Storia | Regata > Vela Oceanica
28/11/2013 - 22:20
Vela al cinema, bella e impossibile
Vela al cinema, bella e impossibile
Quasi In Solitario
di Caterina Grignani
Dai produttori di Quasi Amici e con lo stesso (bravo) attore "In Solitario" è un film sul Vendée Globe, che racconta una storia imprevista di integrazione umana. Belle immagini per gli amanti della vela. Aspettando Robert Redford...
Lo stupore di vedere uscire al cinema un film che parla di vela ha trascinato gli amanti del mare in sala per guardare In Solitario, l’esordio cinematografico di Cristophe Offenstein.
Il Vendée Globe, l’epica regata dei tre capi, è lo scenario della navigazione e Yann Kermadec - François Cluzet che avevamo visto recentemente in Quasi Amici - è lo skipper che sostituisce l’amico Frank impossibilitato da un infortunio. Yann è costretto a fare una tappa alle Canarie per riparare il timone e lì, di nascosto, sale a bordo Manò, sedicenne arrivato dalla Mauritania. Una volta ripreso il largo il ragazzo esce dal gavone ed ha inizio una convivenza forzata. Yann vuole far sbarcare Manò sulla prima isola che gli capita a tiro ma la storia prende un’altra piega. Ci sono le balene, i delfini, gli iceberg, le onde e Capo Horn e anche un salvataggio di una concorrente della Vendée.
La storia è incentrata sulla regata, con riprese che riempiono gli occhi dei velisti cittadini che d’inverno respirano poco mare, ma racconta una storia ben più universale che riporta alla cronaca dell’oggi. Il ragazzo lascia il suo paese con il sogno del calcio e per curare una malattia, prende il largo e poco importa che lo faccia su un Imoca iper tecnlogico, o su una carretta del mare, la storia in fondo è la stessa. E Yann Kermadec prende in parola la prima legge sacra della marineria che impone di non lasciare nessuno in mare. Nel suo giro del mondo condiviso, “e io che pensavo di arrivarci da solo” esclama al passaggio di Capo Horn, smonta e svuota di senso la parola “clandestino” per sostituirvi quella di “umanità”.
Il retroscena delle riprese è curioso; un’intera troupe è stata iniziata alla navigazione e tra un attacco di mal di mare e l’altro si è arrivati a girare tutte le scene. L’inventiva è servita a confezionare attacchi mobili sulla coperta per fissare le videocamere. Non ci sono scene realizzate in studio e a volte la ricerca di situazioni meteo se non estreme quantomeno difficili ha messo a dura prova i tecnici e i cameraman e anche gli attori. Il giovane Samy Seghir, che interpreta Manò, ha dichiarato che nelle scene in cui doveva sembrare malato o sofferente gli riusciva tutto più semplice perché stava male davvero!
Le riprese sono state supportate anche dal pubblico che si è prestato a riempire i moli de Les Sables d’Olonne nella scena dell’arrivo (qualcosa di immaginabile solo in Francia dove gli arrivi delle regate sono effettivamente affollati come i derby calcistici da noi).
E per chi si chiede quanto sia realistico il film, la domanda è stata fatta dalla Gazzetta dello Sport a Soldini. Il navigatore fa notare che la veridicità non era l’obiettivo del film ma che saltano all’occhio un’eccessiva facilità di comunicazione: “anche se la tecnologia ha fatto passi da gigante, in mezzo all’oceano non si è connessi con una rete 3g come a casa” spiega. E poi anche il salvataggio di un navigatore la cui barca ha scuffiato, “non è cosa così semplice” racconta memore del suo eroico salvataggio di Isabelle Autissier, la cui barca si rovesciò in mezzo al Pacifico orientale, durante l’Around Alone del 1999.
Si respira un po’ di aria salata nelle sale di cinema e il prossimo appuntamento è con All is lost del regista J.C Chandor in uscita il 6 febbraio in cui Robert Redford è il protagonista di un naufragio nell’Oceano Indiano.
Lo stupore di vedere uscire al cinema un film che parla di vela ha trascinato gli amanti del mare in sala per guardare In Solitario, l’esordio cinematografico di Cristophe Offenstein.
Il Vendée Globe, l’epica regata dei tre capi, è lo scenario della navigazione e Yann Kermadec - François Cluzet che avevamo visto recentemente in Quasi Amici - è lo skipper che sostituisce l’amico Frank impossibilitato da un infortunio. Yann è costretto a fare una tappa alle Canarie per riparare il timone e lì, di nascosto, sale a bordo Manò, sedicenne arrivato dalla Mauritania. Una volta ripreso il largo il ragazzo esce dal gavone ed ha inizio una convivenza forzata. Yann vuole far sbarcare Manò sulla prima isola che gli capita a tiro ma la storia prende un’altra piega. Ci sono le balene, i delfini, gli iceberg, le onde e Capo Horn e anche un salvataggio di una concorrente della Vendée.
La storia è incentrata sulla regata, con riprese che riempiono gli occhi dei velisti cittadini che d’inverno respirano poco mare, ma racconta una storia ben più universale che riporta alla cronaca dell’oggi. Il ragazzo lascia il suo paese con il sogno del calcio e per curare una malattia, prende il largo e poco importa che lo faccia su un Imoca iper tecnlogico, o su una carretta del mare, la storia in fondo è la stessa. E Yann Kermadec prende in parola la prima legge sacra della marineria che impone di non lasciare nessuno in mare. Nel suo giro del mondo condiviso, “e io che pensavo di arrivarci da solo” esclama al passaggio di Capo Horn, smonta e svuota di senso la parola “clandestino” per sostituirvi quella di “umanità”.
Il retroscena delle riprese è curioso; un’intera troupe è stata iniziata alla navigazione e tra un attacco di mal di mare e l’altro si è arrivati a girare tutte le scene. L’inventiva è servita a confezionare attacchi mobili sulla coperta per fissare le videocamere. Non ci sono scene realizzate in studio e a volte la ricerca di situazioni meteo se non estreme quantomeno difficili ha messo a dura prova i tecnici e i cameraman e anche gli attori. Il giovane Samy Seghir, che interpreta Manò, ha dichiarato che nelle scene in cui doveva sembrare malato o sofferente gli riusciva tutto più semplice perché stava male davvero!
Le riprese sono state supportate anche dal pubblico che si è prestato a riempire i moli de Les Sables d’Olonne nella scena dell’arrivo (qualcosa di immaginabile solo in Francia dove gli arrivi delle regate sono effettivamente affollati come i derby calcistici da noi).
E per chi si chiede quanto sia realistico il film, la domanda è stata fatta dalla Gazzetta dello Sport a Soldini. Il navigatore fa notare che la veridicità non era l’obiettivo del film ma che saltano all’occhio un’eccessiva facilità di comunicazione: “anche se la tecnologia ha fatto passi da gigante, in mezzo all’oceano non si è connessi con una rete 3g come a casa” spiega. E poi anche il salvataggio di un navigatore la cui barca ha scuffiato, “non è cosa così semplice” racconta memore del suo eroico salvataggio di Isabelle Autissier, la cui barca si rovesciò in mezzo al Pacifico orientale, durante l’Around Alone del 1999.
Si respira un po’ di aria salata nelle sale di cinema e il prossimo appuntamento è con All is lost del regista J.C Chandor in uscita il 6 febbraio in cui Robert Redford è il protagonista di un naufragio nell’Oceano Indiano.
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