Storia | Regata > Coppa America
22/02/2012 - 18:01
Sailing Passion: opinioni sulla Coppa America di Cayard e De Angelis
Sailing Passion: opinioni sulla Coppa America di Cayard e De Angelis
La storia si ripete (quasi) sempre
Paul Cayard e Francesco de Angelis insieme a Sailing Passion a Milano. Parlano di Coppa America (con toni decisamente divergenti) e del futuro della vela
L’occasione di tornare a parlare di Coppa America l’hanno data in questi giorni a Milano Paul Cayard e Francesco De Angelis all’inaugurazione del Sailing Passion, uno spazio dedicato alla vela e ai suoi appassionati. Sulla nuova Coppa America, quella del 2013, ci sono toni entusiasti da parte di Paul Cayard, indimenticato timoniere del Moro di Venezia nel 1992, un po’ meno da parte di Francesco De Angelis al timone di Luna Rossa nelle ultime edizioni.
Ambedue vincitori della Louis Vuitton, la regata di selezione degli sfidanti, vennero poi battuti nella finale, uno dagli americani, l’altro dai neozelandesi. La vittoria di Alinghi nel 2003 porta la Coppa America dalla Nuova Zelanda in Europa e nel 2007 Alinghi la difende battendo Team New Zealand. I contrasti con gli americani di Oracle danno vita ad una diatriba legale che dopo tre anni sfocia nella sfida del 2010 tra due soli contendenti: Oracle, vincitore con un trimarano con un albero alare di sessanta metri, Alinghi, lo sconfitto, che ha creduto in un catamarano. Saranno poi i catamarani i protagonisti della nuova Coppa America, quella voluta da Oracle, all’ombra del Golden Gate, nel settembre del 2013, barche gigantesche di 72 piedi (21,90 metri) con alberi ad ala rigida di 40 metri e 11 uomini di equipaggio.
Nel frattempo, come regate di allenamento, si stanno usando una decina di piccoli 45 piedi che vedremo in azione ad aprile a Napoli ed a maggio a Venezia. E dopo? A quanto pare solo tre team, oltre al difensore Oracle, stanno costruendo le barche da 72 piedi quelle per la vera Coppa America. Secondo la visione di Paul Cayard l’italiana Luna Rossa, lo stesso Cayard con Artemis, team svedese ma a capitale russo e Team New Zealand, soldi dello stato e arabi, dovrebbero dar vita, grazie a barche spettacolari, un percorso innovativo e veloce, riprese televisive mozzafiato, il supporto di internet, ad una Coppa America mai vista prima.
Notizia di questi giorni, pare che la base della Coppa America di San Francisco sia molto esclusiva, dedicata ai più costosi e ricercati prodotti al mondo, una Versailles per veri ricchi, una vetrina non sul mondo ma sulla ricchezza. Sarà vero? Probabile, visto i costi di gestione di questi giganti del mare e i personaggi che vi partecipano, Larry Ellison proprietario di Oracle, i magnati del petrolio russi dietro Cayard, Patrizio Bertelli proprietario di Prada e gli arabi per i neozelandesi. Praticamente degli armatori privati che possono fare a meno degli sponsor, un gioco per veri ricchi che ributta la Coppa America indietro di anni.
Come faceva osservare il lavenese Tiziano Nava (su Azzurra nella prima Coppa America italiana del 1983), il fascino della Coppa, quando partirà, prenderà un po’ tutti, anche quelli che c’erano e questa volta non ci saranno. E’ una storia che si ripete. Nel 1929 all’epoca della grande crisi economica, mentre la gente moriva di fame vennero costruite alcune tra le più grandi e costose barche di Coppa America, i Jclass . Dopo la guerra si dovette passare ai più piccoli e meno costosi 12 metri Stazza Internazionale.
Oggi con una crisi profonda in atto avviene lo stesso. I JClass finirono perché finirono i grandi magnati americani a cui tassarono i patrimoni. Tutti puntano alla tecnologia, ai media moderni, televisione e internet. Ma corrono in tre. Solo crisi economica o forse qualche scelta “volutamente” sbagliata c’è stata. Parlare di offshore in un articolo dedicato alla vela suona strano. La fine dell’interesse presso il grande pubblico delle corse di motoscafi d’altura ha coinciso proprio con l’avvento dei catamarani, veloci, tecnologici ma che non avevano più niente del fascino di una barca. (Gianni Armiraglio da un articolo su La Prealpina)
L’occasione di tornare a parlare di Coppa America l’hanno data in questi giorni a Milano Paul Cayard e Francesco De Angelis all’inaugurazione del Sailing Passion, uno spazio dedicato alla vela e ai suoi appassionati. Sulla nuova Coppa America, quella del 2013, ci sono toni entusiasti da parte di Paul Cayard, indimenticato timoniere del Moro di Venezia nel 1992, un po’ meno da parte di Francesco De Angelis al timone di Luna Rossa nelle ultime edizioni.
Ambedue vincitori della Louis Vuitton, la regata di selezione degli sfidanti, vennero poi battuti nella finale, uno dagli americani, l’altro dai neozelandesi. La vittoria di Alinghi nel 2003 porta la Coppa America dalla Nuova Zelanda in Europa e nel 2007 Alinghi la difende battendo Team New Zealand. I contrasti con gli americani di Oracle danno vita ad una diatriba legale che dopo tre anni sfocia nella sfida del 2010 tra due soli contendenti: Oracle, vincitore con un trimarano con un albero alare di sessanta metri, Alinghi, lo sconfitto, che ha creduto in un catamarano. Saranno poi i catamarani i protagonisti della nuova Coppa America, quella voluta da Oracle, all’ombra del Golden Gate, nel settembre del 2013, barche gigantesche di 72 piedi (21,90 metri) con alberi ad ala rigida di 40 metri e 11 uomini di equipaggio.
Nel frattempo, come regate di allenamento, si stanno usando una decina di piccoli 45 piedi che vedremo in azione ad aprile a Napoli ed a maggio a Venezia. E dopo? A quanto pare solo tre team, oltre al difensore Oracle, stanno costruendo le barche da 72 piedi quelle per la vera Coppa America. Secondo la visione di Paul Cayard l’italiana Luna Rossa, lo stesso Cayard con Artemis, team svedese ma a capitale russo e Team New Zealand, soldi dello stato e arabi, dovrebbero dar vita, grazie a barche spettacolari, un percorso innovativo e veloce, riprese televisive mozzafiato, il supporto di internet, ad una Coppa America mai vista prima.
Notizia di questi giorni, pare che la base della Coppa America di San Francisco sia molto esclusiva, dedicata ai più costosi e ricercati prodotti al mondo, una Versailles per veri ricchi, una vetrina non sul mondo ma sulla ricchezza. Sarà vero? Probabile, visto i costi di gestione di questi giganti del mare e i personaggi che vi partecipano, Larry Ellison proprietario di Oracle, i magnati del petrolio russi dietro Cayard, Patrizio Bertelli proprietario di Prada e gli arabi per i neozelandesi. Praticamente degli armatori privati che possono fare a meno degli sponsor, un gioco per veri ricchi che ributta la Coppa America indietro di anni.
Come faceva osservare il lavenese Tiziano Nava (su Azzurra nella prima Coppa America italiana del 1983), il fascino della Coppa, quando partirà, prenderà un po’ tutti, anche quelli che c’erano e questa volta non ci saranno. E’ una storia che si ripete. Nel 1929 all’epoca della grande crisi economica, mentre la gente moriva di fame vennero costruite alcune tra le più grandi e costose barche di Coppa America, i Jclass . Dopo la guerra si dovette passare ai più piccoli e meno costosi 12 metri Stazza Internazionale.
Oggi con una crisi profonda in atto avviene lo stesso. I JClass finirono perché finirono i grandi magnati americani a cui tassarono i patrimoni. Tutti puntano alla tecnologia, ai media moderni, televisione e internet. Ma corrono in tre. Solo crisi economica o forse qualche scelta “volutamente” sbagliata c’è stata. Parlare di offshore in un articolo dedicato alla vela suona strano. La fine dell’interesse presso il grande pubblico delle corse di motoscafi d’altura ha coinciso proprio con l’avvento dei catamarani, veloci, tecnologici ma che non avevano più niente del fascino di una barca. (Gianni Armiraglio da un articolo su La Prealpina)
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