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22/05/2016 - 15:14

Big boats take the glory, litlle boats make the sailor

The Transat, focus
sul podio Class 40

I Class 40, la classe più competitiva, numerosa e dura alla transatlantica di primavera: la nostra approfondita analisi sulle barche e i navigatori migliori. Gli arrivi a New York, tra vele strappate, scarsità di viveri e bevande, tante avventure di navigazione da raccontare. Vi raccontiamo un pezzo importante di vela oceanica, con tante immagini - GUARDA 4 VIDEO DA NON PERDERE


di Christophe Julliand


Ultime battute di The Transat bakerly. Dopo le classi Ultime, Imoca e Multi 50 che hanno sfilato questo week end ai piedi dei grattacieli di Big Apple, il podio è completo anche per la più piccola delle classi ammesse in questa regata. 

Più piccola per la lunghezza della barca, non per il livello di agonismo. La flotta dei Class 40 (monoscafi di 12 metri) è stata come sempre la più rappresentata delle categorie ammesse nelle grandi classiche oceaniche che sono The Transat, Rhum, Jacques Vabre o Quebec-Saint Malo. Erano 10 in partenza tre si sono ritirati.

Come hanno sottolineato i colleghi di Course au Large, quasi ci dimentichiamo dei Class 40. Aggiungiamo noi: è la solita “ingiustizia” delle regate multiclassi. Eppure per più di un motivo la vera Ostar l'hanno corso loro: i solitari della Class 40. Come dicono gli anglosassoni: “Big boats take the glory, litlle boats make the sailor.”

Ecco perché abbiamo deciso di dare ampio spazio al podio Class 40 di The Transat bakerly 2016 con le dichairazioni dei protagonisti, i video degli arrivi e le splendide foto di Amory Ross.


And the winner is... Thibaut Vauchel-Camus
Ha tagliato la linea d'arrivo venerdì mattina in piena notte Thibaut Vauchel-Camus, skipper di Solidaires en peloton-ARSEP, e vinto l'edizione 2016 della Transat inglese. Da Plymouth a New York in 17 giorni, 12 ore e 42 minuti, una regata dura e combattuta. Alla fine il log segna 3.804 miglia percorse, poco più di 9 nodi di velocità media.

Presente sul circuito Class 40 da diverse stagioni con questa barca (un progetto Sam Manuard di ultima generazione) e spesso sul podio, Thibaut cresciuto sui catamarani Formula 18 poi passato nel team di Yvan Bourgnon, si aggiudica così la seconda edizione di The Transat aperta ai 40 piedi oceanici (la prima nel 2008 era stata vinta da un certo Giovanni Soldini con Telecom Italia.)

Dopo le foto di rito ma sempre di grande effetto delle vele che sfilano sotto la statua della Libertà, intervistato sui pontili, vestito di una camicia a stelle e strisce, Thibaut ha raccontato la sua regata: “Spesso è una lotta contro te stesso, ogni giorno hai un problema, ti tocca trovare la soluzione.”
Quali problemi? Ne parla in un'altra intervista da leggere qui.

INTERVISTA THIBAUT VAUCHEL CAMUS



La Transat inglese è stata fedele alla sua reputazione. A volte è stato infernale. L'inizio è stato piuttosto simpatico, erano bordi facili e veloci, andature di reaching partendo dall'Inghilterra, portanti in Biscaglia e sempre in gruppo con gli altri. La prima depressione al largo della Azzorre ha rimesso i puntini sulle “i”. Ho letto 58 nodi sullo schermo dell'anemometro, sono partito in un surf a 27 nodi: forse sarebbe stato meglio stare di bolina perché a queste velocità non sai mai come andrà a finire...

"Ho ingavonato di prua fino al tambuccio, ho rischiato di rompermi la schiena cadendo sui winch. In un'altra depressione al limite della zona dei ghiacci dove Isabelle Joschke ha dovuto abbandonare
(per una via d'acqua, la navigatrice ha raggiunto Saint-Pierre e Miquelon, Ndr), ho perso la stazione del vento, avevo attaccato il pilota automatico, la barca è partita in straorza,: randa uscita dalla ralinga, solent strappato. Poi la bolina con la corrente del Gulf Stream che alza un mare pazzesco: cadendo da un'onda, una paratia si è rotta, altre due hanno iniziato a staccarsi. La barca ha sofferto ma si vede che è solida.”

Ecco uno dei pochi video onboard mandato proprio dallo skipper di Solidaires



La prova di maturità di Louis Duc
Arrivato 11 ore dopo Vauchel-Camus, Louis Duc a bordo di Carac prende il secondo posto. Per lo skipper normanno, fedele tra i fedeli della Class 40, nomignolo P'tit Louis o Little Louis, era la seconda partecipazione a The Transat (era arrivato quarto nel 2008).

In partenza pensavamo fare la classica rotta diretta e farsi bastonare di continuo nelle depressioni... E siamo partiti con la prua verso Sud! Una transat inglese che passa per Fromveur (passaggio tra Ouessant e la Bretagna, Ndr) e la Biscaglia: roba da matti! Tutto torna in ordine con la prima depressione che aggiriamo a Nord. A questo momento ho deciso di tagliare un po' sfiornado il centro della depressione ma me la so cavato bene... Era piacevole, lo stato del mare era ancora corretto: randa a tre mani e trinchetta, la barca filava a 15 nodi di media per tre, quattro ore.

"All'uscita, eravamo rimasti quattro barche in testa, ero consapevole di aver un piccolo deficit in termini di velocità perché la mia barca non è così recente, ho cercato una soluzione per fare una rotta diversa. Ho visto una porta aperta verso Sud con previsioni meteo affidabili. Mi sembrava più sicuro andare giù, a Nord il rischio era di ritrovarsi in una zona di bonaccia. Finalmente ho più o meno lo stesso distacco al traguardo che al momento di prendere questa decisione, non è stato un errore. Però ho creato la separazione laterale (fino a 800 miglia, Ndr) e potevano presentarsi altre opportunità. Non ho subito la depressione a Nord che è costata cara a Phil Sharp (terzo classificato, Ndr).

"Ho riflettuto molto sul Gulf Stream perché avevo già partecipato a questa regata otto anni fa e l'avevamo preso in pieno. All'epoca non avevamo carte abbastanza precise. Oggi sono precise ma spesso sbagliate... Ti alza un mare molto duro, ho avuto l'impressione di navigare per 1000 miglia nel Raz Blanchard (punta del Cotentin in Normandia, famosa per le sue correnti di marea, Ndr). Da buon normanno aspettavo l'inversione della corrente ma non è mai arrivata.

"Undici ore dopo Thibaut sono tanteperò allo stesso tempo sono super felice di arrivare a New York (…) di aver preservato il materiale. Così ho salvato la mia Route du Rhum dove avevo dovuto abbandonare. Comunque queste undici ore mi lasciano un po' di amarezza. Sono costretto a tornare per cercare di vincere!

Speriamo soltanto che non si dovrà aspettare altri otto anni per vedere la flotta dei Class 40 correre la prossima edizione.


L'arrivo di Louis Duc VIDEO



L'epopea di Phil Sharp: inferno andato e ritorno
Dopo il bretone di Saint-Malo, il normanno di Cherbourg, è arrivato un'inglese di Jersey: tanta rivalità non solo sportiva anche storica tra queste tre città. E' proprio la bandiera dell'isola anglo-normanna che ha tirato fuori per primo Phil Sharp dopo aver tagliato il traguardo. E' un profilo ancora diverso quello dell'inglese che non vedevamo correre dalla Route du Rhum 2006, regata che aveva vinto alla grande seguendo una rotta Nord. Dieci anni dopo, questo ingegnere di professione ha potuto partire per The Transat all'ultimo momento con una barca che non conosceva e che ha scoperto tre settimane soltanto prima della partenza.

Diverso anche il modo di comunicare dello skipper di Imerys. Da un estremo all'altro: super professionista da parte di Vauchel-Camus che ha nascosto fino alla fine i suoi problemi, massima trasparenza e tanto umorismo da parte di Sharp che ha raccontato tutto la sua regata sul suo profilo Facebook. Una regata a dir poco epica che conferma un grande talento (già espresso oltre al Rhum 2006, durante la Mini Transat 2005 conclusa a un soffio del podio) e una tenacia che ha dell'incredibile.

Ricapitoliamo. Sharp parte bene e corre subito nel gruppo di testa. Commette un'irregolarità entrando nella zona di separazione del traffico marittimo al largo di Ouessant (punta della Bretagna). Con una tempistica che non commentiamo, la sanzione del comitato di regata arriva: 6 ore di penalità da effettuare in mare. In pratica deve tornare indietro e ritagliare lo stesso meridiano 6 ore dopo. Quando effettua la penalità, siamo al settimo giorno di regata, è ancora nel gruppo di testa che naviga con vento abbastanza favorevoli.

Perde circa 80 miglia secche, un.distacco abissale. A quel punto uno può pensare che ha perso ogni chance. Invece no, riesce a tornare nella parte alta della classifica, al  secondo posto e a soffiare sul collo del leader.

Il passaggio della depressione evocata da Duc è fatale: si ritrova con la randa a brandelli. Con un paio di cimette riesce a riunire la balumina e rimandarla su. “Sapevo che sarebbe stata dura, ma non così tanto” racconta Sharp. Sapeva anche che partire per una Transat con vele usate avrebbe potuto creare problemi. Infatti, oltre alla randa, ha strappato anche il solent. Ha dovuto risolvere questioni di energia. Nonostante tutto, è andato fino in fondo.

A 60 miglia di New York, nella bonaccia più totale, si ritrova con pochissima acqua, rimane qualche bottiglia di Coca Cola "siamo in America on no?" ironizza. Affronta gli ultimi problemi... dopo aver tagliato il traguardo. Il motore non parte. Non importa! Raggiunge il porto a vela... insomma quello che rimane di vela, tanto la randa non ne voleva sapere di andare giù...

Guardate qui l'arrivo di Phil Sharp e la sua intervista...


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