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27/06/2014 - 12:12
Un mese senza Mankin, ed è successo molto
Un mese senza Mankin, ed è successo molto
Tutte le onde di Valentino
Le ceneri del grande velista disperse in mare. La cerimonia di Livorno, venerdi 27 a suo modo gioiosa, tra gente di mare e di sport
E’ passato un mese senza Valentin Mankin, ed è successo molto intorno a lui, grazie a lui, in sua memoria. La cerimonia di Livorno, venerdi 27 giugno, è il tributo d’onore a una grande persona. Cerimonia non scontata, né dovuta, ma sentita, profonda, a suo modo gioiosa, tra gente di mare e di sport.
E i nastri bruni a lutto sulle vele dei nostri velisti e sui gommoni dei nostri tecnici alle regate, e le dediche, tante: dalla miriade di “suoi” ragazzi, che siano oggi in Coppa America, o senatori della squadra olimpica, o giovani di futura speranza. Ognuno a ricordare quel “qualcosa” che Valentino ha fatto per lui. Si sentono, i 25 anni italiani di Valentino, e non solo il quella “o” aggiunta al nome. Sono disseminati ovunque, tra barche, palestre, centri federali, circoli velici, gommoni, mezzi stradali, soprattutto – le cose più importanti, quelle che restano – nella testa delle persone. Oltre agli aneddoti, ai ricordi speciali e personali, alle frasi celebri come sentenze poetiche, c’è una eredità che è insieme personale e collettiva, umana e sportiva.
Giulia Conti ha scritto su Facebook la frase che Valentino le diceva: “Tu poppa come gabbiano”. E i singolisti, quante volte hanno sentito: “Tu fai curva come motociclista”. C’è una generazione di velisti segnata dall’incontro con Mankin. Dal suo avvento in FIV nel 1992, sono cambiate tante cose. Ogni attività di atleti e tecnici è schedata in report puntuali. L’immensa biblioteca di Mankin è stata digitalizzata ed è un patrimonio di tutti. Un libro fatto a tempo record, ma non abbastanza in tempo perché lui lo vedesse, riunisce finalmente i suoi scritti, i suoi ragionamenti, i suoi concetti, il famosissimo “Metodo Mankin”, per certi versi inafferrabile tutto insieme.
Ha scritto bene di Valentino su farevela.net Luca Devoti, medaglia d’argento nel Finn a Sydney 2000. Ha parlato di lui come di un serbatoio inesauribile di esperienza Diego Romero, medaglia di bronzo sul Laser a Pechino 2008. Nel giorno del compleanno dei 70 anni di Valentino.
E’ bello che la comunità nella quale ha vissuto e lavorato per un quarto di secolo, pur con tutti i ricambi generazionali, le perdite, i nuovi acquisti, si senta unita da questa eredità. A cominciare dal Direttore Tecnico attuale, Michele Marchesini, uno che di Mankin è stato allievo e atleta, e che fino all’ultimo da Mankin ha assorbito filosofie e metodologie. Michele racconta che pochi giorni fa, dopo una delle loro lunghe passeggiate a Campione, Valentino gli ha lasciato uno scritto di tre pagine, una disamina, un punto della situazione della squadra, classe per classe. Una lucidissima e a tratti disarmante visione, a suo modo. Con idee forti, radicali. Secondo una delle parole chiave della vita di Valentin Mankin: intensità.
Valentino ha inseguito, preparato, applicato e poi insegnato e predicato l’intensità, come modo di essere più ancora che come metodologia sportiva. Ecco perché parliamo anche dell’uomo Mankin, oltre le medaglie olimpiche. Certo, di quella intensità, l’Olimpiade era il centro motore, la strada maestra, ma chi ha incontrato Valentino ha trovato quel tratto in tanti altri aspetti, compresi quelli più dolci, sentimentali, nell’amicizia, nel coraggio, da ultimo anche nel fronteggiare la malattia con la schiena dritta.
Io ho conosciuto Valentin nel 1992 a Barcellona, ma ho iniziato a lavorare con lui da quando sono entrato in FIV. La prima trasferta insieme fu nel 1995 a Savannah, in Georgia, per le preolimpiche di Atlanta 1996. Ricordo nitido perché subito illuminante sul famoso concetto di “intensità”. Mi chiama nella sua camera in albergo. La stanza è disseminata di oggetti e abbigliamento da vela, e la parete, per tutta la sua grandezza, è ricoperta da una carta nautica ingigantita, del tratto di costa con i campi di regata. Sulla carta strisce colorate, fatte a matita o a pennarello, frasi, indicazioni, numeri, frecce, diagrammi. Mi fa mettere seduto e mi spiega per un’ora cosa significa tutto quello che vedo. Venti, correnti, maree, fondali, orari, meteo. C’è tutto. Esco frastornato, e mentre esco lo vedo che riprende a scrivere sulla carta. E’ stato solo l’inizio, ci sono stati tanti altri hotel o gommoni, ma è bastato a capire. Sergio Gaibisso, il presidente federale che lo portò in Italia, aveva pensato al libro sul “Metodo Mankin”, ci abbiamo provato, ma il materiale era troppo, era ridondante, era denso, difficile da maneggiare. Come certe spigolosità, linguistiche o di atteggiamento, o le scelte che inevitabilmente hanno scontentato qualcuno.
Così è accaduta in 25 anni una cosa straordinaria: chi lo ascoltava o lavorava con lui ha cominciato a sviluppare diverse tecniche di assimilazione dei suoi messaggi e insegnamenti. Questa personalizzazione degli scambi è diventata la chiave della disseminazione del Metodo fin nei meandri più periferici della nostra vela. E parallelamente, anche Valentino ha compreso meglio gli italiani, la politica, certe tempistiche. Ed è riuscito ad adattarsi senza flettere di un centimetro le sue convinzioni e la sua schiena. Anche quando ha subito dei ridimensionamenti, ha continuato a macinare intensità, la stessa, fosse vela olimpica o vela giovanile, guidare per 1000 chilometri e trainare per ore barche con un gommone. Inimitabile per forza e applicazione. E con la trovata sempre in canna: un sorriso, una mano stretta, un accenno al tuo lavoro (quante volte mi ha sorpreso, con titoli o brani di miei articoli che aveva letto chissà dove e quando), una frase poetica sull’amore per quello che si fa.
E adesso che tanta grandezza è eredità culturale, sportiva e umana, libri e risultati, ma è anche tornata cenere da far sciogliere nel mare su cui veleggeremo, c’è qualcosa di tangibile che mi trovo tra le mani. E’ un libro che Valentino mi diede un paio di anni fa. “L’Ottava Regola, dall’efficacia all’eccellenza”, di Stephen R. Covey. Vi si legge tra l’altro una frase che sembra fatta apposta per lui: “la leadership è una scelta, non una posizione”. Il libro ha una “M” scritta a pennarello sul bordo esterno dal lato delle pagine, è pieno di sottolineature colorate, evidenziature, appunti, punti esclamativi. Si parla di conoscenza, di voce interiore, di anima, visione, disciplina, passione, leadership (come ho detto prima), di lealtà, fiducia, successo, di trovare la strada. Ho pensato a quante strade ha trovato Valentino, dalla gioventù sovietica, da atleta di regime, da Ministro dell’URSS, a Direttore Tecnico della vela italiana, a responsabile dei centri federali. Ovunque ha saputo adattarsi con saggezza, coerenza e alla fine lasciando il segno.
Una delle frasi sottolineate in rosso sul libro dice: “Si impara meglio insegnando e mettendo in pratica”. Sono certo che Valentin Mankin ha continuato fino alla fine a imparare e insegnare e imparare e insegnare e che questo circolo non si fermerà presto, anzi continuerà con la sua eredità che adesso è anche spirituale, nel nostro mare.
IL COMUNICATO DELLA FIV SULLA CERIMONIA DI LIVORNO
Tanta commozione e tanto amore: per la vela, ma soprattutto per un uomo che l’ha rappresentata ai massimi livelli, prima come atleta, poi come tecnico, sempre e comunque come vero appassionato. Perché del nostro sport Valentin Mankin è stato un’icona e le numerose persone che oggi, a Livorno, sono intervenute per dargli l’ultimo saluto, l’hanno amato proprio per questa sua straordinaria passione per uno sport che era parte integrante della sua vita e per l’innata capacità di trasmetterla al prossimo.
Nato a Kiev, in Ucraina, il 19 agosto del 1938 e scomparso domenica 1mo giugno a Viareggio dopo una lunga malattia, Valentin Mankin, quattro medaglie olimpiche (tre ori e un argento) conquistate in quattro edizioni dei Giochi e una seconda vita come tecnico e allenatore della Federazione Italiana Vela, è stato ricordato questa mattina con una cerimonia semplice quanto emotivamente intensa, che si è svolta nella sede dello Yacht Club Livorno.
A fare gli onori di casa il Presidente del circolo, l’Avvocato Gianluca Conti, affiancato dal Segretario della II Zona FIV Giorgio Friso, che ha dato il via alla celebrazione cedendo subito la parola al Presidente della FIV e dell’ISAF Carlo Croce, il quale, successivamente, ha consegnato alla figlia di Mankin, Irina, un’anteprima del nuovo Manuale della Vela Agonistica, libro che ha potuto contare sul grande e fondamentale contributo dello stesso Valentin, che ne ha curato diversi capitoli.
A seguire, sono intervenuti l’Executive Director della federazione velica russa Leonid Klayman, l’ex prodiere di Mankin nella classe Star Aleksandr Muzychenko, il giovane atleta della Nazionale Italiana di vela Francesco Marrai, il tecnico federale Marcello Turchi, il giornalista Luca Bontempelli, l’ex tecnico federale Rinaldo Agostini, il direttore di Saily Fabio Colivicchi, e il Responsabile del Settore agonistico-sportivo dell’Accademia Navale di Livorno, Capitano di Fregata Raffaele Cerretini.
Dopo la cerimonia allo Yacht Club Livorno, durante la quale è stato letto anche un messaggio del Presidente Onorario della FIV Carlo Rolandi, tutti i presenti sono usciti in mare, nella zona antistante la diga Molo Nuovo verso le Secche della Meloria, per spargere le ceneri dell’immenso Valentino – così era chiamato affettuosamente da tutti i suoi amici italiani – e per dargli l’ultimo, commosso saluto nell’ambiente che più di ogni altri gli apparteneva e dove, oltre a scrivere pagine memorabili nel grande libri della storia della vela nella veste di atleta, ha avuto modo di trasmettere a intere generazioni di velisti la sua smisurata competenza tecnica e il suo inimitabile amore per questo sport.
E’ passato un mese senza Valentin Mankin, ed è successo molto intorno a lui, grazie a lui, in sua memoria. La cerimonia di Livorno, venerdi 27 giugno, è il tributo d’onore a una grande persona. Cerimonia non scontata, né dovuta, ma sentita, profonda, a suo modo gioiosa, tra gente di mare e di sport.
E i nastri bruni a lutto sulle vele dei nostri velisti e sui gommoni dei nostri tecnici alle regate, e le dediche, tante: dalla miriade di “suoi” ragazzi, che siano oggi in Coppa America, o senatori della squadra olimpica, o giovani di futura speranza. Ognuno a ricordare quel “qualcosa” che Valentino ha fatto per lui. Si sentono, i 25 anni italiani di Valentino, e non solo il quella “o” aggiunta al nome. Sono disseminati ovunque, tra barche, palestre, centri federali, circoli velici, gommoni, mezzi stradali, soprattutto – le cose più importanti, quelle che restano – nella testa delle persone. Oltre agli aneddoti, ai ricordi speciali e personali, alle frasi celebri come sentenze poetiche, c’è una eredità che è insieme personale e collettiva, umana e sportiva.
Giulia Conti ha scritto su Facebook la frase che Valentino le diceva: “Tu poppa come gabbiano”. E i singolisti, quante volte hanno sentito: “Tu fai curva come motociclista”. C’è una generazione di velisti segnata dall’incontro con Mankin. Dal suo avvento in FIV nel 1992, sono cambiate tante cose. Ogni attività di atleti e tecnici è schedata in report puntuali. L’immensa biblioteca di Mankin è stata digitalizzata ed è un patrimonio di tutti. Un libro fatto a tempo record, ma non abbastanza in tempo perché lui lo vedesse, riunisce finalmente i suoi scritti, i suoi ragionamenti, i suoi concetti, il famosissimo “Metodo Mankin”, per certi versi inafferrabile tutto insieme.
Ha scritto bene di Valentino su farevela.net Luca Devoti, medaglia d’argento nel Finn a Sydney 2000. Ha parlato di lui come di un serbatoio inesauribile di esperienza Diego Romero, medaglia di bronzo sul Laser a Pechino 2008. Nel giorno del compleanno dei 70 anni di Valentino.
E’ bello che la comunità nella quale ha vissuto e lavorato per un quarto di secolo, pur con tutti i ricambi generazionali, le perdite, i nuovi acquisti, si senta unita da questa eredità. A cominciare dal Direttore Tecnico attuale, Michele Marchesini, uno che di Mankin è stato allievo e atleta, e che fino all’ultimo da Mankin ha assorbito filosofie e metodologie. Michele racconta che pochi giorni fa, dopo una delle loro lunghe passeggiate a Campione, Valentino gli ha lasciato uno scritto di tre pagine, una disamina, un punto della situazione della squadra, classe per classe. Una lucidissima e a tratti disarmante visione, a suo modo. Con idee forti, radicali. Secondo una delle parole chiave della vita di Valentin Mankin: intensità.
Valentino ha inseguito, preparato, applicato e poi insegnato e predicato l’intensità, come modo di essere più ancora che come metodologia sportiva. Ecco perché parliamo anche dell’uomo Mankin, oltre le medaglie olimpiche. Certo, di quella intensità, l’Olimpiade era il centro motore, la strada maestra, ma chi ha incontrato Valentino ha trovato quel tratto in tanti altri aspetti, compresi quelli più dolci, sentimentali, nell’amicizia, nel coraggio, da ultimo anche nel fronteggiare la malattia con la schiena dritta.
Io ho conosciuto Valentin nel 1992 a Barcellona, ma ho iniziato a lavorare con lui da quando sono entrato in FIV. La prima trasferta insieme fu nel 1995 a Savannah, in Georgia, per le preolimpiche di Atlanta 1996. Ricordo nitido perché subito illuminante sul famoso concetto di “intensità”. Mi chiama nella sua camera in albergo. La stanza è disseminata di oggetti e abbigliamento da vela, e la parete, per tutta la sua grandezza, è ricoperta da una carta nautica ingigantita, del tratto di costa con i campi di regata. Sulla carta strisce colorate, fatte a matita o a pennarello, frasi, indicazioni, numeri, frecce, diagrammi. Mi fa mettere seduto e mi spiega per un’ora cosa significa tutto quello che vedo. Venti, correnti, maree, fondali, orari, meteo. C’è tutto. Esco frastornato, e mentre esco lo vedo che riprende a scrivere sulla carta. E’ stato solo l’inizio, ci sono stati tanti altri hotel o gommoni, ma è bastato a capire. Sergio Gaibisso, il presidente federale che lo portò in Italia, aveva pensato al libro sul “Metodo Mankin”, ci abbiamo provato, ma il materiale era troppo, era ridondante, era denso, difficile da maneggiare. Come certe spigolosità, linguistiche o di atteggiamento, o le scelte che inevitabilmente hanno scontentato qualcuno.
Così è accaduta in 25 anni una cosa straordinaria: chi lo ascoltava o lavorava con lui ha cominciato a sviluppare diverse tecniche di assimilazione dei suoi messaggi e insegnamenti. Questa personalizzazione degli scambi è diventata la chiave della disseminazione del Metodo fin nei meandri più periferici della nostra vela. E parallelamente, anche Valentino ha compreso meglio gli italiani, la politica, certe tempistiche. Ed è riuscito ad adattarsi senza flettere di un centimetro le sue convinzioni e la sua schiena. Anche quando ha subito dei ridimensionamenti, ha continuato a macinare intensità, la stessa, fosse vela olimpica o vela giovanile, guidare per 1000 chilometri e trainare per ore barche con un gommone. Inimitabile per forza e applicazione. E con la trovata sempre in canna: un sorriso, una mano stretta, un accenno al tuo lavoro (quante volte mi ha sorpreso, con titoli o brani di miei articoli che aveva letto chissà dove e quando), una frase poetica sull’amore per quello che si fa.
E adesso che tanta grandezza è eredità culturale, sportiva e umana, libri e risultati, ma è anche tornata cenere da far sciogliere nel mare su cui veleggeremo, c’è qualcosa di tangibile che mi trovo tra le mani. E’ un libro che Valentino mi diede un paio di anni fa. “L’Ottava Regola, dall’efficacia all’eccellenza”, di Stephen R. Covey. Vi si legge tra l’altro una frase che sembra fatta apposta per lui: “la leadership è una scelta, non una posizione”. Il libro ha una “M” scritta a pennarello sul bordo esterno dal lato delle pagine, è pieno di sottolineature colorate, evidenziature, appunti, punti esclamativi. Si parla di conoscenza, di voce interiore, di anima, visione, disciplina, passione, leadership (come ho detto prima), di lealtà, fiducia, successo, di trovare la strada. Ho pensato a quante strade ha trovato Valentino, dalla gioventù sovietica, da atleta di regime, da Ministro dell’URSS, a Direttore Tecnico della vela italiana, a responsabile dei centri federali. Ovunque ha saputo adattarsi con saggezza, coerenza e alla fine lasciando il segno.
Una delle frasi sottolineate in rosso sul libro dice: “Si impara meglio insegnando e mettendo in pratica”. Sono certo che Valentin Mankin ha continuato fino alla fine a imparare e insegnare e imparare e insegnare e che questo circolo non si fermerà presto, anzi continuerà con la sua eredità che adesso è anche spirituale, nel nostro mare.
IL COMUNICATO DELLA FIV SULLA CERIMONIA DI LIVORNO
Tanta commozione e tanto amore: per la vela, ma soprattutto per un uomo che l’ha rappresentata ai massimi livelli, prima come atleta, poi come tecnico, sempre e comunque come vero appassionato. Perché del nostro sport Valentin Mankin è stato un’icona e le numerose persone che oggi, a Livorno, sono intervenute per dargli l’ultimo saluto, l’hanno amato proprio per questa sua straordinaria passione per uno sport che era parte integrante della sua vita e per l’innata capacità di trasmetterla al prossimo.
Nato a Kiev, in Ucraina, il 19 agosto del 1938 e scomparso domenica 1mo giugno a Viareggio dopo una lunga malattia, Valentin Mankin, quattro medaglie olimpiche (tre ori e un argento) conquistate in quattro edizioni dei Giochi e una seconda vita come tecnico e allenatore della Federazione Italiana Vela, è stato ricordato questa mattina con una cerimonia semplice quanto emotivamente intensa, che si è svolta nella sede dello Yacht Club Livorno.
A fare gli onori di casa il Presidente del circolo, l’Avvocato Gianluca Conti, affiancato dal Segretario della II Zona FIV Giorgio Friso, che ha dato il via alla celebrazione cedendo subito la parola al Presidente della FIV e dell’ISAF Carlo Croce, il quale, successivamente, ha consegnato alla figlia di Mankin, Irina, un’anteprima del nuovo Manuale della Vela Agonistica, libro che ha potuto contare sul grande e fondamentale contributo dello stesso Valentin, che ne ha curato diversi capitoli.
A seguire, sono intervenuti l’Executive Director della federazione velica russa Leonid Klayman, l’ex prodiere di Mankin nella classe Star Aleksandr Muzychenko, il giovane atleta della Nazionale Italiana di vela Francesco Marrai, il tecnico federale Marcello Turchi, il giornalista Luca Bontempelli, l’ex tecnico federale Rinaldo Agostini, il direttore di Saily Fabio Colivicchi, e il Responsabile del Settore agonistico-sportivo dell’Accademia Navale di Livorno, Capitano di Fregata Raffaele Cerretini.
Dopo la cerimonia allo Yacht Club Livorno, durante la quale è stato letto anche un messaggio del Presidente Onorario della FIV Carlo Rolandi, tutti i presenti sono usciti in mare, nella zona antistante la diga Molo Nuovo verso le Secche della Meloria, per spargere le ceneri dell’immenso Valentino – così era chiamato affettuosamente da tutti i suoi amici italiani – e per dargli l’ultimo, commosso saluto nell’ambiente che più di ogni altri gli apparteneva e dove, oltre a scrivere pagine memorabili nel grande libri della storia della vela nella veste di atleta, ha avuto modo di trasmettere a intere generazioni di velisti la sua smisurata competenza tecnica e il suo inimitabile amore per questo sport.
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