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07/01/2013 - 15:13
Vendee Globe, il giro in solitario
Vendee Globe, il giro in solitario
Baby Francoise
solitario di corsa
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L'esordiente Gabart in testa alla flotta dopo Capo Horn! Un giro del mondo entusiasmante nel segno di grandi uomini di mare: dopo i ritiri delle prime settimane, Capodanno a Capo Horn, clamoroso testa a testa per il primato, una protesta in corso, il romantico Di Benedetto. Facciamo il punto su tutto
di Alberto Mariotti
Mentre noi brindavamo al Natale e al nuovo anno comodi e al caldo, ingurgitando quantità oscene di panettone e lenticchie i tredici skipper del Vendée Globe se la vedevano con i 50° urlanti, un freddo polare – è il caso di dirlo – pioggia, depressioni una via l’altra e cibo razionato. Ovviamente hanno brindato anche loro al 2013, ma in un modo che certamente non potremo mai sperimentare. E a qualcuno vien voglia di aggiungere “per fortuna”.
Dopo i disastri dei giorni subito dopo la partenza, le collisioni con oggetti semisommersi e quelle con i pescherecci, un disalberamento e ritiri uno dopo l’altro in pochi si sarebbero aspettati un’edizione così appassionante. Si perché questa settima edizione del Vendé Globe sarà ricordata come quella del duello infinito tra lo “sbarbato” François Gabart e il più navigato Armel Le Cléach’, che si alternano al primo posto praticamente fin dalla partenza. Non solo, il distacco dei due non ha mai superato la 40ina di miglia. Mai vista una battaglia del genere.
Mentre i primi quattro hanno già doppiato Capo Horn iniziando così la parte finale della regata con la risalita dell’Atlantico, tra la quinta e la decima posizione tutto può ancora accadere, con Jean Le Cam quinto a circa 1.744 miglia dal primo e Javier Sansò decimo a 2.290. All’undicesimo e dodicesimo posto ci sono Bertrand de Broc e Tanguy De Lamotte, distaccati di 3.680 e 3.960 miglia. In ultima posizione il nostro Alessandro di Benedetto, che continua la sua regata a 4.830 miglia. Per lui Capo Horn è ancora molto distante ma sta dimostrando, ancora una volta, che il Vendée Globe è una regata dove esistono diverse idee di vittoria.
Dopo 58 giorni di regata ci sono stati diversi episodi spiacevoli, ultimo quello che ha coinvolto lo svizzero Bernard Stamm, in attesa del giudizio della giuria internazionale dopo un ancoraggio “vietato” in Nuova Zelanda per riparare un guasto agli idrogeneratori. Su questo e altri fatti torneremo più avanti nell’articolo. Ora è infatti il momento di dare spazio ai due leader.
Il duello infinito
Infinito perché dopo quasi 20.000 miglia i due leader, Gabart e Le Cléach’, hanno solo 41 miglia di distacco. Sì, avete capito bene. Dopo praticamente 60 giorni di regata nelle immense vastità degli oceani Atlantico, Indiano, Pacifico e di nuovo Atlantico, dopo aver doppiato tre capi (Buona Speranza, Leeuwin e Horn) quei due lì hanno un distacco di sole 41 miglia. Roba da non crederci. Molto più credibile il distacco tra secondo (Le Cléach’) e terzo (Dick), circa 200 miglia. Ma 41 miglia no, nessuno se lo sarebbe mai aspettato, e infatti è la prima volta nella storia del Vendée Globe.
La settima edizione è tutta in questo duello tra l’esordiente (Gabart) e il l’esperto (Le Cléach’). Del primo si parla già di eroe. Nessuno giovane quanto lui aveva infatti mai “osato” condurre il Vendée con tale autorevolezza, dimostrando capacità e acume tattico che solo i marinai più tosti e avvezzi ai giri del mondo e ai Mari del Sud possono avere. Il suo inseguitore e compagno di scorribande è uno che ha già concluso il giro del mondo in seconda posizione quattro anni fa alle spalle del professore Michel Desjoyeaux.
La sfida tra i due francesi sta tenendo tutti con il fiato sospeso. Impossibile non appassionarsi alle gesta di questi due velisti che “se le stanno dando di santa ragione” con sorpassi e controsorpassi da brividi. Al momento i due sono a sudest di Buenos Aires stretti tra un’alta e una bassa pressione. In mezzo a loro un corridoio di vento da nordovest cambierà presto a nordest per poi trasformarsi in tempesta con raffiche a 40 nodi e mare formato. Per ora il contorto corridoio li costringerà a frequenti virate e la loro rotta potrebbe tornare a sovrapporsi. Riguardo alla situazione Gabart ha detto che “non c’è molto vento per ora, e anche se ce ne fosse di più non credo che andremmo più veloci. Dobbiamo trovare la giusta posizione per affrontare la depressione in arrivo. Andare controvento è sempre più difficile, è facile da capire, non è una situazione naturale. Ci sono molte cose da anticipare e qualche volta i file meteo non sono molto accurati. Vi vuole anche istinto. Non so se Armel Le Cléach’ farà la mia stessa rotta, so solo della mia situazione e delle mie scelte, ma le nostre rotte potrebbero presto convergere. A bordo tutto è a posto, so di avere una barca molto efficiente, veloce, che è stata grande negli Mari del Sud e spero anche fino alla fine. Speriamo di avere un finale matto, con solo poche miglia tra di noi. Vorrei ringraziare il mio team per tutto il loro duro lavoro, loro sono la ragione per cui le cose stanno andando bene per me e la barca”.
Chi vincerà alla fine tra i due? Impossibile dirlo ora, quando mancano ancora poco meno di 6.000 miglia prima del traguardo di Les Sables d’Olonne. Anche perché dietro le distanze si accorciano.
Lotta per il podio
Sono molti a pensare che una volta doppiato Capo Horn il peggio è passato. Ma non è così. Certo, il freddo e il pericolo iceberg diventano solo un ricordo. Ma le variabili strategiche aumentano. Intanto non ci sono più gli icegate, che in qualche modo vincolavano molto le scelte strategiche di rotta. E poi torna l’incubo delle calme equatoriali, che come la safety car in Formula 1, possono cambiare drasticamente i distacchi e quindi la classifica. Le condizioni dei venti intorno all’equatore possono costare la vittoria molto più di quanto facciano nei Mari del Sud. Laggiù i problemi sono altri. Lo sanno benissimo Jean-Pierre Dick e Alex Thomson, rispettivamente terzo e quarto, che non si faranno sfuggire qualsiasi occasione per recuperare le 360 e 615 miglia che li separano dal primo. Per loro la posizione nel podio (la vittoria è più difficile) è ancora tutto da giocare. Entrambi sono già stati protagonisti di grandi recuperi e gesta eroiche, Dick ha mangiato circa 200 miglia ai leader mentre Thomson ha dimostrato a tutti la sua arte marinara facendo un’incredibile riparazione a una delle due barre del timone e lanciandosi all’inseguimento della terza posizione. Ora ha seri problemi di riserve energetiche e dovrà, ancora una volta, fare del suo meglio per arrivare fino in fondo.
L’altra regata
Dietro di loro le distanze sono siderali e non permettono di puntare al podio. Si sta quindi giocando una seconda regata tra sei skipper condotta con abilità da Jean Le Cam, saldamente quinto. Per lui Capo Horn è dietro l’angolo e dovrebbe incontrare condizioni discrete. Appena dietro, l’inglese Mike Golding ha affrontato una durissima botta di vento a 42 nodi che lo ha svegliato all’improvviso sdraiando la barca sull’acqua e costringendolo a uscire fuori di corsa senza cerata. Riguardo a Capo Horn ha detto via radio che “non so perché ma mi sento molto più stressato riguardo questo passaggio che non quelli precedenti. Non è a causa del tempo particolarmente orrendo che c’è ora lì, è probabilmente il ghiaccio che mi spaventa. Sono sicuro che ci fosse ghiaccio anche nel 1994 durante il giro del mondo in solitario al contrario, sono sicuro che ci fosse ghiaccio ovunque, ma ne ero beatamente incosciente”.
Al settimo e ottavo posto ci sono lo svizzero Dominique Wavre e lo spagnolo Javier Sansò, separati da pochissime miglia. Nono è Bernard Stamm, che si trova in una situazione molto delicata, e non solo per la possibile squalifica. Tra poche righe tutta la sua vicenda. Decimo è Arnaud Boissières a poco meno di 2.300 miglia dal primo in vista dello spagnolo. Undicesimo è Bertand de Broc e dodicesimo Tanguy De Lamotte. Tredicesimo e ultimo il nostro Alessandro Di Benedetto, a poco più di 4.830 miglia di distacco dal primo. Alessandro se la dovrà cavare da solo, senza la sicurezza di avere dei compagni di viaggio pronti a intervenire a distanza ragionevole in caso di problemi. Ma siamo sicuro che Alessandro se la caverà alla grande, come del resto ha fatto fin’ora.
Il caso Stamm
C’è un colpo di scena che sta tenendo tutti in grande suspense, ed è quello che si può già considerare come il “Caso Stamm”, che rischia la squalifica per aver ricevuto aiuto esterno. Ma dove, e da chi? Andiamo con ordine. Afflitto fin subito da problemi agli idrogeneratori, Stamm decide di fermarsi e ripararli definitivamente per non dover affrontare tutto il Pacifico senza una fonte di energia per alimentare i numerosi sistemi bordo (autopilota, dissalatore, ricezione file meteo e sul ghiaccio, computer di bordo e dati di navigazione, luci di posizione, Ais, radar, chiglia basculante, Vhf, comunicazioni satellitari e molto altro).
Il 23 dicembre fa rotta verso le Auckland Islands, a sud della Nuova Zelanda. Poco dopo la nave scientifica russa Professor Khromov si mette alla fonda nella stessa baia, non lontano da lui. Il tempo peggiora, e dopo aver realizzato che la sua àncora ara e la barca si sta avvicinando al vascello russo, Stamm lo chiama al Vhf per avvisare di quanto sta accadendo e che si ormeggerà vicino. Mentre Stamm è indaffarato in coperta, all’improvviso nota che qualcuno è salito a bordo sulla sua barca e lo sta aiutando a sistemare l’àncora. Stamm dice di non aver avuto neanche il tempo di chiedergli di scendere subito dalla sua barca. Lo svizzero ha poi dichiarato che “qualunque marinaio nel mondo avrebbe fatto la stessa cosa, inoltre è accaduto tutto così velocemente che non ho pensato a cosa fosse specificato nelle regole di regata”.
Per scappare alla tempesta in arrivo Stamm decide poi di proseguire verso la Nuova Zelanda e ormeggia a Dunedin per completare le riparazioni agli idrogeneratori. Informata la Giuria dei fatti, Stamm riceve la comunicazione di squalifica. Ma non è finita qui, perché dopo aver ricevuto la testimonianza scritta del comandante del vascello russo, la Giuria decide di riaprire il caso. Al momenti Stamm è ancora in attesa di sapere cosa succederà. Tutti gli altri skipper, sia quelli ancora in regata sia quelli già ritirati sono dalla parte di Bernard Stamm, e hanno fatto sapere la loro opinione, visibile a questo link http://www.imoca.org/en/news/346-the-vendee-globe-skippers-rally-around-...
Nel frattempo la fortuna non è dalla parte del velista svizzero, perché dopo aver ripreso la regata la sua barca ha urtato un oggetto semisommerso, e al momento non si conosce ancora l’entità dei danni. Stamm naviga infatti con tutti i sistemi di bordo spenti per risparmiare energia e i contatti con la terraferma sono pochissimi e molto brevi.
Tutti i prossimi sviluppi su Saily.it, anche con i filmati dall’oceano.
di Alberto Mariotti
Mentre noi brindavamo al Natale e al nuovo anno comodi e al caldo, ingurgitando quantità oscene di panettone e lenticchie i tredici skipper del Vendée Globe se la vedevano con i 50° urlanti, un freddo polare – è il caso di dirlo – pioggia, depressioni una via l’altra e cibo razionato. Ovviamente hanno brindato anche loro al 2013, ma in un modo che certamente non potremo mai sperimentare. E a qualcuno vien voglia di aggiungere “per fortuna”.
Dopo i disastri dei giorni subito dopo la partenza, le collisioni con oggetti semisommersi e quelle con i pescherecci, un disalberamento e ritiri uno dopo l’altro in pochi si sarebbero aspettati un’edizione così appassionante. Si perché questa settima edizione del Vendé Globe sarà ricordata come quella del duello infinito tra lo “sbarbato” François Gabart e il più navigato Armel Le Cléach’, che si alternano al primo posto praticamente fin dalla partenza. Non solo, il distacco dei due non ha mai superato la 40ina di miglia. Mai vista una battaglia del genere.
Mentre i primi quattro hanno già doppiato Capo Horn iniziando così la parte finale della regata con la risalita dell’Atlantico, tra la quinta e la decima posizione tutto può ancora accadere, con Jean Le Cam quinto a circa 1.744 miglia dal primo e Javier Sansò decimo a 2.290. All’undicesimo e dodicesimo posto ci sono Bertrand de Broc e Tanguy De Lamotte, distaccati di 3.680 e 3.960 miglia. In ultima posizione il nostro Alessandro di Benedetto, che continua la sua regata a 4.830 miglia. Per lui Capo Horn è ancora molto distante ma sta dimostrando, ancora una volta, che il Vendée Globe è una regata dove esistono diverse idee di vittoria.
Dopo 58 giorni di regata ci sono stati diversi episodi spiacevoli, ultimo quello che ha coinvolto lo svizzero Bernard Stamm, in attesa del giudizio della giuria internazionale dopo un ancoraggio “vietato” in Nuova Zelanda per riparare un guasto agli idrogeneratori. Su questo e altri fatti torneremo più avanti nell’articolo. Ora è infatti il momento di dare spazio ai due leader.
Il duello infinito
Infinito perché dopo quasi 20.000 miglia i due leader, Gabart e Le Cléach’, hanno solo 41 miglia di distacco. Sì, avete capito bene. Dopo praticamente 60 giorni di regata nelle immense vastità degli oceani Atlantico, Indiano, Pacifico e di nuovo Atlantico, dopo aver doppiato tre capi (Buona Speranza, Leeuwin e Horn) quei due lì hanno un distacco di sole 41 miglia. Roba da non crederci. Molto più credibile il distacco tra secondo (Le Cléach’) e terzo (Dick), circa 200 miglia. Ma 41 miglia no, nessuno se lo sarebbe mai aspettato, e infatti è la prima volta nella storia del Vendée Globe.
La settima edizione è tutta in questo duello tra l’esordiente (Gabart) e il l’esperto (Le Cléach’). Del primo si parla già di eroe. Nessuno giovane quanto lui aveva infatti mai “osato” condurre il Vendée con tale autorevolezza, dimostrando capacità e acume tattico che solo i marinai più tosti e avvezzi ai giri del mondo e ai Mari del Sud possono avere. Il suo inseguitore e compagno di scorribande è uno che ha già concluso il giro del mondo in seconda posizione quattro anni fa alle spalle del professore Michel Desjoyeaux.
La sfida tra i due francesi sta tenendo tutti con il fiato sospeso. Impossibile non appassionarsi alle gesta di questi due velisti che “se le stanno dando di santa ragione” con sorpassi e controsorpassi da brividi. Al momento i due sono a sudest di Buenos Aires stretti tra un’alta e una bassa pressione. In mezzo a loro un corridoio di vento da nordovest cambierà presto a nordest per poi trasformarsi in tempesta con raffiche a 40 nodi e mare formato. Per ora il contorto corridoio li costringerà a frequenti virate e la loro rotta potrebbe tornare a sovrapporsi. Riguardo alla situazione Gabart ha detto che “non c’è molto vento per ora, e anche se ce ne fosse di più non credo che andremmo più veloci. Dobbiamo trovare la giusta posizione per affrontare la depressione in arrivo. Andare controvento è sempre più difficile, è facile da capire, non è una situazione naturale. Ci sono molte cose da anticipare e qualche volta i file meteo non sono molto accurati. Vi vuole anche istinto. Non so se Armel Le Cléach’ farà la mia stessa rotta, so solo della mia situazione e delle mie scelte, ma le nostre rotte potrebbero presto convergere. A bordo tutto è a posto, so di avere una barca molto efficiente, veloce, che è stata grande negli Mari del Sud e spero anche fino alla fine. Speriamo di avere un finale matto, con solo poche miglia tra di noi. Vorrei ringraziare il mio team per tutto il loro duro lavoro, loro sono la ragione per cui le cose stanno andando bene per me e la barca”.
Chi vincerà alla fine tra i due? Impossibile dirlo ora, quando mancano ancora poco meno di 6.000 miglia prima del traguardo di Les Sables d’Olonne. Anche perché dietro le distanze si accorciano.
Lotta per il podio
Sono molti a pensare che una volta doppiato Capo Horn il peggio è passato. Ma non è così. Certo, il freddo e il pericolo iceberg diventano solo un ricordo. Ma le variabili strategiche aumentano. Intanto non ci sono più gli icegate, che in qualche modo vincolavano molto le scelte strategiche di rotta. E poi torna l’incubo delle calme equatoriali, che come la safety car in Formula 1, possono cambiare drasticamente i distacchi e quindi la classifica. Le condizioni dei venti intorno all’equatore possono costare la vittoria molto più di quanto facciano nei Mari del Sud. Laggiù i problemi sono altri. Lo sanno benissimo Jean-Pierre Dick e Alex Thomson, rispettivamente terzo e quarto, che non si faranno sfuggire qualsiasi occasione per recuperare le 360 e 615 miglia che li separano dal primo. Per loro la posizione nel podio (la vittoria è più difficile) è ancora tutto da giocare. Entrambi sono già stati protagonisti di grandi recuperi e gesta eroiche, Dick ha mangiato circa 200 miglia ai leader mentre Thomson ha dimostrato a tutti la sua arte marinara facendo un’incredibile riparazione a una delle due barre del timone e lanciandosi all’inseguimento della terza posizione. Ora ha seri problemi di riserve energetiche e dovrà, ancora una volta, fare del suo meglio per arrivare fino in fondo.
L’altra regata
Dietro di loro le distanze sono siderali e non permettono di puntare al podio. Si sta quindi giocando una seconda regata tra sei skipper condotta con abilità da Jean Le Cam, saldamente quinto. Per lui Capo Horn è dietro l’angolo e dovrebbe incontrare condizioni discrete. Appena dietro, l’inglese Mike Golding ha affrontato una durissima botta di vento a 42 nodi che lo ha svegliato all’improvviso sdraiando la barca sull’acqua e costringendolo a uscire fuori di corsa senza cerata. Riguardo a Capo Horn ha detto via radio che “non so perché ma mi sento molto più stressato riguardo questo passaggio che non quelli precedenti. Non è a causa del tempo particolarmente orrendo che c’è ora lì, è probabilmente il ghiaccio che mi spaventa. Sono sicuro che ci fosse ghiaccio anche nel 1994 durante il giro del mondo in solitario al contrario, sono sicuro che ci fosse ghiaccio ovunque, ma ne ero beatamente incosciente”.
Al settimo e ottavo posto ci sono lo svizzero Dominique Wavre e lo spagnolo Javier Sansò, separati da pochissime miglia. Nono è Bernard Stamm, che si trova in una situazione molto delicata, e non solo per la possibile squalifica. Tra poche righe tutta la sua vicenda. Decimo è Arnaud Boissières a poco meno di 2.300 miglia dal primo in vista dello spagnolo. Undicesimo è Bertand de Broc e dodicesimo Tanguy De Lamotte. Tredicesimo e ultimo il nostro Alessandro Di Benedetto, a poco più di 4.830 miglia di distacco dal primo. Alessandro se la dovrà cavare da solo, senza la sicurezza di avere dei compagni di viaggio pronti a intervenire a distanza ragionevole in caso di problemi. Ma siamo sicuro che Alessandro se la caverà alla grande, come del resto ha fatto fin’ora.
Il caso Stamm
C’è un colpo di scena che sta tenendo tutti in grande suspense, ed è quello che si può già considerare come il “Caso Stamm”, che rischia la squalifica per aver ricevuto aiuto esterno. Ma dove, e da chi? Andiamo con ordine. Afflitto fin subito da problemi agli idrogeneratori, Stamm decide di fermarsi e ripararli definitivamente per non dover affrontare tutto il Pacifico senza una fonte di energia per alimentare i numerosi sistemi bordo (autopilota, dissalatore, ricezione file meteo e sul ghiaccio, computer di bordo e dati di navigazione, luci di posizione, Ais, radar, chiglia basculante, Vhf, comunicazioni satellitari e molto altro).
Il 23 dicembre fa rotta verso le Auckland Islands, a sud della Nuova Zelanda. Poco dopo la nave scientifica russa Professor Khromov si mette alla fonda nella stessa baia, non lontano da lui. Il tempo peggiora, e dopo aver realizzato che la sua àncora ara e la barca si sta avvicinando al vascello russo, Stamm lo chiama al Vhf per avvisare di quanto sta accadendo e che si ormeggerà vicino. Mentre Stamm è indaffarato in coperta, all’improvviso nota che qualcuno è salito a bordo sulla sua barca e lo sta aiutando a sistemare l’àncora. Stamm dice di non aver avuto neanche il tempo di chiedergli di scendere subito dalla sua barca. Lo svizzero ha poi dichiarato che “qualunque marinaio nel mondo avrebbe fatto la stessa cosa, inoltre è accaduto tutto così velocemente che non ho pensato a cosa fosse specificato nelle regole di regata”.
Per scappare alla tempesta in arrivo Stamm decide poi di proseguire verso la Nuova Zelanda e ormeggia a Dunedin per completare le riparazioni agli idrogeneratori. Informata la Giuria dei fatti, Stamm riceve la comunicazione di squalifica. Ma non è finita qui, perché dopo aver ricevuto la testimonianza scritta del comandante del vascello russo, la Giuria decide di riaprire il caso. Al momenti Stamm è ancora in attesa di sapere cosa succederà. Tutti gli altri skipper, sia quelli ancora in regata sia quelli già ritirati sono dalla parte di Bernard Stamm, e hanno fatto sapere la loro opinione, visibile a questo link http://www.imoca.org/en/news/346-the-vendee-globe-skippers-rally-around-...
Nel frattempo la fortuna non è dalla parte del velista svizzero, perché dopo aver ripreso la regata la sua barca ha urtato un oggetto semisommerso, e al momento non si conosce ancora l’entità dei danni. Stamm naviga infatti con tutti i sistemi di bordo spenti per risparmiare energia e i contatti con la terraferma sono pochissimi e molto brevi.
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