Storia | Regata > Vela Oceanica
14/04/2016 - 20:49
Un navigatore capace di spaziare dal carbonio al compensato marino
Un navigatore capace di spaziare dal carbonio al compensato marino
Loick, Transat come 50 anni fa
Transat sul Pen Duick II senza elettronica, senza gps, con sestante e timone a vento: "Voglio sentire la bellezza di non sapere dove sei” - TANTE FOTO E UN VIDEO
di Fabio Colivicchi
I francesi nella vela oceanica sono talmente avanti che possono permettersi di… tornare indietro. E così, Loick Peyron (chi meglio di lui, che è passato attraverso tutte le ere geologiche della vela) ne ha fatta un’altra. Dopo il restauro e la preparazione alla Route du Rhum con il vecchio trimarano Olympus di Mike Birch, (impresa poi sostituita per la chiamata all’ultimo momento in sostituzione dell’infortunato Armel le’Cleach sul gigantesco e modernissimo multiscafo Banque Populaire VII vincendo la corsa), adesso il più iconico dei navigatori francesi, capace di passare con nonchalanche dai catamarani di Coppa America ai mega trimarani Ultime super-tecnologici, alle vecchie barche e all’uso del sestante, ha preso a cuore l’operazione recupero (fisico e culturale) di una delle barche più amate nella storia della vela transalpina, il Pen Duick II del leggendario Eric Tabarly.
In vista della Transat, che parte tra un mese e ripercorre i fasti della prima regata oceanica in solitario, Loick Peyron, che l’ha già vinta due volte, sembra attratto dal recupero dei valori persi negli anni. E ha deciso di rendere omaggio sia alle origini della corsa in mare aperto che al mitico Eric Tabarly, il suo eroe d'infanzia, navigando sul Pen Duick II (che tradotto nella lingua celtica della Bretagna significa "testolina nera"). Per i francesi in particolare, lo spirito originario della Transat è incarnato nella clamorosa impresa di Eric Tabarly che vinse a Newport, Rhode Island, la storica edizione del 1964 con il Pen Duick II, facendo scoprire al pubblico francese la grande vela oceanica.
Ma non c’è solo l’omaggio al grande navigatore: “Farò la Transat inglese esattamente come Tabarly fece più di 50 anni fa, senza elettronica, senza gps - dice Peyron - Voglio sentire l'incertezza, rivivere quella sensazione e la bellezza di non sapere dove sei, navigando senza gps”. Per l’occasione, il Pen Duick II è stato restaurato con nuove vele e winch. Ma la barca è in gran parte rimasta fedele alla versione originale. Il ketch di 13,6 metri, ha ancora il suo scafo in compensato e i suoi alberi. Dopo aver preso le letture del sestante sul ponte, Peyron siederà al tavolo da carteggio originale in cui era seduto Tabarly, tracciando la rotta con una squadra e una bussola, alla luce di una lanterna a olio.
Senza falsa modestia, il navigatore si è detto preoccupato per la barca, più che per la sua sicurezza personale: “Devo avere realmente cura di lei, non ho intenzione di correre rischi. Fa parte del nostro patrimonio francese, e io ne sono il responsabile”.
Peyron attribuisce gran parte del suo successo come skipper all'opportunità di timonare alcune delle barche più tecnologicamente avanzate del mondo, tra cui l’AC72 di Artemis Racing a San Francisco e Banque Populaire V al giro del mondo in 45 giorni e 14 ore per il Trofeo Jules Verne nel 2012. Ma le sue campagne di ritorno al passato come quella del Pen Duick II e la replica di Mike Birch possono servire anche come studio in relazione all’evoluzione della tecnologia. “I giornalisti del tempo dissero che il disegno del Pen Duick II era una follia, è ciò che i giornalisti continuano a dire ogni volta che viene introdotto un nuovo tipo di barca”, dice Peyron.
Pen Duick II venne considerata troppo leggera col suo compensato marino e troppo invelata, ma invece si rivelò perfetta, sia di bolina contro onde di 8-9 metri, mentre altri disalberavano, sia nell’avvantaggiarsi con vento leggero nelle ultime 800 miglia dopo Terranova.
“Sono molto fortunato ad essere in grado di timone in foiling su una barca di Coppa America nella baia di San Francisco ad una velocità media di 25 nodi, ma sento anche il bisogno di navigare su queste barche classiche - dice Peyron – Perché ii aiuta a pensare a come sarà la vela del futuro”.
di Fabio Colivicchi
I francesi nella vela oceanica sono talmente avanti che possono permettersi di… tornare indietro. E così, Loick Peyron (chi meglio di lui, che è passato attraverso tutte le ere geologiche della vela) ne ha fatta un’altra. Dopo il restauro e la preparazione alla Route du Rhum con il vecchio trimarano Olympus di Mike Birch, (impresa poi sostituita per la chiamata all’ultimo momento in sostituzione dell’infortunato Armel le’Cleach sul gigantesco e modernissimo multiscafo Banque Populaire VII vincendo la corsa), adesso il più iconico dei navigatori francesi, capace di passare con nonchalanche dai catamarani di Coppa America ai mega trimarani Ultime super-tecnologici, alle vecchie barche e all’uso del sestante, ha preso a cuore l’operazione recupero (fisico e culturale) di una delle barche più amate nella storia della vela transalpina, il Pen Duick II del leggendario Eric Tabarly.
In vista della Transat, che parte tra un mese e ripercorre i fasti della prima regata oceanica in solitario, Loick Peyron, che l’ha già vinta due volte, sembra attratto dal recupero dei valori persi negli anni. E ha deciso di rendere omaggio sia alle origini della corsa in mare aperto che al mitico Eric Tabarly, il suo eroe d'infanzia, navigando sul Pen Duick II (che tradotto nella lingua celtica della Bretagna significa "testolina nera"). Per i francesi in particolare, lo spirito originario della Transat è incarnato nella clamorosa impresa di Eric Tabarly che vinse a Newport, Rhode Island, la storica edizione del 1964 con il Pen Duick II, facendo scoprire al pubblico francese la grande vela oceanica.
Ma non c’è solo l’omaggio al grande navigatore: “Farò la Transat inglese esattamente come Tabarly fece più di 50 anni fa, senza elettronica, senza gps - dice Peyron - Voglio sentire l'incertezza, rivivere quella sensazione e la bellezza di non sapere dove sei, navigando senza gps”. Per l’occasione, il Pen Duick II è stato restaurato con nuove vele e winch. Ma la barca è in gran parte rimasta fedele alla versione originale. Il ketch di 13,6 metri, ha ancora il suo scafo in compensato e i suoi alberi. Dopo aver preso le letture del sestante sul ponte, Peyron siederà al tavolo da carteggio originale in cui era seduto Tabarly, tracciando la rotta con una squadra e una bussola, alla luce di una lanterna a olio.
Senza falsa modestia, il navigatore si è detto preoccupato per la barca, più che per la sua sicurezza personale: “Devo avere realmente cura di lei, non ho intenzione di correre rischi. Fa parte del nostro patrimonio francese, e io ne sono il responsabile”.
Peyron attribuisce gran parte del suo successo come skipper all'opportunità di timonare alcune delle barche più tecnologicamente avanzate del mondo, tra cui l’AC72 di Artemis Racing a San Francisco e Banque Populaire V al giro del mondo in 45 giorni e 14 ore per il Trofeo Jules Verne nel 2012. Ma le sue campagne di ritorno al passato come quella del Pen Duick II e la replica di Mike Birch possono servire anche come studio in relazione all’evoluzione della tecnologia. “I giornalisti del tempo dissero che il disegno del Pen Duick II era una follia, è ciò che i giornalisti continuano a dire ogni volta che viene introdotto un nuovo tipo di barca”, dice Peyron.
Pen Duick II venne considerata troppo leggera col suo compensato marino e troppo invelata, ma invece si rivelò perfetta, sia di bolina contro onde di 8-9 metri, mentre altri disalberavano, sia nell’avvantaggiarsi con vento leggero nelle ultime 800 miglia dopo Terranova.
“Sono molto fortunato ad essere in grado di timone in foiling su una barca di Coppa America nella baia di San Francisco ad una velocità media di 25 nodi, ma sento anche il bisogno di navigare su queste barche classiche - dice Peyron – Perché ii aiuta a pensare a come sarà la vela del futuro”.
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