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27/07/2010 - 02:10

128 giorni e 8mila miglia per informare sulla "mega-isola di rifiuti" nel Pacifico

Il Plastiki vince
l'eco-sfida

Si è conclusa a Sydney l'avventura di David De Rothschild. Partito a marzo da San Francisco, il milionario ecologista ha fatto 8mila miglia per denunciare al mondo l'inquinamento da plastica che sta uccidendo i mari. E la nostra salute.

 
L’accoglienza è stata quella riservata ai grandi eroi e ai campioni dello sport. E, per una volta, ogni applauso è stato più che meritato. Dopo 8mila miglia e 128 giorni di navigazione, il sogno del milionario ecologista David de Rothschild è diventato realtà.

L’impresa del suo Plastiki – un catamarano di 30 metri realizzato con oltre 12mila e 500 bottiglie di plastica - si è conclusa a Sydney quando nella città australiana erano 11.10. L’obiettivo del suo viaggio, iniziato lo scorso 20 marzo dalla baia californiana di San Francisco, era comprensibile, osservando il materiale della sua barca: spostare l’attenzione dei media mondiali su un “mostro” molto poco noto dall’opinione pubblica mondiale ma in grado di far sgranare gli occhi a chiunque ne venga a conoscenza.
 
Una megaisola di spazzatura
 
I biologi lo denunciano da anni, purtroppo inascoltati a causa delle pressioni delle lobby della grande industria: nei mari terrestri, la quantità di rifiuti plastici ha raggiunto livelli impressionanti, in alcune zone anche superiori al plancton, elemento essenziale per il cerchio della vita marina.
Nel Pacifico questa concentrazione, a causa delle correnti marine,ha dato vita al Pacific Trash Vortex: una massa informe, profonda 30 metri, larga due volte gli Usa (per percorrerla in aereo ci vorrebbero 5 ore), pesante 3,5 milioni di tonnellate e divisa in due parti. La prima a sud-ovest del Giappone, l’altra a nord-ovest delle Hawaii. Non è un caso che, talvolta, roteando, lambisca le coste statunitensi, ricoprendole di strati di plastica alti fino a tre metri.

La sfida del rampollo dagli occhi verdi
 
Anziché starsene beato a godersi i tanti tanti soldi e la bella vita che la sua famiglia (e il suo nome) gli possono garantire, David de Rothschild, oggi 31enne, si è da sempre interessato di questioni ambientali, fino alla sfida del Plastiki: “Se stasera per cena mangiate del pesce, dovete sapere - ha spiegato pochi istanti dopo il suo arrivo nel porto di Sidney - che molto probabilmente mangerete del cibo con un alto livello di tossicità. La plastica e altri materiali non biologici spesso finiscono per trovarsi nel nostro sistema alimentare".
 
Roteando nell’oceano infatti, la plastica ha mantenuto la propria struttura polimerica, ma si è disintegrata in pezzi sempre più piccoli fino ad assomigliare a zooplancton. Molluschi e pesci se ne cibano, confondendolo, e così la plastica entra nella catena alimentare. Ricordare che al vertice di tale catena ci siamo noi esseri umani dovrebbe essere pleonastico.
 
Nella sua impresa, David ha avuto al suo fianco gli skipper Jo Royle e David Thomson che hanno dovuto traghettare il Plastiki fra le acque oceaniche. Accanto a loro, i fotografi Olav Heyerdahl, Matthew Grey e Luca Babini, il cameraman Vern Moen e due operatori del National Geographic, Max Jourdan e Singeli Agnew. Quattro le tappe che ha affrontato il catamarano di bottiglie: da San Francisco ha raggiunto Kiribati, poi le Western Samoa, la Nuova Caledonia e infine le coste orientali dell’Australia.
 
Un catamarano avveniristico

La particolarità dell’impresa è nata fin dalla progettazione della barca. Il Plastiki infatti, è stato realizzato dalla collaborazione di scienziati marini, designer specializzati in progetti ecosostenibili, costruttori di barche e scienziati dei materiali. La capacità di galleggiamento del catamarano è garantita, per il 68%, dalle 12500 bottiglie di acqua e soft drink riciclate, ma la solidità dell’imbarcazione è stata assicurata da una innovativa struttura in materiale plastico riciclato, chiamato Seretex.

In pratica, l’unico pezzo non di plastica (a parte il cibo a bordo, ovviamente…) è stato l’albero, costruito in alluminio riciclato. Le vele sono state invece ottenute da un materiale derivato dal Pet. La saldatura dei vari materiali invece è stata effettuata con una speciale colla organica, derivante dai gusci delle noccioline e dallo zucchero di canna. Ovviamente, anche l’alimentazione a bordo è stata ottenuta in modo pulito: pannelli solari, impianti minieolici e generatori a pedali. Per non sprecare nulla, a bordo è stato impiantato anche uno strumento per recuperare le acque piovane.
 
 
 
 

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