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05/10/2013 - 21:20

Solo 7 giorni alla Mini Transat

Il nostro oceano,
altro che mini!

Assalto all'oceano. Ultima settimana di preparativi, dettagli, cambusa, training, per oltre 80 mini solitari. Al via il 13 ottobre da Douarnenez. Il punto sulla regata e le interviste a due italiani che corrono in classe Prototipi: Michele Zambelli e Giancarlo Pedote - VIDEO
 

 
Il 2013 è l’anno della Mini Transat, la regata che molti considerano la vera sfida con l’Atlantico: 6.50 metri di scafo e 4.020 miglia di onde da attraversare.

Questa diciannovesima edizione porta con sé grandi novità, a partire dalla rotta che si sposta notevolmente verso nord tornando al tradizionale percorso di regata: la linea di partenza è infatti a Douarnenez, in Bretagna, e dopo la tappa spagnola a Lanzarote via dritti fino a Pointe-à-Pitre, Guadalupe.
 
Il mito della Mini Transat prosegue, lo dimostrano i numeri da tutto esaurito delle iscrizioni, saranno 84 le barche a partire tra scafi di serie e prototipi. I francesi come di consueto la fanno da padroni ma i concorrenti italiani sono ben sette, 14 le diverse nazionalità in gara.

E così il 13 ottobre i moli saranno pieni, le barche, dopo lunghi mesi di progettazione e cantiere, saranno pronte e per gli skipper la Mini avrà inizio. L’allenamento della qualificazione - la classe esige almeno 1.000 miglia di navigazione in solitaria - avrà fatto presagire ai velisti cosa li aspetta ma solo varcata la linea comincerà l’avventura. Olivier Avram, Presidente della classe Mini, racconta che a quel punto “restano le planate, gli alisei, le brezze, i tramonti del sole incandescente, le nubi di pesci volanti. Una pienezza totale ma anche disperazione assoluta”.
 
La classe prototipi è un banco di prova, gli occhi di chi progetta le barche e dei cantieri sono puntati su questo vivaio di idee: ciò che si sperimenta sui Mini può diventare l’innovazione per i grandi scafi.
Quest’anno gli italiani in gara con un prototipo sono due: Giancarlo Pedote, che ha scelto il progetto Raison vincitore della Transat 2011, metterà in gioco la sua esperienza decennale a bordo di Prysmian, ottimizzata in anni di lavoro.

Sulla linea di partenza, c’è da scommetterci con un sorriso stampato sul viso, ci sarà anche Michele Zambelli ventitreenne romagnolo con il sogno dell’oceano che regaterà a bordo di Fontanot.
 
INTERVISTA A MICHELE ZAMBELLI
 
Come ti sei avvicinato alla vela?
 
La vela per me è stato un richiamo dello spirito più che della competizione, una voglia di avventura. Poi da lì sono partiti una serie di progetti e conoscenze, come sempre accade quando hai voglia di fare: a 19 anni ho fatto la prima traversata oceanica ed è iniziato un vortice di entusiasmo difficile da fermare.
 
Hai lavorato alla barca insieme ai i ragazzi di una cooperativa sociale, come è nata questa collaborazione?
 
La 100 fiori è una cooperativa di Rimini che gestisce attività per ragazzi che hanno avuto problemi di droga. Dopo la prima traversata con una barca francese, senza neanche saper parlare francese, sono arrivato in Brasile, lì ho ricevuto una telefonata: un amico di Rimini mi ha proposto il suo Mini. La barca era abbandonata da 4 anni, io non avevo soldi né sponsor ma avevo voglia di fare regate. Mio zio lavora nel cantiere dove ho portato lo scafo e ho iniziato a lavorarci con i ragazzi. Sono miei coetanei e tanti lavori li abbiamo imparati a fare insieme.
E così è iniziato tutto. La mini non è una regata è un’avventura nel vero senso della parola e come ogni avventura ci sono persone che ti aiutano a costruirla; non sono solo le persone che ti danno i soldi ma soprattutto chi ti dà la carica. Se fosse solo per denaro e gloria tutto morirebbe.

 
Quali sono i punti forti di Fontanot? Hai fatto modifiche importanti in cantiere?
 
La barca mi è stata prestata e le persone che ci hanno lavorato lo hanno fatto più per un aspetto emotivo che monetario; dalla veleria al cantiere, a chi mi ha dato le cime.
La barca è abbastanza vecchia, ha 10 anni, insomma non è proprio un ultimo modello! Questa edizione della Mini Transat però sembra fatta su misura per me:  fino a due anni fa si arrivava in Brasile, bisognava attraversare l’equatore e fare una settimana con il vento in faccia agganciando gli alisei dell’anticiclone di Sant’Elena. In quella situazione la mia barca avrebbe perso tantissimo sulla flotta perché è pensata per le portanti, quest‘anno andiamo ai Caraibi e se tutto va come deve andare si affrontano gli alisei vento in poppa, condizione in cui la mia barca è veloce.

 
La Mini è la regata minimalista per eccellenza, vivrai in pochi metri quadrati di superficie galleggiante: c’è qualcosa di insolito che hai imbarcato per questa avventura?
 
Mi porto il cuore di tante persone. Chi mi ha regalato l’accendino, metri di carbonio, 36 metri di cima... è la cosa più bella! Poi è chiaro che ho un sacco di amuleti regalati da familiari e amici ma il cuore è tutto perché dopo settimane di mare, da solo, hai fame e sete e la tentazione di cadere in pensieri negativi.  Io ho questa carta in più rispetto a quelli che fanno tutto attraverso bonifico bancario, ho costruito tutto con l’emozione e la collaborazione di chi crede in me. Ho voglia di navigare, sono giovane e spero di poter far bene.
 
Hai un velista a cui ti ispiri?
 
Simone Bianchetti, un navigatore delle mie parti che ora non c'è più. E’ veramente il mio punto di riferimento, mi da forza pensare a lui. Bianchetti mi rispecchia parecchio anche per la sua purezza.
 
INTERVISTA A GIANCARLO PEDOTE
 
Hai iniziato con il windsurf e hai regatato su barche diverse, ci racconti il tuo incontro con i Mini?
 
E’ stato nel 2001 a La Rochelle ero a lavorare alla preparazione di un 50 piedi che doveva fare la Jaques Vabre e lì vidi per la prima volta queste barchette.  Mi piacque l’idea di un piccolo scafo per attraversare l’oceano con dei budget ragionevoli così da poter trovare uno sponsor che riuscisse a supportare dei ragazzi motivati a fare questo genere di esperienze. Da quel momento sono passati otto anni, in cui ho lavorato sempre nella vela per guadagnare soldi e comprare la prima barca.
 

Cosa ti porti dietro dell’esperienza della Mini del 2009 ( chiudendo 4° nei serie Giancarlo Pedote ha conseguito il miglior risultato italiano nella storia della regata)?
 
Molto. Nella prima Transat ti impratichisci in termini di organizzazione, di conoscenza di te stesso a livello fisico e mentale e di preparazione del mezzo. Insomma ho chiaro cosa vuol dire passare 3 settimane da solo in mezzo la mare. Poi se riparti una seconda volta è perché ti è piaciuto e torni  per migliorare: hai più chance in termini di risultato perché conosci tutto quello che è il lungo cammino per arrivare ben pronto sulla linea di partenza.
 
Partecipi con un prototipo dalla prua arrotondata, con cui David Raison ha vinto nel 2011. Ma allora la rotta era un’altra e si arrivava in Brasile. Come si comporterà la barca su questo nuovo tragitto? Che modifiche hai fatto?
 
La sfida è questa, la mia barca non era adatta alle andature portanti e abbiamo lavorato appunto per ottimizzarla. E’ il motivo per cui Prysmian non ha ancora una gemella: il mondo della vela vuole vedere come si comporta su questo percorso.
La concezione generale della barca è rimasta tale e quale e chiaramente si è cercato di andare lontano in termini di ottimizzazione e di affidabilità, dalla meccanica all’elettronica essendo un mezzo che deve tenere più di 4 mila miglia...è bene controllare tutto nei particolari.

 
Imbarcherai un oggetto insolito o un portafortuna?
 
Certo quello lo abbiamo tutti! Ne ho diversi ma quello che mi segue da sempre è un pupazzo di SpongeBob.
 
C’è un navigatore a cui ti ispiri?
 
Questa è una domanda che mi fa sorridere perché non c’è nessun navigatore che mi ha ispirato o in cui mi sono identificato in termini di valori o persona. Ammiro altri sportivi, in altre discipline, uno su tutti Ayrton Senna.
 
Trovi che ci sia differenza, tra l’Italia e la Francia patria della Transat, nel modo di concepire la vela e l’andare per mare?
 
In Italia la barca è vissuta come uno status symbol, a volte le barche che sono nei porti escono si e no 5 volte l’anno e così la nautica diventa una rimessa economica enorme. Qua in Francia ci sono tante barche sgangherate, la gente arriva al pontile con la cerata gialla da 30 euro, un sacchetto con un panino e la bottiglietta d’acqua e via si parte. Questo è l’aspetto bello e sano della vela. Poi non sono nessuno per dire come vivere il mare, ma l’approccio è più semplice e qui se sei un ragazzo che viene dal nulla e vuoi imparar a far vela hai la possibilità di farlo.
 
VIDEO: LA PARTENZA DEL 2009

 

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