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Vinciamo un titolo mondiale con un ragazzino di 13 anni, bello lui, bella la sua storia, purtroppo sui media arriva poco o (perlopiù) niente. Ci meravigliamo. Qualcuno si chiede il perchè, sul solito, apparentemente unico "agorà" per comunicare: i social network. Perchè? E ce lo chiediamo? (A parte che la notizia è sull'ANSA, e questo è un piccolo successo che va ascritto all'ufficio stampa FIV da poco al lavoro) La vela è scomparsa dai radar dei media da un bel pezzo. Quella che ci resta è fatta di luoghi comuni (prevalentemente negativi), di personaggi triti, di casualità. Non esiste un progetto unitario di comunicazione, dello sport velico come movimento, non si capisce neanche a chi dovrebbe competere. Ma al nostro interno, quanto siamo più bravi a distruggere che a costruire!
Non vinciamo sul'Optimist e partono le critiche. Vinciamo nell'Optimist e parte la tiritera contro l'Optimist (priva di basi culturali e soprattutto priva di progetti e proposte concrete). Qualcuno prova, sconclusionatamente, a semplificare dicendo che i velisti funzionano ma l'AICO (la classe Optimist) no. L'ansia di dire, commentare, emoticonare, fa scomparire ogni senso logico. Ultimamente si esagera, e questo fa male alla vela e aumenta la sua distanza dai media.
Un fighissimo tredicenne italiano che invece di perdersi gli occhi nei videogiochi esce a vela 10 giorni al mese, una figura che andrebbe portata, anche fisicamente se serve, nelle redazioni di giornali e tv, invece diventa pretesto per polemiche senza obiettivo, fini a se stesse. Non serve essere dei geni per sapere che anche l'AICO, la sua organizzazione territoriale, e il calendario di regate chiamate di selezione per i campionati mondiali ed europei sono alla base della strada che ha fatto il tredicenne fino a quel titolo. Che non significherà niente, non lo porterà da nessuna parte? Ce ne dobbiamo occupare adesso? O vogliamo limitarci ad applaudire e raccontare gioia, per cortesia, per rispetto, per senso della gerarchia delle notizie?
Vorrei che si smettesse di usare i minorenni per dispute di adulti, di sbatterli in pasto al tritacarne degli istinti social. Vorrei che non fossimo ostaggio di un paio di autoproclamatisi titolari di una (presunta) etica della vela, e della loro agenda quotidiana del "giusto e sbagliato". Vorrei che nei mesi delle scuole vela aperte in tutta Italia - in media 30mila allievi l'anno - si andasse a cercare tra quelle trentamila storie di mare i valori, il sale, il vento, la marineria. Vorrei che la mia Federvela onorasse i suoi 90 anni con forza e carattere, insieme a chi ha fatto grande la vela italiana. Vorrei che le valorizzazioni del nostro mondo fossero superiori (per quantità e qualità) alle fustigazioni. Vorrei che chiunque scrive qualcosa lo rileggesse dieci volte e lo limasse prima di pubblicarlo. L'equivalente del contare fino a dieci prima di aprire bocca. E non datemi del buonista. Positivo si, ottimista a oltranza, evolutivo, non buonista. Vorrei educazione prima di tutto, equilibrio. Come si affronta il mare.
romana fosson (non verificato)
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