Storia | Cultura

10/03/2011 - 01:05

La denuncia dello skipper di Neutrogena. E allarme di Legambiente per i mari italiani

Salvate Ryan
dalla plastica

Lo skipper di Neutrogena, 4° alla Barcelona Race denuncia: "Ovunque non si vedono che rifiuti plastici. E' terribile". E intanto Arpa Toscana e Legambiente presentano un rapporto sullo stato dei mari italiani: la concentrazione di plastica è allarmante.

di Emanuele Isonio



Dal bel mezzo dell’Oceano arriva l’incontro che non ti aspetti. La testimonianza che non vorresti sentire, quella che molti preferiscono non ascoltare perché, agli amanti veri del blu sconfinato, fa sanguinare il cuore.

“Non si vede altro che plastica in acqua”
Mai, chi segue la Barcelona World Race ed è abituato solo ad avere a che fare con venti impetuosi, problemi tecnici e imprese audaci, si sarebbe aspettato che Ryan Breymaier, unico partecipante made in Usa al giro del mondo in coppia, skipper di Neutrogena, dovesse raccontare che, anche in pieno Oceano, più che pesci e delfini, si incontra immondizia: “Questa cosa mi manda letteralmente fuori dai gangheri. Ovunque si navighi si vede plastica galleggiare in acqua. Anche dove ci troviamo ora, non passa giorno senza vedere schifezze galleggianti di plastica. E’ terribile. Rifiuti di tutti i tipi: reti da pesca, sacchetti, contenitori, bottiglie, taniche. Si trova ovunque. Lungo tutto il percorso, in Atlantico, come le altre quattro volte che l’ho attraversato, e poi anche passato l’equatore e cambiando latitudini, non si vedono altro che rifiuti in acqua”.

Urge cambiamento nei consumi
Una testimonianza che agghiaccia, quella dello skipper di Neutrogena, barca che al momento veleggia al 4° posto, sta raggiungendo le Isole Falkland ed è a meno di 300 miglia dal podio.  Ma la testimonianza di Breymaier è stata accolta con malcelato disappunto da chi del tema inquinamento-marino si occupa da tempo. Come Manuel Maqueda, co-fondatore di Plastic Pollution Coalition, organizzazione internazionale da sempre impegnata per ridurre l’inquinamento da materiali plastici. “Complimenti a Ryan Breymaier e al suo co-skipper Boris Herrman per aver ottenuto una sponsorizzazione per la regata intorno al mondo. È di grande effetto sentire la rabbia e il dolore che prova per questa scoperta un professionista del mare come Ryan. Tuttavia va ricordato che lui è sponsorizzato da una società come Neutrogena che commercializza quasi tutti i suoi prodotti in contenitori di plastica. Sono molto pochi i cosmetici venduti in vetro. Dobbiamo imparare a vedere le connessioni tra i nostri stili di vita e le conseguenze sull'ambiente determinate dalla nostra cultura “usa e getta”. Non si tratta solamente di uno smaltimento incorretto ma di un cattivo design privo del necessario approccio sistemico. Siamo tutti sulla stessa barca, e io sono felice di vedere sempre più persone a bordo per aiutare. La consapevolezza è il primo passo per arrivare a capire come poter fermare questa follia della plastica usa e getta".
 
Mari italiani in affanno
Se immaginare un Oceano ridotto a pattumiera sconcerta gli amanti del mare, i dati che arrivano dal Mediterraneo e in particolare dalle acque italiane dovrebbero fare ancor più notizia. L’Arpa, agenzie regionali per la protezione dell’ambiente della Toscana e dell’Emilia Romagna hanno effettuato un monitoraggio al largo dell’arcipelago toscano. I risultati parlano di una concentrazione di plastica superiore a quella del cosiddetto “continente spazzatura” che galleggia nel tratto di Oceano Pacifico tra le Hawaii e le coste californiane. I dati sono contenuti nel rapporto “L’impatto della plastica e dei sacchetti sull’ambiente marino” presentato a Roma da Legambiente (e scaricabile, in versione integrale, direttamente qui a lato).
Secondo lo studio, la plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poiché costituisce dal 60% all’80% del totale dell’immondizia trovata nelle acque. Un dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del totale ma anche nei mari italiani arriva a livelli gravissimi.
Basta pensare che secondo il monitoraggio effettuato dallArpa Toscana al largo delle coste dell’Elba e del Giglio in un’ora sono stati prelevati dai pescatori con reti a strascico 4 kg di rifiuti, di cui il 73% costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti.
“L’Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della plastica e la dispersione dei sacchetti in mare –ha spiegato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Lo è sia perché è la prima nazione per consumo di sacchetti di plastica  “usa e getta”, visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del Pianeta dall’inquinamento da plastica.
 
Un dramma europeo…
Ma la situazione non è migliore anche nel resto del Mediterraneo dove, in base agli esiti di International Coastal Cleanup, tra il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie.
Sono invece complessivamente 500 le tonnellate di rifiuti in plastica che galleggiano nel Mediterraneo e secondo l’Istituto francese di ricerca sullo sfruttamento del mare e l’Università belga di Liegi nell’estate 2010 la concentrazione più alta nel Mediterraneo era nel nord del Tirreno e a largo dell’Isola d’Elba con 892.000 frammenti plastici per km2, rispetto ad una media di 115.000.
 
…e mondiale
Negli oceani la situazione è altrettanto grave. È ormai noto il Pacific Plastic Vortex, il grande vortice dell’oceano Pacifico la cui estensione è di qualche milione di chilometri quadrati, a causa di molti milioni di tonnellate di rifiuti galleggianti, soprattutto plastica.
Ma la plastica abbonda anche in altre parti del Pacifico. Nei pressi dei porti principali del Cile l’87% di tutti i rifiuti galleggianti è di plastica, metà dei quali sono sacchetti. In Giappone l’analisi sui dati tra il 2002 e il 2005 ha rivelato che il 76% del totale dei rifiuti erano in plastica, in Corea il dato è stato del 53%. Nel nord Atlantico esiste un vortice di 334mila frammenti di plastica per chilometro quadrato pari a 5 kg/km2.
 
Specie marine a rischio
Le ingenti quantità di plastica in mare, soprattutto della frazione più leggera costituita dai sacchetti, causano gravi danni alla fauna marina. A farne le spese sono soprattutto i mammiferi marini e le tartarughe che scambiano le parti di sacchetti di plastica per meduse - come testimoniano numerosi studi di università canadesi, brasiliane, spagnole e italiane riportati nel rapporto delle due Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.
Secondo l’Unep e l’Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di mammiferi marini, 49 sono a rischio intrappolamento o ingestione di rifiuti marini. I cetacei e i mammiferi marini vengono attratti da questi materiali spesso di colore acceso. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamantini sono tutti stati trovati ingerire sacchetti di plastica. Nelle tartarughe il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa, provoca il blocco del tratto digestivo e il conseguente soffocamento. Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappola mento.

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