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20/11/2013 - 14:41
E' accaduto in Australia a Brisbane
E' accaduto in Australia a Brisbane
Muore in scuffia
Velista di 18 piedi
Velista di 18 piedi
Il 23enne australiano David Hansa è morto a seguito di una scuffia, intrappolato sott’acqua dal trapezio impigliato. Il padre: “La vela resta uno degli sport più sicuri al mondo”. Il dibattito e le statistiche
Un giovane velista australiano, David Hansa, 23 anni, è morto a Brisbane lo scorso 9 novembre, durante una regata di 18 piedi a Waterloo Bay, intrappolato dal trapezio impigliato dopo una scuffia. Hansa era a bordo di Team Pendeo, e dopo una scuffia non è riuscito a risalire a bordo perché il gancio del suo trapezio è rimasto impigliato in qualche elemento dell’attrezzatura. Inutili gli sforzi dei compagni di equipaggio, dopo l’intervento del battello di salvataggio del Brisbane 18 Footers Sailing Club, e della Coast Guard: David non si ha più ripreso conoscenza.
“La Guardia Costiera è intervenuta prontamente così come il club, tutti hanno fatto quanto era nelle loro possibilità per liberare il velista che era impigliato – ha detto il Sergente Warren Francis della Brisbane Water Police – Sfortunatamente egli era troppo perfettamente incastrato, in un modo che può accadere una volta su un milione”.
Infinita tristezza è espressa dal circolo. David “Casper” Hansa era il più entusiasta tra quanti volevano navigare sui 18 piedi. Se non riusciva a trovare un imbarco, spesso era al club dopo aver viaggiato dalla Sunshine Coast, per partecipare alle regate sulle barche appoggio. E’ pazzesco pensare che è rimasto intrappolato in un 18 piedi!”
I responsabili del club e gli altri velisti hanno assistito le autorità e con la polizia per le investigazioni sull’accaduto. Condoglianze alla famiglia Hanse sono state rivolte da tutti i soci del club. Gli altri velisti sulla barca con David, tutti sotto shock, saranno seguiti da un consulente psicologico dell’associazione Yachting Queensland.
Proprio dal padre del povero David, Nick Hansa, sono arrivate parole di grande sofferenza ma anche di grande dignità e realismo, considerando quello di suo figlio un tragico incidente: “Credo ancora che la vela sia uno degli sport più sicuri del mondo, non ho memoria di altri velisti morti in regata su derive come queste. David era più in pericolo quando guidava per Brisbane, che non durante una regata in barca.”
Mr. Hansa ha detto anche che le indagini sulla morte di suo figlio David continueranno, ma che non ritiene che si debba fare di più per aumentare i livelli di sicurezza nella pratica di questo sport.
La tragedia e le parole di Mr. Hansa hanno suscitato commozione e dibattito nella comunità velica australiana. Le statistiche dimostrano che effettivamente gli incidenti nella vela sono rarissimi, e ancora di più lo sono i casi di trapezio impigliato. Ma la vicenda di David non è unica: Nel 2008 alle Hawaii in una regata di Skiff 18 piedi, un velista perse la vita in circostanze analoghe. E lo stesso è accaduto in una regata di 420 ad Annapolis.
La vicenda, con tutte le debite proporzioni, ricorda anche la tragica morte di Andrew “Bart” Simpson a seguito della scuffia dell’AC72 di Artemis a San Francisco, che ha provocato tante discussioni e nuove regole di sicurezza intorno alla Coppa America.
In Italia è abbastanza fresco il ricordo della tragica scomparsa, in circostanze del tutto simili, del giovane Vincenzo Sannino, durante un’uscita di allenamento come prodiere di un 420, a Napoli, era il dicembre del 2009.
La sicurezza non è mai troppa. Parlarne, farsi venire idee sempre nuove per incrementarla, avere sempre le attenzioni giuste, sono comportamenti da promuovere e sviluppare. Il fatto che certe casualità facciano più scalpore se capitano nello sport della vela dimostra la loro estrema rarità.
Un giovane velista australiano, David Hansa, 23 anni, è morto a Brisbane lo scorso 9 novembre, durante una regata di 18 piedi a Waterloo Bay, intrappolato dal trapezio impigliato dopo una scuffia. Hansa era a bordo di Team Pendeo, e dopo una scuffia non è riuscito a risalire a bordo perché il gancio del suo trapezio è rimasto impigliato in qualche elemento dell’attrezzatura. Inutili gli sforzi dei compagni di equipaggio, dopo l’intervento del battello di salvataggio del Brisbane 18 Footers Sailing Club, e della Coast Guard: David non si ha più ripreso conoscenza.
“La Guardia Costiera è intervenuta prontamente così come il club, tutti hanno fatto quanto era nelle loro possibilità per liberare il velista che era impigliato – ha detto il Sergente Warren Francis della Brisbane Water Police – Sfortunatamente egli era troppo perfettamente incastrato, in un modo che può accadere una volta su un milione”.
Infinita tristezza è espressa dal circolo. David “Casper” Hansa era il più entusiasta tra quanti volevano navigare sui 18 piedi. Se non riusciva a trovare un imbarco, spesso era al club dopo aver viaggiato dalla Sunshine Coast, per partecipare alle regate sulle barche appoggio. E’ pazzesco pensare che è rimasto intrappolato in un 18 piedi!”
I responsabili del club e gli altri velisti hanno assistito le autorità e con la polizia per le investigazioni sull’accaduto. Condoglianze alla famiglia Hanse sono state rivolte da tutti i soci del club. Gli altri velisti sulla barca con David, tutti sotto shock, saranno seguiti da un consulente psicologico dell’associazione Yachting Queensland.
Proprio dal padre del povero David, Nick Hansa, sono arrivate parole di grande sofferenza ma anche di grande dignità e realismo, considerando quello di suo figlio un tragico incidente: “Credo ancora che la vela sia uno degli sport più sicuri del mondo, non ho memoria di altri velisti morti in regata su derive come queste. David era più in pericolo quando guidava per Brisbane, che non durante una regata in barca.”
Mr. Hansa ha detto anche che le indagini sulla morte di suo figlio David continueranno, ma che non ritiene che si debba fare di più per aumentare i livelli di sicurezza nella pratica di questo sport.
La tragedia e le parole di Mr. Hansa hanno suscitato commozione e dibattito nella comunità velica australiana. Le statistiche dimostrano che effettivamente gli incidenti nella vela sono rarissimi, e ancora di più lo sono i casi di trapezio impigliato. Ma la vicenda di David non è unica: Nel 2008 alle Hawaii in una regata di Skiff 18 piedi, un velista perse la vita in circostanze analoghe. E lo stesso è accaduto in una regata di 420 ad Annapolis.
La vicenda, con tutte le debite proporzioni, ricorda anche la tragica morte di Andrew “Bart” Simpson a seguito della scuffia dell’AC72 di Artemis a San Francisco, che ha provocato tante discussioni e nuove regole di sicurezza intorno alla Coppa America.
In Italia è abbastanza fresco il ricordo della tragica scomparsa, in circostanze del tutto simili, del giovane Vincenzo Sannino, durante un’uscita di allenamento come prodiere di un 420, a Napoli, era il dicembre del 2009.
La sicurezza non è mai troppa. Parlarne, farsi venire idee sempre nuove per incrementarla, avere sempre le attenzioni giuste, sono comportamenti da promuovere e sviluppare. Il fatto che certe casualità facciano più scalpore se capitano nello sport della vela dimostra la loro estrema rarità.
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