l’Italia non prende una medaglia. Solo quattro equipaggi azzurri partecipano alle Medal Race.” Poi solo due parole senza commento sui risultati di Zandonà e Zucchetti, Alessendra Sensini e Conti-Micol.

NAUTICA
“...In fondo lo sapevamo e lo avevamo anche scritto...”

Il servizio è a pagina 174: otto pagine, solo tre delle quali di testo, a firma Roberto Neglia. Anche questa rivista titola Big Ben, dedicando l’apertura al record del velista inglese.

Nel sommario una frase (stucchevolmente retorica) sugli italiani: “...Diverso il timbro per la squadra azzurra, che non porta a casa nulla nonostante l’impegno profuso dai nostri ragazzi”.

Nel testo l’esercizio principale del giornalista sembra evitare di parlare degli italiani (almeno in prima persona, perchè i commenti li lascia virgolettati alle dichiarazioni ufficiali fatte dal presidente e dal DT). Unici indizi nell’incipit: “Bene non è certo andata. La spedizione della vela azzurra alle Olimpiadi di Londra non ha portato a casa neanche una medaglia. non accadeva dal 1992, anno di inizio della carriera olimpica di Alessandra Sensini. (...) Ma neanche si può dire male, perchè in fondo lo sapevamo e lo avevamo scritto. In fondo a deluderci un pochino sono state la coppia Conti-Micol che pronosticavamo in zona bronzo e che si è fermata al quanto (n.d.b.: è scritto così, forse un misto tra quarto e quinto).”

FARE VELA
“... La vela (...) metafora dei mali storici del nostro paese”

Anche nel caso del mensile che storicamente ha seguito di più la vela sportiva, il direttore nel suo editoriale ignora beatamente le Olimpiadi appena svolte, parlando di baie deserte in Turchia e di saloni nautici.
L’articolo è nella sezione “Regate” da pagina 81, con una copertina che recita “Olimpiadi, lo splendore di Weymouth e la crisi azzurra

Da pagina 82 l’ampio articolo a firma Michele Tognozzi, 14 pagine (record tra le riviste di settore) molto scritte. E' senz'altro l'articolo più lungo della rassegna.

Nel sommario si legge: “Non è andata bene per noi nella splendida Weymouth, anzi proprio male. Medaglie vinte zero, ma osservando campioni e metodi di chi ha vinto possiamo ripartire

Nel lunghissimo testo, si devono estrapolare alcune frasi che possono considerarsi un “commento”. Nell’incipit: “...Una regata che non ha fatto altro che portare alla luce i difetti storici della nostra vela”.

Nel testo prolissamente poetico di un chiaro amante dell’estetica della vela come l’autore, bisogna faticare per distillare qualche brano che scenda a terra e valuti la situazione in modo pratico. Tra umori d’acqua spumosa, ghigni invasati, diritti tv, pub e tifosi, meglio gioventù, virate dipinte, adrenalina e velocità, mediocrità e visione d’insieme... finalmente a pagina 87 c’è un paragrafo intitolato “A noi è andata male, perchè?” La linea seguita è di paragonare i campioni stranieri ai nostri atleti. “I grandi campioni sono una sintesi (...): umiltà di imparare a terra, capacità di lavorare in team, bramosia di migliorare e spietata determinazione in acqua” (...) “Perchè noi non ci riusciamo? (...) La sensazione è che anche la vela sia una metafora dei mali storici del nostro paese: incapacità di lavorare in squadra, tendenza a circondarsi della mediocrità per paura dell’innovazione, penalizzazione dei giovani capaci (...)

Sul sistema delle selezioni: “Scopo dei trial olimpici è quello di portare ai Giochi i migliori atleti in ogni classe. E’ successo? In almeno 2-3 casi su 8 no.”

Sullo spirito di squadra: “Vogliamo dire che uno dei mali storici della vela italiana è l’incapacità di fare team, troppo spesso il compagno di squadra viene visto come un rivale e non come un’opportunità per crescere (...)”  

Sul direttore tecnico: “Luca De Pedrini ha dimostrato di essere un ottimo coach (...) ma non ha ottenuto il massimo come Direttore Tecnico. Osservando la squadra su notavano una serie di correnti, di gruppi, di giochi di relazione che sembravano avere più lo scopo di mantenere un ruolo di potere che di sviluppare un gruppo, delegando ai capaci posizioni e ruoli. I giri di valzer dei tecnici FIV negli ultimi due anni, decisivi per la preparazione olimpica, sono stati troppi. Gli atleti meno maturi si sono poi prestati inconsciamente a tali giochi, finendo per alimentare un clima da continua ‘notte dei lunghi coltelli’. Chi per ascesa, chi per bisogno, chi per seguire i capricci di un equipaggio, chi per paura del nuovo e di sistemi di lavoro diversi (...)

E alla fine, tra idee e speranze per il futuro, la conclusione: “Lo sport olimpico moderno è professionale in tutti i settori. O si prova a far sul serio o è meglio lasciar perdere. (...) Ci pare evidente come questo stato di cose non possa più proseguire, anche in relazione ai soldi spesi in un momento economico come questo.

VELA E MOTORE
“...Non è tutto da buttare...”

Lo storico mensile ha una foto notizia a tutta pagina in apertura del numero dedicata agli azzurri delle Paralimpiadi, una grande immagine dello Skud 18 di marco Gualandris e Marta Zanetti, quinti (“Complimenti ragazzi!”), che ci sembra un ottima scelta anche per definire i valori e ciò che vale (o non vale) la pena di sottolineare.

il servizio sulle Olimpiadi invece è a pagina 181, a firma di Alberto Mariotti (inviato anche per le trasmissioni della rubrica Azzurro Weymouth di Saily.it), e, come altre riviste, sceglie di dedicare il titolo a Ben Ainslie (“Un ragazzo d’oro”). Nel sommario si legge: “Gli azzurri tornano a casa a bocca asciutta”.

Nel testo queste frasi sugli italiani: “...A Casa senza medaglie. Non succedeva dai Giochi di Barcellona del ’92. In due settimane siamo tornati indietro di vent’anni. (...) L’era della Sensini con un oro, un argento e due bronzi, l’argento di Luca Devoti, il bronzo di Diego Romero. In quattro edizione ne erano “piovute” ben sei. C’eravamo abituati, ci credevamo. Il presidente Croce se ne aspettava almeno una (dalla Sensini), con due avrebbe stappato lo champagne. E invece niente.

Quindi l’articolo si butta sull’ottimismo, con un paragrafo dal titolo “...Ma non è tutto da buttare”, nel quale si legge: “... E’ stata un’Olimpiade in cui l’Italia ha saputo esprimere diversi valori, soprattutto nelle derive doppie. Gli azzurri sono infatti arrivati alla Medal Race con 4 classi (RSX Femminile, 470 M/F e 49er), ovvero con il 50% di quelle in cui si era qualificata (...). In quattro classi siamo stati quindi tra i primi dieci al mondo. E’ qui che l’Olimpiade italiana si conclude, ed è da qui che deve ripartire. Rio 2016 è dietro l’angolo, molto più vicina di quanto quattro anni possano sembrare.

Interessante l’analisi del box “Casa Italia” a firma Lamberto Cesari (blogger di Piazza Vela su Saily.it), intitolata “E ora sotto con il futuro!”, nel quale si legge tra l’altro: “Probabilmente il sistema di selezioni non ha mandato a Londra il più forte in tutte le classi, ma la situazione sarebbe cambiata di poco: la verità è che durante tutto il quadriennio abbiamo colto pochissimi risultati a livello mondiale, giusto qualche podio da parte dei Sibello, Conti-Micol e Sensini. Resta comunque importante tenere conto del cambio strutturale che è stato fatto all’interno della federazione dopo il 2008, e che la maggior parte degli equipaggi presenti a Weymouth (cinque su otto) sono atleti cresciuti sotto la gestione Gaibisso. Questo non solleva però le responsabilità della direzione tecnica nella gestione di valori come Diego Negri, che ha mancato la qualificazione nella Star da campione europeo 2011 (...). Se vogliamo portare a casa un insegnamento da questa Olimpiade, è che finalmente senza il “salvataggio Sensini” siamo costretti a guardarci in faccia e cambiare l’approccio a Rio 2016. I talenti ci sono (...) Bisogna avere il coraggio di cominciare a investire in loro in modo diverso da come è stato fatto in passato, cercando di guardare ad Australia e Gran Bretagna e creando una maggior cultura e spirito della squadra.”

ITALIA MARE VELA
“... il presidente Croce si faccia un bell’esame di coscienza...”

La newsletter fa una copertina ironica, con Giulia Conti e Giovanna Micol molto sorridenti e titolo “Bye Bye London”. Poi c’è l’editoriale di Cino Ricci intitolato “Classi Olimpiche ripartire da Londra”, che si conclude con un appello: “Certo un ragionamento anche da noi andrà fatto. Se i risultati non sono venuti si dovrà capire il perchè e cosa cambiare per dare un futuro migliore al nostro sport.”

L’articolo a firma Roberto Imbastaro si intitola “Un disastro non annunciato”, e nel testo si legge: “Gli episodi negativi ci sono stati, ma che cosa li ha causati? Nella preparazione di una Olimpiade i fattori da prendere in considerazione sono tanti. Contano gli atleti e gli allenatori, ma anche i manager, i circoli, gli sponsor e tanti altri micro-fattori che possono far perdere (o favorire) la concentrazione ad un atleta (...) ...La splendida prova in Medal Race di Giulia Conti e Giovanna Micol. Partire in fondo al gruppo e arrivare a sfiorare la vittoria è un chiaro segnale di grande forza di questo equipaggio, ma anche un segnale che mentalmente non sono state adeguatamente preparate.

Poi l’articolo si rivolge al presidente federale: “Prima che qualcuno rovini i nostri giovani è bene che il presidente Croce si faccia un bell’esame di coscienza e cominci a pensare che, se i risultati non vengono, qualcuno deve andare a casa. Piuttosto che pensare al vertice dell’ISAF pensi alla vela di casa nostra, se ancora ne avrà la possibilità.


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