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13/01/2015 - 19:02

Il nuovo scritto di un grande navigatore

L'autogoverno?
Non è un sogno

di Ernesto Tross

Ernesto Tross è tornato: presto in uscita da Nutrimenti un suo nuovo libro, di cui Saily fornisce una anticipazione. Riflessioni (come sempre disarmanti e senza fronzoli) su centro velico e centro di deriva. E sulle condizioni per raggiungere l'autogoverno della barca. Un vero e proprio piccolo trattato, ricco di spunti e con molte immagini a corredo - E UN VIDEO



Quando Joshua Slocum, esperto capitano di lungo corso, si accinse a ricostruire lo Spray, barca da pesca americana a deriva mobile, commise un piccolo errore del quale ebbe poi a pentirsi. Errare umanum est! Alla barca originale egli eliminò la deriva mobile (chi sa per quale motivo) e dotò la barca di un lungo skeg che andava dal centro barca fino al timone. 

Con questa configurazione egli fece due traversate atlantiche. Non soddisfatto del centraggio della barca in America del Sud intervenne sul piano velico spostandone il centro verso poppa. Per ottenere questo risultato l'intervento fu pesante. La randa col relativo boma fu accorciata e sulla poppa fu montato un albero di mezzana con vela e boma che sporgevano decisamente oltre lo specchio di poppa. Solo con l'armo così modificato egli fu in grado di navigare per 2000 miglia senza toccare il timone. Dumas col suo Legh II fu più fortunato. Il suo piano velico si sviluppava decisamente in lunghezza con una serie di vele piccole e dal centro velico basso. Questo non gli evitò di impiegare tempi lunghi per regolare ogni volta il centraggio della barca. Ma ci riuscì. 

Sulle nostre barche “moderne” una regolazione del centraggio del centro velico è diventato cosa impossibile. Dopo un secolo di esperienza le barche nascono ben centrate, dato il tipo invariabile di armo bermudiano con unica randa e fiocco. Armi intelligenti quali ketch, cutter e jawl sono scomparsi da lungo tempo. In genere il progettista posiziona i vari centri in maniera da ottenere un comportamento leggermente orziero. Questo per motivi di sicurezza in quanto in caso di emergenza la barca si dispone con la prua al vento. Purtroppo però queste barche sotto sbandamento spesso sviluppano una antipatica tendenza di venire all'orza. L'unico intervento possibile è quello di correggere il centro velico della randa agendo sulla inclinazione dell'albero. A meno che non si voglia ridurre la superficie di una delle due vele.

Inizialmente sull'Orso Bianco la situazione non era molto diversa in quanto, come previsto, il centro velico delle due vele di prua era calcolato a circa 60 cm davanti al centro di resistenza laterale, o meglio al centro idrodinamico.  Questi centri erano calcolati tenendo conto dei rispettivi centri geometrici sulla carta. Una convenzione questa che normalmente trova un riscontro favorevole nella realtà. Sappiamo però bene che il vero centro idrodinamico dello scafo è posizionato decisamente più a prua e così il centro di pressione (o meglio di depressione) delle vele. E questo vale per tutte le barche a chiglia fissa. Completamente diverso è il posizionamento di questi centri su una barca a deriva mobile sulla quale la possibilità di intervento e correzione è enorme!

Con la mia barca l'esperienza decisiva la facemmo un anno addietro in Grecia. Col mio amico Guastadisegni (proprietario del 12 m Helter Skelter autocostruito) avevamo l'intenzione di fare delle prove con l'Orso Bianco nelle andature di bolina. Ad un certo punto il vento rinforzò oltre il desiderabile e fummo costretti a rinunciare alle prove. Il mio amico era al timone e faceva grande fatica a tenere la barra in quanto la barca dimostrava una eccessiva tendenza orziera.  Mi chiese allora di abbassare la deriva mobile cosa che io feci per circa ¾ della corsa. Il risultato fu che il mio amico fu in grado di lasciare la barra in quanto la barca andava diritta da sola. Se ne deduce che se io avessi abbassata completamente la deriva, la barca sarebbe diventata poggiera!

Ora sull'Orso Bianco è installata anche una piccola deriva affiancata al timone e posizionata oltre lo specchio di poppa con una escursione laterale di 35 gradi, il massimo ammesso nella progettazione navale. Compito di questa deriva è quello di correggere il centro di resistenza laterale spostandolo leggermente indietro e angolandola, di alleviare l'eventuale sforzo del timone. Questo per quanto riguarda la parte immersa dello scafo.

LA FUNZIONE DELLA PICCOLA VELETTA A POPPA DEL TIMONE
Per quanto riguarda l'armo velico le considerazioni da fare sono alquanto diverse. Il risultato  della prova fu ottenuto unicamente con due vele da 23 m2 alzate a prua. A questa velatura ho poi aggiunto una piccola vela di circa 6 m2 all'estrema poppa. Questa veletta, chiamata artimone dal com. Basile, è murata alla base dell'albero e viene alzata con la penna fissata a un paterazzo. I miei paterazzi sono due. La bugna invece viene rinviata a un bozzello che scorre su una traversa in cavo di acciaio che collega i due paterazzi e la cui posizione è facilmente regolabile. Il risultato è un buon rendimento aerodinamico dato il bordo di entrata obliquo lontano dalla turbolenza dell'albero.

Non saprei quale potrebbe essere il nome adatto a questo mio armo, dato che lo jawl presuppone il posizionamento di un secondo albero dietro il timone. Cosa che da me non avviene. Siccome questa vela lavora con un grande braccio di leva, cioè con un volume notevole, (il volume di una vela è la misura della sua superficie moltiplicato per il braccio di leva) è venuto spontaneo utilizzarla per autogovernare la barca. Due anni addietro, ritornando dalla Grecia, ebbi l'occcasione di sperimentare la capacità equilibriatrice di questa vela. A prua erano alzate yankee e trinchetta, due vele di 23 m2 ciascuna. Stando nel pozzetto e lasciando libero il timone riuscivo a governare la barca semplicemente agendo sulla scotta dell'artimone. Con un leggero tiro la barca veniva all'orza e allascando la scotta la barca poggiava.

Da qui a comprendere la possibilità di autogovernare la barca agendo unicamente sulla vela poppiera il passo era breve. L'autogoverno con le scotte dei fiocchi rinviate al timone non è cosa nuova. E così anche con la scotta della randa anch'essa rinviata alla barra del timone. In genere però i risultati sono stati scadenti e comunque hanno comportato soluzioni complesse. Questo a causa delle grandi superfici delle vele e della notevole forza esercitata da queste, oltre al fatto di dovere cambiare di lato al meccanismo ad ogni cambio di bordo. Infatti tutte le esperienze in questo settore sono limitate a barche dalle dimensioni modeste, diciamo intorno ai 10 m. 

Avendo nel mio caso a che fare con una singola scotta e con una superficie velica modesta, risulta semplice e logico rinviare la scotta alla barra del timone. Qui il tiro viene controbilanciato da un semplice elastico regolabile che collega la barra alla parte opposta del pozzetto. In caso di cambio di bordo il tiro della scotta e l'elastico che contrasta il tiro vanno semplicemente invertiti sulla barra. Nel caso di vento forte posso sostituire l'artimone con un piccolo fiocco da tempesta di soli 3.5 m2. E' del resto molto semplice ridurre il tiro facendo partire la scotta da un tiro ridotto con un bozzello fissato sulla bugna della vela. Siccome questo fiocco dopo un certo angolo col vento tende naturalmente (come tutti i fiocchi) a prendere la forma di un sacco, ho previsto di montare un boma a wishbone per garantire la giusta forma del fiocco anche con andature al traverso ed oltre.

TIMONARE CON LE VELE AIUTA A RISPARMIARE
Questo sistema di auto governo mi rende indipendente dai costosi e complessi piloti automatici. Piloti i quali, oltre ad essere delicati, dipendono sempre dalla disponibilità di energia elettrica. E la complessità male si concilia con l'uso che si fa della barca nelle lunghe navigazioni oceaniche. Pochi anni addietro, dopo solo poche diecine di ore di esercizio, mi uscirono fuori le sferette del pistone da un pilota automatico. E l'anno passato si è storto l'asse di altro pilota automatico rinforzato quasi nuovo! Purtroppo tutti questi piloti hanno due difetti in comune: sono molto costosi e si guastano con estrema facilità. Per quanto riguarda i piloti a vento questi sono sicuramente più affidabili. Col mio Mustafà ho navigato per 22 anni senza avere mai avuto un problema di malfunzionamento. Fu danneggiato unicamente quando dovetti spiaggiare la barca in Tunisia.

Il risultato è che potere regolare il bilanciamento della barca mediante le vele mi dà maggiore indipendenza ed affidamento.

Ernesto Tross
Gennaio 2015


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