Storia | Regata

03/04/2013 - 13:34

 

La "piccola" rende
il mare grande

Il racconto di Marco Nannini della sua "Mini avventura" alla Arcipelago 6.50 (29-31 marzo)

"Dopo un inverno passato davanti al camino, con un letto comodo in cui dormire tutte le notti, pian piano si e' fatto risentire il desiderio di tornare in regata, rivivere alcune delle emozioni che solo la competizione della vela d'altura sanno dare, quelle emozioni e quell'adrenalina che avevo vissuto alla Global Ocean Race. Insomma, un'inspiegabile desiderio di stare scomodi, bagnati, al freddo e dormendo poco! Quando Jeffrey MacFarlane (http://www.jeffreymacfarlane.com), un giovane americano mi ha scritto poche settimane fa per chiedermi se volevo fare con lui la "Arcipelago 6.50" (http://arcipelago650.blogspot.it/), una regata per barche Classe Mini (http://www.classemini.com) proprio qui in Italia, ho accettato al volo.

Non ero mai salito su un Mini, a volte li ho visti ormeggiati vicino al mio Class40 e sembrava quasi che la mia barca avesse partorito durante la notte, come mamma delfino con piccolo delfino, uguale in tutte le sue fattezze, solo in versione ridotta. Inoltre la barca di Jeffrey è stata disegnata dallo stesso Marc Lombard, che ha disegnato la barca con cui ho fatto il giro del mondo. Non a caso le linee erano molto simili, anche se  questo Mini è un prototipo iper tecnico con tante caratteristiche che non si trovano sui Class40, come chiglia basculante, albero con inclinazione regolabile, canard, timoni sollevabili e tante altre chicche che danno vita ad un pozzetto con una quantità di cime incredibile, un piatto di spaghetti colorati dove non è facile districarsi, in tutti i sensi.

Jeffrey ed io non ci eravamo mai incontrati ed io non ero mai salito su un Mini, ma per fortuna le prime miglia della regata sono andate relativamente bene. A parte la partenza dove il comitato regata continuava a posticipare la partenza e dalla radi, io che sono mezzo sordo, non capivo una parola di quello che dicevano, figuriamoci Jeffrey che non parla l'italiano. Finalmente quando abbiamo capito che si partiva, eravamo un po' impreparati, ma entro poche ore, dopo le formiche di Grosseto, abbiamo preso il comando grazie sopprattutto alla barca che va come un siluro.

Nella notte, trascorsa a Giannutri passando vicino al Giglio, siamo rimasti piantati senza vento per oltre un'ora e in quell'occasione Platone e D'Alì, rimanendo piu' al largo ne hanno approfittato una prima volta per superarci. Per fortuna forti di un prototipo dalle ottime prestazioni, entro poco siamo ritornati in testa rimandendoci anche al passaggio di Capraia. Facendo rotta verso l'Elba, grazie proprio ai canard e la chiglia basculante, nonostante le durissime condizioni con vento che in raffica ha raggiunto i 30-35 nodi, stavamo procedendo bene rispetto agli inseguitori.

La bolina era violentissima, la barca veniva spesso colpita da raffiche che la coricavano rapidamente, avevo oramai il braccio livido dal tentativo di tenermi alle draglie, un cimino di pochi millimetri che mi segava il braccio. Per poter continuare a timonare e non rischiare di cadere in pozzetto decido di infilarmi fra le due draglie, potendo finalmente appoggiarmi col petto alla draglia piu' alta e continuare a timonare piu' comodamente. Fin qui tutto bene, andiamo avanti per un po' e le bache dietro sembrano farsi sempre piu' piccole e lontane.

Una delle caratteristiche dei Mini è che hanno due timoni, su questo prototipo il timone non in uso può essere sollevato per ridurre l'attrito, questo è controllato da una piccola cima rimandata in pozzetto. Dei due timoni di bolina è ovviamente quello sottovento a comandare.

All'improvviso cede il cimino che tiene giù il timone in uso che immediatamente si alza, la barca diventa ingovernabile senza timone e istantaneamente va al vento e vira senza possibilità né di reagire né di evitarlo. Il tutto succede con tale rapidità, che non faccio a tempo di sfilarmi dalla mia postazione e la barca si corica con la chiglia basculata dal lato sbagliato, il ballast pieno sottovento e la randa appoggiata alle volanti coricando la barca fino quasi a 90 gradi.

A questo punto sono sottovento, ancora seduto al timone, la barca colpita dalle onde oscilla coricata sul fianco, incastrato fra le draglie con i piedi in aria e il corpo in basso non posso fare niente se non tenermi con tutte le mie forze per non finire in acqua, ho la schiena a mollo e la testa a fior d'acqua. Due, tre onde mi coprono d'acqua, pochi istanti ma spiacevolissimi, mi si gonfia il giubbotto di salvataggio, ero comunque legato con la lifeline alla barca, ma in quel momento il problema era come uscire da quella posizione. Jeffrey nel frattempo molla la volante per diminuire lo sbandamento estremo della barca, poi cerca di aiutarmi a risalire, ma pare impossibile, mi guarda e mi dice che l'unica è lasciarmi andare in acqua per poi riarrampicarmi in pozzetto.

Esito, non riesco a valutare se e quanto velocemente ci muoviamo. Non voglio rimanere appeso alla lifeline trascinato a fianco della barca, ma allo stesso tempo mi rendo conto che sono in una posizione da cui non posso liberarmi, un'altra onda mi sommerge la testa sott'acqua e capisco di dover agire. Lascio che il corpo scivoli in acqua, la cerata tiene per un istante, poi sento l'acqua fredda riempirmi tutti i vesti e gli stivali. Jeffrey mi sta tenendo, non c'e' panico siamo entrambi calmi, ma e' chiaro che ci dobbiamo dare una mossa, i miei 88 chili piu' vestiti bagnati non sono certo facili da tirar su, ma ora con le gambe libere riesco a puntare un piede sulla falchetta e man mano risalire in barca...

Cerco di non pensare a quello che e' successo e reagire subito, come dopo una caduta da cavallo, Jeffrey mi dà un ok con lo sguardo, rimettiamo la barca in rotta sul bordo sbagliato, non potendo usare il timone alzatosi al momento dell'incidente. Sto al timone (l'altro), mentre Jeffrey recupera del materiale per fare una riparazione, passano decine di minuti e continuamo a navigare fuori rotta e non possiamo fare altrimenti fino a riparazione avvenuta. Il timone torna in acqua, viriamo, siamo di nuovo in regata.

Il freddo inizia a farsi presto sentire, sono bagnato fradicio senza un ricambio, non avevo messo in conto questa eventualità, devo andare ripetutamente sottocoperta per cercare di riscaldarmi. Le 12 ore di regata successive diventano una estenuante fatica con tanta voglia di arrivare.

Ho fatto un giro del mondo su una barca lunga il doppio, che offre ben più comfort e sicurezze, dei Mini sapevo che erano piccoli e che erano bagnati, ora ho scoperto anche che sono incredibilmente divertenti e con prestazioni che hanno dell'incredibile, con gli spinnaker si trasformano in bolidi che spiattellano sulle onde come noi facevamo nell'oceano pacifico. Insomma, la barca piccola rende il mare grande.

Forse per questo i Mini sono da sempre la scuola d'eccellenza che forma i grandi campioni, nel loro piccolo offrono la possibilità di imparare ciò che succederà anche su una barca più grande con molto più vento. In quanto al nostro "incidente", non è certo imputabile alla dimensione della barca, anzi, a parte il mio bagno fuori programma se lo stesso fosse successo su una barca grande avremmo avuto problemi ben più seri da gestire ed avremmo sicuramente fatto danni, sul Mini a parte lo spavento è come essere su un go-kart quando si fanno i testacoda in pista. Chi ha tenuto la curva ti supera, ma ci si rimette subito in pista e si prosegue!

Un'esperienza che difficilemente scorderò e dell'opportunità devo ringraziare Jeffrey MacFarlane e soprattutto la mano che mi ha teso per tirarmi fuori da una situazione non troppo simpatica.

Il risultato dopo 185 miglia e circa 36 ore di navigazione, oltre ad aver riportato a casa la pelle, è una vittoria in classe prototipi e un secondo posto overall di cui sono comunque contentissimo, specie viste le circostanze.

Se volete consultare la classifica completa di tutti e ventuno gli iscritti, visitate la pagina della classifica finale a http://arcipelago650.blogspot.it/p/classifica-generale.html."

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