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20/11/2017 - 12:38
Fatiche atlantiche concluse e primi bilanci
Mini Transat, tutti
gli italiani in porto
Arrivati anche Ambrogio Beccaria (Alla Grande Ambeco) e Emanuele Grassi (Penelope). Con storie diverse: Ambrogio arrabbiato, costretto al pit-stop e alla rincorsa ("Non ero venuto per fare un trasferimento") sfuma il sogno di entrare nella Top-10 di Serie. Emanuele assonnato, vittima dello stesso "trattamento" che Penelope riservò quattro anni fa a Susanne Beyer, oggi sua moglie: pilota automatico rotto e interminabili ore al timone... Il primo bilancio e le statistiche - SU SAILY TV IN ARRIVO TUTTE LE INTERVISTE
Dopo Andrea Fornaro (2) e Andrea Pendibene (28), arrivati anche gli altri due italiani rinasti in gara: Ambrogio Beccaria (42) e Emanuele Grassi (44). Ritirati nella prima tappa Matteo Rusticali e Luca Sabiu.
Ambrogio Beccaria con il pogo 2 Alla Grande Ambeco, ha tagliato la linea d'arrivo della seconda tappa della Mini Transat La Boulangère lunedi a mezzanotte ora locale in Martinica, dopo 18 giorni, 10 ore, 11 minuti e 5 secondi dalla partenza della tappa da Las Palmas, tempo dal quale vanno detratte almeno 60 ore per il dietrofront a Capo Verde e relativo pit-stop per riparare il bompresso rotto. Già sotto la lente d'ingrandimento dei francesi per le ottime prestazioni nelle regate di preparazione, confermato col bel 6° posto della prima tappa, Boggi non può certo essere contento, ma esprime il suo spirito e lascia comunque un buon segnale dalla sua prima Mini (ha già annunciato di voler tornare tra due anni).
DOPO IL PIT-STOP ANCHE UN UFO CHE HA DANNEGGIATO IL TIMONE DI SINISTRA - Sfumato l’obiettivo di terminare la mini tra i primi 10 con una barca di vecchia generazione, il ventiseienne skipper milanese non si è demoralizzato, non ha perso la concentrazione, al contrario è ripartito “alla grande”. Purtroppo dopo solo tre giorni si è imbattuto in un oggetto galleggiante che ha compromesso il timone sinistro e per i giorni successivi ha preferito ridurre le vele e monitorare l’entità del danno. Nell’ultima settimana di navigazione Ambrogio ha ripreso a spingere la barca e ha condotto una regata impeccabile, superando uno dopo l’altro tanti avversari e rimontando fino al 42° posto finale.
In banchina queste le sue prime parole:“Non sono venuto qui per fare un trasferimento, volevo diventare un buon regatante oceanico, imparare a fare la strategia degli alisei, i groppi, e invece sono diventato un buon marinaio, ma sicuramente non sono migliorato dal punto di vista della regata. Però ho portato la barca dall’altra parte, e questo e l’importante alla fine, anche perché ho avuto tanti problemi e uno in particolare che voi non sapete.
"Tre giorni dopo il pit-stop a Capo Verde ho avuto problemi al timone sinistro, che non si è rotto per fortuna, ma l’impatto con un oggetto galleggiante ha provocato una delaminazione tra lo specchio di poppa e lo scafo, che faceva una piccola via d’acqua. A quel punto ormai ero troppo lontano per tornare a Capo Verde e lì ho avuto paura di non arrivare in fondo. Nei giorni successivi i timoni sono induriti molto e non ho messo lo spi per vedere se la delaminazione peggiorava. E’ stato un momento molto stressante.
"Tutta la settimana dopo Capo Verde sono stato molto conservativo, la regata l’avevo proprio messa in un angolino. La seconda settimana invece ho visto che reggeva e ho iniziato a spingere di più e a fare un po’ di strategia. Ho fatto forse qualche errore nell’approccio alle isole stando troppo a Sud, ma nel complesso sono contento perché nonostante tutto ho guadagnato parecchie posizioni dal pit stop in avanti. Sono stato un po’ sfortunato, ma i primi 4 giorni, dalle Canarie a Capo Verde, ho fatto 850 miglia con lo spi grande e lì la velocità era impressionante!! Il lavoro fatto con Giovanni Sanfelice di North Sails si vedeva. Rispetto agli altri pogo 2 avevo una velocità incredibile, sono a arrivato al cancello di Capo Verde con 30 miglia di vantaggio sugli altri pogo 2. Poi mi sono accorto che avevo rotto il bompresso e ho dovuto trovare il coraggio di tornare indietro. Non potevo andare in giro con il bompresso rotto o “scocciato”. Non è stato facile. Una volta riparato tutto ho capito che la regata era andata ma c’era ancora l’avventura da vivere e così è stato! Peccato per i danni al timone che invece più che avventura hanno trasformato tutto in un film dell’orrore! Mi resta come qualcosa in gola: tornerò nel 2019, questo è sicuro!”
PRESTO SU SAILY TV L'INTERVISTA-BILANCIO DI AMBROGIO CON LE IMMAGINI GIRATE A BORDO DURANTE LA SECONDA TAPPA!
Beccaria ha dimostrato, prima di tutto a se stesso, che la grande avventura della Mini-Transat non finisce quando svanisce il sogno del podio, ma è un’avventura a tu per tu con l’Oceano: una esperienza umana, e non solo sportiva. Perché, come ha detto Giovanni Soldini: “Alla fine una regata non è altro che una prova con se stessi”.
Proprio Soldini ha avuto parole di elogio su Beccaria, insieme a Vittorio Malingri: “Ambrogio ha fatto la scelta giusta. Alla fine una regata non è altro che una prova con se stessi è ovvio che vincere è meglio, ma ripartire dietro e guadagnare posizioni non è molto diverso che vincere, la differenza in realtà è per gli altri, tu che hai combattuto e guadagnato miglio su miglio sei comunque felice con te stesso e questo conta più di ogni altra cosa”. Vittorio Malingri, a sua volta ha detto: “Ambrogio ha respirato sul collo dei primi durante quasi tutte le prove affrontate. E' un giovane navigatore con davanti a sé tutta una vita di regate oceaniche e non. Il suo futuro è qui, sta a lui concretizzarlo”. Un saluto ad Ambrogio è arrivato anche da Stefano Chiarotti, che con lui ha vinto in coppia la Roma x2 2017: “Ambrogio si è dimostrato un vero atleta. L’esperienza te la fai navigando, la meteo si studia, tecnicamente puoi crescere di più, ma il carattere è quello che hai. Ambrogio ha le potenzialità per diventare un grande campione”.
EMANUELE, SUSANNE E UNA PENELOPE DI MEZZO... - Emanuele Grassi è arrivato un paio d'ore dopo Beccaria sul traguardo di Le Marin, il suo tempo di tappa: 18 giorni, 12 ore, 28 minuti e 20 secondi, alla media di 6,62 nodi. Ha allargato le braccia e salutato tutti, la faccia sottolineata da un barbone incolto mai visto! Cosa è successo?
A bordo del suo Pogo 2 Penelope ITA 603, Emanuele, come già visto alla partenza da La Rochelle, nella prima tappa e all'inizio di questa seconda, aveva con se la grande voglia di un faccia a faccia con l'oceano, continente da scoprire per la prima volta. Un sogno come tanti, però nel caso di Emanuele si è presto trasformato in un incubo. Senza energia, il pilota automatico ha smesso di funzionare 300 miglia dopo il passaggio di Capo Verde. Lo skipper romano non ha avuto altra scelta che timonare, timonare, timonare.... e naturalmente tirare giù tutte le vele per rispondere agli imperiosi richiami di Morfeo. Per Grassi, dormire un po' equivaleva a fermare Penelope.
La cosa incredibile è che la stessa barca (Penelope 603) aveva riservato l'identico trattamento, nella Mini Transat del 2011 alla navigatrice italiana Susanne Beyer: pilota rotto e tante ore al timone fino a vedere i fantasmi. Non si può dire che in questo caso evitare il cambio di nome abbia portato bene alla barca... Senza dimenticare - per completare le particolarità di questa storia a tre - che Susanne ed Emanuele nel frattempo si sono sposati e hanno due figli! Due cuori e una barchetta, ma niente pilota...
Difficile in queste condizioni trovare il piacere di fare la conoscenza dell'oceano lungo 1700 miglia fino a Martinica. Una traversata di stanchezza quasi dolorosa, interrotta piacevolmente dallo scambio VHF riuscito a poche miglia dall'arrivo con il connazionale Ambrogio Beccaria. Un momento rubato alle avversità e che non dimenticherà. Esausto, svuotato, Emanuele non fa mistero della sua amarezza di fronte alla versione più scomoda fornita dall'oceano. Tuttavia, è il primo a dire: per meritare di assaporare il vero sapore della Mini-Transat, dovrà tornare...
SU SAILY TV IN ARRIVO ANCHE L'INTERVISTA-BILANCIO DI EMANUELE GRASSI CHE RACCONTA LA TAPPA CON IMMAGINI GIRATE A BORDO
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