PROFILO

06/10/2014 - 16:13

Dall’Egeo all’Adriatico, in rotta per la Barcolana: l'Albania

Il canale navigabile di Vivari, difronte all'ingresso di Butrinto

Un incidente mi aveva costretto nel luglio scorso a interrompere la mia navigazione nell’Egeo. Sembrava dovessi rimanere fermo ad Atene per oltre un mese, con un chiodo per saldare l’osso e il dito, del piede, che mi avevano riattaccato...

Poi invece una visita di controllo dall’ortopedico era andata meglio delle previsioni più ottimistiche, e dopo solo tre settimane dall’intervento ero in grado di camminare. Avrei dovuto fare ancora una settimana di convalescenza. Ma ormai chi mi conosce avrà già capito quali potessero essere le mie intenzioni. 
 
Così il 31 luglio avevo già mollato gli ormeggi da Atene. Ma il meltemi era sparito. Dov’è il meltemi? Chi l’ha visto? A parte qualche perturbazione all’inizio del mese, di lui non v’era traccia. Da che ce n’è memoria non è mai successo, mi dicevano i greci.

Niente meltemi? Va bene, si va a cercare la bora. Ed ecco la nuova rotta: risalire l’Adriatico, dall’Albania, al Montenegro, dalla Croazia, alla Slovenia, fino a Trieste, per partecipare alla Barcolana, il 12 ottobre. Poi entrare a Venezia a vela (sarà emozionante quanto entrare a Istanbul?) e ridiscendere con calma per la costa italiana. Se non approfitto degli imprevisti di quest’anno, sarà difficile che vada alla scoperta della costa iugoslava, perché il richiamo dell’Egeo è sempre talmente forte che ogni anno non riesco a resistervi. Ancora un mese tra il golfo di Saronico e le Cicladi, poi il periplo del Peloponneso, e ora eccomi qui, a veleggiare sulla costa orientale dell’Adriatico. Farò un breve racconto di questa esperienza.

Da Corfù fare rotta per l’Albania è un attimo. Nel tratto più breve, tra la punta a nord est dell’isola greca e la costa albanese, c’è appena un miglio. Sulle carte nautiche e i portolani le informazioni sono davvero misere. Mancano indicazioni sugli ancoraggi e addirittura i nomi dei luoghi. Il governo di questo paese non ha ancora fatto niente per aggiornare le mappe e neanche per incrementare il turismo. Tutto da scoprire quindi. In una terra dove fino pochi anni fa non permettevano di entrare, né di uscire. 

La cosa più interessante dell’Albania è sicuramente il sito archeologico dell’antica Butrinto, riportato alla luce da Ugolini, per volere di Mussolini, che andava cercando in tutto il Mediterraneo tracce degli antichi romani per la sua propaganda. Qui si mischiano le rovine di quattro ere differenti, quella ellenica, quella romana, quella bizantina, infine quella veneziana. Dal 1992 fa parte del patrimonio mondiale dell’Unescu. E scopro che entrando nel canale di Vivari si può ormeggiare al piccolo molo che sta proprio difronte all’ingresso della città greco romana. Per la notte poi si può dare fondo all’ancora in mezzo al grande lago di Butrinto, proseguendo per il canale. Sulle carte non è riportato, ma i pescatori locali mi assicurano che è navigabile. Sia il canale che il lago hanno una profondità tra i quattro e i sette metri. Una volta arrivati nel lago si è immersi nella natura. Nient’altro intorno che vegetazione e aironi.

In Albania le pratiche si devono fare ogni volta che si entra in un porto. Nei cinquanta euro (che si possono contrattare) sono compresi l’ormeggio (quindici euro), con acqua e luce, la tassa portuale, l’espletamento delle pratiche da parte dell’agenzia. Queste consistono nel dichiarare l’ingresso, e poi l’uscita dal porto, all’autorità portuale, alla dogana e all’emigrazione. Scordavo, nel prezzo è compresa la bandierina albanese di cortesia. E mi sbrigo a sostituirla con quella greca, perché il tipo dell’agenzia l’ha guardata infastidito e mi ha chiesto di toglierla. Così scopro che gli albanesi odiano i greci. Incominciamo male.

In questo paese incontro facce tristi. Gente povera. Spesso scortese. Ma tristezza e scortesia non necessariamente sono una conseguenza della crisi economica di un paese. I greci, che gli albanesi odiano, hanno una ben diversa filosofia di vita. E soprattuto un maggiore senso estetico, anche nelle città più povere. Direi che hanno più dignità. La costa albanese è massacrata. Al pari di quella calabra. Disseminata qua e là di scheletri di palazzine incompiute. E gli edifici terminati esteticamente forse sono anche peggiori. Per contro, laddove non è stata stuprata, la natura ha regalato a questo paese dei bei paesaggi. Colline frastagliate, totalmente incontaminate, ricoperte da ulivi che arrivano a lambire gli scogli. Montagne impervie le cui pendici scendono fino alle spiagge. Spiagge che si perdono a vista d’occhio, completamente deserte. Ma gli albanesi non rispettano le loro bellezze naturali. Anche i posti più belli c’è sporcizia ovunque, e l’acqua è maleodorante, come la baia Palermo. Qui la chiamano così, dal nome che sembra avergli dato Mussolini, ma sulla carta nautica non ha nome. Parafrasando Goethe, direi che l’Albania è un paradiso abitato da zingari.

Cenare al ristorante è un modo per approfondire la cultura di un paese, penetrando le sue tradizioni. Il menù, che ovunque chiamano tradizionale albanese, è piuttosto misero. E sostanzialmente è composto da piatti italiani e greci (una contraddizione, considerando l’odio per quella gente). A giudicare dalla cucina, si direbbe un popolo senza radici.

La costa albanese non è molto lunga, solo centotrenta miglia, dopo la baia Palermo la percorro tutta in altre due tappe. La prossima è Valona. Avevo chiesto a diversi albanesi se vale la pena visitarla. Certo, avevano detto loro. Che ci sono venuto a fare, dico io. Un grappolo di brutte palazzine sul mare e un porto moderno a qualche chilometro dal paese. E’ l’unico marina di tutta l’Albania. E ci sono solo dieci barche a vela. Vicino all’imboccatura c’è un un altro frangiflutti. Sembrerebbe un’opera incompiuta, tipo quella che c’è a Fiumicino. Perfetto per stare all’ancora. E il golfo è molto protetto. A questo punto entrare nel porto non ha senso, qui non c’è niente di bello. Non ha senso venire fin qui solo per pagare un marina, dormire e ripartire. Do fondo all’ancora e mi preparo la ceno. Mentre mangio mi sento chiamare: “Capitano!”. Esco fuori e vedo dei brutti tipi su una barca con i riflettori accesi. Uno di loro mi parla in italiano. Mi dice che è pericoloso stare qui, e che quelli del marina mi consigliano di entrare, altrimenti potrei ritrovarmi sugli scogli. Con cinque metri di fondale sabbioso, cinquanta metri di catena, assenza di vento e tutto quello spazio? Non so voi, ma io ho come l’impressione che sia una minaccia. Non ho nessuna intenzione di sottostare a ricatti di mafiosi albanesi. Del resto non posso neanche rischiare di ritrovarmi sugli scogli per un sabotaggio notturno. Deciso. Finisco di cenare poi salpo l’ancora e faccio rotta per Durazzo. Dovrei arrivare verso le nove di mattina.

A Durazzo c’è un teatro romano che ha una particolarità: sul palcoscenico c’è un’abitazione privata (‘Villino indipendente con teatro romano di pertinenza’), e il porto è la base di partenza per visitare la capitale, Tirana. La prima capitale, tra tutte quelle che ho visitato fino ad ora, in cui non c’è traccia di storia, di cultura. C’è solo il museo nazionale, ma è chiuso per restauro fino al 18 settembre. Ma mi han detto che non è neanche un granché, ci sono quasi solo fotografie. La cosa che invece apprezzo di più, a Tirana come a Durres, è la gentilezza della gente. Il che, dopo l’episodio di stanotte, mi rappacifica un po’ con gli albanesi. Inoltre parlano quasi tutti italiano. Al contrario che a Sarande, dove quando chiedevo se parlavano, non dico italiano, ma inglese, mi rispondevano con un secco e scortese no. Di ritorno a Durres faccio un po’ di spesa al supermercato per finire i soldi albanesi. Con cinque lek (circa sette euro e mezzo) acquisto un bel po’ di cose. A naso mi sembra che ho speso la metà che in Italia. E scopro che i prodotti sono italiani, con le diciture sulle confezioni solo in italiano.

Un’italianità, questa albanese, che prelude al ritorno in Italia, domani. Attraverserò l’Adriatico verso Brindisi per un concerto. Una breve pausa di pochi giorni e poi farò rotta verso est.

Ci vediamo in Montenegro.
 

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