Storia | Regata > Vela Olimpica
05/08/2013 - 14:49
Intervista: la vela, il timoniere, gli avversari, il Nacra 17
Intervista: la vela, il timoniere, gli avversari, il Nacra 17
Silvia Sicouri: che emozioni, papà!
E’ la prodiera di Vittorio Bissaro sul Nacra 17 che ha sfiorato il podio al primo Mondiale. Uno dei migliori team azzurri della vela olimpica in un momento delicatissimo. In questa intervista si racconta: la vela, il timoniere, gli avversari. E mamma Paola e papà Pierre
di Fabio Colivicchi
Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri: ricordatevi questi nomi, poco noti fino a qualche mese fa, perchè oggi sono tra i velisti di classe olimpica italiani più competitivi nella loro classe, il catamarano misto Nacra 17, dopo l’8° posto (5° per nazione) al Mondiale in Olanda. Vittorio e Silvia sono due giovani atleti della vela azzurra del terzo millennio: entrambi ingegneri (aerospaziale il primo, con risvolti applicati già alla progettazione di elementi di barche a vela, gestionale la seconda), parlano tre lingue, girano il mondo, hanno le idee chiare e le passioni intatte. Singolarmente e come squadra sono un prototipo di come la filiera della vela italiana è in grado di formare un prodotto sportivo d’eccellenza, avendo alla base anche famiglie che culturalmente hanno favorito questo cammino. Vittorio ha iniziato con Optimist e poi Laser. Silvia direttamente con il cat giovanile Tyka.
Dopo il primo Mondiale del nuovo catamarano olimpico misto Nacra 17, la vela azzurra scopre di avere un equipaggio (forse anche più d’uno) posizionato nelle zone alte della ranking della classe. L’ottavo posto finale, quinto per nazione, di Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri, pone questa coppia all’interno dei valori dei club più alti degli atleti olimpici gestiti dal CONI e dalle federazioni. Una sorpresa (non per tutti) positiva, che fa bene alla nostra vela olimpica e a tutto l’ambiente. Un piazzamento, poi, che poteva essere persino migliore come si sa: Vittorio e Silvia erano terzi dopo l’ultima prova e prima della Medal Race, ma sono stati trascinati in una protesta persa e sono scivolati all’ottavo, divenuto definitivo perchè la Medal non si è corsa causa meteo.
Abbiamo incontrato Silvia Sicouri, prodiera di Vittorio, figlia d’arte (papà Pierre è stato un grande navigatore oceanico e un amante antesignano dei multiscafi, mamma Paola, a sua volta notevole navigatrice), laureata a pieni voti in Ingegneria Gestionale, vincitrice di borse di studio e già impegnata in progetti lavorativi di peso. Per capire come si è arrivati a questo risultato, e se adesso cambia il modo di guardare al futuro per questo equipaggio.
“E’ un risultato che vale molto, siamo molto soddisfatti di come è andata, si è trattato dell’appuntamento più importante della stagione e tutti ci tenevano a fare bella figura, è stata la verifica del lavoro fatto finora. Sicuramente ci sono state condizioni particolari, spesso poco vento (ma questo valeva per tutti), e noi abbiamo avuto un inizio difficile. Venendo dai laghi abbiamo scarsa conoscenza della corrente, e a Le Hague ce n’era moltissima. Siamo contenti di come abbiamo imparato a gestirla, in certe regate navigare dalla parte giusta era determinante. Insomma sentiamo di essere cresciuti tanto. Il momento di verifica è sempre delicato, noi da dicembre scorso abbiamo lavorato in tanti modi: prima da soli, poi a febbraio con un team, svedese (quello che poi ha vinto Hyeres), quindi siamo entrati nel programma dei raduni tecnici FIV, e nell’ultimo periodo abbiamo navigato spesso con gli austriaci. Visto il risultato, ne usciamo consapevoli che abbiamo fatto le cose per bene, e insomma: siamo lì con gli altri.”
Nuova classe, nuovo multiscafo: sul Nacra 17 vanno meglio gli specialisti di catamarani o i velisti che provengono da altre classi olimpiche?
“E una bella questione. Noi abbiamo visto in genere che il velista olimpico esperto, ci mette poco a capire la barca e chiudere il gap con chi è più esperto di catamarani. Ma una tendenza che ha preso piede è avere equipaggi “misti”, non solo nel sesso, ma con un esperto in catamarani e un esperto di vela olimpica con provenienza da altre classi. Questo incrocio di esperienze è la strada seguita da inglesi e olandesi, con buoni risultati direi. Dal mio punto di vista, l’esperienza e la conoscenza del catamarani si acquisiscono più in fretta rispetto alle esperienze olimpiche. Sono avvantaggiati coloro che hanno già alle spalle una significativa esperienza su classi olimpiche o alle Olimpiadi. Noi su questo aspetto dobbiamo ancira crescere. Abbiamo visto Pietro Sibello salire sul Nacra 17 e finire 8° alla sua prima regata a Kiel. Iker Martinez è ancora un po’ incostante, è una grande incognita per tutti, ma già si affaccia tra i primi di giornata, e se c’è vento, questo tipo di velisti di muovono bene da subito su una barca nervosa come il Nacra 17.”
Una cosa è sicura però: il lavoro paga, cioè contano le ore di allenamento. Un po’ quello che si vede anche con altri catamarani, quelli di Coppa America...
“Si, e questo è vero anche per la sintonia dell’equipaggio. Un team di due sessi è una novità, nessuno partiva abituato. E tante ore in acqua insieme aiutano a trovare l’affiatamento. E poi la barca: noi oggi non ci rendiamo conto delle velocità che raggiungiamo, mentre i primi tempi lo sentivamo. Oggi se ci vediamo da fuori, in un video, diciamo: però, quanto si corre! E l’abitudine alla velocità è il passo necessario per andare oltre, spingersi più avanti, chiedere di più...”
E’ più importante la velocità o far bene le manovre?
“La velocità di base è la cosa più importante. Se hai quella, puoi anche assorbire in una regata qualche manovra “del piffero”. Ma se fai manovre sempre pulite, quello è il modo per superare chi ti è davanti.”
Adesso che è passato qualche giorno, raccontaci la protesta che vi ha privato del podio al Mondiale...
“E’ stata una cosa molto banale, e noi in definitiva siamo stati un po’ superficiali, dobbiamo migliorare questo aspetto, essere più professionisti (dice proprio cosi, Silvia: “professionisti”, ndr). Eravamo partiti bene in boa, poi virato subito mure a sinistra, siamo passati davanti all’equipaggio inglese, poi a parecchi altri, a noi è sembrato di passare tranquilli sugli inglesi, forse qualche dubbio con i neozelandesi, che però hanno poggiato senza fiatare. Dopo quella partenza, abbiamo chiuso la regata, contenti perchè confermati al terzo posto alla fine della serie, prima della Medal. Ho saputo della protesta alla consegna del gps del tracking, uno degli inglesi ci ha detto “vi sto protestando”. In acqua non avevamo sentito dire “Protesta!”, lui pare l’abbia detto, noi non l’abbiamo sentito. Da lì in avanti è stata dura, perchè è quasi impossibile vincere una protesta per incrocio mure a sinistra. Abbiamo cercato di far dichiarare inammissibile la protesta, perchè non era stata annunciata in mare, perso quel treno il resto è venuto da se... A posteriori forse è vero che l’inglese ha poggiato qualche grado, c’era corrente contro di noi e quindi eravamo lenti, lui viene dal match race e deve aver capito meglio la situazione. Resta il fatto che in acqua se fai un torto a un italiano quello urla con tutto il fiato che ha in corpo, siamo emotivi. Gli anglosassoni invece, freddi e controllatissimi... Avrà detto piano piano “protest”, che l’ha sentito il suo prodiere. Siamo convinti che la protesta sia stata fatta senza secondi fini, ma certo ha fatto molto comodo alla squadra inglese perchè ha assicurato il secondo posto all’altro team britannico, che in caso avremmo potuto attaccare nella Medal... Bilancio: rabbia, se avessero urlato, era l’ultima prova avremmo fatto la penalità. Loro sono stati più furbetti, noi inesperti. Ora lo sappiamo, mai cacciarsi in situazioni limite all’ultima regata prima della Medal.”
Dopo una stagione, quali sono i riferimenti della classe internazionale?
“La federazione inglese ha diimostrato ancora una volta di lavorare bene, hanno tanti team davanti. Anche i francesi hanno una bella squadra, forte, specialmente con vento forte. Poi gli olandesi, al mondiale sotto le aspettative forse per le pressioni di giocare in casa, ma va ricordato che i velisti olandesi sul Nacra 17 che è costruito in Olanda sono all’avanguardia tecnologicamente. Vivono a fianco al cantiere e sono spesso laboratori per provare varie soluzioni al limite della stazza. A volte la classe stessa decide sulla base di quello che loro sperimentano...”
E come vedi gli italiani sul Nacra 17?
“La squadra in generale è sopra alle aspettative. Il nostro obiettivo era stare nei dieci al mondiale e invece abbiamo sfiorato il podio. Sorrentino può essere soddisfatto, lui si conferma molto bravo e uno specialista con arie leggere, sta provando varie prodiere e adesso l’ha trovata. Per la squadra trovo importante una come Chicca Salvà: ha esperienza olimpica, è simpatica e comunicativa, con lei lavoriamo bene. Altri? Le ore di lavoro contano e la squadra si sta definendo. Sarà interessante vedere cosa farà Pietro Sibello, che ha una prodiera tedesca e finora ha corso un po’ per GER e al mondiale per ITA. Dovrà fare delle scelte, anche in relazione alla questione delle considerazioni mediche che farà il CONI. Credo che vedremo la sua scelta all’Europeo di Dervio. Dopo non potrà più cambiare nazione. Comunque dal 5 agosto saremo a Dervio per un raduno federale. E poi c’è Ganga!”
Ecco, la questione allenatore.
“Ganga (Gabriele Bruni, ndr) è importantissimo, avere un allenatore fisso ti da una grande stabilità, e poi lui è una opportunità straordinaria, è una bella persona, sorridente, simpatico, intelligente e poi è un eccelso velista, ha fatto Olimpiadi e Coppa America, sa muoversi sul campo, è un ottimo allenatore anche nella gestione psicologica perchè sa leggere i momenti degli atleti.”
Resta il fatto che tra meno di un anno il Mondiale di Santander darà i primi posti olimpici. I vostri programmi a media e lunga scadenza.
“La stagione finisce a La Rochelle a ottobre, e noi riprendiamo gli allenamenti invernali, e quindi nel 2014 con il solito circuito, le World Cup (esclude Melbourne e Miami, per ora troppo impegnative e non determinanti), Kiel. Vedremo poi se gli europei saranno prima o dopo Santander, non si sa ancora.”
Siete quinti al mondo a un anno dalla prima selezione olimpica. Crescono le vostre sensazioni a cinque cerchi?
“Resto con i piedi per terra. Mi immagino a Rio, indipendentemente dal risultato a questo mondiale, sento che sto crescendo come velista. Il nostro obiettivo non è solo selezionarci, ma prepararci per fare bene ai Giochi, per essere competitivi al massimo. Le selezioni sono uno strumento necessario per questi processo. Fa impressione essere lì a questo punto, fa piacere, ma penso sempre a medio e lungo termine, sportivamente guardo alla big picture.”
Vieni da una famiglia così velica: come ti è vicina, come vive la tua campagna olimpica.?
“La famiglia è vicinissima, segue e partecipa moltissimo e ogni regata, sono presenti e emotivamente coinvolti. Si arrabbiano se va male qualcosa, ci mettono tanta passione. Con la tecnologia oggi è facile seguire ogni singola prova di un campionato su internet... Mamma è rimasta male per la storia della protesta, ma poi mi ha detto: ‘sono fierissima’...”
E poi c’è papà Pierre...
“Si c’è. Lo sento tanto, e penso a quando ero più piccola e vedevo Caracci che spingeva papà a farci fare 420... Anche se non l’ha mai detto, gli avrebbe fatto piacere ritrovarci in corsa per le Olimpiadi. A volte rientrando lo chiamo io... E’ sempre lì con me, è una motivazione in più.”
di Fabio Colivicchi
Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri: ricordatevi questi nomi, poco noti fino a qualche mese fa, perchè oggi sono tra i velisti di classe olimpica italiani più competitivi nella loro classe, il catamarano misto Nacra 17, dopo l’8° posto (5° per nazione) al Mondiale in Olanda. Vittorio e Silvia sono due giovani atleti della vela azzurra del terzo millennio: entrambi ingegneri (aerospaziale il primo, con risvolti applicati già alla progettazione di elementi di barche a vela, gestionale la seconda), parlano tre lingue, girano il mondo, hanno le idee chiare e le passioni intatte. Singolarmente e come squadra sono un prototipo di come la filiera della vela italiana è in grado di formare un prodotto sportivo d’eccellenza, avendo alla base anche famiglie che culturalmente hanno favorito questo cammino. Vittorio ha iniziato con Optimist e poi Laser. Silvia direttamente con il cat giovanile Tyka.
Dopo il primo Mondiale del nuovo catamarano olimpico misto Nacra 17, la vela azzurra scopre di avere un equipaggio (forse anche più d’uno) posizionato nelle zone alte della ranking della classe. L’ottavo posto finale, quinto per nazione, di Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri, pone questa coppia all’interno dei valori dei club più alti degli atleti olimpici gestiti dal CONI e dalle federazioni. Una sorpresa (non per tutti) positiva, che fa bene alla nostra vela olimpica e a tutto l’ambiente. Un piazzamento, poi, che poteva essere persino migliore come si sa: Vittorio e Silvia erano terzi dopo l’ultima prova e prima della Medal Race, ma sono stati trascinati in una protesta persa e sono scivolati all’ottavo, divenuto definitivo perchè la Medal non si è corsa causa meteo.
Abbiamo incontrato Silvia Sicouri, prodiera di Vittorio, figlia d’arte (papà Pierre è stato un grande navigatore oceanico e un amante antesignano dei multiscafi, mamma Paola, a sua volta notevole navigatrice), laureata a pieni voti in Ingegneria Gestionale, vincitrice di borse di studio e già impegnata in progetti lavorativi di peso. Per capire come si è arrivati a questo risultato, e se adesso cambia il modo di guardare al futuro per questo equipaggio.
“E’ un risultato che vale molto, siamo molto soddisfatti di come è andata, si è trattato dell’appuntamento più importante della stagione e tutti ci tenevano a fare bella figura, è stata la verifica del lavoro fatto finora. Sicuramente ci sono state condizioni particolari, spesso poco vento (ma questo valeva per tutti), e noi abbiamo avuto un inizio difficile. Venendo dai laghi abbiamo scarsa conoscenza della corrente, e a Le Hague ce n’era moltissima. Siamo contenti di come abbiamo imparato a gestirla, in certe regate navigare dalla parte giusta era determinante. Insomma sentiamo di essere cresciuti tanto. Il momento di verifica è sempre delicato, noi da dicembre scorso abbiamo lavorato in tanti modi: prima da soli, poi a febbraio con un team, svedese (quello che poi ha vinto Hyeres), quindi siamo entrati nel programma dei raduni tecnici FIV, e nell’ultimo periodo abbiamo navigato spesso con gli austriaci. Visto il risultato, ne usciamo consapevoli che abbiamo fatto le cose per bene, e insomma: siamo lì con gli altri.”
Nuova classe, nuovo multiscafo: sul Nacra 17 vanno meglio gli specialisti di catamarani o i velisti che provengono da altre classi olimpiche?
“E una bella questione. Noi abbiamo visto in genere che il velista olimpico esperto, ci mette poco a capire la barca e chiudere il gap con chi è più esperto di catamarani. Ma una tendenza che ha preso piede è avere equipaggi “misti”, non solo nel sesso, ma con un esperto in catamarani e un esperto di vela olimpica con provenienza da altre classi. Questo incrocio di esperienze è la strada seguita da inglesi e olandesi, con buoni risultati direi. Dal mio punto di vista, l’esperienza e la conoscenza del catamarani si acquisiscono più in fretta rispetto alle esperienze olimpiche. Sono avvantaggiati coloro che hanno già alle spalle una significativa esperienza su classi olimpiche o alle Olimpiadi. Noi su questo aspetto dobbiamo ancira crescere. Abbiamo visto Pietro Sibello salire sul Nacra 17 e finire 8° alla sua prima regata a Kiel. Iker Martinez è ancora un po’ incostante, è una grande incognita per tutti, ma già si affaccia tra i primi di giornata, e se c’è vento, questo tipo di velisti di muovono bene da subito su una barca nervosa come il Nacra 17.”
Una cosa è sicura però: il lavoro paga, cioè contano le ore di allenamento. Un po’ quello che si vede anche con altri catamarani, quelli di Coppa America...
“Si, e questo è vero anche per la sintonia dell’equipaggio. Un team di due sessi è una novità, nessuno partiva abituato. E tante ore in acqua insieme aiutano a trovare l’affiatamento. E poi la barca: noi oggi non ci rendiamo conto delle velocità che raggiungiamo, mentre i primi tempi lo sentivamo. Oggi se ci vediamo da fuori, in un video, diciamo: però, quanto si corre! E l’abitudine alla velocità è il passo necessario per andare oltre, spingersi più avanti, chiedere di più...”
E’ più importante la velocità o far bene le manovre?
“La velocità di base è la cosa più importante. Se hai quella, puoi anche assorbire in una regata qualche manovra “del piffero”. Ma se fai manovre sempre pulite, quello è il modo per superare chi ti è davanti.”
Adesso che è passato qualche giorno, raccontaci la protesta che vi ha privato del podio al Mondiale...
“E’ stata una cosa molto banale, e noi in definitiva siamo stati un po’ superficiali, dobbiamo migliorare questo aspetto, essere più professionisti (dice proprio cosi, Silvia: “professionisti”, ndr). Eravamo partiti bene in boa, poi virato subito mure a sinistra, siamo passati davanti all’equipaggio inglese, poi a parecchi altri, a noi è sembrato di passare tranquilli sugli inglesi, forse qualche dubbio con i neozelandesi, che però hanno poggiato senza fiatare. Dopo quella partenza, abbiamo chiuso la regata, contenti perchè confermati al terzo posto alla fine della serie, prima della Medal. Ho saputo della protesta alla consegna del gps del tracking, uno degli inglesi ci ha detto “vi sto protestando”. In acqua non avevamo sentito dire “Protesta!”, lui pare l’abbia detto, noi non l’abbiamo sentito. Da lì in avanti è stata dura, perchè è quasi impossibile vincere una protesta per incrocio mure a sinistra. Abbiamo cercato di far dichiarare inammissibile la protesta, perchè non era stata annunciata in mare, perso quel treno il resto è venuto da se... A posteriori forse è vero che l’inglese ha poggiato qualche grado, c’era corrente contro di noi e quindi eravamo lenti, lui viene dal match race e deve aver capito meglio la situazione. Resta il fatto che in acqua se fai un torto a un italiano quello urla con tutto il fiato che ha in corpo, siamo emotivi. Gli anglosassoni invece, freddi e controllatissimi... Avrà detto piano piano “protest”, che l’ha sentito il suo prodiere. Siamo convinti che la protesta sia stata fatta senza secondi fini, ma certo ha fatto molto comodo alla squadra inglese perchè ha assicurato il secondo posto all’altro team britannico, che in caso avremmo potuto attaccare nella Medal... Bilancio: rabbia, se avessero urlato, era l’ultima prova avremmo fatto la penalità. Loro sono stati più furbetti, noi inesperti. Ora lo sappiamo, mai cacciarsi in situazioni limite all’ultima regata prima della Medal.”
Dopo una stagione, quali sono i riferimenti della classe internazionale?
“La federazione inglese ha diimostrato ancora una volta di lavorare bene, hanno tanti team davanti. Anche i francesi hanno una bella squadra, forte, specialmente con vento forte. Poi gli olandesi, al mondiale sotto le aspettative forse per le pressioni di giocare in casa, ma va ricordato che i velisti olandesi sul Nacra 17 che è costruito in Olanda sono all’avanguardia tecnologicamente. Vivono a fianco al cantiere e sono spesso laboratori per provare varie soluzioni al limite della stazza. A volte la classe stessa decide sulla base di quello che loro sperimentano...”
E come vedi gli italiani sul Nacra 17?
“La squadra in generale è sopra alle aspettative. Il nostro obiettivo era stare nei dieci al mondiale e invece abbiamo sfiorato il podio. Sorrentino può essere soddisfatto, lui si conferma molto bravo e uno specialista con arie leggere, sta provando varie prodiere e adesso l’ha trovata. Per la squadra trovo importante una come Chicca Salvà: ha esperienza olimpica, è simpatica e comunicativa, con lei lavoriamo bene. Altri? Le ore di lavoro contano e la squadra si sta definendo. Sarà interessante vedere cosa farà Pietro Sibello, che ha una prodiera tedesca e finora ha corso un po’ per GER e al mondiale per ITA. Dovrà fare delle scelte, anche in relazione alla questione delle considerazioni mediche che farà il CONI. Credo che vedremo la sua scelta all’Europeo di Dervio. Dopo non potrà più cambiare nazione. Comunque dal 5 agosto saremo a Dervio per un raduno federale. E poi c’è Ganga!”
Ecco, la questione allenatore.
“Ganga (Gabriele Bruni, ndr) è importantissimo, avere un allenatore fisso ti da una grande stabilità, e poi lui è una opportunità straordinaria, è una bella persona, sorridente, simpatico, intelligente e poi è un eccelso velista, ha fatto Olimpiadi e Coppa America, sa muoversi sul campo, è un ottimo allenatore anche nella gestione psicologica perchè sa leggere i momenti degli atleti.”
Resta il fatto che tra meno di un anno il Mondiale di Santander darà i primi posti olimpici. I vostri programmi a media e lunga scadenza.
“La stagione finisce a La Rochelle a ottobre, e noi riprendiamo gli allenamenti invernali, e quindi nel 2014 con il solito circuito, le World Cup (esclude Melbourne e Miami, per ora troppo impegnative e non determinanti), Kiel. Vedremo poi se gli europei saranno prima o dopo Santander, non si sa ancora.”
Siete quinti al mondo a un anno dalla prima selezione olimpica. Crescono le vostre sensazioni a cinque cerchi?
“Resto con i piedi per terra. Mi immagino a Rio, indipendentemente dal risultato a questo mondiale, sento che sto crescendo come velista. Il nostro obiettivo non è solo selezionarci, ma prepararci per fare bene ai Giochi, per essere competitivi al massimo. Le selezioni sono uno strumento necessario per questi processo. Fa impressione essere lì a questo punto, fa piacere, ma penso sempre a medio e lungo termine, sportivamente guardo alla big picture.”
Vieni da una famiglia così velica: come ti è vicina, come vive la tua campagna olimpica.?
“La famiglia è vicinissima, segue e partecipa moltissimo e ogni regata, sono presenti e emotivamente coinvolti. Si arrabbiano se va male qualcosa, ci mettono tanta passione. Con la tecnologia oggi è facile seguire ogni singola prova di un campionato su internet... Mamma è rimasta male per la storia della protesta, ma poi mi ha detto: ‘sono fierissima’...”
E poi c’è papà Pierre...
“Si c’è. Lo sento tanto, e penso a quando ero più piccola e vedevo Caracci che spingeva papà a farci fare 420... Anche se non l’ha mai detto, gli avrebbe fatto piacere ritrovarci in corsa per le Olimpiadi. A volte rientrando lo chiamo io... E’ sempre lì con me, è una motivazione in più.”
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