News | Regata > Vela Olimpica

28/05/2022 - 17:41

INTERVISTA INTIMA ALLA TIMONIERA OLIMPICA LASER DI RIO 2016 E TOKYO 2020

Silvia Zennaro, mamma in carriera (olimpica)

"LE CRITICHE NON MI INTERESSANO, HO UN CARATTERE FORTE" – Dopo l’incredibile scalata al podio a Enoshima, la scoperta della gravidanza, la nascita di una figlia, e la conferma: torna in campagna olimpica per Parigi (Marsiglia) 2024. La prima regata sul Garda (“tornata a terra felicissima”), la prossima internazionale in Olanda, e il nuovo corso: “Adesso conta la qualità più che la quantità”

 

 

L’avevamo lasciata a Enoshima, la soddisfazione strozzata di una finale in corsa per il podio chiusa subito con una squalifica per partenza anticipata. Ma con le idee chiarissime: “Tornerò”. E quella straordinaria serenità che una volta a casa ha trovato spiegazione: non era sola in regata ai Giochi… Con lei a bordo c’era Olimpia, nata alcuni mesi dopo. E’ una Silvia Zennaro caparbia, luminosa, determinata, mamma, quella intercettata a Riva da Francesca Frazza, per anni in squadra Laser con la veneta. Botta e risposta con una grande velista.

 

 

di Francesca Frazza

 

All’Europa Cup ILCA, organizzata qualche settimana fa dal Circolo Vela Torbole, si sono presentati circa 500 velisti. Tanti volti nuovi, molte facce fresche e giovani, ma anche parecchie vecchie conoscenze. Al via si è presentata anche Silvia Zennaro, già olimpionica a Rio 2016 e Tokyo 2021, da poco mamma di una bambina. Olimpia ha due mesi ed è stata l’attrazione principale della regata. La nonna scherza e dice: “adesso chi vuole prenderla in braccio deve pagare un ticket.” E quello che mi fa ridere è che in due giorni siamo diventate tutte zie di Olimpia.

 

Le chiedo come sia stato mettere il piede in barca per la prima volta dopo più di dieci mesi, quali siano stati gli step del recupero post-parto e, soprattutto, come ci si senta a tornare nel mondo delle regate: “Sono uscita ieri per la prima volta con qualcuno e sono tornata a terra che ero felicissima, avevo un sorriso grandissimo stampato in faccia. Vediamo adesso cosa vuole dire tornare a regatare dopo un periodo di stop così lungo, però tutto questo mi era mancato tantissimo e sono proprio contenta di essere tornata. Alla fine della fiera gli step sono stati abbastanza semplici. Come prima cosa ho iniziato ad uscire con poco vento. Volevo capire quali fossero i miei limiti, anche perché comunque sono tornata in barca un mese dopo il cesareo e quindi pian pianino ho fatto un po' di pratica e ho visto che andava tutto bene quindi sono stata maggiormente soddisfatta.”

 

Mi racconta di come, ovviamente, le cose siano un po' cambiate, ora che c’è la bambina. Gli obiettivi sono sempre gli stessi, cercare di qualificarsi per Parigi e di strappare quella medaglia che le era sfuggita durante la medal race di Tokyo a causa di quel brutto bfd, ma la gestione del tempo, mi dice, è un po' diversa: “Adesso deve essere tutto più concentrato e di sicuro in questo momento preferisco la qualità alla quantità. Purtroppo una giornata ha solo 24 ore per fare tutto, inizio la giornata alle 6.30 e la finisco alle 23 e tutto deve essere fatto di corsa. Riesco a fare quello che faccio soprattutto grazie all’aiuto dei nonni e senza di loro sarebbe tutto più snervante. Mi sono resa conto che quando vado in barca, proprio perché il tempo deve essere sfruttato al 110% devo essere più concentrata e più focalizzata.”

 

Dopo le prime domande di riscaldamento, che hanno occupato la prima breve parte dell’intervista, entriamo nel vivo delle questioni che mi preme chiedere, ovvero, cosa voglia dire essere una mamma in carriera in un paese come l’Italia. Non è uno scandalo dire che l’Italia non è proprio tra quei paesi che vanno forte quando si tratta di certi argomenti, di donne e di donne in carriera, soprattutto quando poi alcune di queste diventano madri. In realtà non ci siamo addentrate troppo nella questione, anche per evitare di perderci in un “mare magnum” di argomenti che, purtroppo ancora nel 2022, sono oggetto di molteplici pregiudizi e di alcune questioni che al giorno d’oggi non hanno ancora una soluzione concreta.

 

Le critiche, mi dice, non sono di certo mancate: “Sia durante la gravidanza che dopo, non sono mancati i commenti e i giudizi sulle decisioni che ho preso nei vari momenti. Sicuramente la gente non è stata clemente, ma diciamo che a me, di quello che pensano gli altri non mi è mai interessato niente, quindi io faccio quello che penso sia meglio per noi, soprattutto per lei, e vado avanti per la nostra strada. Penso che questo me lo posso permettere io perché sono una persona con un carattere molto forte. Penso che per qualcuno di un po' più fragile, con tutte queste pressioni, questi commenti, questo contesto sarebbe davvero complicato. Anche il fatto che adesso io la porti in giro per il mondo è motivo di critica e poi qualcuno ha avuto da ridire anche sul fatto che io non abbia potuto allattarla. Se non ho latte, non ho latte, non me lo posso mica inventare.”

 

Sull’ultima parte mi viene un po' da ridere perché tra tutte le persone che hanno deciso di portare in giro i figli appena nati, c’è stata anche una certa ed abbastanza nota signora. Era il lontano 1996 e pare che la figlia in questione avesse la passione per dormire sui fiocchi appena spacchettati dei 470, in particolare quelli di Gabrio Zandonà. Ma questa, forse, è un’altra storia. “Anche mia mamma la pensava così” le dico e lei mi risponde che così sicuramente la bambina avrà l’occasione di imparare e diventare curiosa per quello che c’è anche al di là dei confini e di questo sono certa anche io.

 

Il tempo scorre veloce e non perdona, quindi affrontiamo brevemente le ultime domande, in previsione della ormai prossima Allianz Regatta, la prova che segna il rilancio di Silvia sulle scene internazionali e quei campionati Europei e Mondiali a cui spera di arrivare con la forma con cui aveva lasciato Tokyo. Poi di nuovo uno sguardo su Parigi. Ormai era ora di andare, la bambina aveva iniziato a chiamare e la prima prova di giornata sarebbe stata disputata di lì a poco.

 

“Hai un ultimo messaggio?” le chiedo. Sapevo bene dove sarei andata a parare e quello che mi ha risposto Silvia era proprio dove volevo arrivare. “Ci stavo pensando, tutti mi dicevano che fare la regata sarebbe stata tosta, però mi è venuto in mente una cosa. Nel 2013 avevo fatto una maratona senza essermi mai allenata, io odio correre e comunque ero riuscita a finirla in 4 ore e 40 e ho proprio pensato che dove non arriva il fisico, arriva la testa.”

 

Dove non arriva il fisico, arriva la testa e, quando vuoi, puoi, se metti la giusta dose di determinazione in quello che fai. Silvia l’avevamo lasciata determinata e l’abbiamo ritrovata “semper fidelis” a sé stessa e a quello in cui crede. Che dire, bentornata Silvia!

Sezione ANSA: 
Saily - Vela Olimpica

Commenti