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21/04/2022 - 17:14

Vela nonostante tutto

Quando a casa c’è la guerra, la storia di Sofiia

LA VELISTA UCRAINA SUL GARDA - Sofiia Naumenko, 23 anni da Dnipro, timoniera della classe ILCA 6. La vita lontano dal proprio paese invaso, per continuare. fare sport: “Spero che tutto questo finisca presto, che l’Ucraina rimanga indipendente e che il popolo ucraino non venga diviso. Donne, bambini e famiglie intere stanno soffrendo le pene dell’inferno perché non possono scappare e sono costretti a rimanere a casa, sotto la guerra. La guerra deve finire.” - ENGLISH VERSION

 

di Francesca Frazza

Malcesine, Youth Easter Meeting ILCA, 14 aprile 2022. Il clima è sereno, c’è il sole e quella fredda aria da sud che segna l’inizio della primavera al lago. Dopo quasi due mesi ci siamo abituati a sentire parlare di questa guerra alle porte dell’Europa e da questa abbiamo imparato a distogliere lo sguardo. In fondo se non guardi qualcosa, questa pian piano tende a scomparire davanti ai tuoi occhi. C’è qualcuno qui che purtroppo alla guerra continua a guardare perché dietro di sé ha lasciato tutto. Incontro Sofiia Naumenko, una ragazza di 23 anni che regata per la classe ILCA 6 sotto i colori giallo-blu della bandiera ucraina.

La prima domanda che le faccio è come sta vivendo qui in Europa e lei mi risponde: “quando la guerra è iniziata, mi trovavo in Spagna. Non avevo idea di dove stare e così sono stata messa in contatto con un ex-windsurfista del mio paese che vive in Spagna da dieci anni. Si chiama Olga Maslivets. Mi ha ospitata nel suo appartamento e poi mi ha aiutata a trovare dove dormire sia all’Europa Cup, disputata a Port de Pollenca, sia al Trofeo Princesa Sofia, a Palma de Mallorca. Qui in Italia il team è decisamente più grande e quindi viviamo tutti in luoghi diversi. Io faccio avanti e indietro da Campione in gommone, gli altri ragazzi invece dormono intorno a Malcesine. Dopo questa regata andrò in Francia, alla Settimana Olimpica di Hyères, dove credo che il comitato organizzatore mi darà una mano a trovare una sistemazione economica. In fondo mi aspetto di dover rimanere in Europa ancora per un po'.”

Come velisti siamo abituati a vivere uno stile di vita nomade. Quando la stagione delle regate è in pieno svolgimento, un giorno ti trovi in Spagna e il giorno dopo ti potresti benissimo svegliare in Germania, ma ti è sempre concesso di tornare in quell’angolo di paradiso che chiami casa. In realtà io sto descrivendo tutto questo in maniera molto malinconica, perché non mi potrei mai immaginare di non poter mai tornare a casa, ma Sofiia me ne parla in modo molto lucido, anche quando le chiedo della sua vita e di cosa abbia lasciato dietro di sé, in Ucraina: “La mia città, Dnipro, non sta soffrendo moltissimo a causa della guerra. Lì ho la mia casa, i miei amici, la mia famiglia, il mio lavoro, ma stanno tutti bene al momento. Io sono fortunata, sono qui, ho la mia barca e posso navigare. Gli ultimi anni ho deciso di concentrarmi sulla vela e ho cercato di navigare al meglio, puntando alle Olimpiadi. Purtroppo, non avendo fatto Optimist e avendo poca esperienza nelle regate di flotta, sono ancora un po' indietro con la preparazione. La vela rappresenta gran parte della mia vita, ma tutta la mia famiglia, tutta la mia vita, la mia città, dove sono nata e dove ho vissuto per tutta la mia vita è rimasta là. Non è facile.”

Mi racconta di cosa la rende più felice riguardo all’andare in barca, le piace uscire con vento forte e che ama stare intorno all’acqua, dolce o salata che sia. “Ti deve piacere, allora, navigare qua al lago”, le dico e lei mi risponde che, nonostante le condizioni siano molto specifiche e molto diverse da quello con cui poi navighi al mare, le piace molto stare qui, che in ogni caso sta cercando di dare il massimo e di imparare dai propri errori, in vista delle prossime regate, soprattutto in vista della ben più impegnativa competizione di Hyères.

Una delle cose più affascinanti di questo mondo è vedere come lo sport riesca ad unire le persone. Un esempio su tutti è l’abbraccio tra il russo Ilia Burov e l’ucraino Oleksandr Abramenko alle recenti Olimpiadi di Pechino 2022 e probabilmente qualche nostro avo si rivolterebbe nella tomba, guardando ad alcuni tra i nostri rapporti di amicizia. Italiani, francesi, tedeschi, inglesi, tutti uniti da questo amore per lo sport. Le chiedo se anche secondo lei lo sport unisca le persone: “Certamente, lo sport unisce gli atleti e le persone. In questo caso, però, non possiamo prescindere dalle direttive politiche del nostro paese e comportarci in modo fraterno con tutti, come se nulla stesse succedendo. Vogliamo dimostrare, a modo nostro, il nostro dissenso verso quello che sta succedendo. Le persone o muoiono o stanno soffrendo in modo inutile e noi facciamo quello che è in nostro potere fare, da qui. Per questo non possiamo mostrare un atteggiamento di amicizia verso alcuni atleti, non sarebbe corretto nei confronti della nostra nazione.”

Mi racconta che alcuni dei membri del team ucraino vengono da zone più colpite dalla guerra di quanto non sia Dnipro, la sua città natale. “Ci sono alcuni dei ragazzi, che ora si trovano a Spalato, che vengono da Mariupol e che ora non hanno più niente. La fortuna vuole che le loro mogli e i loro figli siano riusciti, anche se a fatica, a scappare dalle zone di guerra e che alcune delle famiglie ora siano riunite. Per quanto riguarda i ragazzi del mio team, molti vengono da Odessa e Mikolaiv, ma qualcuno viene anche da Kyev, la capitale, e lì la situazione è peggiore. È difficile.”

Mi continua a ripetere che è una situazione difficile, ma con una freddezza che sembra venire da un altro mondo. Come si suol dire, o ti fai prendere dagli eventi o cerchi di passarci sopra e andare avanti e finché la tua famiglia sta bene, forse, cerchi di porti i minori problemi possibili. Alla fine dell’intervista le domando se c’è qualche messaggio che lei voglia lasciare. “Voglio solo dire che spero che tutto questo finisca presto, che l’Ucraina rimanga indipendente e che il popolo ucraino non venga diviso. Donne, bambini e famiglie intere stanno soffrendo le pene dell’inferno perché non possono scappare e sono costretti a rimanere a casa, sotto la guerra. La guerra deve finire.”

 

When the war is destroying your country: the story of Sofiia.

by Francesca Frazza

Malcesine, Youth Easter Meeting, 14 April 2022. The weather is clear, the sun is shining and it’s blowing that cold southern breeze that marks the beginning of spring at the lake. After almost two months, we got used to hear about this war at the borders of Europe and we have learned to look away from it. At the end of the day, if you look away from something, this slowly tends to disappear in front of your eyes. There is someone here who unfortunately continues to look at the war because of everything that was left behind. I meet Sofiia Naumenko, a 23 year old girl who races for the ILCA 6 class under the yellow-blue colors of the Ukrainian flag.

The first question I ask her is how she is living here in Europe and she replies, "when the war started, I was in Spain. I had no idea where to stay and so I got in touch with an ex-windsurfer from my country who has been living in Spain for ten years. Her name is Olga Maslivets. She let me stay in her apartment and then she helped me to find a place where to sleep at both the Europa Cup event, held in Port de Pollenca, and at the Trofeo Princesa Sofia, in Palma de Mallorca. Here in Italy the team includes more people and so we all live in different places. I go back and forth to Campione by rib, while the other guys sleep around Malcesine. After this regatta I will go to France as I will attend the Hyères Olympic Week, where I think the organizing authority will help me to find a cheap accommodation. After all I expect that I’ll have to stay in Europe for a while longer."

As sailors we are used to live a nomadic lifestyle. When in the heat of the racing season, one day you're in Spain and the next day you might wake up in Germany, but you're always allowed to return to that corner of paradise that you call home. I'm actually describing all of this under a very melancholic tone because I could never imagine myself not being able to go back home, but Sofiia tells me about it in a very lucid way, even when I ask her about her life and what she left behind in Ukraine: "My city, Dnipro, is not suffering much because of the war. I have my house there, my friends, my family, my job, but everyone is fine at the very moment. I am lucky, I am here, I have my boat and I can sail. The last few years I decided to focus on sailing and tried to sail the best that I could, aiming towards the Olympics. Unfortunately, I haven’t sailed neither the Optimist , nor any other sailing class in my childhood and so I have a  little experience when it comes to race in a big fleet. I'm still a bit behind  the others with the preparation. Sailing is a big part of my life, but my whole family, my whole life, my town, where I was born and where I've lived my whole life has stayed there. It's not easy."

She tells me about what makes her happiest about sailing, she likes going to sail in strong winds and she loves being around water, no matter if it’s fresh or salty water. "You must like  sailing here at the lake, then" I tell her and she replies that although the conditions are very specific and very different from what you sail with when you are at the seaside, she really enjoys being here. She tells me that in any case she is trying to give her best and she is learning day by day from her mistakes, with her eyes set on the upcoming events, especially the much more challenging competition which is going to take place next week in Hyères.

One of the most fascinating things in this world is to see how sport can bring people together. One example amongst all was seeing the Russian Ilia Burov and the Ukrainian Oleksandr Abramenko hugging each other at the recent Beijing 2022 Olympics and probably some of our ancestors would be turning in their graves, looking at some of our friendships. Italians, French, Germans, English, all united by the love for this sport. I ask her if she thinks that sport brings people together: "Certainly, sport unites athletes and people. In this case, however, we cannot disregard the political directives of our country and behave in a brotherly way with everyone, as if everything was fine. We want to show, in our own way, our dissent to whatever is happening right now. People are either dying or unnecessarily suffering and we are doing what’s in our power from here. That's why we can't show a friendly attitude toward some athletes, it wouldn't be fair towards our nation." She tells me that some of the Ukrainian team members come from areas more affected by the war rather than Dnipro, her hometown.

"There are some of the guys, who are now in Split that come from Mariupol and now they have nothing left back in Ukraine. Some of their wives and children, however, managed, albeit with difficulty, to escape the war and some of the families are now reunited. As for the guys on my team, many come from Odessa and Mikolaiv, but some of them come from Kyev, the capital, and the situation is worse there. It's difficult." She keeps telling me that it's a difficult situation, but she sounds really detached from her words. As they say, you either get caught up by the events or you try to get over them and move on and as long as your family is okay, perhaps, you try not to think about bigger things. They are still there, in a corner of your mind, but as I mentioned before, you try hard to carry on with your life. At the end of the interview I ask her if there is any message she wants to leave. "I just want to say that I hope that this will end soon, that Ukraine will stay independent and that the Ukrainian people will not be divided. Women, children and families are suffering the pains of hell because they can't escape and are forced to stay at home under the war. The war must end."

 

Sezione ANSA: 
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