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02/02/2021 - 20:04

Gira che ti rigira il mondo a vela

Vendée e altri arrivi di marinai straordinari

NON SOLO BESTAVEN-DALIN & C - Ecco Benjamin Dutreux, solo 30 anni (tra i più giovani di questa edizione), nativo di una piccola isoletta davanti a Les Sables. Barca senza foil, autore di una super regata, testimonial di Ulysse Nardin e di un importante progetto educativo. Chi è Benjamin? Ecco la sua storia di uomo e velista. E le immancabili dichiarazioni in conferenza stampa (dove si capisce tanto di questa vela). “Provo una moltitudine di sensazioni abbastanza indescrivibili" - VIDEO

 

di Christophe Julliand

Benjamin Dutreux è arrivato più barbuto di 81 giorni e 19 ore prima, più forte anche e parecchio. 

Ma procediamo con ordine. Prima ricordiamo il background di uno dei concorrenti più giovani di questa edizione: 30 anni, residente all’isola di Yeu, a qualche decina di miglia da Les Sables. Prime regate in catamarano sportivo a Fromentine sempre in Vandea. Ha studiato a Nantes sezione Sport Etudes, anche qua tanta vela, ma in match race. Integra poi il Team Vendée Formation e si fa notare sul circuito Figaro: cinque stagioni tra cui un primo posto tra gli esordienti e un quinto posto in generale.

Ha tagliato la linea quindi. Poi sono saliti a bordo i membri del suo team, tutti giovani come lui. Hanno ammainato le vele di Omia / Water Family e, accompagnata dai gommoni, la barca ha iniziato la risalita del lungo, lungo canale fino al pontile riservato alle barche del Vendée Globe. Era giorno di mattina e - miracolo - non pioveva, si sentiva la presenza del sole sopra le nuvole. E’ sembrato quasi un arrivo normale. Con questo intendiamo dire non ai tempi del Covid e le sue regole di distanziamento sociale. C’erano gli striscioni sui moli e la gente sui ad applaudire, a gridare “Bravò Benji”. 

Siccome era mattina e non pioveva, c’era parecchia gente anche a bordo delle otto barche arrivate prima di questo venerabile Farr 2007 dalla lunga e travagliata storia fatto di vittorie e di sconfitte. Sul pontile, skipper avversari, shore team e amici, tutti in piedi. Standing ovation per Benjamin Dutreaux che ha preso il nono posto nella classifica ufficiale, il terzo posto nella classifica non ufficiale della barche a derive dietro Jean Le Cam  e Damien Seguin. 

Una volta la barca ormeggiata al pontile, è partita la canzone della Water Family, un brano rap, hanno ballato un po’, stappato il magnum di champagne. Il solito protocollo festivo. Poi ha iniziato a rispondere alla prima serie di domande dei giornalisti. “È stato un finale incredibile, ci sono così tante cose nella mia testa. Ho dato il massimo fino alla fine e sono solo felice di aver completato questo primo Vendée Globe. Ho visto prima i miei compagni, arrivati con mio fratello. È sorprendente vedere così tante persone tutte in una volta, tutti impazziti. È stato un momento emozionante e indimenticabile.” 

A un certo punto però deve interrompere le sue risposte, ha visto sua nonna sui pontili. La raggiunge, si abbracciano e lei dice semplicemente al nipote “E’ bello che sei tornato!” 

VIDEO  L’ARRIVO DELLA WATER FAMILY

Tappetto rosso e suvvia per la conferenza stampa di rito. Dutreux si siede. Il giornalista nota però l’assenza di Flaggy, la mascotte di bordo di cui riparleremo più avanti. “Cavolo, ho dimenticato Flaggy!” Si alza, va via torna poco tempo dopo e appoggia sul tavolo uno strano amuleto, una sorta di ampolla contenente un liquido. “Ho passato il giro a cercarlo in fondo alla barca, è un miracolo che sia ancora intero.” 

La conferenza può iniziare. 

Prime impressioni  

“Provo una moltitudine di sensazioni abbastanza indescrivibili. Per tutta la regata non ho visto il tempo passare, gli ultimi tre giorni invece sono durati un’eternità. Mi hanno permesso di pensare a molte cose. Credo che una regata come questa ti faccia crescere mentalmente. Penso che la difficoltà la renda ancora più bella. È emozionalmente incredibile. Sono orgoglioso di aver potuto raccogliere questa sfida, in così poco tempo, con una squadra così grande. È già una grande sfida essere al via, ma visto che l’abbiamo preso la partenza tanto valeva arrivare al traguardo. È davvero uno sforzo di squadra. Quando dico la squadra, includo anche la famiglia e i nostri partner. Sono piccole aziende, proprio come il nostro team. Siamo una grande famiglia, siamo arrivati alla fine di questa grande sfida. Quando uniamo le forze, dimostriamo di essere capaci di realizzare grandi cose.”

Abbandonato dal main sponsor all’inizio dell’anno, ha finalmente trovato Omia, un’azienda specializzata nel trattamento delle acque. Dutreux è tornato sulla sua preparazione last minute. 

Forza di volontà e lavoro di squadra

Tante persone gravitano attorno al progetto, partner e mecenati. Eravamo numerosissimi per il battesimo della barca. Avevo un piccolo budget intorno ai 500 / 600.000 euro. La barca arrivava dal Giappone, l’abbiamo ricevuto in kit e preparata last minute per fare la Transat Jacques Vabre in doppio. Poi abbiamo dovuto tornare indietro dopo essere stati speronati da un ferry boat. Poi la qualifica per il Vendée Globe, la ricerca continua di partner. Ne perdi, ne trovi. E’ stata la somma di una moltitudine di sforzi. Non ci siamo mai arresi, ci abbiamo sempre creduto. Molte persone hanno lottato. Spero che tutto ciò dia speranza ad altre persone.

Interrompe quasi il giornalista che sottolinea la modestia del budget inserendolo nella categoria degli avventurieri: “Non mi sono mai considerato un’avventuriero, sono un competitore, l’ho sempre detto. Non pensavo raggiungere questo risultato. Ho voluto fare questa regata per dare tutto quello che avevo e cercare di finire primo delle barche della mia generazione. Quello che mi motiva è la competizione. Non avrei vissuto questo VG nello stesso modo se mi fossi ritrovato da solo (Ndr stessa osservazione fatta da Damien Seguin, e cioè dell’importanza di regatare al contatto, avendo nel mirino barche teoricamente più veloci).

Nel match dall’inizio alla fine

Me l’aspettavo di essere in partita all’inizio, sapevo che c'era bolina per iniziare questo era positivo per le barche a deriva come le nostre. Sono partito carico come una molla e  il coltello tra i denti. Poi ho pensato che gli altri  sarebbero andati via perché c’erano condizioni da reaching. Man mano che andavo avanti, ho imparato a conoscere meglio la mia barca e come gestirla. Abbiamo fatto vedere la maglia all'inizio, ho pensato che resistere era possibile. Quando passiamo quarto a Cape Leeuwin, mi sono detto che continuando a resistere, si poteva  arrivare cosi fino alla fine! Con la barca ci siamo superati dall'inizio alla fine. Abbiamo dato il meglio di noi stessi senza metterci troppa pressione. Volevo fare una bella regata, non per forza la top 10. Quello che mi ha fatto veramente piacere della gara è stato navigare a fianco di Jean Le Cam, lo chiamavo “L’anziano”. È stato fantastico gareggiare contro qualcuno come lui. Mi ha fatto sognare quando ero giovane. Anche con Damien e Boris è stata una vera regata. E’ questa competizione che mi ha mantenuto carico fino alla fine.”

Dutreux ha raccontato anche come è cambiato il suo modo di navigare.

In partenza del Globe, era solo la seconda volta che navigavo da solo su questa barca, la prima volta è stato il ritorno della Jacques Vabre per la mia qualificazione. Ho fatto invece molte uscite in modalità “falso-solo” (Ndr cioè in condizioni da solo con un osservatore a bordo pronto a intervenire nel caso). Per quanto riguarda il mio modo di navigare, sono passato dalla mentalità tipica del Figarista, arrabbiato sui minimi dettagli, a qualcosa di molto più maturo nel modo di regolare la barca. Manovrare una barca del genere non è cosa da poco, mi sono sentito sempre più a mio agio man mano che la regata andava avanti. Delle papere ne ho fatte ma poco a poco ho imparato. Prima di ogni cambio di vela, mi fermavo per riflettere due minuti. La parte più difficile per me è stata dormire con la velocità, gli shock e tutto lo stress. Ho avuto seri problemi a riposare. Alla fine, nei momenti complicati, sono rimasto sveglio, altrimenti potevo dormire fino a 3-4 ore per riposare bene.

Tante avarie da gestire

“La lista dei danni è lunga. Il J2 e il motore sono i più importanti, ma ce ne sono tanti altri. Quello che ho imparato da questa regata è che, per sperare di vincere e rimanere in testa, devi essere bravo nel bricolage tuttofare. Devi sapere come continuare ad andare avanti durante la riparazione. Più di una volta mi sono messo in rosso perché non vedevo la fine. Però sono tutte avarie riparabili, e questo sottolinea il buon lavoro svolto a monte dal mio team.” 

Un progetto educativo e di sensibilizzazione alla protezione del bene-acqua

Abbiamo organizzato diversi interventi con Flaggy e la Water Family con 95 classi di diverse scuole, Faceva parte del nostro progetto, mi sembrava importante non lasciare questa parte educativa pur rimanendo in regata.”  

Flaggy è una bottiglia a forma di goccia. Contiene un campione d'acqua prelevato dalla Mer de Glace, il ghiacciao presente sul versante Nord del Monte Bianco. Imbarcare acqua di un ghiacciaio in mare aperto, simbolo che richiama il ciclo dell'acqua e lo slogan dell’associazione Water Familiy: "Dal fiocco di neve all’onda" con la missione di sensibilizzare i più giovani alla protezione dell'acqua.

Già, il Vendée Globe, non serve soltanto da potentissima cassa di risonanza per gli sponsor, è anche un’efficiente piattaforma per progetti educativi. E il caso di Dutreux non è certo l’unico.

Sezione ANSA: 
Saily - Altomare

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