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31/01/2021 - 14:44
Vendée Globe: le parole dei grandi navigatori che fanno riflettere
Damien Seguin: Al Vendée siamo tutti disabili!
PARLA L'ORO PARALIMPICO RIVELAZIONE DEL GIRO - Uomo, donna, giovane, vecchio: le difficoltà sono enormi, tutti dobbiamo essere umili. Ho scoperto la mia resilienza: in oceano, l'unico modo per tornare a casa è andare avanti. La mia barca? Mi somiglia. 10.000 studenti connessi, il VG fa girare i messaggi, il mio è semplice, parla di inclusione e apertura. La vela può sembrare uno sport un po’ egoista, ma non è cosi. Condividiamo cose straordinarie - MERCI DAMIEN - DUE VIDEO
di Christophe Julliand
Damien Seguin, a prua del suo Groupe Apicil, vestito da Capitan Uncino: questa rimarrà una delle immagini più forti di questa edizione del Vendée Globe, e adesso scoprirete perchè. Seguin, prima partecipazione, 41 anni, nato senza la mano sinistra, ha concluso il giro del mondo settimo in classifica in 80 giorni, 21 ore e 58 minuti e 20 secondi. Una delle grandi rivelazioni di questa regata. Prima di arrivare alla classe IMOCA, atleta paralimpico vincitore di ben due medaglie d’oro nella vela, è passato anche lui dalle classi minori - Figaro e Class 40 - approdando infine al 60 piedi per realizzare il suo sogno. La sua gara è stata stupenda, sempre nei primi dieci, ha portato il suo Apicil primo dei 60 piedi a deriva classica (no-foil) sul traguardo, è riuscito a superare il nostro Giancarlo Pedote proprio nelle ultime miglia, in una sequenza di bordeggio di poppa.
LA RISALITA DEL CANALE DI BORIS HERRMAN, DAMIEN SEGUIN E GIANCARLO PEDOTE
Una regata quella di Damien che proprio quando la vela paralimpica fatica a riprendersi il proprio spazio ai Giochi lancia un messaggio chiaro e forte al mondo, in termini di accessibilità della vela come sport realmente "per tutti". Dopo il suo arrivo, la sua conferenza è stata un momento di grande emozione, per le parole di notevole spessore avute dallo skipper, con molti punti in comune con quella di Jean Le Cam (LEGGI QUI IL NOSTRO ARTICOLO RECORD DI VISUALIZZAZIONI).
Non sarà forse originale, ma la canzone scelta per l’inizio (il classico da stadio “We are the champions” deI Queen) prende nel suo caso un significato profondo, particolarmente per il soggetto We (noi). Perché chiaramente Seguin non era da solo nel suo giro del mondo. Ecco la trascrizione delle sue risposte. Una più ricca dell'altra.
Sei stato una rivelazione per tutti noi: in che modo questa regata è stata una rivelazione per te?
Certo era la prima volta che partivo per così lontano e per così tanto tempo, su barche cosi difficili. C’erano aspetti della regata che non potevo controllare. E’ andata molto bene, con un bel sentimento al traguardo. Fa venire voglia di tornare.
Cosa hai scoperto su te stesso?
Tante cose, una forma di resilienza. Forse non è così evidente, ma non è facile partire per un giro simile, per di più nel contesto in cui siamo partiti che era molto particolare. Bisognava entrare nel ritmo della corsa e credo che molti skipper abbiano avuto difficoltà. Per me c’era tutto da scoprire, la lunga durata, i mari del Sud. Ogni giorno ho scoperto qualcosa di nuovo. Ho superato la soglia dei 18 giorni che era il tempo massimo che avevo passato da solo in barca, poi ho superato il Brasile che era il posto più lontano dove ero andato.
Parlo di resilienza perché, per forza, ci sono momenti non semplici da gestire. Ti chiedi cosa ci fai là. Ti rendi conto che non sei su un campo da calcio, quando sei in mezzo all’oceano, non puoi dire, ok basta, esco, vado negli spogliatoi. L’unico modo per tornare a casa è andare avanti. Ti confronti con queste realtà e non sai come reagisci. Conosco il mio lato competitivo, quello che ho scoperto è la stessa mentalità a lungo termine, essere capace di reggere questa pressione per giorni e giorni e andare a cercarla. Questa è stato una bella rivelazione per me.
Ci sono meno finisher del VG che campioni olimpici, questo risultato è un trofeo in più nel tuo palmares. Ti rendi conto dell’exploit che hai realizzato?
E' difficile prenderne coscienza ora. E’ vero che sono partito in questo VG per terminarlo e quindi sono molto soddisfatto di aver raggiunto questo obiettivo. Dopodiché non sono un collezionista, non faccio competizioni per collezionare trofei, lo faccio perché sono appassionato del nostro sport, perché mi piacciono le sfide, mi piace portare l’idea della competizione un po’ più lontano. E mi piace anche portare un messaggio, in questo caso c'è un messaggio semplice, leggibile, comprensibile da tutti che è umano ed esce dal quadro della competizione. E il migliore modo per condividerlo con più persone possibili è di partecipare a corse che la gente segue e ammira. E’ stata una bella occasione per parlare di handicap, di inserimento, di inclusione. Cose semplici per provare a tirare fuori l'handicap dalla sua scatola. Non voglio essere un modello, un esempio o qualcosa del genere, soltanto cercare di alzare un pochino il dibattito. Quando leggo i messaggi che ho ricevuto a bordo, mi sembra che la cosa ha funzionato, è piaciuta. E’ uscito anche dall’ordinario di quello che si è visto su questo VG.
Ti sei sentito disabile durante questa regata?
Globalmente no, se avessi sentito qualche handicap credo che non sarei partito. Non parti per un VG pensando che avrai difficoltà fare questa o quella cosa. Si parte cercando di aver certezze. Poi su una regata così, con un percorso del genere credo che disabili lo siamo tutti. Uomo, donna, giovane, vecchio la difficoltà del lavoro da fare è così enorme che tutti dobbiamo rimanere molto umili. Tutti quanti noi abbiamo fatto il possibile con i mezzi a disposizione, io l’ho fatto con i miei e mi hanno portato fino al traguardo, già non è male.
Hai i cerchi olimpici tatuati sul braccio destro. Pensi fare un altro tattoo sull’altro?
Perché no? potrebbe essere un modo. L’ho fatto con i cinque cerchi perché ci ho consacrato quasi vent’anni della mia vita a girare tutti i campi di regata, a fare tutte le settimane olimpiche, ho partecipato a 4 Paralimpiadi. E’ una parte importante della mia carriera e come dico spesso la famiglia paralimpica e olimpica è la mia famiglia. Nella course au large, nella vela d'altomare e in oceano, ho scoperto un’altra famiglia. Mi ci sento bene e ho l’impressione di avere il mio posto.
Sei stato al tuo agio, perché questa edizione è stata una regata su scala planetaria?
E meno male, perché a me che sono un competitore è piaciuto avere barche intorno con cui regatare e verificare posizioni a ogni classifica, studiare ogni file meteo per cercare i modi di recuperare qualcosa su chi era davanti, o come dare miglia a chi era dietro. Essere continuamente nell’azione per cercare di fare bene, fare meglio. E’ qualcosa che mi ha aiutato a rimanere nel ritmo. Se fossi stato isolato tra due gruppi di barche, forse le cose sarebbero andate diversamente. Però ho navigato per poter competere in quel modo. Ho battagliato sempre nei primi dieci, avevo bisogno di questo per rimanere sveglio, avevo bisogno di questo clima di sfida sportiva.
Finisci primo tra le barche a deriva, non hai qualche rimpianto pensando che con una barca più performante avresti potuto salire ancora più in alto?
No. Bisogna prendere le cose come sono e procedere step by step. Già partecipare a questo Vendée Globe tre anni fa non era per nulla scontato. Abbiamo dovuto montare il progetto, trovare un partner con il gruppo Apicil, trovare una barca, prepararla, ottimizzarla eccetera... Ho fatto le cose come le volevo fare grazie al mio partner. Credo che siamo cresciuti insieme. Io scoprivo il Vendée Globe, loro scoprivano il mondo della vela. Ci siamo dati la mano ed eccoci al traguardo. Credo che bisogna prendere il tempo di crescere. Non sono qualcuno che brucia le tappe, anche se non ho mai avuto paura di sognare in grande e di fissarmi obiettivi ambiziosi. Sognavo la medaglia olimpica, sognavo il Vendée Globe. In futuro perché non alzare l’asticella, una barca a foil più performante, vedremo. Intanto sono molto soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto. Abbiamo preparato una barca che mi somiglia, una barca semplice in grado di farmi partire da Les Sables d’Olonne e di darmi il massimo di possibilità di tornarci. In questo senso è andata molto bene.
Damien Seguin vincitore del prossimo VG è un’utopia?
Sono un competitore e ogni volta che concludo un progetto, voglio iniziarne un altro. Per ora prenderò il tempo di gioire su questo e poi potrei immaginarmi sul prossimo essendo un po’ più performante, ma non ci sono garanzie… Sono un sognatore ma ho questa capacità di cercare di trasformare questi sogni in realtà. Sono cosciente di essere circondato da una squadra pazzesca, ho una famiglia pazzesca, ho un partner pazzesco. Penso che andremo lontano tutti insieme. Non sono l’unico a sognare. Ma la cosa bella dei sogni è di concretizzarli, o almeno di darsi i mezzi per concretizzarli.
Una signora interviene non per fare una domanda ma dire questo: “A nome del Gruppo Apicil, ti vogliamo dire che ti vogliamo bene, siamo talmente felici che non puoi neanche immaginarlo e tutto quello che volevo dire da parte di tutti noi è: grazie. Bravo e non vediamo l’ora di abbracciarti.”
(Emozionato, Damien Seguin risponde) E’ toccante. La vela, specialmente in solitario può sembrare uno sport un po’ egoista, ma si vede che non è cosi. Condividiamo cose straordinarie. E non è finita.
L’ultimo intervento è la voce di una persona in lacrime che difficilmente riesce a pronunciare la sua frase: “E’ la prima volta che una persona disabile riesce in questa impresa e per tutti è una cosa straordinaria. Come è stato possibile per te? E come altri possono agire nello stesso modo e in quale modo li puoi aiutare?”
Ho sempre voluto che il mio percorso fosse una specie di simbolo. Come dicevo prima non ho la vocazione a essere un esempio, non ho questa ambizione. Però ho sempre pensato che uno sportivo di alto livello dovesse essere la vetrina del suo sport, ci sono certe obbligazioni dovute a questa posizione. Ecco, ho una particolarità fisica. Che però non mi impedisce di sognare, di realizzare i miei sogni. L’unica cosa che voglio trasmettere è: non mettetevi barriere e soprattutto non lasciate che nessuno vi metta delle barriere. Può sembrare facile, non ho la pretesa di mettere tutte le persone con handicap su una barca del Vendée Gobe, né di diventare campione olimpico, ovviamente. Ma non si deve mai impedire a un bambino di sognare, disabile o meno. La cosa peggiore sarebbe non avere alcuna ambizione nella vita, tutti abbiamo delle ambizioni. Abbiamo tutti il diritto almeno di provare a realizzarle. Ho questa forza di carattere che mi permette di superare gli ostacoli. Come dicevo non ho altro obiettivo che provare a fare uscire l'handicap dalla scatola. Ci rendiamo conto che nella nostra società piace mettere dei coperchi sopra la gente ed è una cosa drammatica. Il Vendée Globe è una cosa bellissima, ci sono uomini, donne, giovani, vecchi e disabili. Questo è il bello.
Ricordiamo che durante la Route du Rhum, sei riuscito a recuperare una vela che era caduta in acqua. Cosa hai fatto in questo Vendée Globe che non pensavi riuscire a fare, quali sono state le difficoltà più grandi?
Tante cose. Ogni giorno ti devi battere per continuare il giorno dopo. Gestire la stanchezza che c’è sempre, i momenti di abbattimento, i problemi tecnici. E' per questo che ci sono soltanto vincitori all’arrivo di un Vendée Globe. Non c’è altro. Faccio fatica ancora a tirare le somme di questa regata, già non mi è chiara la scorsa settimana, figuriamoci gli ultimi 80 giorni. E’ una super avventura, difficile, ma è proprio quello che vai a cercare in una competizione del genere, soltanto così si riesce a superare se stessi, perché non c’è assistenza esterna. Hai un problema, cerchi di risolverlo. E’ abbastanza particolare, diciamo che nella nostra società non esiste da nessun’altra parte.
Qual è il tuo programma nei prossimi mesi?
Spero di continuare l’avventura nella classe IMOCA che mi piace. C’è un bel programma sportivo che si sta definendo con Route du Rhum, Jacques Vabre, Giro d’Europa. Io voglio continuare a navigare perché è la cosa che amo, finché avrò piacere a stare in barca, continuerò. Ci sono tante cose da fare. Passerò parecchio tempo a rendere vista alle scuole che mi hanno scritto. Abbiamo fatto una cosa pazzesca su questo Vendée Globe: una conferenza live con 300 classi, quasi 10.000 ragazzi connessi simultaneamente e nonostante tutte le restrizioni. Tecnicamente è stata una prodezza e dimostra che, grazie al Vendée Globe, se si vuol fare passare messaggi ci si riesce. Voglio semplicemente dare qualcosa in cambio, andare in giro e raccontare questo giro del mondo.
VIDEO LA CONFERENZA STAMPA INTEGRALE DI DAMIEN SEGUIN
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