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05/07/2022 - 07:48

Ci provano gli studenti delle Università

SuMoth e la sfida della vela sostenibile

DALLA FOILING WEEK SUL GARDA LA RICERCA DI RENDERE LA VELA PIù ENVIRONMENT-FRIENDLY - Barche di vetroresina e carbonio, troppi gommoni d'appoggio alle regate, adesso tutti si accorgono che la vela non è "verde" solo perchè si va col vento. Ma qualcuno studia il cambiamento. Il caso della SuMoth Challenge, la sfida tra quattro atenei per barche foiling costruite con materiali riciclati o sostenibili. Ed emergono considerazioni molto interessanti

 

di Francesca Frazza

Non giriamoci intorno. La vela non è esattamente uno di quegli sport che si possono definire eco-friedly. Resine, cantieri, apparecchi, plastica. Poi ci sono le regate. Non si sa come sia nata, ma da quando c’è la smania di avere il coach privato, praticamente ogni atleta ha il proprio gommone d’appoggio, un’abitudine che di questi tempi, oltre che a fare male al pianeta, fa male anche al portafoglio. Se per trecento atleti ci sono duecentocinquanta gommoni, forse due domande ce le potremmo porre. World Sailing grida alla sostenibilità e prova a metterci una pezza, ma capite anche voi che finché le barche sono fatte di vetroresina e carbonio, darmi la borraccia in alluminio ad ogni regata è un po' come cercare di distruggere un asteroide battendoci addosso una palla da baseball.

Qui alla Foiling Week invece qualcosa di concreto è stato fatto, è stata infatti presentata la SuMoth Challenge, una sfida che vede quattro atenei, il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino, la canadese ITS Rafele e l’Università di Southampton uno contro l’altro. Ognuna di queste università ha portato in campo una barca costruita interamente con materiali riciclati o sostenibili, riducendo l’impatto ambientale in maniera consistente.

La competizione si svolge su tre stage: design, manufacturing and performance testing e sailing. Il primo stage prevede che i team inviino i loro report sul progetto un mese prima dell’evento. Il secondo step ha il vantaggio che i team possano testare le barche a casa, filmando le imbarcazioni e tracciandone la posizione con i gps. L’ultimo stage si sta svolgendo qui alla Foiling Week a Malcesine, e prevede che i team si scontrino tra di loro in regata.

Confidente nel mio passato velico, mi sono presentata al technical evaluation, In questo contesto team hanno presentato gli aspetti tecnici delle loro imbarcazioni, materiali compresi, davanti ad una giuria che, dopo aver letto i report, ha il compito di valutare il lavoro degli studenti. Dopo cinque minuti e dall’alto dei miei noti studi in ingegneria dei materiali, mi sono comportata come facevo quando il mio professore di fisica cercava di interrogare qualcuno, sguardo vacuo e sorriso da ebete stampato in faccia, cercando di non spostare l’aria nemmeno con il respiro. È stato super interessante però vedere tutti questi studenti esprimere le loro difficoltà, cosa non è andato nei primi progetti, cosa e quanto ancora si può migliorare per cercare di rendere la vela uno sport più sostenibile.

PARLANO GLI UNIVERSITARI: LE NOSTRE SFIDE - Dallo stampo alle terrazze, fino ai foil, tutto pensato e costruire per essere meno impattante sul pianeta. Ma quali sono state le sfide principali? Maddalena Rossi, ex-velista e una delle due team leader del progetto per il Politecnico di Milano mi parla di alcune di queste sfide: “Il Politecnico non ha una facoltà di Ingegneria Navale o Nautica, quindi abbiamo dovuto applicare i nostri studi in un ambito un po' diverso. Ci siamo messi in gioco e abbiamo ottenuto degli ottimi risultati. Per quanto riguarda la barca, abbiamo ovviamente incontrato delle difficoltà nella ricerca di materiali e tecnologie che fossero sostenibili. Lo stampo dello scafo ci ha dato del filo da torcere, abbiamo cercato di realizzarlo con un materiale che si chiama glebanite, un materiale completamente riciclato e rappresenta una novità. Inizialmente la risposta del materiale non rispondeva agli studi che c’erano stati dietro, quindi abbiamo avuto dei ritardi nella produzione.”

Inizialmente poi, la barca aveva dei problemi al foil del timone, ma come ha detto Maddalena, è stato emozionante vedere il progetto in cui hai investito tutto te stesso andare in acqua, stare a galla e alla fine constatare che vola. Ancora più bello quando sei un’ex-velista e riesci a trovare il modo per unire le tue passioni.

Per i ragazzi del ITS Rafele la challenge più grande è stata la realizzazione dello scafo. “La resina che abbiamo utilizzato per lo scafo è una novità nell’industria. Ha delle proprietà uniche e dei vantaggi non indifferenti. È completamente riciclabile e può essere lavorata a temperatura ambiente, quindi non ha bisogno di additivi aggiunti. Il vero problema è stato che, non avendone molta conoscenza all’inizio è stata lavorata così bene che non si è più staccata dallo stampo e quindi abbiamo dovuto iniziare tutto da capo. Però è bello sapere che stai lavorando un materiale così sostenibile. La maggiorparte delle resine, una volta lavorate non sono più riutilizzabili. Questa resina può essere distrutta, sfibrata e può essere riutilizzata per costituire altre parti.”

Uno sguardo anche alla questione della parità di genere, tutti i timonieri sono donne, per dare alle ragazze più opportunità di accedere a questo bellissimo sport.

Come ultima domanda a Noah e Donovan del ITS Rafele di Montreal se secondo loro la vela possa ambire a diventare uno sport più eco-friendly: “La vela può diventare uno sport più sostenibile. La missione e la sfida per i prossimi anni è dimostrare che non c’è un tempo limite, costruiremo e smonteremo se necessario, con gli stessi materiali e la stessa energia. Non possiamo dire che lo sport è veramente sostenibile solo perché le barche vanno con il vento, siamo un sport poco sostenibile come la Formula 1.”

Sezione ANSA: 
Saily - News

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