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15/10/2014 - 13:38
Oggi l'anniversario del più grande velista italiano
Oggi l'anniversario del più grande velista italiano
Straulino Day
100 anni d'oro
100 anni d'oro
Gli insegnamenti del grande Straulino nel giorno dei 100 anni: "La bonaccia non esiste. Il vento c'è sempre. Basta andarlo a cercare"
Tino Straulino avrebbe compiuto 100 anni, e li compie in effetti. Ne compirà un giorno 200, e poi 300... La memoria del leggendario velista italiano, tra mostre un po' ovunque, ricordi nella sua Lussinpiccolo, gallery di foto storiche, libri, ritagli di giornale, blog e articoli.
Agostino Straulino (1914-2004), leggendario velista e marinaio italiano, nato a Lussino e scolaro che invece del bus pigliava la barca a vela, poi ufficiale di Marina, eroe di guerra sui MAS, e per noi soprattutto campione dello sport velico: due medaglie olimpiche sulla classe Star. Oro a Helsinki 1952, argentoa Melbourne 1956. Nel 2001 gli venne conferita dal presidente Carlo Azeglio Ciampi l'onorificenza di Cavaliere di gran croce della Repubblica Italiana.
Ma un grande come Straulino lascia scie ovunque, e oggi che ricorrono i 100 anni dalla nascita si moltiplicano i segnali, i ricordi, le occasioni, le documentazioni, scritte e in immagini. E' una bella mobilitazione della parte più viva del nostro mondo velico, che proprio a partire dai legami storici sa trarre spunti di crescita.
Perchè di questo si tratta: ricordare un grande velista e prendere i suoi insegnamenti, adattarli ai nostri tempi, saperne fare tesoro, condividerli quanto più possibile, e trovare la strada per crescere insieme. Tanto più in un momento difficile, nel quale non si può dire che l'Italia stia bene, e quindi anche la vela italiana ne risente.
Pubblichiamo un articolo della collega Francesca Capodanno, triestina, dal suo blog per Il Piccolo di Trieste, e un articolo di Carlo Roland, presidente onorario della Federvela, che con Straulino ha corso l'Olimpiade di Roma. Francesca ricorda un ricordo: quello di Dani Degrassi sulla bonaccia che non esiste. Credo sia proprio questo l'esempio perfetto di insegnamento da attualizzare. "La bonaccia non esiste. Il vento c'è sempre. basta andarlo a cercare": non vi pare una straordinaria spinta all'ottimismo, incredibilmente adatta ai nostri tempi?
IL PROFILO PRIVATO DI STRAULINO (OVVERO, "TE SON UN...")
di Francesca Capodanno
Giunti a questo punto, alle celebrazioni per il centenario, assumo che sappiate chi è Tino Straulino (anche perché, se non lo sapete, basta leggere qui). Straulino è un personaggio che m’incuriosisce parecchio, perché ho un certo senso di colpa: io giovane freelance, lo incrociai molto anziano lungo i moli dell’Adriaco, e persi la grande occasione di intervistarlo. Sarebbe stata l’ultima volta che regatava a Trieste, e ho un’immagine sfocata di questo signore magrissimo e curvo, titubante nel camminare, ma con uno sguardo sornione.
Insomma, posto che non lo intervistai, la cosa mi Rode (vabbè, questa la capiscono in pochi, solo i velisti puri…).
Nei giorni scorsi, per scrivere la pagina uscita il 14 settembre in cultura, sul Piccolo, che annuncia la (bellissima) mostra dedicata a Straulino dallo Yacht club Adriaco grazie al paziente lavoro di Tiziana Oselladore e di Comunicarte, ho incontrato un po’ di persone che lo hanno conosciuto. Tentavo in qualche modo di riparare a quella mancanza di oltre vent’anni fa: ho provato a descriverlo attraverso i ricordi di chi lo incontrò.
Ne è nato un puzzle, piccole piastrelle di un mosaico al quale il tempo ha sottratto tessere: vedi l’immagine, ma alcuni dettagli sono ben definiti, altri solo accennati. Altri ancora hanno colori molto vivaci, e attraggono tutta l’attenzione, e poi ci sono i buchi, quelli che nessuno racconta…
L’Ammiraglio che guidava la Ritmo. “Arrivava con la sua Ritmo scassata color sabbia, ti ricordi? Suonava il clacson e ci chiedeva di accompagnarlo a Lussino”. L’Ammiraglio che guidò l’intero equipaggio della Vespucci a vela fuori dal porto di Taranto, contravvenendo a tutte le regole, quando metteva i piedi a terra per spostarsi usava una Ritmo. Roma-Trieste-Lussino. Era quella la sua rotta quando non navigava. “Arrivava spesso la nostalgia, allora saliva in auto, arrivava sotto casa nostra a Trieste, suonava il clacson e cercava qualcuno che lo seguisse a Lussino”.
L’esodo. Come buona parte degli esuli istriani e dalmati, Straulino sognava di potersi ricomprare la sua casa. Quella che aveva abbandonato scappando all’arrivo delle truppe jugoslave, nascondendosi nelle campagne di Lussino, e andando, notte dopo notte, in casa per recuperare beni e suppellettili, compreso il pianoforte della sorella. Un pianoforte che trasportò a braccia per le campagne, prima di caricarlo su una barca. “Tutto il trasloco lo fece usando una barca. Perché Tino usava la barca per qualsiasi cosa”. Quella casa, a Lussino, restò il suo centro di gravità. “Avrebbe voluto ricomprarsela, ma le leggi non lo permettevano, la casa era occupata, abitata da una famiglia arrivata con la Jugoslavia. Allora, d’estate, affittava una piccola casa poco lontano, dall’altra parte della baia, e stava lì. A volte solo, a volte con la moglie e la figlia, con i nipoti e gli amici. Al momento di scegliere, scelse l’Italia. E perse casa sua”.
Il corpo morto. Quando tornava a casa, a Lussino, affittava la casa e ormeggiava nella sua Baia il Kerkyra. Sempre nello stesso punto. Aveva fissato un corpo morto nel posto migliore della Baia: “poi, alla fine dell’estate, lo nascondevamo. Sotto il fango, oppure a terra. Era qualcosa che lo rendeva orgoglioso, forse un modo per considerare ancora sua quella Baia. Poi tornava a Lussino e ormeggiava la barca. Era il corpo morto di Straulino, quello che nessuno trovava, eccetto lui”.
Il velista amico degli alberi. Una delle sue fissazioni erano gli alberi, i pini e i pioppi. Ogni volta che tornava a Lussino trapiantava piccoli alberi, che faceva crescere nelle latte d’olio, e portava da casa in macchina. “A Roma piantava pioppi, a Lussino pini. Si faceva aiutare dai nipoti, ne avremo piantati a centinaia”…
Ti mulo, salta in barca. Allo Yacht club Adriaco, i sessantenni di oggi ricordano di aver imparato ad andare in barca con Straulino. “Poi veniva il giorno delle regate lunghe, la Trieste-San Giovanni in Pelago, in particolare. Tino, con il sigaro in bocca, ci guardava dalla barca, e sceglieva. Ci chiamava con un dito, e ci ordinava di salire in barca per la regata. Nessuno di noi avrebbe mai rifiutato. Ma salire in barca con Straulino era come salire sull’ottovolante…non sapevi mai cosa sarebbe accaduto, ma sapevi che in qualche modo sarebbe stato speciale”.
Te son un… Chi parla in dialetto a volte utilizza intercalari coloriti…e Straulino non era da meno. Aveva l’insulto facile, ma in dialetto, che offende meno e rende molto di più l’idea. Gli insulti venivano bene, si racconta, nelle regate lunghe. Quando si risvegliava dal turno di riposo, e trovava la barca in posizione di molto peggiore, rispetto a dove si sarebbe trovata se al timone ci fosse stato lui. “Ammiraglio, ora la smetta di fare cazzate, e vada a dormire…” disse una volta all’amico pari grado, che non aveva interpretato al meglio la tattica di regata. Non si possono fare nomi, ma i moli dell’Adriaco raccontano questa storia da cinquant’anni…
La bonaccia non esiste. Questo me lo ha raccontato Dani Degrassi. “La bonaccia non esiste, il vento c’è sempre, basta solo andarlo a cercare. Usate gli occhi, guardate”. Eccolo, il testamento per i velisti. Un secolo dopo non è cambiato nulla: se un velista crede che la bonaccia non esista, sarà sempre un vincente. Mai darsi per vinti, mai mollare”. In barca, e non solo. Come Straulino. Buon Vento.
Grazie a Francesco Rossetti Cosulich, Gianandrea Cossi, Dani Degrassi, Tino Vidulli e all’ammiraglio Giancarlo Rutteri per le conversazioni su Straulino in un tramonto di bora di inizio settembre all’Adriaco.
LA GIORNATA DI STRAULINO
Impressioni di Carlo Rolandi
Quel venerdì 19 Settembre 2003,quando di buon’ora Paolo Rastrelli mi telefonò per dirmi che, nientepopodimeno, sarebbe venuto a Napoli Tino Straulino per uscire in mare con il famoso 8 m.S.I. “Italia”, il cuore mi saltò in gola. Mai avrei pensato che Tino, di carattere così schivo e quasi misantropo,all’età di circa 89 anni,potesse aver aderito all’invito rivoltogli da Rosaria Rosini,Presidente della Sezione Napoletana della Lega Navale Italiana dove “Italia” era ormeggiata. Alle 11 precise mi trovai per l’imbarco al Molosiglio dove già ci attendeva,oltre Paolo Rastrelli,anche il famoso Antonio Sisimbro che oggi è il proprietario di una barca diventata “bene storico”,riconoscimento attribuitogli dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali.
Il tempo trascorso nell’attesa dell’arrivo da Roma di Straulino mi servì per tuffarmi nei ricordi del tempo in cui da quello stesso Molosiglio uscivamo insieme,Tino ed io,con il “Merope III” per partecipare alla regata Olimpica del 1960. Rivedere Tino in barca fu una emozione troppo grande,resa sensibile da quel forte legame di amicizia creatosi tra le nostre due famiglie durante tanti anni di trepidazioni,di successi,di gioie e di delusioni sportive. E devo riandare al lontano 1946,quando iniziai la mia carriera di “starista” quale prodiere dell’indimenticabile Roberto Ciappa,con il quale regatavo con lo star “Libellula”,una costruzione tutta napoletana di “masto” Daniele Fiorentino,per ricordare i miei primi incontri con Tino Straulino.
Lui regatava,allora,con Nico Rode o con altro prodiere ufficiale della nostra Marina Militare,ed io lo ammiravo,da lontano,conoscendo perfettamente le sue doti “speciali” di velista. Fu proprio nel 1946 a Napoli che vinse il primo Campionato Italiano della Classe Star messo in palio dopo la seconda guerra mondiale,in un campionato disputato “a giro di barche” con sorteggio giornaliero delle barche tra i concorrenti; Tino fu capace di vincere la regata anche quando la sorte gli affidò uno scafo che notoriamente era conosciuto come uno “scavafunno”. Da allora ci incontrammo quasi ogni anno durante le regate classiche degli Star come la Settimana di Genova,quella di Napoli,le regate di Marsiglia,di Cascais,ed erano queste per me occasioni da non perdere per studiare e cercare di assimilare i segreti di Straulino,in lui innata potenzialità.
Nel 1948, alla mia prima esperienza olimpica di Torquay,coprii il ruolo di “riserva” di Nico Rode,a disposizione di Straulino. Lo stesso accadde nel 1956 a Melbourne,nelle regate Olimpiche di Port Philip Bay,e giungiamo così al momento in cui la Federazione Italiana Vela,nel 1957,decise di designare per le Olimpiadi di Napoli l’equipaggio dello star “Merope III” formato da Tino e da me. Furono questi tre anni splendidi di allenamenti e di regate che ci portarono a cogliere successi sui diversi campi nazionali ed internazionali.
Tra le nostre famiglie si cementò vieppiù quel sentimento di vera amicizia che ha legato noi,le nostre mogli ed i nostri figli. Devo ricordare che,sciolto l’equipaggio dopo le Olimpiadi di Napoli,continuai a regatare per mio conto a timone dei diversi “Caprice” cogliendo risultati di tutto rispetto nella Classe Star; ed il merito di tali risultati va ascritto a Tino Straulino che mi aveva insegnato a regatare,inteso il regatare come preparazione dello scafo e tecnica di regata. Da allora ci siamo frequentati con una certa assiduità: memorabile è il ricordo delle regate alle Bahamas con il 5.5 “Grifone”,in equipaggio anche con Ferdinando Sanfelice di Monteforte,dove un vento burrascoso ed onde fortissime ci videro impegnati in maniera veramente dura; la regata della One Ton Cup ad Heligoland dove passammo una notte intera al buio,senza stelle,tra marosi ed onde di acqua dolce che salivano a bordo, alla ricerca di una nave faro da girare; la splendida settimana trascorsa in crociera a bordo del suo “Kerkira” ,veleggiando tra le isole dalmate della sua Lussino dove il verde dei prati giungeva fino in mare.
Quanti ricordi,quante emozioni!! - Una vita intera,quasi sessant’anni,trascorsi tra mare e vela in una amicizia oramai storica,uniti dal sublime godimento che questi elementi ci riservavano. Chiusa la parentesi del nostro passato,ritorno a quel 19 Settembre 2003 quando ho rivisto Tino al timone di “Italia”,con quella sua calma abituale,pervaso da un immenso godimento tra la brezza settembrina del golfo di Napoli e lo sciaquettio delle onde sul fianco della barca. Non potevo immaginare che quella sarebbe stata la sua ultima “uscita a vela”, e che a distanza di poco più di un anno ci avrebbe lasciati per sempre.
Nel dolore insanabile per questo distacco lo immagino oggi tra le nuvole nel cielo azzurro mentre regata con tanti Amici che,purtroppo,ci hanno lasciato: lo immagino di bolina con le mura a dritta che “chiede acqua” a Roberto Ciappa,invece che a Lucrino Monaco,a Dario Salata o Ubaldo Fondi,oppure mentre “vira sotto la prua” di Nino Casentino,di Tito Nordio, di Mario Rivelli o di Angelo Marino per farli cadere di poppa. Si,perché come Tino non bolinava nessuno!
Napoli,14 Dicembre 2004
Carlo Rolandi
Tino Straulino avrebbe compiuto 100 anni, e li compie in effetti. Ne compirà un giorno 200, e poi 300... La memoria del leggendario velista italiano, tra mostre un po' ovunque, ricordi nella sua Lussinpiccolo, gallery di foto storiche, libri, ritagli di giornale, blog e articoli.
Agostino Straulino (1914-2004), leggendario velista e marinaio italiano, nato a Lussino e scolaro che invece del bus pigliava la barca a vela, poi ufficiale di Marina, eroe di guerra sui MAS, e per noi soprattutto campione dello sport velico: due medaglie olimpiche sulla classe Star. Oro a Helsinki 1952, argentoa Melbourne 1956. Nel 2001 gli venne conferita dal presidente Carlo Azeglio Ciampi l'onorificenza di Cavaliere di gran croce della Repubblica Italiana.
Ma un grande come Straulino lascia scie ovunque, e oggi che ricorrono i 100 anni dalla nascita si moltiplicano i segnali, i ricordi, le occasioni, le documentazioni, scritte e in immagini. E' una bella mobilitazione della parte più viva del nostro mondo velico, che proprio a partire dai legami storici sa trarre spunti di crescita.
Perchè di questo si tratta: ricordare un grande velista e prendere i suoi insegnamenti, adattarli ai nostri tempi, saperne fare tesoro, condividerli quanto più possibile, e trovare la strada per crescere insieme. Tanto più in un momento difficile, nel quale non si può dire che l'Italia stia bene, e quindi anche la vela italiana ne risente.
Pubblichiamo un articolo della collega Francesca Capodanno, triestina, dal suo blog per Il Piccolo di Trieste, e un articolo di Carlo Roland, presidente onorario della Federvela, che con Straulino ha corso l'Olimpiade di Roma. Francesca ricorda un ricordo: quello di Dani Degrassi sulla bonaccia che non esiste. Credo sia proprio questo l'esempio perfetto di insegnamento da attualizzare. "La bonaccia non esiste. Il vento c'è sempre. basta andarlo a cercare": non vi pare una straordinaria spinta all'ottimismo, incredibilmente adatta ai nostri tempi?
IL PROFILO PRIVATO DI STRAULINO (OVVERO, "TE SON UN...")
di Francesca Capodanno
Giunti a questo punto, alle celebrazioni per il centenario, assumo che sappiate chi è Tino Straulino (anche perché, se non lo sapete, basta leggere qui). Straulino è un personaggio che m’incuriosisce parecchio, perché ho un certo senso di colpa: io giovane freelance, lo incrociai molto anziano lungo i moli dell’Adriaco, e persi la grande occasione di intervistarlo. Sarebbe stata l’ultima volta che regatava a Trieste, e ho un’immagine sfocata di questo signore magrissimo e curvo, titubante nel camminare, ma con uno sguardo sornione.
Insomma, posto che non lo intervistai, la cosa mi Rode (vabbè, questa la capiscono in pochi, solo i velisti puri…).
Nei giorni scorsi, per scrivere la pagina uscita il 14 settembre in cultura, sul Piccolo, che annuncia la (bellissima) mostra dedicata a Straulino dallo Yacht club Adriaco grazie al paziente lavoro di Tiziana Oselladore e di Comunicarte, ho incontrato un po’ di persone che lo hanno conosciuto. Tentavo in qualche modo di riparare a quella mancanza di oltre vent’anni fa: ho provato a descriverlo attraverso i ricordi di chi lo incontrò.
Ne è nato un puzzle, piccole piastrelle di un mosaico al quale il tempo ha sottratto tessere: vedi l’immagine, ma alcuni dettagli sono ben definiti, altri solo accennati. Altri ancora hanno colori molto vivaci, e attraggono tutta l’attenzione, e poi ci sono i buchi, quelli che nessuno racconta…
L’Ammiraglio che guidava la Ritmo. “Arrivava con la sua Ritmo scassata color sabbia, ti ricordi? Suonava il clacson e ci chiedeva di accompagnarlo a Lussino”. L’Ammiraglio che guidò l’intero equipaggio della Vespucci a vela fuori dal porto di Taranto, contravvenendo a tutte le regole, quando metteva i piedi a terra per spostarsi usava una Ritmo. Roma-Trieste-Lussino. Era quella la sua rotta quando non navigava. “Arrivava spesso la nostalgia, allora saliva in auto, arrivava sotto casa nostra a Trieste, suonava il clacson e cercava qualcuno che lo seguisse a Lussino”.
L’esodo. Come buona parte degli esuli istriani e dalmati, Straulino sognava di potersi ricomprare la sua casa. Quella che aveva abbandonato scappando all’arrivo delle truppe jugoslave, nascondendosi nelle campagne di Lussino, e andando, notte dopo notte, in casa per recuperare beni e suppellettili, compreso il pianoforte della sorella. Un pianoforte che trasportò a braccia per le campagne, prima di caricarlo su una barca. “Tutto il trasloco lo fece usando una barca. Perché Tino usava la barca per qualsiasi cosa”. Quella casa, a Lussino, restò il suo centro di gravità. “Avrebbe voluto ricomprarsela, ma le leggi non lo permettevano, la casa era occupata, abitata da una famiglia arrivata con la Jugoslavia. Allora, d’estate, affittava una piccola casa poco lontano, dall’altra parte della baia, e stava lì. A volte solo, a volte con la moglie e la figlia, con i nipoti e gli amici. Al momento di scegliere, scelse l’Italia. E perse casa sua”.
Il corpo morto. Quando tornava a casa, a Lussino, affittava la casa e ormeggiava nella sua Baia il Kerkyra. Sempre nello stesso punto. Aveva fissato un corpo morto nel posto migliore della Baia: “poi, alla fine dell’estate, lo nascondevamo. Sotto il fango, oppure a terra. Era qualcosa che lo rendeva orgoglioso, forse un modo per considerare ancora sua quella Baia. Poi tornava a Lussino e ormeggiava la barca. Era il corpo morto di Straulino, quello che nessuno trovava, eccetto lui”.
Il velista amico degli alberi. Una delle sue fissazioni erano gli alberi, i pini e i pioppi. Ogni volta che tornava a Lussino trapiantava piccoli alberi, che faceva crescere nelle latte d’olio, e portava da casa in macchina. “A Roma piantava pioppi, a Lussino pini. Si faceva aiutare dai nipoti, ne avremo piantati a centinaia”…
Ti mulo, salta in barca. Allo Yacht club Adriaco, i sessantenni di oggi ricordano di aver imparato ad andare in barca con Straulino. “Poi veniva il giorno delle regate lunghe, la Trieste-San Giovanni in Pelago, in particolare. Tino, con il sigaro in bocca, ci guardava dalla barca, e sceglieva. Ci chiamava con un dito, e ci ordinava di salire in barca per la regata. Nessuno di noi avrebbe mai rifiutato. Ma salire in barca con Straulino era come salire sull’ottovolante…non sapevi mai cosa sarebbe accaduto, ma sapevi che in qualche modo sarebbe stato speciale”.
Te son un… Chi parla in dialetto a volte utilizza intercalari coloriti…e Straulino non era da meno. Aveva l’insulto facile, ma in dialetto, che offende meno e rende molto di più l’idea. Gli insulti venivano bene, si racconta, nelle regate lunghe. Quando si risvegliava dal turno di riposo, e trovava la barca in posizione di molto peggiore, rispetto a dove si sarebbe trovata se al timone ci fosse stato lui. “Ammiraglio, ora la smetta di fare cazzate, e vada a dormire…” disse una volta all’amico pari grado, che non aveva interpretato al meglio la tattica di regata. Non si possono fare nomi, ma i moli dell’Adriaco raccontano questa storia da cinquant’anni…
La bonaccia non esiste. Questo me lo ha raccontato Dani Degrassi. “La bonaccia non esiste, il vento c’è sempre, basta solo andarlo a cercare. Usate gli occhi, guardate”. Eccolo, il testamento per i velisti. Un secolo dopo non è cambiato nulla: se un velista crede che la bonaccia non esista, sarà sempre un vincente. Mai darsi per vinti, mai mollare”. In barca, e non solo. Come Straulino. Buon Vento.
Grazie a Francesco Rossetti Cosulich, Gianandrea Cossi, Dani Degrassi, Tino Vidulli e all’ammiraglio Giancarlo Rutteri per le conversazioni su Straulino in un tramonto di bora di inizio settembre all’Adriaco.
LA GIORNATA DI STRAULINO
Impressioni di Carlo Rolandi
Quel venerdì 19 Settembre 2003,quando di buon’ora Paolo Rastrelli mi telefonò per dirmi che, nientepopodimeno, sarebbe venuto a Napoli Tino Straulino per uscire in mare con il famoso 8 m.S.I. “Italia”, il cuore mi saltò in gola. Mai avrei pensato che Tino, di carattere così schivo e quasi misantropo,all’età di circa 89 anni,potesse aver aderito all’invito rivoltogli da Rosaria Rosini,Presidente della Sezione Napoletana della Lega Navale Italiana dove “Italia” era ormeggiata. Alle 11 precise mi trovai per l’imbarco al Molosiglio dove già ci attendeva,oltre Paolo Rastrelli,anche il famoso Antonio Sisimbro che oggi è il proprietario di una barca diventata “bene storico”,riconoscimento attribuitogli dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali.
Il tempo trascorso nell’attesa dell’arrivo da Roma di Straulino mi servì per tuffarmi nei ricordi del tempo in cui da quello stesso Molosiglio uscivamo insieme,Tino ed io,con il “Merope III” per partecipare alla regata Olimpica del 1960. Rivedere Tino in barca fu una emozione troppo grande,resa sensibile da quel forte legame di amicizia creatosi tra le nostre due famiglie durante tanti anni di trepidazioni,di successi,di gioie e di delusioni sportive. E devo riandare al lontano 1946,quando iniziai la mia carriera di “starista” quale prodiere dell’indimenticabile Roberto Ciappa,con il quale regatavo con lo star “Libellula”,una costruzione tutta napoletana di “masto” Daniele Fiorentino,per ricordare i miei primi incontri con Tino Straulino.
Lui regatava,allora,con Nico Rode o con altro prodiere ufficiale della nostra Marina Militare,ed io lo ammiravo,da lontano,conoscendo perfettamente le sue doti “speciali” di velista. Fu proprio nel 1946 a Napoli che vinse il primo Campionato Italiano della Classe Star messo in palio dopo la seconda guerra mondiale,in un campionato disputato “a giro di barche” con sorteggio giornaliero delle barche tra i concorrenti; Tino fu capace di vincere la regata anche quando la sorte gli affidò uno scafo che notoriamente era conosciuto come uno “scavafunno”. Da allora ci incontrammo quasi ogni anno durante le regate classiche degli Star come la Settimana di Genova,quella di Napoli,le regate di Marsiglia,di Cascais,ed erano queste per me occasioni da non perdere per studiare e cercare di assimilare i segreti di Straulino,in lui innata potenzialità.
Nel 1948, alla mia prima esperienza olimpica di Torquay,coprii il ruolo di “riserva” di Nico Rode,a disposizione di Straulino. Lo stesso accadde nel 1956 a Melbourne,nelle regate Olimpiche di Port Philip Bay,e giungiamo così al momento in cui la Federazione Italiana Vela,nel 1957,decise di designare per le Olimpiadi di Napoli l’equipaggio dello star “Merope III” formato da Tino e da me. Furono questi tre anni splendidi di allenamenti e di regate che ci portarono a cogliere successi sui diversi campi nazionali ed internazionali.
Tra le nostre famiglie si cementò vieppiù quel sentimento di vera amicizia che ha legato noi,le nostre mogli ed i nostri figli. Devo ricordare che,sciolto l’equipaggio dopo le Olimpiadi di Napoli,continuai a regatare per mio conto a timone dei diversi “Caprice” cogliendo risultati di tutto rispetto nella Classe Star; ed il merito di tali risultati va ascritto a Tino Straulino che mi aveva insegnato a regatare,inteso il regatare come preparazione dello scafo e tecnica di regata. Da allora ci siamo frequentati con una certa assiduità: memorabile è il ricordo delle regate alle Bahamas con il 5.5 “Grifone”,in equipaggio anche con Ferdinando Sanfelice di Monteforte,dove un vento burrascoso ed onde fortissime ci videro impegnati in maniera veramente dura; la regata della One Ton Cup ad Heligoland dove passammo una notte intera al buio,senza stelle,tra marosi ed onde di acqua dolce che salivano a bordo, alla ricerca di una nave faro da girare; la splendida settimana trascorsa in crociera a bordo del suo “Kerkira” ,veleggiando tra le isole dalmate della sua Lussino dove il verde dei prati giungeva fino in mare.
Quanti ricordi,quante emozioni!! - Una vita intera,quasi sessant’anni,trascorsi tra mare e vela in una amicizia oramai storica,uniti dal sublime godimento che questi elementi ci riservavano. Chiusa la parentesi del nostro passato,ritorno a quel 19 Settembre 2003 quando ho rivisto Tino al timone di “Italia”,con quella sua calma abituale,pervaso da un immenso godimento tra la brezza settembrina del golfo di Napoli e lo sciaquettio delle onde sul fianco della barca. Non potevo immaginare che quella sarebbe stata la sua ultima “uscita a vela”, e che a distanza di poco più di un anno ci avrebbe lasciati per sempre.
Nel dolore insanabile per questo distacco lo immagino oggi tra le nuvole nel cielo azzurro mentre regata con tanti Amici che,purtroppo,ci hanno lasciato: lo immagino di bolina con le mura a dritta che “chiede acqua” a Roberto Ciappa,invece che a Lucrino Monaco,a Dario Salata o Ubaldo Fondi,oppure mentre “vira sotto la prua” di Nino Casentino,di Tito Nordio, di Mario Rivelli o di Angelo Marino per farli cadere di poppa. Si,perché come Tino non bolinava nessuno!
Napoli,14 Dicembre 2004
Carlo Rolandi
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