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03/11/2016 - 10:57
Gli scenari per la vela mondiale-1
Gli scenari per la vela mondiale-1
Esclusiva: parla Kim Andersen
Intervista esclusiva per l'Italia. Posizione e idee del danese alla guida dell'Equipment Committee, candidato alla presidenza di World Sailing, temibile rivale di Carlo Croce
"Non tocchiamo le classi olimpiche per Tokio". "Il Kite? Percorso come le altre classi, per il 2020 è troppo tardi". "Governance e processi decisionali, servono più trasparenza e professionalità". Presto la "risposta" di Croce
di Fabio Colivicchi
Kim Andersen ha fatto due campagne olimpiche in Flying Dutchman, parecchi one-design J22 e J24, e attualmente regata da centrale su un Dragone. E' nella federvela mondiale da oltre dieci anni, e guida l'Equipment Committee, quello che invia al Council le riflessioni sulla scelta delle classi olimpiche. E' candidato nella corsa alla presidenza di World Sailing, contro l'italiano Carlo Croce che punta al secondo mandato. Gli abbiamo inviato una mail, alla quale ha prontamente risposto e abbiamo preso appuntamento su Skype per questa intervista.
Quando ha deciso di candidarsi?
KA - E' stato durante le Olimpiadi di Rio. In seguito ho formalizzato la candidatura agli uffici di World Sailing.
Quali sono stati nel quadriennio i principali errori o i fallimenti di World Sailing? Il caso Malaysia, l'inquinamento delle acque olimpiche...
KA - Si, l'inquinamento di Rio è qualcosa sulla quale si sarebbe potuto fare di più, ma io penso ci siano parecchie cose che non hanno funzionato nel quadriennio. Eravamo partiti per potenziare la World Cup, e questo non è avvenuto. La World Cup non era perfetta, ma forse oggi è persino peggiorata in quattro anni, soprattutto si è fatta tanta confusione.
Abbiamo poi avuto troppi cambiamenti nel management. E' comprensibile voler migliorare le cose, e non è sempre facile trovare candidati, ma si è sprecato molto tempo e sono stati fatti troppi errori. Io ho lavorato in grandi società e vengo dalla Scandinavia, dove la trasparenza e la corretta gestione, in relazione ai propri obiettivi è parte della nostra cultura. E credo in questo possiamo migliorare World Sailing, sotto questo aspetto credo di poter dare il mio contributo, da presidente della federazione internazionale.
Quali cambiamenti ritiene siano più urgenti per World Sailing? Governance, processi decisionali, comunicazione?
KA - Penso che prima di ogni altra cosa dobbiamo cambiare il nostro modo di gestire la federazione, dobbiamo avere un progetto chiaro e portarlo avanti insieme con le autorità nazionali con le quali lavoriamo, nel mid year meeting e nell'annual meeting, e penso che questo ci porterà ad avere un processo decisionale molto più trasparente. Ce la possiamo fare, ho lavorato a lungo in questa federazione, e so per esperienza diretta come affrontare i cambiamenti, e quanto tempo occorre per arrivarci, credo che uno dei problemi degli ultimi anni sia stato che l'attuale presidente non abbia conosciuto a fondo la realtà World Sailing.
Decidere di cambiare management può essere una buona idea, ma in una organizzazione come la nostra va fatto nei modi appropriati. Da qui le critiche alla gestione e anche le preoccupazioni per gli aspetti finanziari, e alla difficoltà nel trovare sponsor. Non credo che ci siano stati errori gravi nella gestione, ma il modo in cui si arriva alle decisioni non è a un livello professionale. Circolano troppe domande che non dovrebbero mai essere poste, perchè la gente dovrebbe sapere.
Lei ha detto che la vela è "a un bivio": cosa intende con questa frase, e quali scelte decisive abbiamo davanti a noi nei prossimi mesi?
KA – Prima di tutto, per molti anni non siamo stati capaci di progredire. Penso che siamo a un bivio, per esempio nella scelta delle classi olimpiche, in particolare per Tokyo, non abbiamo fatto cose giuste, io ho il sospetto che persone senza la giusta esperienza stiano cercando di prendere decisioni. Un esempio è quanto successo rimettendo in discussione la scelta delle classi, e poi legando la decisione alle valutazioni del CIO sugli eventi di Rio. Questo porterà a ritardare la decisione sulle prossime classi olimpiche al Mid Year Meeting del 2017, o persino al mid-year meeting, quindi a fine maggio del prossimo anno.
Questo è lo scenario peggiore, quello che sta facendo arrabbiare la gente. Non può essere una scelta saggia. Collaborare con il CIO per il futuro della vela olimpica è un'ottima cosa, ma cambiare le classi olimpiche così tardi non si può, specialmente considerando che nel 2018 avremo il primo evento di selezione olimpica per nazione, e la gente avrà solo 14 mesi per prepararsi!
Io spero che a novembre World Sailing sia in grado di pronunciarsi ufficialmente per le classi, e nello stesso tempo guardare ai formati, al sistema di punteggio, e a come usare i media per portare il nostro sport a una audience maggiore. Mi sembra che queste decisioni sulle classi siano prese da persone che non conoscono a fondo il nostro sport.
Quindi il suo piano è di avere a Tokio 2020 le stesse classi viste a Rio 2016?
KA - Esatto. Ma al contempo, se le classi hanno proposte per migliorare attrezzature o formati, dovremmo ascoltarle e valutare.
Discorso analogo per nuovi formati delle regate?
KA - Certo, su questo stiamo lavorando, ci sono un sacco di buone idee suggerite dalle classi, già quattro anni fa ho presieduto un gruppo di lavoro dedicato al format delle regate, allora analizzammo un gran numero di formati diversi, e adesso tutte quelle idee tornano sul tavolo.
Un aspetto importante è la regata finale. Con la soluzione attuale sembra che abbiamo raggiunto lo scopo di far capire ai giornalisti che si regata per le medaglie, il che non è certo un male, ma penso che possiamo trovare qualcosa di meglio per il nostro sport.
Cosa pensa che si possa fare per dare più visibilità alla vela sui media, e non solo?
KA - Credo che dovremmo finalmente avere un quadro chiaro su come presentare il nostro sport. Dovremmo avere delle linee guida: come trasmettere la vela, come parlare nel raccontarla, quale sistema di tracking usare, come usare i primi piani, come mostrare i giri di boa, ci sono delle sequenze da indicare a chi trasmette. Quando vediamo una partita di calcio o una gara di atletica, ci sono tempi e tecniche usate per tenere attenta l'audience. La vela è sempre diversa, certe volte le riprese sono da prua, altre volte da poppa, in primo piano o dall'alto, spesso senza un nesso preciso con la storia della regata. Alla fine la gente non capisce e si annoia.
Portare la vela a una maggiore audience sui media passa attraverso formati più chiari e coinvolgenti.
Se spera che non cambino le classi per Tokio, che messaggio vuole inviare al mondo del Kite: aspettano da anni lo status olimpico...
KA – Potrebbe sembrare che io non ami il kite, è vero piuttosto il contrario. Ho un lungo legame con il Kite, abbiamo lavorato insieme nell'Equipment Committee per anni, non ho nulla da dire sul Kite. Se il Kite vuole diventare classe olimpica, e se le nostre nazioni membri vogliono il Kite ai Giochi, si deve seguire la stessa strada usata in passato per altre classi o discipline olimpiche. Abbiamo apportato già molti cambiamenti ai Giochi. Probabilmente per il 2020 è troppo presto, potrebbe invece essere considerato il percorso, se le nazioni che compongono World Sailing lo vorranno, per portare il Kite alle Olimpiadi nel 2024. Ma il lavoro va iniziato ora.
Regatare su un Dragone, come sta facendo lei negli ultimi anni, o fare foiling su un catamarano con una vela rigida, è ancora lo stesso sport? E come possiamo gestire e comunicare al meglio le differenze e i punti in comune tra questi due modi di andare a vela?
KA - Ricordo che ho regatato sul Flying Dutchman, facendo la campagna per i Giochi di Los Angeles. Quando venne fuori il 49er le reazioni furono di sconcerto, e persino spavento. Barche sulle quali era difficile persino stare in equilibrio. Lo stesso sta avvenendo oggi con il foiling. E' un modo completamente diverso di navigare, e di gestire l'attrezzatura, perchè sei fuori dall'acqua e non dentro. Per me passare dal FD al 49er fu un grande salto, lo stesso accadrà adesso con il foiling. Detto questo, il Nacra 17 è già una classe olimpica semi-foiling, li abbiamo visti questi catamarani quasi decollare. Io vedo il foiling come una evoluzione, ma penso anche che il bello del nostro sport è nella varietà di opzioni. Anche nei grandi maxi di 100 piedi o più, vediamo tanta ricerca sui materiali, le appendici, le attrezzature. E' uno studio continuo, che contribuisce a rendere così vasto lo sport della vela, e certamente noi celebriamo il foiling come ogni altro sviluppo del nostro sport.
Cosa pensa dei suoi due avversari per la corsa alla presidenza di World Sailing: The Pope Paul Henderson, e l'attuale presidente Carlo Croce?
KA - Sono dentro all'ISAF già dai tempi della presidenza di Paul, lo conosco da molti anni, e so quanto il suo cuore sia nella vela, e ho anche apprezzato il suo lavoro per promuovere e far crescere la vela, ed essere vicino al CIO. Carlo l'ho conosciuto quando è diventato presidente, essendo io nell'Equipment Committee. Non abbiamo mai avuto nessun tipo di problema, e non posso imputargli nulla di negativo nel nostro rapporto. Quello che posso dire è che da presidente Carlo non ha veramente utilizzato l'organizzazione della federazione in Comitati, per esempio non ha mai contattato il nostro Committee, che ha tra i suoi compiti quello di suggerire le classi olimpiche. Credo che sia più che altro dovuto a una mancanza di esperienza a livello gestionale. Penso che non sia un modo costruttivo per collaborare con una organizzazione che sta lavorando per te, è necessario dialogare, ascoltare le opinioni, ci sono tanti comitati in World Sailing con i quali un presidente può e deve collaborare, ai quali chiedere consigli, se solo lo vuole, e sarebbe molto utile.
Se diventerà presidente a novembre, che decisione prenderà sull'attuale CEO di World Sailing, Andy Hunt, resterà al suo posto o potrebbe essere sostituito?
KA - Io vengo da un ambiente nel quale si decide e si gestisce, in funzione di precise strategie, e la scelta delle persone ne è diretta conseguenza. Una federazione sportiva è un po' diversa. Se sarò presidente credo che la cosa migliore sarebbe confrontarsi con tutti in base alla domanda "dove vogliamo andare?", coinvolgendo prima di tutto le federazioni nazionali aderenti, cosa che può essere fatta velocemente, e poi riunendo lo staff. Non c'è una ragione per cambiare, ma tutto dipende da dove si vuole andare. Ho un'idea precisa di dove voglio arrivare e come le federazioni nazionali debbano supportare la strategia necessaria.
"Non tocchiamo le classi olimpiche per Tokio". "Il Kite? Percorso come le altre classi, per il 2020 è troppo tardi". "Governance e processi decisionali, servono più trasparenza e professionalità". Presto la "risposta" di Croce
di Fabio Colivicchi
Kim Andersen ha fatto due campagne olimpiche in Flying Dutchman, parecchi one-design J22 e J24, e attualmente regata da centrale su un Dragone. E' nella federvela mondiale da oltre dieci anni, e guida l'Equipment Committee, quello che invia al Council le riflessioni sulla scelta delle classi olimpiche. E' candidato nella corsa alla presidenza di World Sailing, contro l'italiano Carlo Croce che punta al secondo mandato. Gli abbiamo inviato una mail, alla quale ha prontamente risposto e abbiamo preso appuntamento su Skype per questa intervista.
Quando ha deciso di candidarsi?
KA - E' stato durante le Olimpiadi di Rio. In seguito ho formalizzato la candidatura agli uffici di World Sailing.
Quali sono stati nel quadriennio i principali errori o i fallimenti di World Sailing? Il caso Malaysia, l'inquinamento delle acque olimpiche...
KA - Si, l'inquinamento di Rio è qualcosa sulla quale si sarebbe potuto fare di più, ma io penso ci siano parecchie cose che non hanno funzionato nel quadriennio. Eravamo partiti per potenziare la World Cup, e questo non è avvenuto. La World Cup non era perfetta, ma forse oggi è persino peggiorata in quattro anni, soprattutto si è fatta tanta confusione.
Abbiamo poi avuto troppi cambiamenti nel management. E' comprensibile voler migliorare le cose, e non è sempre facile trovare candidati, ma si è sprecato molto tempo e sono stati fatti troppi errori. Io ho lavorato in grandi società e vengo dalla Scandinavia, dove la trasparenza e la corretta gestione, in relazione ai propri obiettivi è parte della nostra cultura. E credo in questo possiamo migliorare World Sailing, sotto questo aspetto credo di poter dare il mio contributo, da presidente della federazione internazionale.
Quali cambiamenti ritiene siano più urgenti per World Sailing? Governance, processi decisionali, comunicazione?
KA - Penso che prima di ogni altra cosa dobbiamo cambiare il nostro modo di gestire la federazione, dobbiamo avere un progetto chiaro e portarlo avanti insieme con le autorità nazionali con le quali lavoriamo, nel mid year meeting e nell'annual meeting, e penso che questo ci porterà ad avere un processo decisionale molto più trasparente. Ce la possiamo fare, ho lavorato a lungo in questa federazione, e so per esperienza diretta come affrontare i cambiamenti, e quanto tempo occorre per arrivarci, credo che uno dei problemi degli ultimi anni sia stato che l'attuale presidente non abbia conosciuto a fondo la realtà World Sailing.
Decidere di cambiare management può essere una buona idea, ma in una organizzazione come la nostra va fatto nei modi appropriati. Da qui le critiche alla gestione e anche le preoccupazioni per gli aspetti finanziari, e alla difficoltà nel trovare sponsor. Non credo che ci siano stati errori gravi nella gestione, ma il modo in cui si arriva alle decisioni non è a un livello professionale. Circolano troppe domande che non dovrebbero mai essere poste, perchè la gente dovrebbe sapere.
Lei ha detto che la vela è "a un bivio": cosa intende con questa frase, e quali scelte decisive abbiamo davanti a noi nei prossimi mesi?
KA – Prima di tutto, per molti anni non siamo stati capaci di progredire. Penso che siamo a un bivio, per esempio nella scelta delle classi olimpiche, in particolare per Tokyo, non abbiamo fatto cose giuste, io ho il sospetto che persone senza la giusta esperienza stiano cercando di prendere decisioni. Un esempio è quanto successo rimettendo in discussione la scelta delle classi, e poi legando la decisione alle valutazioni del CIO sugli eventi di Rio. Questo porterà a ritardare la decisione sulle prossime classi olimpiche al Mid Year Meeting del 2017, o persino al mid-year meeting, quindi a fine maggio del prossimo anno.
Questo è lo scenario peggiore, quello che sta facendo arrabbiare la gente. Non può essere una scelta saggia. Collaborare con il CIO per il futuro della vela olimpica è un'ottima cosa, ma cambiare le classi olimpiche così tardi non si può, specialmente considerando che nel 2018 avremo il primo evento di selezione olimpica per nazione, e la gente avrà solo 14 mesi per prepararsi!
Io spero che a novembre World Sailing sia in grado di pronunciarsi ufficialmente per le classi, e nello stesso tempo guardare ai formati, al sistema di punteggio, e a come usare i media per portare il nostro sport a una audience maggiore. Mi sembra che queste decisioni sulle classi siano prese da persone che non conoscono a fondo il nostro sport.
Quindi il suo piano è di avere a Tokio 2020 le stesse classi viste a Rio 2016?
KA - Esatto. Ma al contempo, se le classi hanno proposte per migliorare attrezzature o formati, dovremmo ascoltarle e valutare.
Discorso analogo per nuovi formati delle regate?
KA - Certo, su questo stiamo lavorando, ci sono un sacco di buone idee suggerite dalle classi, già quattro anni fa ho presieduto un gruppo di lavoro dedicato al format delle regate, allora analizzammo un gran numero di formati diversi, e adesso tutte quelle idee tornano sul tavolo.
Un aspetto importante è la regata finale. Con la soluzione attuale sembra che abbiamo raggiunto lo scopo di far capire ai giornalisti che si regata per le medaglie, il che non è certo un male, ma penso che possiamo trovare qualcosa di meglio per il nostro sport.
Cosa pensa che si possa fare per dare più visibilità alla vela sui media, e non solo?
KA - Credo che dovremmo finalmente avere un quadro chiaro su come presentare il nostro sport. Dovremmo avere delle linee guida: come trasmettere la vela, come parlare nel raccontarla, quale sistema di tracking usare, come usare i primi piani, come mostrare i giri di boa, ci sono delle sequenze da indicare a chi trasmette. Quando vediamo una partita di calcio o una gara di atletica, ci sono tempi e tecniche usate per tenere attenta l'audience. La vela è sempre diversa, certe volte le riprese sono da prua, altre volte da poppa, in primo piano o dall'alto, spesso senza un nesso preciso con la storia della regata. Alla fine la gente non capisce e si annoia.
Portare la vela a una maggiore audience sui media passa attraverso formati più chiari e coinvolgenti.
Se spera che non cambino le classi per Tokio, che messaggio vuole inviare al mondo del Kite: aspettano da anni lo status olimpico...
KA – Potrebbe sembrare che io non ami il kite, è vero piuttosto il contrario. Ho un lungo legame con il Kite, abbiamo lavorato insieme nell'Equipment Committee per anni, non ho nulla da dire sul Kite. Se il Kite vuole diventare classe olimpica, e se le nostre nazioni membri vogliono il Kite ai Giochi, si deve seguire la stessa strada usata in passato per altre classi o discipline olimpiche. Abbiamo apportato già molti cambiamenti ai Giochi. Probabilmente per il 2020 è troppo presto, potrebbe invece essere considerato il percorso, se le nazioni che compongono World Sailing lo vorranno, per portare il Kite alle Olimpiadi nel 2024. Ma il lavoro va iniziato ora.
Regatare su un Dragone, come sta facendo lei negli ultimi anni, o fare foiling su un catamarano con una vela rigida, è ancora lo stesso sport? E come possiamo gestire e comunicare al meglio le differenze e i punti in comune tra questi due modi di andare a vela?
KA - Ricordo che ho regatato sul Flying Dutchman, facendo la campagna per i Giochi di Los Angeles. Quando venne fuori il 49er le reazioni furono di sconcerto, e persino spavento. Barche sulle quali era difficile persino stare in equilibrio. Lo stesso sta avvenendo oggi con il foiling. E' un modo completamente diverso di navigare, e di gestire l'attrezzatura, perchè sei fuori dall'acqua e non dentro. Per me passare dal FD al 49er fu un grande salto, lo stesso accadrà adesso con il foiling. Detto questo, il Nacra 17 è già una classe olimpica semi-foiling, li abbiamo visti questi catamarani quasi decollare. Io vedo il foiling come una evoluzione, ma penso anche che il bello del nostro sport è nella varietà di opzioni. Anche nei grandi maxi di 100 piedi o più, vediamo tanta ricerca sui materiali, le appendici, le attrezzature. E' uno studio continuo, che contribuisce a rendere così vasto lo sport della vela, e certamente noi celebriamo il foiling come ogni altro sviluppo del nostro sport.
Cosa pensa dei suoi due avversari per la corsa alla presidenza di World Sailing: The Pope Paul Henderson, e l'attuale presidente Carlo Croce?
KA - Sono dentro all'ISAF già dai tempi della presidenza di Paul, lo conosco da molti anni, e so quanto il suo cuore sia nella vela, e ho anche apprezzato il suo lavoro per promuovere e far crescere la vela, ed essere vicino al CIO. Carlo l'ho conosciuto quando è diventato presidente, essendo io nell'Equipment Committee. Non abbiamo mai avuto nessun tipo di problema, e non posso imputargli nulla di negativo nel nostro rapporto. Quello che posso dire è che da presidente Carlo non ha veramente utilizzato l'organizzazione della federazione in Comitati, per esempio non ha mai contattato il nostro Committee, che ha tra i suoi compiti quello di suggerire le classi olimpiche. Credo che sia più che altro dovuto a una mancanza di esperienza a livello gestionale. Penso che non sia un modo costruttivo per collaborare con una organizzazione che sta lavorando per te, è necessario dialogare, ascoltare le opinioni, ci sono tanti comitati in World Sailing con i quali un presidente può e deve collaborare, ai quali chiedere consigli, se solo lo vuole, e sarebbe molto utile.
Se diventerà presidente a novembre, che decisione prenderà sull'attuale CEO di World Sailing, Andy Hunt, resterà al suo posto o potrebbe essere sostituito?
KA - Io vengo da un ambiente nel quale si decide e si gestisce, in funzione di precise strategie, e la scelta delle persone ne è diretta conseguenza. Una federazione sportiva è un po' diversa. Se sarò presidente credo che la cosa migliore sarebbe confrontarsi con tutti in base alla domanda "dove vogliamo andare?", coinvolgendo prima di tutto le federazioni nazionali aderenti, cosa che può essere fatta velocemente, e poi riunendo lo staff. Non c'è una ragione per cambiare, ma tutto dipende da dove si vuole andare. Ho un'idea precisa di dove voglio arrivare e come le federazioni nazionali debbano supportare la strategia necessaria.
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