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05/05/2021 - 11:59

Un personaggio che lascia molte tracce: come ritrovarle

L'insostenibile leggerezza di Pippo

VIDEO DEI FUNERALI E UNA CHIACCHIERATA MAI PUBBLICATA - I funerali con la sfilata "regale" davanti ai Circoli Velici a Santa Lucia, in un inchino reciproco. Cosa lascia davvero Pippo Dalla Vecchia? La sua capacità di recitare la vita, confondendo i confini tra finzione e realtà, che ogni volta sorprendeva e meravigliava. Quella volta che venne a Roma in campagna elettorale. L'esigenza condivisa con Carlo Rolandi di "lasciare tracce". I ricordi e aneddoti di amici a sorpresa

 

di Fabio Colivicchi

L’ultimo saluto a Pippo Dalla Vecchia simbolo della vela che da Napoli arriva nel mondo, sta nella bella scenografia che ha preceduto i funerali nella chiesa dei Pellegrini. Il passaggio del feretro, dentro l’elegante auto delle onoranze, sul lungomare davanti ai Circoli Velici di Santa Lucia. Mentre l’auto con Pippo passa, sul ciglio del marciapiede sono raccolti i dirigenti, i soci, gli allievi, i dipendenti, gli stakeholder si direbbe oggi, delle associazioni veliche napoletane.

 

Un omaggio regale, un accenno di corteo funebre che in realtà è uno scambio di inchini. La rappresentazione simbolica e istituzionale della vela, con le sue bandiere e i suoi simboli, compreso qualche pantalone bianco e i blazer, si inchina al suo passaggio, ma è inevitabile immaginare la scena con lui vivo, su quell’auto, che a sua volta si inchina a salutare quel mondo che per tanti anni egli ha letteralmente incarnato, contribuendo a farlo crescere e rispettare.

Le scenografie servono a restituire corpo alle storie, a raccontarle con più enfasi. Pippo era talmente scenografico nella sua concretezza, che questo passaggio con scambio di inchini era il minimo.

Chi è stato Pippo per Napoli, per la vela napoletana, nazionale e internazionale, per lo sport olimpico, per le entità che via via ha rappresentato: club, associazioni, consorzi, federazioni, progetti, sfide, lo possono raccontare, e lo racconteranno in questi giorni in tanti: collaboratori, allievi, colleghi, consiglieri, presidenti, amici, nemici (nel senso più affettuoso che aveva per lui questa parola). Cercheremo di raccogliere queste testimonianze, come fatto con Carlo Rolandi, l’altro grandissimo napoletano della vela mondiale. E’ bello immaginare Carlo e Pippo adesso di nuovo insieme, come tante volte sulle banchine di Santa Lucia, in Federvela, o sui campi di regata di mezzo mondo.

Pippo era sempre unico, inimitabile, dalla gestione del Savoia come un’Ambasciata (che non a caso ha ricevuto anche capi di Stato), dei menu studiati, delle esagerazioni per mettere soggezione, delle ospitalità così generose da imbarazzare, dei discorsi fiume che erano teatro puro. Un istrione nella forma, un manager nella sostanza, capace di far quadrare le amicizie e i conti. Una presenza scenica supportata dal fisico e dal portamento: alto, grande (non grosso), pieno, colorato, tra movenze del fisico e sguardo degli occhi emetteva una sua luce particolare, che finiva per illuminare le frasi, i concetti, le idee. Capace di dire, con l’arrotondamento baritonale e partenopeo, cose pesantissime con una leggerezza insostenibile, o cose futili con una potenza nobilitante. Un recitare la vita, confondendo i confini tra finzione e realtà, che ogni volta ti lasciava sorpreso e meravigliato.

Persone così lasciano in ciascuno ricordi personalissimi. Il mio più significativo fu un suo viaggio in treno da Napoli a Roma, con un appuntamento ufficiale. Lui vicepresidente FIV in corsa lanciatissima per la presidenza, io giovane direttore del mio Fare Vela, che per distinguersi ed emergere ne contrastava le ambizioni con tagli editoriali un po’ spacconi (come le finte classifiche del “presidente che vorrei” e soprattutto “che non vorrei”: dove lui era in testa), a causa del suo flirtare con un editore concorrente. “Vienimi a prendere alla stazione”. Scelse lui il ristorante e parlò tutto il tempo. Ipnotizzante, un confronto impari. Per convincermi a passare dalla sua parte usò (quasi) tutto il campionario delle sue arti, tra una pietanza e l’altra, complimentoso, sciorinò scenari, fece brillare ipotesi, visioni, futuri, poi lo riaccompagnai e ripartì dopo uno sguardo. Uno dei più potenti dirigenti della vela era venuto a bordeggiare fin là, con un piccolo giornaletto controcorrente. Andò come è andata. Non sarebbe cambiato quel voto se io avessi virato con lui, eppure ci aveva creduto e provato. Da lì in avanti il rispetto è stato totale, e le strade incrociate spesso e volentieri.

A giugno del 2019, aveva da poco compiuto 89 anni, accesi il registratore al primo piano della Lega Navale Italiana a Napoli, nel pomeriggio di una Velalonga proponendogli una chiacchierata a ruota libera. Per infiniti motivi non ho mai sbobinato quell’intervista, fino a oggi. Questo è un inedito postumo, come certi scritti o opere trovate alla scomparsa dell’artista. Pensandoci, ho un rimpianto: avrei voluto passare più tempo con Pippo. Seduto in platea.

QUELL’ULTIMA CHIACCHIERATA, A VOLO D’ANGELO

COME NACQUE LA VELALONGA – LE CAPITALI DELLA VELA IN ITALIA - COSA PENSO DELLA COPPA AMERICA MODERNA - COSA UNISCE NAPOLI, HONG KONG E RIO DE JANEIRO - LA VELA OLIMPICA SENZA UN BULBO - IDEA-REVIVAL PER I 60 ANNI DEI GIOCHI A NAPOLI, TEATRO LIRICO DELLA VELA

VELALONGA – “Sotto la spinta di Marino Corona e Marcello Campobasso, che sono stati sempre il Gatto e la Volpe della mia vita, e insieme a loro, ho fatto tornare la vela a Capri nel 1983. Poi vennero da me: “C’è venuta un’idea, vogliamo fare una grande festa della vela a Napoli.” Dissi, venite con me, e andammo a chiedere soldi all’Unione Industriali a Palazzo Partanna a Piazza dei Martiri, ricevuti come in piedi all’altare dal presidente mio amico che disse “Pippo cosa vuoi da me?”. “Una manifestazione velica corale, niente di sportivo, chiunque abbia qualcosa che galleggi e uno straccio su un remo per sfruttare il vento, deve essere coinvolto. Una manifestazione che deve far presente che la vela a Napoli non è morta, rispetto alla moda prevaricante dei possessori dei motoscafi, all’epoca chi non aveva il Riva, il Posillipo, la Speranziella, era un pezzente… Dimostriamo che la vela a Napoli esiste.”

“Investimmo i soldi degli Industriali e chiamammo l’evento Velalonga. Scendemmo dall’incontro e dovevamo decidere a chi farla organizzare. Io dissi, ragazzi sono presidente di Zona, dobbiamo trovare un ente al di fuori dal dualismo dei circoli napoletani, così scelsi la Lega Navale, ente di stato, presidenza della Repubblica e tutte quelle cose lì… Col senno di poi fu un errore. Partimmo in maniera fantastica e poi una serie di presidenti della Lega hanno preso fischi per fiaschi, trattando questo evento come una regata qualunque, facendo quattro campi di regata, senza capire e rispettare la filosofia libera, come la Barcolana, una festa per dimostrare che la vela è insita nella cultura dei napoletani, quella che ha dato lustro alla marineria di questa città. Invece la Velalonga si era inselvatichita, finchè è arrivato Alfredo Vaglieco, ci conoscevamo da molti anni, ha capito la buona fede dell’idea primaria. Oggi c’è la ripresa e un nuovo inizio. Due cose sono importanti: 1) la certezza della data (tutti i più grandi eventi sportivi hanno date sicure, il Grand Prix d’Amerique di trotto, Monza, Wimbledon), che deve entrare nella testa della gente. 2) L’apertura totale a tutti, senza limiti e regole. Oggi la vela si sta riprendendo e sta tornando ad avere il fascino primario rispetto al motore. Speriamo che anche i presidenti futuri della LNI capiscano a fondo la logica di questa regata.”

LE CAPITALI DELLA VELA – “Le prime tre capitali della vela in Italia sono state Genova, Napoli e Trieste. Genova per la facoltà degli armatori, per la loro rivalità nelle sfide al lido di Albaro. I napoletani avevano una marcia in più, la finezza, l’astuzia dei timonieri. E i triestini la grande scuola di marineria per la situazione ambientale, la Bora, erano grandissimi marinai. Tra Genova e Trieste, i napoletani dominavano per abilità e intelligenza dei timonieri. Anche per questo serviva una grande manifestazione, portare alla ribalta del mondo velico la napoletanità.”

LA BARCOLANA – “Non certo in contrapposizione alla Barcolana, che ritieniamo imbattibile. Da persone intelligenti la prima cosa è riconoscere l’imbattibilità del nostro avversario. Trieste ha una situazione geografica e di porti vicini che coinvolge moltissime barche. Io ne ho fatte due di Barcolana, me le ricordo bene, la bellissima sera prima della regata con tutte le barche ormeggiate sui moli, e mi ricordo che a bordo accendemmo il motore e ci presentammo sulla linea di partenza sopravento a tutti… arrivammo cinquecentesimi ma lo sfizio della partenza ce lo siamo tolti, l’armatore non voleva, lo convinsi dicendo che mi sarei preso io la responsabilità.”

HONG KONG, RIO DE JANEIRO, NAPOLI – “Sono sempre stato guidato da questo messaggio: nel golfo di Napoli si ‘deve’ andare in barca vela. Perché un golfo più bello di questo non lo trovi nel mondo. Ci sono tre rade importanti: Hong Kong, Rio de Janeiro e Napoli, sono le tre baie più belle del mondo. Se non la fai a Napoli una festa della vela, a giugno, con la certezze delle termiche e della meteorologia, delle giornate lunghe…

LA COPPA AMERICA – “Non sono un tradizionalista nato, ma la vela è fatta innanzitutto con una barca che navighi comandata da un timone e da una deriva che gli consente di salire il vento. Se gli togli il timone e la deriva e gli metti le ali, facciamo dell’aeronautica, un’altra cosa. La Coppa America era bella quando le regate si combattevano a colpi di virate, strambate, ma adesso? E poi per motivi finanziari si escludono dalla Coppa nazioni che hanno storie immense, dove sono nate grandi marinerie, l’Olanda i cui marinai nel XVI secolo conquistarono tutto l’oceano Indiano, l’Irlanda, tanti altri. Servirebbe una impostazione più classica delle barche, più comprensibile a tutti, e più abbordabile alle nazioni.”

LA VELA OLIMPICA – “La vela olimpica perde il suo fascino perché la gente capisce sempre meno. Non ci sono barche a bulbo. Come è possibile rappresentare ai Giochi una marineria che per secoli ha navigato con il bulbo, se non c’è più una classe a bulbo?”

L’ULTIMA IDEA – “Nel 2020 sono 60 anni dalle Olimpiadi di Napoli, l’idea è di organizzare un evento per le tre classi olimpiche dell’epoca ancora oggi in auge tra i velisti di tutto il mondo, ovvero il Finn, la Star e il Dragone, un vero “Revival” delle regate olimpiche di Napoli per Roma 1960. Organizzato dal Circolo Savoia, che era il centro operativo di quei Giochi. Tre giorni di regate, Finn, Star, Dragoni a Napoli negli stessi giorni di quelle Olimpiadi, ai primi di settembre. Coinvolgiamo le segreterie delle tre classi, devono venire a celebrare un pezzo di storia della vela: celebriamo il grande Elvstrom a Napoli, il grande Pinegin, Re Costantino di Grecia, in questo modo il Circolo Savoia che era centro operativo delle regate olimpiche 1960 torna alla ribalta, non di una sceneggiata ma del grande teatro lirico. E lanciare Napoli un’altra volta al centro del mondo velico. Un revival delle Olimpiadi a settembre del 2020, in Italia, sul campo di regata delle Olimpiadi a Napoli, nelle stesse sedi e date, con le insegne e le barche olimpiche sopravvissute al genocidio delle classi olimpiche di questi ultimi anni…”

Il 2020, come sappiamo, è stato dominato dalla pandemia, dai lockdown, dagli annullamenti di progetti, di sogni, di futuro. Quell’idea è rimasta con Pippo, e oggi suona come un ultimo invito: a non perdere mai la voglia di inventare, di immaginare, di fantasticare, creando storie, scenografie, spettacoli, che riempiono la realtà. In un’altra intervista per i suoi novant’anni Pippo disse: “Con Rolandi ci sentiamo ogni settimana, ricordiamo ogni cosa. C’è bisogno di lasciare una traccia, parliamo di fatti che nessuno, al di fuori di noi due, conosce.” Allora, ogni volta che troviamo qualcuna di quelle tracce, fermiamoci, esaminiamola, approfondiamo, e usiamola, come esempi. Grazie di tutto.

IL SERVIZIO TV DELLA RAI SUI FUNERALI

 

Ospitiamo e condividiamo con piacere interventi di amici che hanno vissuto diversamente ma con inevitabile intensità l’incontro e la conoscenza con Pippo Dalla Vecchia. Nei prossimi giorni invitiamo altri a inviarci il loro saluto a Pippo.

 

DAMMI UN BACIO

Ti sei arreso all’unico avversario che non potevi sconfiggere, ma lo hai fatto come sempre, lottando con tenacia, valore e dignità. Si è spento un faro per noi, ma resterà accesa la luce sul tuo immenso passato. Nella tua vita fuori dal comune sei stato testimone e protagonista di eventi e di sfide indimenticabili. Tutti ti dobbiamo molto, anche se la gratitudine, come cinicamente ti piaceva dire, è il sentimento del giorno prima.

Mi sei stato amico, fratello maggiore, maestro. Mi hai incoraggiato, sostenuto, bacchettato. Ci hai dato lezione su tutto, da come si riceve un Capo di Stato a come si spezzano “a regola d’arte” gli ziti per la tua mitica, irripetibile “genovese”. Dividere il tempo con te era privilegio e gioia.

Ora te ne sei andato altrove e non so come se la caveranno lassù o laggiù. Ti eri autoproclamato fondatore e presidente del club velico Satana, ma non sono sicuro che te lo lascino fare. Lassù sono in tanti che ti reclamano. Dicono che... c’è qualcosa da riorganizzare!

Ciao Pippo, stavolta le dirò io, per l’ultima volta, quelle parole che mi sussurravi negli ultimi tempi ad ogni commiato: “dammi un bacio”.

Gianfranco Busatti (da Facebook)

 

 

ERA DI MAGGIO

Di Pippo Dalla Vecchia è stato scritto e raccontato tanto perché ha sempre rappresentato la storia non solo dello sport ma della sua Città, ed è per questo che i miei ricordi non vogliono rivolgersi al grande Personaggio ma all’Amico Pipo che resterà sempre con noi, consigliandoci ed indicandoci la strada migliore da seguire, così come ha sempre continuato a fare anche in questi ultimi anni nei quali si era solo apparentemente ritirato dal mondo della Vela. La sua casa a Pozzuoli, infatti, ha continuato ad essere il punto di riferimento in occasione di tutti i principali avvenimenti.

Pipo, si con una p sola perché è così che da qualche anno aveva chiesto di ricominciare ad essere chiamato. “Dopo più di settant'anni mi riapproprio del diminutivo della mia infanzia e della mia gioventù” aveva scritto nell’agosto del 2019 spiegando il perché avesse deciso di aggiungere una P e poi toglierla nuovamente, per riprendersi l’originalità e l’esclusività del suo “meraviglioso soprannome” che lo “avrebbe fatto ringiovanire di molti decenni”.

Quanti i ricordi… ci siamo conosciuti agli inizi degli anni ’90 quando, vicepresidente FIV e responsabile del Settore Stampa, Propaganda e Pubbliche Relazioni si occupava di Sport Vela e io facevo praticantato in quella redazione…

Poi, è arrivata la mitica “campagna” in occasione delle elezioni Fiv del 1992 quando, per la prima volta nella storia della Fiv, c’erano due candidati alla presidenza… mi chiedo ancora come avesse fatto a non lamentarsi della mia guida e della mia Panda bianca con la quale giravamo per Circoli Velici! Ricordo il giorno delle votazioni come se fosse ieri… il lento spoglio delle schede, una ad una, con il risultato in bilico fino all’ultimo… Pipo è in vantaggio di decine di voti, apparentemente incolmabile... poi la rimonta di Gaibisso che vince per quattro punti e si riconferma presidente Fiv. Pipo mi ha sempre preso in giro ricordando le mie lacrime, seduta nelle prime file: in quel momento, conoscendolo, avevo capito quale sarebbe stata la sua decisione…

E poi, da presidente del Reale Yacht Club Canottieri Savoia mi aveva fatto conoscere la magia del Trofeo Campobasso e il fascino di un Circolo che lo rispecchiava in stile ed eleganza. Mi ha fatto innamorare della sua Napoli sotto Natale, del suo ragù, dei friarielli e dei fiori del suo giardino, della sua cucina e della sua pastiera (con il relativo racconto di quella storica fatta per scommessa per casa Landolfi che gli valse un “don” che non venne mai revocato) e mi ha incantato con le sue storie e le sue instancabili e appassionanti iniziative sempre rivolte al futuro.

Mi raccontava spesso che “Era di Maggio era la canzone di mio padre e di mia madre… una notte li ho sognati mentre Marmolino gli cantava questa canzone. Appena finì di cantare il mio cuore cessò di battere e anche la luce dei miei occhi si spense”… ed è proprio di maggio che ha deciso di raggiungerli.

Forse, come ripeteva spesso sorridendo, per andare a fare il Presidente della Canottieri Satana.

Ci lascia tantissime cose, libri, idee, consigli, ricordi, aneddoti, insegnamenti, principi… ma anche un grande vuoto.

Ciao Pipo, ci rivediamo a Marechiaro.

Paola Zanoni

 

IL CREPUSCOLO DEGLI DEI

In una stagione della vita nella quale la constatazione degli addii inizia a essere frequente, e ci devi convivere, rimangono ancora eventi che ti smuovono corde profonde, più sensibili di altre.

E’ il brivido freddo e un po’ irreale che ti coglie per certe persone, e leggendo di Pippo Dalla Vecchia constato di avere avuto lo stesso sussulto che sentii per Sergio Masserotti. Dolore per la persona, l’amico grande, ma anche per ciò che ha rappresentato per il nostro, il mio mondo di vela, con gli albori dn una stagione eroica e spensierata, che certo è nutrita da ricordi, leggende e nostalgia.

Per me Pippo era l’archetipo dei tempi belli di pre adolescenza, di una atmosfera sospesa di fine anni sessanta, quando tutto sembrava andasse bene, e avevi il privilegio di frequentazioni veliche nel pieno boom della nautica per tutti, della vetroresina come elemento di “democrazia sportiva”. Si, vivevamo in una atmosfera piena di avventura dove ogni cosa, che oggi passerebbe inosservata, era una scoperta, come le prime mute colorate specifiche per la vela, che subentravano a quelle da sub indossate sotto calzonacci in tela e maglioni di lana…

Per me, di Roma, era imprescindibile passare con mio padre il lunedì pomeriggio in via Marianna Dionigi, nel mitico negozio della Cima, dove si creava un bar sport accanito, frequentato da veri personaggi, come Lucio Fulci o Pippo appunto, se ancora in città dopo una regata Tempest al Circolo Timonieri Velici di Bracciano.

Si commentava la regatina della domenica unitamente ai terrificanti racconti sulle tregende della Settimana di Hyères, tra fasci di alberi di Star contorti, le gesta di Picchio Milone, la nauticità del “505”, da noi non diffuso, i primi 470… Non so se fosse per la suggestione dell’età, per i mezzi di comunicazione dell’epoca, ma sembrava tutto eroico, a trasmissione orale dei “sopravvissuti”, come nelle società arcaiche, considerati i rarissimi report di Beppe Barnao che trapelavano in micro trafiletti sui giornali sportivi.

E poi il Savoia e appunto i Tempest. Pippo con il suo Don Carlos grigio, il Commodoro De Zerbi, Neri Stella galante con mamma, Aniello Montuori che faceva concorrenza a North Sails, le Coppe di Natale e un ragazzino a cena con i grandi, tutti vicini senza distinzione a parlare di vela; Costantino di Grecia, il Principe Bira di Thailandia, Puri, Nicolò Donà dalle Rose, con i primi scafi Bianchi e Cecchi… (Pippo no, ordinò fedelmente un altro Cima, il bianco “Cambronne”…).

Non voglio fare agiografia, ma sono ricordi struggenti, di una vela diversa, più vicina, meno tecnologica e più intuitiva, o forse è solo la gioventù.

Cosa dire ancora, qualche aneddoto… Italiani di Bari 1970, mio padre con a prua Marco Sartori (in cambio di un patrocinio gratuito…), parte primo e arriva terzultimo; a pranzo trova sul tavolo tre raccordi idraulici, guarnizioni e chiave a pappagallo… Si affaccia con studiato tempismo Pippo che, ridendo affettuosamente, dice: per la trasformazione del tuo Don Filippo in cesso!

O i Mondiali ’72 a Napoli, al ricevimento suntuoso al Reale Circolo e Mankin, con il gigantesco prodiere Akimenko, sorvegliato dal “Direttore Sportivo” (capite a me…), ai quali Pippo faceva passare lestamente il prosecco e, con gli italiani a mò di paravento visivo, gli faceva buttare i bicchieri in darsena per poi fornirgliene altri...

E ogni volta che negli anni ripassavo a Napoli il consueto affetto, sobrio ma ironico, da pigmalione affettuoso. L’ultima volta che lo vidi al circolo, 4 anni addietro, dove mi scusai postumo di uno “sgarbo” al figlio Aurelio in un italiano Soling, a fine pranzo mi salutò abbracciandomi sussurrando: siamo agli ultimi arrivi.

Ma rimossi subito, Pippo doveva stare sempre li, a tutelare i miei ricordi, a essere il grande fratello maggiore di tutti, un po’ imbronciato, anche con la durezza che a dispetto della vulgata i napoletani sanno avere, ma con il suo grande cuore e una gigioneria signorile, presidente a vita, come D’Annunzio a Riva. Spero lassù papà nel frattempo si sia rimesso in paro, e all’arrivo si meriti stavolta una medaglietta. Avranno il tempo.

Gianfilippo Lo Masto

 

IL SERVIZIO DEL TGR RAI

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