Istituzioni storiche (e non solo) della vela
YCI: al timone Croce o Reggio?
Venerdi a Genova si riunisce la neoeletta Direzione Generale che nominerà il nuovo presidente dello Yacht Club Italiano: ecco le due "visioni" che si fronteggiano
Carlo Croce o Nicolò Reggio? Uno dei due sarà il presidente dello Yacht Club Italiano, il più antico, potente ed evocativo dei sodalizi velici del paese, per il quadriennio 2017-2020. Dopo mesi di campagna elettorale strisciante, di voto a distanza, dopo l'assemblea del 9 marzo e il successivo spoglio dei voti, l'elezione dei nuovi 15 consiglieri che compongono la Direzione Generale, il rinvio della prima riunione per una decina di giorni, finalmente venerdi 24 l'ultimo atto. La Direzione si riunisce e nomina le cariche del club, presidente, vicepresidente, tesoriere, altri incarichi.
Il percorso è stato lungo e merita un vertiginoso riassunto: la scadenza elettorale del governo dello Yacht Club Italiano è sembrata da subito diversa dal passato. Tra i soci e tra molti dirigenti del club si è sviluppata una coscienza critica sulla gestione dell'ultimo quadriennio di Carlo Croce, del resto impegnato anche come presidente nazionale (FIV) e mondiale (World Sailing) della vela. Così il voto è stato più sentito e partecipato del solito (ha votato il 40% dei 1100 soci), ha coinvolto molti più soci, sono emerse (sia pure a fatica) e si sono fronteggiate le posizioni di chi voleva rinnovare e chi voleva conservare.
L'assemblea e lo spoglio - come abbiamo raccontato - hanno avuto un esito incerto, che rispecchia l'equilibrio tra le due visioni. Croce ha avuto più preferenze personali, ma la lista del "cambiamento" ha avuto la maggioranza dei voti e dei seggi nella Direzione, segno chiaro di una volontà dei soci. Un problemino inedito per l'ottocentesco Yacht Club: fino a oggi l'elezione del presidente è avvenuta sempre per acclamazione del più votato. Facile: o c'era un candidato unico, o un esito semi-plebiscitario. Oggi, come abbiamo visto, il plebiscito ha lasciato il posto a un equilibrio instabile. La Direzione Generale di venerdi è quindi davanti a una scelta difficile. E molto probabilmente, all'acclamazione sarà sostituito un più banale e democratico voto.
La conseguenza singolare della situazione è stata la continuazione della campagna elettorale, in questi giorni. Anzi, la sua rumorosa intensificazione. Paradossalmente, mentre prima dell'assemblea c'era quasi un embargo a parlare di liste, candidati, programmi per il futuro dello YCI, adesso che c'è il governo insediato, è scattato un confronto tra le due anime del circolo, a colpi di comunicati stampa e articoli sui media, fin qui silenti (con qualche preziosa eccezione). Due "narrazioni" a confronto. Ma perchè, e cosa possono conquistare, se la DG è insediata e composta di 15 persone teoricamente già schierate?
Ha cominciato il Secolo XIX dopo il voto con un articolo che dava per scontata la "vittoria" di Croce e la sua conferma alla presidenza, per il fatto di essere stato il più votato. Pochi giorni dopo il sito online di un seguito canale tv genovese, primocanale.it, ha pubblicato un lungo articolo di segno opposto: "Il tramonto di re Carlo della vela, ovvero la rivoluzione allo Yacht Club Italiano", che preannunciava una pagina nuova. Quindi è stata la volta di un comunicato stampa dello YCI, che si è affrettato ad assegnare a Croce il "successo" nelle trattative sul Blue Print (il discusso progetto di riassetto del waterfront genovese, ndr), in quanto si è scongiurato il previsto tombamento dell'area dello Yacht Club.
Comunicato che però ha avuto effetti opposti a quelli desiderati: le decisioni sul mancato tombamento (e altre accessorie) infatti, sono un indirizzo del comitato portuale addirittura del novembre 2016 confermate e deliberate a gennaio di quest'anno. Insomma il comunicato attribuisce a Croce meriti che vanno ben oltre le attività effettivamente svolte. Un atteggiamento che non è piaciuto allo stesso presidente dell'Autorità di Sistema Portuale Paolo Emilio Signorini, che si è sentito strumentalizzato, e che comunque ha avuto scarsa eco sui media, eccezion fatta per alcuni specializzati, peraltro caduti in confusione e contraddizione.
Torniamo alla domanda: a cosa può servire questa campagna tardiva? In ballo c'è "solo" la poltrona di presidente dello Yacht Club Italiano. Per Carlo Croce forse c'è di più: il tentativo di evitare il culmine di una stagione di sconfitte brucianti, e quindi una uscita di scena indecorosa. La sensazione è di una occasione persa: a 72 anni, dopo 20 di presidenza (che si sommano ai 40 di Beppe Croce), Carlo avrebbe potuto scegliere la figura perfetta del vecchio saggio a disposizione del club, invece ha scelto la bagarre. Fortunatamente, non sarà solo un referendum sul nome di Croce. Nicolò Reggio, pur senza fanfare trionfalistiche, ha seminato e raccolto, sulla base di una visione diversa della complessa macchina dello YCI, ha una squadra pronta e decisa. Il grosso del lavoro è stato fatto, manca solo l'atto finale.
In Direzione almeno 8 consiglieri su 15 sono pronti a votare per Reggio. Lo faranno tutti? La campagna mediatica potrebbe puntare a favorire un accordo per lasciare a Croce una presidenza "simbolica", a fronte di una gestione del club meno personalistica e di fatto controllata dalla maggioranza della Direzione? Un "armistizio" del genere, una soluzione di facciata, non sembra però facilmente accettabile e gradito da entrambe le parti. La presidenza onoraria, che pare sia stata proposta, non è stata accettata. Si vince o si perde tutto.
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